sabato 30 dicembre 2006

Buddismo calmucco


Chiudo il 2006 con una notizia di carattere spirituale. La Calmucchia, repubblica russo-caucasica che si affaccia sul Mar Caspio, è lo stato buddista più ad occidente che si conosca. Discendenti dei nomadi mongoli (ma non tutti sono d'accordo), praticano il lamaismo, anche se il controverso presidente-padrone, Kirsan Ilumžynov sta diffondendo un "pensiero etnoplanetario", nel tentativo di far convivere la tecnologia occidentale e lo spirito orientale; fra cibernetica e ritualismo buddista, insomma! Naturalmente il popolo segue con fedeltà le acrobazie del presidente, secondo lo stile del fedele lamaista, che tende a non approfondire la natura dei riti e dei precetti.



auguro
buon anno a tutti
!!!

venerdì 29 dicembre 2006

Lotta Poetica



Nella storia delle riviste italiane non possiamo dimenticare «Lotta Poetica», nata da un progetto di Sarenco e Paul De Vree, e pubblicata dal 1971 al 1975 con lo scopo di costituire uno «strumento di informazione e di scambio».


(Per la cronaca, la copia che vedete in copertina la trovate qui per 100 dollari)



Caratteri fondamentali


1) L'adesione al clima politico di critica radicale della società borghese nel dichiarato proposito di riguadagnare un rapporto non esterno tra avanguardia politica e avanguardia artistica, di trarre profitto dalle esperienze del '68.
2) L'affermazione di una dimensione internazionale della ricerca al di là delle chiusure e degli sciovinismi nazionali. Questo impegno, misurato dal versante difficile della poesia visiva, esalta l'efficacia e la flessibilità degli strumenti linguistici che la poesia visiva adopera.
3) La definizione di una specificità nel campo delle ricerche che rinnovano le nozioni di scrittura e di poesia, e le pratiche a queste relative, porta a una chiarificazione dello spazio della poesia visiva, che ha un carico di «senso» ben più deciso rispetto a quello della poesia concreta. Le specificazioni dei due momenti della scrittura come «assunzione del segno» da una parte e «espansione del senso» dall'altra, risultano momenti essenziali di differenziazione.
4) La poesia visiva, così come tiene a distinguersi dalla poesia concreta, tiene a dichiarare differenti origine, destinazione e struttura rispetto all'arte concettuale. È questo uno dei punti vistosamente polemici di Lotta Poetica: l'uso della scrittura delle immagini, come produttrici di significato, è distanziato dalla formulazione di un nuovo canone della comunicazione estetica.
5) La poesia visiva è vista come un progetto totalizzante della ricerca artistica negli anni '70. Questa ipotesi partigiana è vissuta come tesi essenziale per tutto il lavoro creativo che la rivista raccoglie.
6) Lotta Poetica, mentre chiarisce l'estensione e il progetto della poesia visiva degli anni '70, raccoglie una storia minuziosa delle esperienze che ne hanno preceduto gli svolgimenti, le filiazioni riconoscibili.
7) Nel rigetto di ogni esperienza artistica contemporanea che non sia formulata nello spazio del nuovo, Lotta Poetica compie un'opera di accostamento alle ricerche limitrofe di operatori dispari e vitali (Ad Dekkers, Beuys, Kolar, Aubertin, Staek, Baj) rivelando la prospettiva che la ricerca della scrittura oggi verifica (V. Fagone).



Quali sono i motivi che hanno condotto alla realizzazione di Lotta Poetica?


L'idea di fare questa rivista periodica mensile, scrive Sarenco, è nata dalla decisione di «unificazione delle forze» tra le edizioni De Tafelronde (Anversa) e le edizioni Amodulo (Brescia).
Finanziamento delle rivista: 1) i fondi usati per stampare 3 numeri annuali di Amodulo e 3 numeri annuali di De Tafelronde sono stati messi a disposizione per la stampa di «Lotta Poetica». 2) Contiamo su un numero minimo di abbonamenti regolarmente paganti. 3) 10 numeri della rivista, tirati su carta speciale, vengono venduti (sempre in abbonamento) ad altrettanti collezionisti bibliofili: tali numeri contengono opere originali di alcuni artisti della nostra redazione che gentilmente e fraternamente hanno donato a «Lotta Poetica» alcune loro opere. La somma dei paragrafi 1) 2) 3) ci permette di pagare totalmente il costo della rivista, delle spedizioni, della gestione della redazione. Naturalmente nessuno dei collaboratori o redattori riceve compensi.
La rivista rifiuta qualsiasi tipo di pubblicità sulle sue pagine. Il titolo «Lotta Poetica» è l'affermazione del nostro impegno, come poeti ed artisti in generale, ad impostare una battaglia continua a due livelli: a) a livello linguistico per la distruzione delle strutture culturali della società borghese, b) a livello politico a fianco dell'avanguardia della classe operaia e del movimento degli studenti.
Contiamo, per realizzare questo scopo, su tutti i poeti e su tutti gli artisti che si sentono dalla nostra parte, sulla nostra posizione.


(da Lotta Poetica 1971-75, factotumbook 1, Brescia)

mercoledì 27 dicembre 2006

Sta sera no Edipo


Einaudi licenziò Mi ami? Nuove situazioni intrapsichiche e interpersonali di R.D. Laing nel 1978. Beckettiano fino al midollo, mi sembra ancora attuale. Da leggere con la compagna o il compagno stando stravaccati sul divano. Infine chiuderlo e fare altro. Uscire.





Stasera no Edipo

LUI cosa ne dici?
LEI non me la sento
LUI il mio desiderio è più grande del tuo
LEI è perché sei emotivamente bloccato
LUI e da cosa lo capisci?
LEI hai paura dei sentimenti
così li metti tutti nel pene
LUI tu hai meno tempo per me
di quanto io ne abbia per te
LEI vuoi dire che hai voglia di scoparmi più spesso
di quanto io abbia voglia di essere scopata
LUI mi piace guardarti negli occhi
LEI non sembra che le persone emotivamente mature
abbiano bisogno di guardarsi negli occhi
così a lungo e così spesso come tu sembri
aver bisogno di guardare nei miei
LUI il tuo viso è bello alla luce del sole
LEI senza dubbio ti ricordo tua madre
LUI mammina!
LEI stasera no Edipo


Stasera no Josephine

LUI Che cosa vuoi?
LEI Fare l'amore con te
LUI Tu sei una
placenta che mi prosciuga e m'avvelena
un utero che mi schiaccia e mi soffoca
un cordone ombelicale che mi ferisce e mi
strangola
la tua vagina è la porta dell'inferno
stasera no Josephine
LEI smonteresti chiunque
LUI spegni la luce
LEI l'hai già spenta tu


Mi ami?

