E dove altro credi possibile la mia presenza
se anche la mia terra è contro? Non rimane niente altro
che la cancellazione ripeteva un dirsi presenti
anche senza il luogo. Adesso conta diceva
fai la somma dei rimasti. Sottratti gli urti i lampi
i sacchi senza nome o le cataste di arti e bocche colme
di vuoto avrai la misura del rimanere, l'innominata ampiezza
E' la la poesia che apre L'opposta riva (LietoColle 2006): il poeta si fa portavoce di un migrante, la cui presenza (in Italia) si sostanzia nella "cancellazione", nel non-esserci; invisibilità già cominciata nella terra natia ("la mia terra è contro") e conservata, quale ultima risorsa identitaria, qui, nell'opposta riva, che prende in consegna l'ombra, ciò-che-non-è-mai-stato. E' come se la terra dei vivi fosse già da sempre aldilà, regno delle ombre, traghettate da un terzo mondo morituro ad un occidente fantasma, che le impiega poi per far funzionare quel fuoco eterno, laico e tutto esposto chiamato progresso.
L'identità migrante si gioca dunque nella cancellazione di un soggetto che per noi si costituisce, semplicisticamente, attraverso le sue parti anatomiche e i suoi bagagli (sacchi senza nome, cataste di arti, bocche colme di vuoto): è il tristo paesaggio di un ponte di nave stracolmo, disumano perché fatto di un unico corpo mostruoso (braccia, teste, denti estranei), un corpo plurimo che nasconde ai nostri occhi l'umano, che lo maschera e, così facendo, lo custodisce. In questo senso, "cancellazione" non è soltanto la risultante di un atto di censura violenta da parte delle burocrazie nazionali, ma può diventare una risorsa per chiunque riconosca, in questo denudamento biografico-oggettuale, in questa scarnificazione, "l'innominata ampiezza" dell'umano: soltanto interrogando "la cancellazione" possiamo infatti avvicinare il resto, ciò che rimane d'essenziale, ciò che resiste al mercato, all'omologazione: tolto tutto (il visibile, il catalogabile ecc.) qualcosa ancora chiede udienza: è, appunto, il resto, l'inavvicinabile, il differente in quanto tale, che è l'umanità stessa e che, nei derelitti, quasi affiora, quasi diventa tesoro sopravvissuto al disastro del capitalismo avanzato. Impariamo da loro almeno questo, sembra dirci, qui, Alborghetti.
se anche la mia terra è contro? Non rimane niente altro
che la cancellazione ripeteva un dirsi presenti
anche senza il luogo. Adesso conta diceva
fai la somma dei rimasti. Sottratti gli urti i lampi
i sacchi senza nome o le cataste di arti e bocche colme
di vuoto avrai la misura del rimanere, l'innominata ampiezza
E' la la poesia che apre L'opposta riva (LietoColle 2006): il poeta si fa portavoce di un migrante, la cui presenza (in Italia) si sostanzia nella "cancellazione", nel non-esserci; invisibilità già cominciata nella terra natia ("la mia terra è contro") e conservata, quale ultima risorsa identitaria, qui, nell'opposta riva, che prende in consegna l'ombra, ciò-che-non-è-mai-stato. E' come se la terra dei vivi fosse già da sempre aldilà, regno delle ombre, traghettate da un terzo mondo morituro ad un occidente fantasma, che le impiega poi per far funzionare quel fuoco eterno, laico e tutto esposto chiamato progresso.
L'identità migrante si gioca dunque nella cancellazione di un soggetto che per noi si costituisce, semplicisticamente, attraverso le sue parti anatomiche e i suoi bagagli (sacchi senza nome, cataste di arti, bocche colme di vuoto): è il tristo paesaggio di un ponte di nave stracolmo, disumano perché fatto di un unico corpo mostruoso (braccia, teste, denti estranei), un corpo plurimo che nasconde ai nostri occhi l'umano, che lo maschera e, così facendo, lo custodisce. In questo senso, "cancellazione" non è soltanto la risultante di un atto di censura violenta da parte delle burocrazie nazionali, ma può diventare una risorsa per chiunque riconosca, in questo denudamento biografico-oggettuale, in questa scarnificazione, "l'innominata ampiezza" dell'umano: soltanto interrogando "la cancellazione" possiamo infatti avvicinare il resto, ciò che rimane d'essenziale, ciò che resiste al mercato, all'omologazione: tolto tutto (il visibile, il catalogabile ecc.) qualcosa ancora chiede udienza: è, appunto, il resto, l'inavvicinabile, il differente in quanto tale, che è l'umanità stessa e che, nei derelitti, quasi affiora, quasi diventa tesoro sopravvissuto al disastro del capitalismo avanzato. Impariamo da loro almeno questo, sembra dirci, qui, Alborghetti.
