giovedì 21 ottobre 2010

Francesco Balsamo



Le tre parole chiave per entrare nell'Ortografia della neve (incerti editori 2010) di Francesco Balsamo sono già tutte nella poesia d'apertura: "memoria", "commozione", "scriverò col gesso": con questi tre tensori, che agiscono contemporaneamente sul pedale emotivo e conoscitivo, l'autore siciliano ci consegna un canto malinconico eppure leggero, fondato sullo sguardo al tempo stesso preciso del semiologo e vago del poeta. Ogni cosa, qui, è infatti grafema sedimentato sullo spazio e sul tempo, è segno misterioso che va accarezzato prima che decifrato, va avvicinato attraverso l'affettività, per coglierne la fugace presenza, il suo candore (parola che non rinvia soltanto alla purezza ma anche, per via etimologica, all'incandescenza). Il "bianco", che è luogo della smemoratezza, del fuoco accecante, del folle disorientamento, ma anche della possibilità, delle superfici in cui depositiamo i nostri segni, a cui consegniamo il nostro destino, attraversa l'intero libro, in parallelo alla luce calda, "premurosa", "dolce", "scalza" (forse perché libera di donarsi senza schermi), che colora spesso gli interni, ma con meno ridondanza e pastosità dei dipinti di Balsamo, eccellente pittore. In tale ossimoro, polarizzato dal freddo e dal caldo, dal non-colore (il bianco) e dalla fiamma che riscalda gli animi, dalla visione carica di memorie che spostano il piano storico in quello mitico e avvicinano quello naturale alla dimensione magica, si gioca la visione nel mondo del poeta, che si porge al lettore in modo non dissimile da quello che possiamo incontrare in un libro importante della poesia italiana contemporanea, qual è Ritorno a Planaval di Stefano Dal Bianco. Ottimo esordio dunque di un autore che inaugura con questa "raccolta" gli  incerti editori elegante e ben curato progetto che converrà seguire con attenzione.



***

vi ho scritto questa pagina bianca,
è una fitta nevicata in pieno petto,
è la bianca ronda dei pensieri,
è il battito del quaderno
se vi poggio sopra l'orecchio.

vi ho scritto questa pagina bianca
perché prima di niente è solo neve,
e sembra cadendo dire pardon,
ma voleva dire niente.

vi ho scritto questa pagina bianca
anche se forse non si riuscirà
a trattenerla a lungo,
ma è questa la lanugine degli eventi,
sono questi i contrattempi degli anni,
i fiocchi dei pomeriggi,
i piccoli pugni stretti dei cuori.



**


la casa è di legno
– legno d’aria –
ci stiamo come
nella tasca dei boschi
e dormiamo tranquilli
nel camino dei respiri.
al mattino ci accendiamo
come certe stufe
affumicando l’aria,
sono le parole
che salgono verso
il soffitto,
alcune sollevano le tegole
e verrebbe da pensare solo al cielo,
l’inverno lo snidiamo così
coi piccoli falò delle frasi




**


la luce scalza di una candela,
è la luce premurosa
di quando torniamo a casa la sera -
una luce dolce come una toppa
o una piccola pace in tasca, di riserva.
è un buio soleggiato
quando a testa bassa facciamo ombra sul tavolo
e mi piace guardare la spirale delle tue orecchie
attente come foglie.

la candela accesa
è al centro dell'orbita persa degli anni,
è un'astronomia da tavolo di cucina
quando ho un pensiero preso per il manico.
è il fuoco in un granaio
quando il temporale preme sulle ossa del tetto.
una luce che spenta lascia una scia
come un filo spezzato



**

a bussola del letto
per piumoni e lenzuola
l'astronomia delle candele ,
e la rotta dei lumi
tutto il tracciato della buonanotte, amore mio



**


mia nonna
col mio libro,
lo legge alla radio
dopo le previsioni
del tempo –
alzo il volume
con l’aria che tira
e le finestre
spalancate
sentiranno anche
i vicini
la voce della nonna
sale fino al soffitto
gira intorno
alla lampadina
sfiora i fiori
della carta da parati
riempie gli appartamenti –
la trasmettono
solo
per oggi
*
leggere a bocca chiusa
o fare ombra sulla ghiaia?
io busso dal balcone:
un saluto, niente di più.



**

passano i morti
a luci spente e
fanno un cenno,
ma nessuno li vede
e allora fanno un fischio
come di nave a vapore,
portano identiche notizie:
è andata bene
ci siamo persi in un bicchiere



**


s’inchinano le ore
dentro gli ospedali
e i cimiteri
io sono il centesimo di un gesto
e la parola è un sasso liscio
appiattito
rimbalza sulle tempie
come sull’acqua.