LEI mi ami?
LUI sì ti amo
LEI più di tutto?
LUI sì più di tutto
LEI più di tutto al mondo?
LUI sì più di tutto al mondo
LEI ti piaccio?
LUI sì mi piaci
LEI ti piace stare vicino a me?
LUI sì mi piace stare vicino a te
LEI ti piace guardarmi?
LUI sì mi piace guardarti
LEI pensi che io sia stupida?
LUI no non penso che tu sia stupida
LEI pensi che io sia carina?
LUI sì penso che tu sia carina
LEI ti annoio?
LUI no non mi annoi
LEI ti piacciono le mie sopracciglia?
LUI sì mi piacciono le tue sopracciglia
LEI molto?
LUI molto
LEI quale ti piace di più?
LUI se dico quale l'altra sarà gelosa
LEI lo devi dire
LUI sono tutt'e due squisite
LEI davvero?
LUI davvero
LEI ho delle belle ciglia?
LUI sì delle ciglia bellissime
LEI ti piace annusarmi?
LUI si mi piace annusarti
LEI ti piace il mio profumo?
LUI si mi piace il tuo profumo
LEI pensi che io abbia buon gusto?
LUI si penso che tu abbia buon gusto
LEI pensi che abbia del talento?
LUI si penso che tu abbia del talento
LEI non pensi che io sia pigra?
LUI no non penso che tu sia pigra
LEI ti piace toccarmi?
LUI sì mi piace toccarti
LEI pensi che io sia buffa?
LUI solo in un modo simpatico
LEI stai ridendo di me?
LUI no non sto ridendo di te
LEI mi ami davvero?
LUI sì ti amo davvero
LEI di' « ti amo »
LUI ti amo
LEI hai voglia di abbracciarmi?
LUI sì ho voglia di abbracciarti, e stringerti, e
coccolarti, e amoreggiare con te
LEI va tutto bene?
LUI sì va tutto bene
LEI giura che non mi lascerai mai?
LUI giuro che non ti lascerò mai mai, mi faccio una croce
sul cuore e che possa morire se non dico la verità
(pausa)
LEI mi ami davvero?

martedì 26 dicembre 2006

Macchia Nera Blog


Segnalo l'interessante iniziativa di AbsolutePoetry: si tratta di una serie di domande fatte a bloggers (molti dei quali passano anche di qui) relativamente al loro sito e al loro mestiere di operatori culturali in rete. Finora hanno risposto Sannelli, Aglieco, Lisa, Gezzi, Fantuzzi, Babino, Ansuini, Orgiazzi, Marano, Passannanti, Molesini ed io.

Ne approfitto per riportare alcuni dati relativi a Blanc de ta nuque: "circa 100 visite al giorno, 130 pagine cliccate, con una punta di 159 entrate, coincidente con un’accesa discussione sul ruolo dell’intellettuale (vedi post dell’1 e 4 dicembre 2006). I visitatori del blog sono spesso bloggers essi stessi, poeti quasi sempre, ma una buona percentuale è composta di appassionati senza particolare dimestichezza con la rete, che cercano autori da leggere e commenti comprensibili. Ci sono inoltre miei studenti. L’utenza mi è abbastanza chiara perché spesso ricevo per e-mail incoraggiamenti e/o note ai post di persone che non se la sentono di pubblicarli nei “commenti”. A cavallo fra novembre e dicembre, i dati più significativi sono: minimo storico 62 visite in coincidenza dell’informazione Festival VeronaPoesia; 70 per Vittorio Reta (dato che stupisce, essendo questi un poeta poco noto e dalla scrittura accattivante); 71 presenze per “By Logos”, un’esperienza di poesia collettiva; picchi li troviamo quando c’è polemica (vedi sopra) e quando i commenti riescono a decollare, approfondendo le tematiche suggerite dal post (106 e 105 visite durante la discussione sulla poesia di Marina Mariani, il 14 e 15 novembre); 113 visite il 6 dicembre, con una poesia di Paolo Valesio (ma il dato, credo sia dovuto all’onda anomala scatenata un paio di giorni prima). In generale, vedo una partecipazione attenta e attiva quando la poesia che presento usa un linguaggio tendenzialmente piano, d’ambientazione quotidiana e che evidenzia un vissuto intenso. Pochi i commenti (anche se il numero delle visite non è direttamente proporzionale ai commenti) quando il post è di per sé esaustivo (per esempio se pubblico un breve saggio mutuato dalle riviste degli anni ottanta o novanta oppure se posto una recensione ad un libro; cosa rara quest’ultima, per altro)".


Ringrazio tutti coloro che passano per questo blog, nella speranza che continuino a farlo. Il premio finale è il bene comune; credo che anche questo sia un modo di essere poeta contemporaneo.

domenica 24 dicembre 2006

BUON NATALE by Alessandra Conte


Litìdine di Natale dentro e fuori
( sonetto caudato a rima incrociata )

Tintìnni, lucìcchi e scrìcchi dorati
con nastri e lusinghe fin qui strisciato
tra oro e argento Natal è arrivato:
larghi i sorrisi, che sian sfoderati !

...pigri sui volti i sorrisi smagliati.
No! Discinetico valzer sguaiato,
discanto noiàntico comandato.
Ahi, già sento i frenuli inebriati.

Di buoni propositi fare incetta,
fin alla nausea gli auguri sorbire,
"Che mangi a Natal? Ti do una ricetta!"

Natal, festa di luce e senza fretta
per ciechi allietati e dolce sentire
"Riuscirò a regger questa staffetta?!"

Chi più n'ha, più ne metta e
nel vero poetar io qui non mi butto.
Natal: "God save the Queen" e questo è tutto.

sabato 23 dicembre 2006

PS

il post precedente non ha lo spazio per i commenti: misteri della fede.

venerdì 22 dicembre 2006

Angiola Sacripante



Scrive Mario Lunetta in Poesia italiana oggi (Newton Compton 1981): "Il principio di questa scrittura attenta, pacata, lievemente sorniona, è nel senso del ridicolo che « ci colpisce a morte»; donde l'indispensabile difesa dell'ironia, esercitata con dolce spietatezza anche su ciò che dorme (inquieto) nelle pieghe più intime dell'io poetante, o narrante, e che tenta costantemente di sottrarsi al coinvolgimento della materia, fluida e acuminata..."