Bella poesia quella di Fabiano. Il resto mi sa che sia del tutto sovrapponibile alla differenza nella sua poesia...
RispondiEliminala misura deò rimanere è una forma o un contenuto? il resto è una fomra o un contenuto: per me, è la condizione affinché entrambi si diano all'ascolto.
RispondiEliminanon mi va di vedere la poesia come un qualcosa di statico a comparti stagni, per cui, se capisco quello che vuoi dire, non posso non essere d'accordo con te.
RispondiEliminaa ruota libera le mie impressioni riportate alla lettura, odierna anch'essa di GTZ, e delle introduzioni di Stefano ad entrambe le poetiche/poesie.
RispondiEliminaIl commento alla poesia di Giovanni si lascia leggere senza difficolta, invece il testo commentato necessita di più letture per poterlo comprendere. Viceversa qui la poesia di Alborghetti prende subito ed è bella, la tua introduzione, sicuramente quintessenza del tuo sapere dev'essere più volte letta per poterla apprezzare.
Voc: ma la lettura che faccio del testo, la trovi astrusa?
RispondiEliminaAli, questa poesia di Alborghetti mi pare abbia la propria cifra nel concetto di "cancellazione": io ho cercato di approfondirne il valore. Chiaro che la lettura è impegnativa.
Si, è impegnativa, non astrusa.
RispondiEliminaDesideravo sapere se la lettura che tu fai del testo è del tutto personale o nasce da un confronto con l'autore, oppure ancora se scaturisce dal senso complessivo dell'opera.
Ancora mi chiedevo che possibile collegamento c'è tra l' "opposta riva" di Alborghetti e le sponde fluviali che sono partenza e approdo della "distanza immedicata".
No, Stefano, tutt'altro, sarebbe ad occhio e croce quello che avrei scritto io ;)
RispondiEliminadunque lettura tutt'altro che astrusa!
Cara Ali, la lettura nasce dal confronto con il testo, amche se qui, l'idea della nave che trasporta i migranti, non è tematizzata.
RispondiEliminaQualche punto di contatto c'è tra i nostri due libri: c'è l'acqua che scorre, ci sono le rive, c'è una voce che racconta un viaggio. Dopo, le esperienze raccontate e lo stile sono differenti.
ok Voc .-) ciao!
Impariamo da loro ci dice fabiano, e fabiano sa quello che dice visto che ha vissuto per due anni a stretto contatto con gli emigranti prima di scrivere il libro. il maestro gugl mi ha insegnato che fra poesia e vita ci deve essere coerenza, non si può scrivere di sangue e fango quando si sta seduti tranquilli sopra una poltrona di pelle frau e si utilizza fango e sangue solo per colpire il lettore, per compiacerlo. è poesia disonesta, poesia insincera (come scrivevo a qualcuno mezz'ora fa) fabiano lascia tutto e vive assieme a loro, agli emigranti, e diventa emigrante assieme agli emigranti, ai differenti, e lui stesso è diventato differente in mezzo ai differenti. un salutone a tutti antonella
RispondiEliminapoesia onesta, come dice umberto (saba) e come dice antonella (pizzo).
RispondiEliminaIo devo confessare un mio limite: la poesia di Fabiano non riesce a colpirmi in profondità. Eppure ha tutte le carte in regola, le migliori intenzioni, è scritta superbamente, è onesta, sincera. Ma manca di qualcosa e sinceramente non so cosa ma forse sono io che non riesco a comprenderla fino in fondo.
RispondiEliminaScusate se mi permetto di criticare qualcuno molto più in gamba di me in tutti i sensi ma è quello che "avverto" dentro quando leggo le poesie di Fabiano.
pepe
mai transitate poltrone frau da casa mia.
RispondiEliminaun salutone anche a te
pepe, vuol dire che sotto la lettera A nella tua antologia ci sarei solo io? :P
RispondiEliminaVoc, come dire...tu e Ste all'unisono!
RispondiEliminaprobabilmente, caro Gabriele, le vostre poesie nascono da parti differenti della psiche.
RispondiEliminaciao frau Alivento:-)
un grande anche Alborghetti, che da Voce ai deboli e ai perseguitati, usando un verso lungo e deciso
RispondiEliminaa sottolineare l'ingiustizia.