**

Nota dell'autore-editore:

Buonasera, perché si sarà intanto già fatta sera; benvenuti, sono contento di vedere che siete in tanti (ci speravo!). Stasera vi leggerò delle poesie che ho scritto, o disegnato per chi è fissato che io faccia le due cose insieme. Adesso, proprio in questo preciso istante, credo fermamente che mi stia a cuore solo scrivere, che io abbia sempre fatto solo questo, ma lo dico adesso che perl'appunto sto scrivendo. E quindi vale il tempo di due parole. Le parole sono sempre il retro di qualcosa. Forse la faccia nascosta della mia volontà. O sono per alcuni di noi la sola volontà possibile. La parola, che non penso singolare, quindi le parole, quando si mettono sulla carta quasi non si può fare a meno di rovistarle, e solo allora fanno un disegno che posso riguardare o che mi riguarda, e a quel punto m'importa poco la distinzione tra scrivere e disegnare, m'importa solo di avere dei fogli con dei segni sopra, così magari da poterli vendere. La faccenda dei soldi non è volgare o poco poetica, si può anzi essere liricamente squattrinati, spero quindi che alla fine della serata vorrete comprare il libro. È il primo di un progetto editoriale. Finito di stampare per conto di incerti editori che a leggerlo a fine libro fa sorridere a lungo. Ma abbiamo reso incerta la n e allora gli incerti sono diventati certi, certi almeno di volere affidare il destino del loro (del nostro) progetto a una minuscola consonante, e in minuscolo la n sembra un ponte, magari pure levatoio (o elevatoio, come dice qualcuno) e i ponti possono essere utili anche se traballanti. Ma lo so che è solo un ponte fra due lettere, è impronta del dito che scrive, so bene che è una sciocchezza, o come direbbe un poeta è "un lieve collasso della scioccheria", ma ormai so anche che la scioccheria è la sola cosa che dio (un dio minuscolo) ci può dare, perché è la sola che sappiamo trattenere. Insieme forse, e appunto, a qualche foglio.



Francesco Balsamo è nato nel 1969 a Catania, dove vive e lavora. Ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Brera e Catania e alla facoltà di Lettere dell’Università di Catania. È tra i vincitori del premio Eugenio Montale nel 2001 — sezione inediti — con Appendere l’ombra a un chiodo, poesie pubblicate nell’antologia dei premiati, edita da Crocetti nel 2002, nello stesso anno riceve il premio Sandro Penna, per l’inedito, con Discorso dell’albero alle sue foglie, edito da Stamperia dell’Arancio nel 2003. Alcune sue poesie sono state pubblicate su riviste: «Hortus» (Grottammare 2004), «I racconti di Luvi» (Palermo 2004), «Poeti e Poesia» (Roma 2004), «Ore piccole» (Piacenza 2007); e su antologie: Centro Montale - Vent’anni di poesia (Firenze 2001), Ci sono ancora le lucciole (Milano 2004), dieci poesie tradotte in polacco in La comunità dei vulcani (Messina 2006), Poeti e Poesia - poeti nati negli anni sessanta - (Roma 2007). Una sua raccolta è stata tradotta in finlandese e pubblicata a Helsinki nel 2004.

Qui il suo sito.

7 commenti:

  1. ci sono poeti "senza commenti". quelli che prediligo.

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  2. versi davvero felici, coniugano rigore e suggestione,sedimentando dirompenza e tepore: "l'inverno lo snidiamo così/coi piccoli falò delle frasi"; oltre alla voce della madre, è anche la voce della madre della madre, "la voce della nonna", che ci abita,talvolta riemerge e ci avvicina alla poesia.

    grazie Francesco e grazie Stefano

    Francesca Monnetti

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  3. "coniugano rigore e suggestione,sedimentando dirompenza e tepore". Mi piace molto. L'autore (che sarei io nascosto dietro l'angolo), ringrazia.

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  4. grazie a te e a Francesca.

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  5. Ho letto il libro di Francesco, e ammetto che mi ha empita di calma, per la sua freschezza, per quella "verità" nel senso di ciò che si sente e si prende al volo, prima del pensiero stesso che a volte appesantisce. Oppure perchè è così bravo che il pensiero neppure si vede. Ha comunque la benedetta spontaneità dell'acqua in quell'istante prima che diventi qualcos'altro, per utilizzo degli uomini.

    Cristina Annino

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  6. grazie Cristina.
    A Francesco: questo è un commento da mettere nel curriculum, essedo autorevole e affidabile.

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  7. poesie nette, lucide, e al contempo fluide, in movimento; creano e lasciano spazi dove la /poesia/ trova il suo divenire, dove si permette di costruire ri-costruendo.
    complimenti.

    un abbraccio

    alessandro ghignoli

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