La circumnavigazione

ogni giorno si sveglia con una domanda
che troverà risposta nel giorno segnato
- i denti nel sogno si sono frantumati
come zucchero denso profumato di amido —
la risposta è già pronta vince ogni speranza
nel paradigma rigido dell'inesistente

il senso del ridicolo che ci colpisce a morte
non ha impedito mai il percorso del fiato
a questo siamo giunti malgrado noi e la vita
ma parlare di vita è un vezzo datato
il valletto più ovvio già apre la porta
occhieggia furtivo tende cauto la mano

la mancia sarà scarna - non siamo noi di quanti
sanno segnare d'oro una mano protesa —
non abbiamo casa viviamo sui divani
delle sale d'aspetto in luoghi deputati
agli amori istrionici - modeste rimembranze
la parola detta da non dimenticare -

la scorta di pasticche e sogni sufficiente
a circumnavigare intorno all'isolato
un mare di ciottoli e i labili ricordi
che lasciano le case quando se ne vanno
intorno è l'orizzonte la linea che discende
dalla colazione fino all'ultima cena

delle città visitate ricordiamo i musei
non era nel percorso visitare i bordelli
i tatuaggi segreti che si usano a tangeri
li raccontò un amico una sera sul mare
mentre un nuovo amico porta di lontano
le conchiglie i tori i frammenti di selce

se armati di spade scendessimo in torneo
- e un giorno accadrà: vedevamo errol flynn -
una penna sarebbe il blasone gemello
la mia per ghirigori balbettati nel buio
la tua per tratti e righe e dottrinali curve
e la corazza - ahinoi - un etto di caffè

la semantica affligge la mia troppa memoria
tu hai paura dei topi e dei luoghi comuni
ci affidiamo alla sorte sul vascello fantasma
tenue trama di sogni - d'obbligo nell'andante
un accordo finale in diesis o in bemolle -
da prendersi col dovuto diritto d'inventario.

giovedì 21 dicembre 2006

Chiara Cavagna (1963 - 2005)


E' appena uscito Rêve D'Or (Anterem 2006); riporto la mia postfazione e alcune poesie.


Chiara Cavagna ha lasciato soltanto queste poesie, e tracce altre, sofferte, ai familiari e agli amici. Di più non so di lei se non quanto traspare nei versi. Per esempio, che ‹‹bellezza e visione›› hanno trovato nella ‹‹rosa›› l’allegoria prediletta, l’ente cangiante e fragile, esile e provvisorio nel quale riconoscere un modello di perfezione caduca: ‹‹non cercare, non avanzare›› dice Chiara a se stessa, bensì imita la rosa, che ammira la ‹‹luce perfetta›› del giorno; però intanto, per precauzione, proteggiti dietro ‹‹mura fortificate››, cercando rifugio altrove, in recinti privati come la poesia e nelle ‹‹catene di alcool / che producono nuovi fiori››, resistenti al ‹‹gelo›› che fuori ‹‹è tenace››, struggente, insopportabile. Un dolore tutto esposto, il suo, ‹‹Non erlebnis / Ma ékphrasis››, visibile, appunto, una ‹‹esilità›› fatta figura, trascinata pudicamente fra gli umani, nel modo del lento morire di ‹‹organismo e parola››, ossia dell’essere intero, inesorabilmente. È la medesima fragilità della rosa, personificata e colta spesso, come detto, nella sua ieratica contemplazione, senza ripari: ‹‹ti osservo / vegliare del giorno / il rosso luminoso / stare››. In effetti, altro non cerca la poesia della Cavagna, se non di fissare il trattenersi - provvisorio eppure luminoso e sempre mutevole - delle cose nel mondo, attraverso un io narrante che si vorrebbe meditativo, saggiamente posato su quel mutare, ma che si scopre inevitabilmente imprigionato nell’inesorabilità della dissonanza, della ‹‹negazione››, della ‹‹pena››, delle ‹‹profonde ferite›› che la vita gli ha inflitto.
Potrebbe essere un canto francescano, questo, tutto proteso a ringraziare il creato per il suo molteplice fluire, se non fosse che, qui, Dio è assente, perduto per sempre, è il non convocato, il non voluto, l’inascoltato; eppure, la costanza con cui Chiara coltivò il silenzio operoso della poesia e la forza con la quale ella rispose alla sua chiamata, rimettono in gioco la presenza, in lei, di una fede laica, intesa quale fedeltà alla bellezza del vero, pur vissuta in una trama di solitudine e incomunicabilità. L’elemento biografico, tuttavia, massimamente sfuma, celandosi in pochi lampi dolorosi, che il metro tende a ricomporre, donando una grazia formale, per così dire, colata a freddo, tendenzialmente non lirica oppure sensualmente capace di distrarre il lettore, spostandogli l’occhio sul frutto sospeso, leggero, pur senza celargli, del tutto, l’abisso: ‹‹Era l’onda odorosa / il percorso fragile e / mite // l’erica e il suo sangue / diffusi... ››. E ancora, mutando il volo dell’amore coniugale nei vapori di un inferno che batte proprio nel centro degli affetti: ‹‹prima l’arancio che chiede bacio al tuo cuore / poi lo zolfo che lo percuote››.
La preghiera che vibra in queste poesie consiste insomma nel celebrare le meraviglie della natura, nominandole come in un rito o in un’omelia; fra queste, la rosa, oltre che allegoria della vita più vera, ne diventa l’emblema, fino ad elevarsi a geroglifico, icona del Bene che toglie, invocandola, i mali del mondo: Rêve d’Or, Mme. Hardy, Viridiflora, William Allen Richardson, rosa Safrano, Madame Constant Soupert (qui nominata soltanto ‹‹constant››), Souvenir De La Malmaison, Gruss au Aachen, Rosa Banksiae, Rosa Guinée, Souvenir du Dr. Jamain, Ghislaine de Féligonde aprono ciascuna una via di fuga, un rifugio per l’occhio ed il cuore, sono l’abbraccio in cui perdersi, ma si presentano anche come parole enigmatiche (e perciò massimamente evocative), che escludono il lettore distratto o chi non ne abbia praticato il culto, di certo pagano. La Cavagna non fa nulla per condurre fuori dell’oscurità l’adepto, segno inequivocabile di una scelta di vita e di un’idea di scrittura che non prevedono pedagogie, percorsi intermedi, avvicinamenti graduali. La sua poesia, infatti, brucia tutta nell’illuminazione temperata dalla ragione, nel ‹‹raro pensiero / ... folgorante››, in quell’incandescenza ossimoricamente fredda che trova nella ‹‹purità del giorno›› la sua meta e che il pasoliniano ‹‹transumanar›› dell’ultima poesia ci suggerisce; termine d’ascendenza dantesca, invero, e che rinvia all’ascesa spirituale, alla celeste purezza, appunto: ‹‹Cielo è ‘Rêve d’Or’, e amore rosa di luce››. Ecco dunque il ‹‹Cielo››, vivo come la rosa che tenacemente si rinnova (quella ‘Rêve d’Or’ che, proprio in grazia del suo saldo rifiorire, incarna per eccellenza l’allegoria della rinascita) e luminoso come l’amore appena nato (di cui il colore rosa è simbolo), ecco il Cielo che abbraccia il creato, trasformandolo in poesia. Ed è subito sera.



*

distese l'ardore
la levità dell'oro
intimo il suo supremo suadere
dolore
chiedi il raro pensiero
così folgorante assiduo
morte
stilla il lentissimo sangue
e il tuo vibrante
nell'acuto splendore
come veduto sorridere
un giorno purificato



*

all'esile
noi poniamo gli arti
le labbra
che sia
fronda dal dorato moto
o piccolo sito
silente ardesia che
traduce del camminamento
una stasi
trafitta nel bagliore
percosso sui larici multipli
ti osservo
vegliare del giorno
il rosso luminoso
stare



*

Veglia il mio vasto oceano
dove lunghe catene di fiori penetrano
nell'acqua scintillante
e ne escono molli e baciate da uno zaffiro
cupo
i miei piedi sono divenuti marini
e lunghi e pieni rami circondano le mie braccia
la centaurea vibra allo scuotere
ma non scorgo alcun cristallo
E una rosa dolce che viene all'estremità
ponendo giuntura nell'umido
una "William Allen Richardson"
che copre i miei piedi
Le tue lacrime hanno
il sogno dorato
dal quale proviene
bellezza e rarità fino quasi
l'autunno
ma sono gli occhi iunctura
callida iunctura dal tuo azzurro
al mio



Safrano

schegge appuntite amaranto spiano dal grigio
fogliame
con velocità legame con il tempo giornate ore
vibrano in un folto perenne
prima l'arancio che chiede bacio al tuo cuore
poi lo zolfo che lo percuote
numerose dilatazioni
secrezioni con dolci sfumature
"Safrano", poni il tuo capo e dolcemente
riposa, innumerevoli petali hanno conosciuto il vigore
dell'acqua, e rose sono cadute per gli occhi
addolciti poiché amore conosce il suo eguale
Ma dall'ultimo usa il colore per un nuovo stato
essence
per una fioritura suprème Constant
e per un nuovo lirismo

martedì 19 dicembre 2006

Camillo Pennati



Tra i poeti più trascurati dalla critica del secondo novecento, Camillo Pennati mi ha entusiasmato sin da subito, da quando comprai, nei primi anni ottanta, Erosagonie (Einaudi 1973). L'influenza della sua poesia sulla mia è talmente radicata (agendo per via incoscia) che, senza rendermene conto, il titolo del mio ultimo libro, ricorda il suo Una distanza inseparabile (Einaudi 1998).
Afferma la quarta di copertina e si legge in rete (talvolta senza evidente consapevolezza) che quest'ultima sia la sua opera migliore. Io rimango fedele alla scrittura nervosa e ricca d'invenzioni di Erosagonie, dal quale vi propongo le seguenti poesie.


Per dire

Questa per dire semiesplosa pubescenza delle gemme
appena in verde tenerissimo di foglie al vertice
d'esili verghe di cespuglio, ancora rada l'erba
sulle zolle, più lenti gli alberi a coprirsene
così quanto a ammainarle e in estuari adesso
il ciclo che s'infiltra come mare d'un colore
rarefatto nubi solcandolo nel loro veleggiare
aperto o un branco di marosi che lo eclissano
in un gravitante libeccio.

Per dire d'un giorno d'aprile già dopo Pasqua,
bruna la terra d'una breve pioggia d'ore fa
filtrata a intenerirla, il lento colore dell'aria
che approssima la sera e adesso sosta raccolta
a questa chiara mancanza d'ombra, lucida
e profilata come incantata in un ricordo
che la isola. E di un gabbiano mentre
più in là la sorvola.


Inverno

Rimbalza un'ora di silenzio un pettirosso
con il suo richiamo, segna una dolce
fitta sul giardino, vive che non si cerca
nel significato in cui si esprime come il mistero
nell'onnipresenza dell'agguato, sopra
lo sghembo ramo adesso di un cespuglio, vicino
e separato entro la sua frazione d'infinito.
11 ciclo annuvolato in una patina di bianco
sporco come la neve dopo nevicato,
il gelido inoltrarsi del tramonto
lungo un imbarcadero che sembra barlumi
sul fondo di un giorno di luce breve
affondante nel buio.
Inverno di tronchi scuriti dall'umido
dell'aria che ne scarnifica i rami il cielo
invadendo deserto, verde di qualche
cespuglio a sembrare rinato ogni mattino
nel colore che affiora il sembiante specchiato.
Inverno rintanato dietro le finestre.
Le ore fuori. Le case vuote di chi
non è malato. Fissare il tuo continuo
lento movimento da vertigini come il sogno
che affiora alla memoria germinando.



Erba

Erba, tenera erba di lame verdi
in resistenza flessibile e certa, di steli
ritti e secchi al raso vento che oscillano
vertici o appena atterrando un insetto
nulla che l'inquieta oltre sé stesso né ombre
né movimento appresso. Erba dall'anima
verde e profonda morta a sembrare all'esterno
così prostrata così un groviglio di paglia
spettinata dall'ultimo vento intorno alla sua
morbidezza se dentro non l'accarezzi
segreta ad ogni aridità ad ogni gelo, non
alla pioggia che l'infradicia al sole che la gonfia.
Giungla all'insetto che la sfiora in transito
né sai se sbaglia quando sale al tuo vertice
si dondola annusa fa perno di qua dal vuoto
quasi precipitando, né come sia
in ritardo alla durata che l'uguaglia
sia in sosta sia accelerando, uguale sempre
al suo compiuto svolgersi. Erba
di fiori soltanto più piccoli. Erba di quando
la sera discende infiltrando e come una garza
turchina distende sul dorso dei prati
a sfumarli, un brivido che la sorprende
a toccarsi l'una sull'altra ondulando
il buio liquefarsi in quel coagulo
che lo districa un'alba.

lunedì 18 dicembre 2006

cos'è uno spazio pubblico


Penso a questo blog come ad uno spazio pubblico dove si discuta di poesia e, attraverso di essa, si metta in gioco il nostro essere-in-comune;
ad uno spazio pubblico dove la poesia sia occasione per riconoscerci animali sociali, secondo la grande tradizione che va da Platone a Nancy;
ad uno spazio pubblico dove la scelta dell'argomento ha una precisa connotazione politica;
ad uno spazio pubblico dove parlando di questo, rinuncio consapevolmente a parlare di quello;
ad uno spazio pubblico che ha la natura del servizio e che dunque non va sprecato;
ad uno spazio pubblico dove il gioco ha natura ricreativa all'interno di un percorso dominato dal pensiero, dall'informazione, dal confronto razionale;
ad uno spazio pubblico dove il rispetto per la maggioranza esige che lo spazio stesso sia pulito, ordinato secondo il fine cui è stato creato.

domenica 17 dicembre 2006

Ragù


Anche se, pare, il vero ragù alla napoletana non sia la "carne c' 'a pummarola", come recita invece questa poesia di Eduardo de Filippo tratta dalla commedia Sabato, domenica e lunedì, dedico lo stesso questa delicatezza al sabotatore che da un paio di giorni s'insuga malauguratamente in questo blog cercandone la ricetta.


O rraù

'O rraù ca me piace a me
m' 'o ffaceva sulo mammà.
A che m'aggio spusato a te,
ne parlammo pè ne parlà.
io nun songo difficultuso;
ma luvàmmel' 'a miezo st'uso

Sì,va buono: cumme vuò tu.
Mò ce avéssem' appiccecà?
Tu che dice? Chest' 'è rraù?
E io m' 'o mmagno pè m' 'o mangià...
M' ' a faja dicere na parola?...
Chesta è carne c' 'a pummarola

venerdì 15 dicembre 2006

Aida Zoppetti

(Paris)
(Alfabetizzazioni)
(Venezia)

Su Tellusfolio il suo blog

mercoledì 13 dicembre 2006

Gianna Sarra


Nata ad Isola Liri (FR) nel 1940, Gianna Sarra si è laureata con Debenedetti con una tesi sulla poesia lirica nella Resistenza. Presento due poesie recuperate in rete, la cui disposizione grafica dovrebbe essere disseminata sulla pagina, con quella progressione cara a Mallarmé. Qui si colga l'ironia e il piacere per la costruzione di parole-valigia e quegli improvvisi enjambements che danno uno scarto violento alla narrazione, aprendo, nel contempo, nuove strade al senso. Credo che Gianna Sarra vada annoverata fra le madri del giocoso contemporaneo, assime a Vito Riviello di cui parlerò prossimamente.

1.

mandami un cesto di parolinfiori
gardeniobaci rosincesti
gelsolimoni corone di spin
/aci violini del pensiero e bacciliege
a mazzettini
calicanti e tanti
versinfragola
poi dei tuli/pani freschi-
con una bottiglia di quel buon vecchio
rosso asciutto corpo di cuore
delle pregiate canti
/nenie tue e per finire
con sciroppo di viole
biscottini di musetti
da sgranocchiare

post scriptum - dimenticavo! aggiungi
ti prego
una grossa scatola di bacions glacés
sai che d'inverno non posso farne
a meno


2

ma se solo a guardarti mi si dilata - eh no
non il cuore
ed entrano splendidi denti da lupo una giovane
faccia da marinaio ispido spiritoso
disperato
- chi sa perché
m'innamoro sempre
d'uomini che si portano dentro
questo spostamento d'aria
come sul ponte d'una nave fantasmi mattutini...

quel che cerco è l'incanto - ossia
la reale flagranza
d'una temprata adolescenza
le fughe le rabbie l'eros
quando tutte queste cose
in gabbie da belve
furono rinchiuse
e vi rimasero

FURIOSE.

martedì 12 dicembre 2006

Trieste e Oralità

POETI A TRIESTE IL 14/15/16 DICEMBRE
Un seminario sull’oralità e due presentazioni a cura de "Gli Ammutinati"

Trieste - L’Associazione Culturale “Gli Ammutinati”, nell’ambito del progetto CIRCUITO EUROPEO READING/POETRY LAB, presenta tre appuntamenti letterari dal 14 al 16 dicembre.

Il primo giorno, giovedì 14, è dedicato al POETRY RING: presentazione (bar-libreria Knulp - ore 17:30) a cura di Matteo Danieli dei nuovi libri di Tiziano Fratus e Stefano Guglielmin.

Il giorno seguente, venerdì 15, ci si sposta alla Facoltà di Lettere e Filosofia (Aula A di Androna Campo Marzio, 10 - ore 14:30) per il seminario di studi QUALI ORALITÀ E QUANTE POESIE, organizzato in collaborazione con la Cattedra di Letteratura Italiana Contemporanea (Prof.ssa Cristina Benussi), che vede la partecipazione di Dome Bulfaro, Nicola Frangione, Tiziano Fratus, Tommaso Lisa, Marianna Marrucci, Enzo Minarelli, Adriano Padua, Lello Voce. Il seminario si concluderà con un reading serale ad opera degli stessi relatori-poeti (Club Tetris, via della Rotonda, 3 - ore 21).

Infine il sabato 16 un evento collaterale, non organizzato direttamente dall’associazione: Patrick Karlsen e Luigi Nacci presentano (Knulp - ore 16) l’ultimo romanzo di Gianfranco Franchi, mentre a seguire Simone Buttazzi e Angela Migliore presentano il romanzo di Marco Busetta. Interventi musicali di Andrea Vergani.

CIRCUITO EUROPEO READING/POETRY LAB è una rete di iniziative sostenute dal contributo della Regione Friuli Venezia Giulia, creata al fine di divulgare la poesia e la cultura dell’oralità poetica in due modi: da una parte organizzando a Trieste e in altre città italiane/europee letture di poeti per lo più giovani; dall’altra parte portando i poeti stessi negli istituti superiori di Trieste e all’Università per incontrare gli studenti e raccontarsi, raccontare il mestiere di scrivere e confrontarsi con le loro domande.
Da quest’anno l’associazione ha deciso di organizzare periodicamente dei convegni e degli incontri sul tema della contaminazione tra la poesia e le altre espressioni artistiche e multimediali, nell’ottica anche della collaborazione con la rassegna POESIAPRESENTE di Monza (MI), curata per il Comune di Monza da Dome Bulfaro dell’Associazione “Il Veliero” (www.poesiapresente.it), e con ABSOLUTE POETRY FESTIVAL, il festival del Comune di Monfalcone (GO) sotto la direzione artistica di Lello Voce (http://www.absolutepoetry.org/).

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POETRY RING: FRATUS + GUGLIELMIN
Giovedì 14 dicembre alle ore 17:30 presso il bar-libreria Knulp (via Madonna del mare 7/A) Matteo Danieli dialoga con Tiziano Fratus, a proposito del suo bacio le tue cicatrici (Torino, Pedro, 2006), e con Stefano Guglielmin, su La distanza immedicata (Sasso Marconi, Le Voci della Luna, 2006).

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QUALI ORALITÀ E QUANTE POESIE: SEMINARIO UNIVERSITARIO
Venerdì 15 dicembre seminario di studi QUALI ORALITÀ E QUANTE POESIE, in collaborazione con la Cattedra di Letteratura Italiana Contemporanea dell’Università di Trieste.
Ore 14.30 Il seminario ha inizio alle 14:30 presso la Facoltà di Lettere e Filosofia (aula A - Androna Campo Marzio, 10). Dopo i saluti della prof.ssa Cristina Benussi, degli organizzatori Luigi Nacci e Christian Sinicco, interventi di: Dome Bulfaro, Nicola Frangione, Tiziano Fratus, Tommaso Lisa, Marianna Marrucci, Enzo Minarelli, Adriano Padua, Lello Voce.
Ore 21 Presso il TETRIS (via della Rotonda, 3 - trasversale di Via S. Michele) reading con Dome Bulfaro, Nicola Frangione, Tiziano Fratus, Tommaso Lisa, Enzo Minarelli, Adriano Padua, Lello Voce.

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FRANCHI + BUSETTA : I NUOVI ROMANZI
Sabato 16 dicembre alle ore 16 presso il bar-libreria KNULP (via Madonna del mare 7/a) Patrick Karlsen e Luigi Nacci presentano Disorder (Piombino, Il Foglio, 2006) di Gianfranco Franchi. A seguire Simone Buttazzi e Angela Migliore presentano Diario della stanza bianca e vuota (Aosta, END, 2006) di Marco Busetta. Interventi musicali di Andrea Vergani.

lunedì 11 dicembre 2006

pessimismo


Due dati:
  1. Il 40% degli italiani non ha letto alcun libro negli ultimi 12 mesi;
  2. "Lettere d'amore nel frigo", 77 poesie di Luciano Ligabue, ha venduto 100.000 copie;
sbaglio ad essere pessimista?

domenica 10 dicembre 2006

Edoardo Cacciatore


Il suo manierismo (qui ho scelto poesie dove questo si stempra in canto - e tuttavia sarebbe da leggere la lusinghiera analisi che ne fa G.R. Hocke ne Il manierismo nella letteratura), il suo individualismo e il conseguente rifiuto di lavorare in gruppo, la sua anagrafe (classe 1912: troppo vecchio per le neoavanguardie, in età, ma troppo 'rumoroso', per l'ermetismo), lo rendono il più emblematico esempio di eterno candidato al canone. Cacciatore parla delle proprie poesie come della realizzazione della "ragione efferata". A. Giuliani scrive, ne Le droghe di Marsiglia, che il suo "mondo moderno... è il luogo dell'eccesso" dove il brutto e l'inespressivo si colorano di provvisorietà. L'opera completa l'ha curata Florinda Fusco, per Manni, nel 2003. Le poesie sottostanti sono tratte da Il discorso a meraviglia, Einaudi 1996 (dove c'è un'ottima introduzione di Giulio Ferroni). Buona lettura.


Nella luna di luglio

Questa luna che dice ad ogni cosa svestiti
La realtà svela ai sepolcri dell'Appia
Nella luna di luglio due volte superstiti
Al morto prima ed ai vivi poi ch'io sappia
Sopravvivenza mostra un logoro costume
Da un lato all'altro strappato dal collo all'anca
Di ogni sospetto la vita ormai è immune
La nullità consiste si fa pietra bianca
Gli occhi dentro ai quali è un viaggio di laghi
Dimenticano mentre sanno l'accaduto
Non hanno nemmeno l'accortezza dei maghi
Che tengono per dato quanto è risaputo
Questa luna in cui ora andiamo smarriti
È la morte di cui ci siamo rivestiti.


Eutanasia vanesia

Eutanasia vanesia il tramonto e martella
Arteria occipitale ma mi fo solecchio
Vetri dopo uno scontro e li cantilla a salmo
La luce alieno il passante li scruta calmo
Giudica invece a raccoglierli m'apparecchio
Mentre a tonfo i ragazzi giocano a piastrella

Taglienti frammenti sopra voi m'inginocchio
Chicchi di sangue e so il vostro decorso
Nello spasimo che in ciclo si pavoneggia
Spera d'ordine - già si dispone ogni scheggia
Nel granaio ove il battito offre un sorso
Ai curiosi chiusi nella scorza d'un crocchio
Martellami a pezzi fatuo tramonto lillà
Rovinio è il vero e non morte tranquilla.

Il traguardo della corsa

Corre corre il sangue ma in noi un'altra gara
L'intimità già esterna in storia si stanzia
Controluce la tua mano innocente impara
A macchiare di sangue adulto anche l'infanzia
Mostri e portenti appartengono al fittizio
La sete di sangue soltanto il corpo può berla
Ma tra mano e fronte poggiata un interstizio
S'illumina realmente e concreta in madrcperla
Dico a te non credere a chissà quale inganno
L'urto del sangue alla mente al sesso ristagna
L'altra gara che sciama di danno in danno
La terra e il mare che brucia all'aria guadagna
E la cagna che ora ad incitarsi si è morsa
Di sangue non bagna il traguardo della corsa.

venerdì 8 dicembre 2006

Cristina Annino


Ho incontrato le poesie di Cristina Annino, per la prima volta, in Nuovi poeti italiani 3, nel 1984. Dalla raccolta L'udito cronico, ivi contenuta, sono tratte queste poesie. Poi sono passati due decenni prima che riuscissi di nuovo a leggere qualcosa di suo. E' stato su "Pagine", la rivista di Vincenzo Anania, con la quale lei collabora, credo, ancora adesso.
Sedere "al bordo dell'orecchio universale", sentirsi "un cimitero abbastanza paziente", amare il verso che cade con un leggero tonfo, godere del corpo dalle cui lacune nasce l'ordine del testo, la certezza d'essere soli eppure il desiderio di scarnificare tale distanza, al punto da preferire la dissociazione alla perfetta rotondità dell'io: sono questi alcuni elementi che mi fanno amare la sua poesia.


Caos

Premettendo
ch'è sempre doloroso impalare
l'anima in un discorso, scrivere
un diario, lettere, versare
iride nella tinozza di un colloquio.
A quest'età e con i tempi che corrono,
io siedo al bordo dell'orecchio
universale; dico
«biondo, marziale cieco ciclo
dove il tempo è rotondo: la verità
è orrendo cannocchiale».
Poi mi rivolto, ascolto chi parla,
annuso odore di vero nel parziale
gesto di chi mi appaia. Credo
a tutto; a quest'età si è un cimitero
abbastanza paziente.



Allarme dell'artista

Ho mal di denti e mi duole la vista;
Dio mio, marcisco sul mio piede come un cactus;
e spino, spino, il cane che mi viene
vicino, si muove a zampe in su, allarmato.
Gioco
col mio male; l'infernale malessere
cittadino è oltre il baratro delle persiane.
Sale qui in tessere di gas, polvere e buccia
di strade.
I0 sto male in pace.

Ma quassù, non crediate, c'è il cane che si lamenta,
il pelo gli cresce, il tempo
pone la sua palla di pietra
come uno sparo a un centimetro da me.
È un dolere cortese, di carta. Inattivo,
il tempo si liscia la barba
giovane e, oscenamente, rizza le gambe.
Io scrivo cose che nessuno
sente, oltre me.



L'essere e la morte

Poiché VU è una donna strana,
perfettamente cattiva,
io voto
per l'inferno di lei, nell'intento
di qualche valore.
Credo nello squallore quotidiano
di VU. E ci esco insieme;
dobbiamo scontarlo il tarlo dell'esistenza;
e sia. Del resto
mi piace il cattivo, lo sporco,
mi tuffo a corpo morto nell'inganno
di VU. Le parlo e la detesto.

Le case sono scimmie d'acqua pomeridiana;
VU è magra sotto l'ombrello,
ha dita d'artrosi e fama di generosa.
Piove, e mi scarica addosso la lingua
di pescecane; i suoi dolori non sono
spirituali. C'è gente
che si sdraia negli altri
uccidendoli di parole: VU ed io
siamo una sagoma riconoscibile
da dietro. Siamo l'essere e la morte.

Ho momenti di forte panico,
quando mette lo sguardo nel mio
e gioca con l'anima fosforescente
dicendo che attende una risposta.
Giacché mi sento esistere
sempre
e quel che voglio non è mai lontano,
è una piazza tutt'al più
d'acqua da superare,
dico a VU sciocche cose che beve.

Le mie pretese d'essere che sono?
In fondo
fumo sigarette che mi sfondono il cuore.
Non sarò mai buono.
Azzurra giraffa, la strada, passando
ha un curioso galoppo; ascolto
VU con smorto viso di plastica.

mercoledì 6 dicembre 2006

lacaniana



se CATAI è l'anagramma di ITACA, Polo ed Ulisse sono i Diòscuri padrini della modernità nomadica raccontata da ITALO CALVINO?

martedì 5 dicembre 2006

incipit Paolo Valesio

Prose in poesia (Società di Poesia 1979) è il primo libro di Paolo Valesio. Questi sono i suoi primi versi-in-prosa (e l'incipit di Effare l'in-fame), se si esclude il fatto che il libro inizia con una prosa tout court intitolata I dialoghi dei morti (bar, hotel Plaza, New York).
Mi piace l'uso pulsionale e ludico del canto, lo sviluppo analogico del discorso, il procedere sincopato, che mima l'atto sessuale desacralizzandolo, tuttavia. Il giocoso ottiene quest'ultimo effetto, producendo nel contempo una ridicolizzazione del corpo femminile, che probabilmente non piacerà a qualcuno. Il plurilinguismo, va dal folengo a Sanguineti, dal Beolco al gergo veneto, dall'inglese al latino, dal registro colto a quello popolare: è il meticciato odierno, che ancora credo debba avere uno spazio nella poesia contemporanea.


EFFARE L'IN-FAME


Passer delicia della mia puella

Una -
come tal marca di pomo americano -
delicia.
Delici-oso, come un fregio di puttini a culonudo
tutti belli puttanini che si dimenano sui loro
cuscinetti morbidi lungo l'orlo dell'urna grecanica.
Ah, grazia e consolazione della poesia:

Quant'è mignotta la rosa
che pur dianzi fiorìa
o languìa
o sfiora.

Perché la rosa, simbolo della donna
(ah, mignona dei sogni miei)
e dell'amore?
Perché la rosa somiglia un conno.
Stretto e tepido conno dapprima, inviolato.
Poi vizzo e squadernato (pavonazzo) alla cavallaccia;
un conno vacchereccio.
Letteralmente:
le vacche nella stalla a Castel Maggiore
lo mostravano come solo natura può mostrarlo -
senza tocco di sfida o timore;
roseo e rilevato nell'insellatura delle ossa
con la pelle nera tutt'intorno
e il forame subito sotto
donde usciva piano sospinto
il bolo giallo che andava a fioccare sulla paglia già fradicia d'orina.
Non grande la differenza con ciò che, depilato, mostrano
le nude di Penthouse.
Ridotto all'ultima semplicità:
lo si può vedere in un istante di allucinazione o più lucida visione in ogni oggetto inanimato.
Per esempio sbirciando dall'alto in basso -
mentre la sala si penembra
prima di affondare nel buio davanti al palcoscenico
che invece or ora mentre gli orchestrali alla spicciolata
entrano s'è illuminato -
il taschino della giacca, dove,
tolti ed inforcati gli occhiali,
è rimasta con il labbro penduto la loro custodia
di pelle rossiccia (Zima, New York) molto cheap.
Quel roseo slabbrato dentro il rosso scuro
come turgido di sangue
raffigura alla mente per un istante sospesa
la stessa cosa. Ma non è cortese trattar la cosa in tal modo.
Ma la poesia non può più essere cortese.
Allora, la poesia popolare?
(Ho tronciato la bella paesana
l'ho tronciata mio-Dio-sì).
Peggio: la folk-poesia diviene l'aneddotica di Folco,
Folco-poesia, antica violentata lirica del bifolco.
Come:

Passerotto settebellezze della mia ragazza.

...

lunedì 4 dicembre 2006

ecce homo


Visto quanto emerso nei commenti del precedente post, credo sia il caso che io chiarisca come spendo il mio miglior tempo, anche rispetto alla “funzione intellettuale”. Poi ognuno decida se seguire questo blog oppure fare altro.

Anzitutto sono insegnante di liceo nel triennio. Oggi, per esempio, in terza ho letto e commentato il terzo canto dell’inferno: si è parlato dell’ignavia e dell'importanza di comprendere il proprio ruolo sociale; in quarta ho analizzato i principi del diritto naturale nella dichiarazione d’indipendenza americana ed ho approfondito il concetto di “divisione dei poteri”; in quinta, ho interrogato un’ora sulla Rivoluzione sovietica, mentre l’altra l’ho riservata all’analisi di “Casa di bambola” di Ibsen, evidenziando e commentando i valori borghesi presenti. In tutto questo io ci vedo una funzione intellettuale, che passa attraverso l’educazione del buon cittadino ossia di chi sa pensare sé e il mondo a partire dall'interrogare continuo e dalla conoscenza dei fatti.


Poi, com’è noto, scrivo, gratuitamente, anche per riviste, siti eccetera. Per capirci, solo quest’anno ho pubblicato i seguenti saggi:

- Per meglio riconoscere la natura de “Il grido del vetraio”, in “Lunarionuovo” nuova serie n.14, gennaio 2006, pp.9-10;
- Alcune idee sul ritratto, postfazione a F. Zorzi, I ritratti degli industriali scledensi in Biblioteca Civica, “I Quaderni di Schio” n.21, Menin ed., Schio febbraio 2006, pp.40-44;
- La poesia nell’età del nichilismo compiuto, in “LiberInVersi” gennaio 2006;
- La “famiglia efebica” nell’Orestea, in F. Ermini, S.Baratta (a cura di), I nomi della Trasformazione, Moretti & Vitali, febbraio 2006, pp.66-69;
- Poesia e pubblico negli ultimi cinquant’anni, in “AbsolutePoetry”, settembre 2006;
- Un’occhiata al mio laboratorio, in “L’Attenzione”, ottobre 2006,

Ho curato inoltre
- Prefazione a Giorgio Sannino, Assolo, Edizioni Il Foglio, II edizione, Piombino 2006, (romanzo);
- Prefazione a Antonella Pizzo, Catasto ed altra specie, Fara Editore, Santarcangelo di Romagna 2006;

E scritto le seguenti recensioni
- S. Aglieco, Giornata, in “Dissidenze” febbraio 2006;
- M. Bonsante, Poesie 1954 – 2004, in “La Mosca di Milano” n. 14, maggio 2006;
- S. Massari, Il libro dei vivi, in “Fucine Mute” n.87, anno 8, maggio 2006;
- F. Ermini, Il moto apparente del sole, in "L'Immaginazione", n. 223, luglio 2006;
- L.Cannillo, G.Fantato, La biblioteca delle voci. Interviste a 25 poeti italiani, in “UniversoPoesia”, ottobre 2006,
- S. Aglieco, Dolore della casa, in “L’Attenzione” n.2, novembre 2006
- G. Turra Zan, Inediti, su “Tellusfolio”, novembre 2006

e sono in uscita:
- una prefazione a Gabriele Pepe, Poesia del dissenso 2, antologia curata di Erminia Passannanti e che avrà un' introduzione di G. Marano;
- Un’analisi critica a “quel che resta da fare ai poeti e ai loro critici”, che sarà pubblicata in Le tentazioni di Marsia raccolta di saggi curata da Salari e Fresa;
- Prefazione a Chiara Lavagna, Rêve d’or (Anterem ed), opera postuma (ed unica) di un’autrice morta giovane;
- per “Ulisse”, il saggio Quale linguaggio per quale poesia, oggi? Quale linguaggio per quale esperienza, oggi?
- per Moretti&Vitali, in AA.VV. (nella collana "Convergenze"), un saggio dal titolo Le nascite del Principio;
- per "Poesia" una recensione al poeta Fabio Franzin e una a Bianca Dorato.
Si tenga inoltre conto che ho più di 200 pagine inedite di saggistica, che aspettano un editore.

Oltre a ciò, insegno poesia contemporanea in un circolo culturale di Vicenza (domani, per esempio, leggerò e commenterò “La ragazza Carla” di Pagliarani) e presento spesso libri: un mese fa quello di Ermini, poi quello poetico di Alborghetti e mercoledì un saggio di Fabrizio Scarso, uno psicanalista prematuramente scomparso, dal titolo: Occidentali disorientamenti. Il femminile nel viaggio intellettuale; anche questo mi sembra che abbia una funzione, se non altro allena alla comprensione e all’analisi di opere nelle quali il presente si mostra, si smaschera, si lascia toccare;

Infine ho i miei impegni personali che vanno dalla gestione della famiglia allo studio dell’inglese, che mi occupa tre ore alla settimana.

Bene, infine arriva Blanc de ta nuque, un blog nato con l'intenzione di divulgare la poesia con leggerezza, avvicinando chi non si sente ancora pronto per un viaggio personale e chi ha voglia di leggersi qualche buon poeta, ma anche di fare due battute. divulgazione, dunque, e luogo in cui conversare. E ancora: mia piccola isola per rilassarmi, dove posso astenermi dal fare il critico, l'intellettuale, il serissimo poeta guglielmin che scrive continuamente di morte e perdita dell'identità, per mostrare la parte più scherzosa di me, la più vulnerabile. dunque: se mi si vuole criticare, si leggano i saggi, si discutino le tesi, i punti deboli, le incongruenze, si avanzino altre ipotesi (ben lieto di ragionare su questo versante) ma mi si conceda di usare la rete scientemente e secondo il tempo libero che mi resta.

venerdì 1 dicembre 2006

Ramona mon amour


Forse qualcuno di voi ricorderà gli interventi esilaranti di Ramona, la mitica badante del "profesore senatore Mario Luzi", nel blog di "Atelier". Non ho mai saputo chi fosse, ma credo che meriti uno spazio tutto per sé, qui. Sperando che le persone citate non si offendano (fido sul loro senso dell'umorismo e sull'acqua passata nel frattempo) posto due suoi interventi, ricavati spulciando l'archivio della pregevole rivista di Borgomanero.

Io chiede scusa se disturba te, già mitico SuperMargiotta Punto Com, Gigi Marzullo di poesia contemporanea: io Ramona. Grazie per tuo complimento. Io emozionata perché sa che tu no essere solito dottorando senza borsa che fa Blanchot de noantri su sito di rivista Atelier, ma essere grande personagio di cinema e TV. Tu no scritto libretto pagato con pensione di nonna circuita ma "Natale su Nilo". Come dice grande poeta Lorenzo Jovanoti: “vai così, è tutta una figata”. Io spiego mia storia perché forse tu no conosce me. Io venuta qui a Italia per fare badante di Profesore Senatore Mario Luzi. Io prepara semolino, pulisce pavimento, cambia panolone; lui guarda Novantesimo minuto e scrive solite poèsie su parola che vola alta alta, ecc. ecc. Poi lui morto – io pensa per grande dispiacere che lui no vinto Premio Ikea di Academia di Svezia – e ora vaga disolto in polvere, ombra, aminoacidi, opere complete. Vita essere molto dura. Io era molto triste e pensava di tornare a Bulgària, ma poi poeta profesore Marco Merlin Teporello offerto posto come badante di piccolo Lorenzo, suo figlio ipercinetico. Io acettato. Ora poeta Teporello messo grande Struzo bianco in giardino di casa e chiede a me di pulire cacca di enorme ucello. Lui dice che Struzo essere regalo di certo signor Bersani, che lui tanto faticato per avere ucello e che a Struzo donato no si guarda in bocca. Io no capisce. Visto che io essere qui, vuole dire due parole su discussione di immenso blog dove vecchio personagio infama nuovo personagio in mondovisione. Io dice che:- giovane poeta Onore deve prendere molto litio e farsi vedere da uno bravo. Io crede di capire perché lui geloso di Peter Gabriel Omar Del Sarto, papaplayboy di West Coast, e di mitico Davide Brulo, tsunami di sintassi italiana, ma no capisce perché lui arabbiato con povero Ninetto Davoli, che molto oprò ma solo col senno e con la mano, come dice il Tasso. - antòlogia scrita da Paola Cortellessi e sette nani essere vasta come anagrafe di medio capoluogo di provincia. Manca solo mia zia Pina. Ora io saluta perché deve guardare “Prova di cuoco”. (22/10/05)


Io chiede scusa se disturba ancora te, Supermargiotta Punto Com, Gianfranco Funari di poesia contemporanea: io Ramona. Io voleva precisare che io no essere poeta professore Merlin Teporello, ma solo badante di piccolo Lorenzo Merlin e di enorme Struzo bianco mangiachiodi che vive e defeca in giardino di poeta Teporello. Io letto tua discussione con mitico Ninetto Davoli e giovane poeta e profesore Mimmo Cangiano Locasciulli su antologia a pois scritta da Paola Cortellessi e i Sette Nani. Io vuole dire che: - signor Dio, come tutti adulti sanno, no esiste. - Come dice nuovo papa reloaded, Benedetto 16.0, ditatura culturale di relativismo che lascia uomo solo davanti a proprie voglie essere atmosfera culturale di nostro tempo. Inutile che tu usa famoso agitatore palestinese Gesù Cristo per criticare antologia della Cortellessi e dei Sette Nani. Cuius vita eius religio.- Uomo solo davanti a proprie voglie sta benissimo. Ora io torna a pulire camera di piccolo Lorenzo, Attila di infanzia italiana. (24/10/05)