Così come Forbice (Anterem, n. 73) si sviluppa in orizzontale, queste quattro poesie sparse scalano in verticale, secondo il passo dell'anatomopatologo o del bibliotecario, intento a catalogare scene minuscole, ad intagliare particolari dal mondo, senza pretesa di salvarne la parte migliore. In questa selva colpita dal fascio dello sguardo e tendenzialmente silenziosa, traspare anche la vita, la propria vita giocata sull'uscio, "su due fronti" ossia il dentro e il fuori, dentro e fuori dalla storia, dentro e fuori dalla possibilità di chiudere il vecchio, di rifondare l'adesso.
quattro poesie sparse
(dopo Forbice – dicembre 2006)
il canto scialle
storia che ha solo un inizio
nella ferita si chiude
e finisce
le ciglia decorano
un rigo di sonno
nell’aria della memoria
primo è il silenzio
incognito e svelato
dall’esodo,
dall’inchino
favola con i corvi
verbi neri nel cielo
maschera di montagna
addio di alberi
buongiorno di ginestre
conchiglie pellegrini
e vongole unghie-di-strega
desiderio di rimanere qui
senza dire
non si sta partendo
sempre sul punto di
tempo su tempo, l’amante
s’ incista e forse lo sa
se è cenere è stato velluto
(pelle del polso quando levi l’orologio)
smania tenuta a bada
volatile, lunatica
dove vuoi riposare non riposi
ostinata che ti mando pensieri
*
gala di gelo, guarda
cosa resta
si può dire inchiostro
si può dire cenere
tagliare e sforbiciare
cosa si vorrebbe
fare, tagliare, tirare
sia fili che lane
non c’è un dire
e non c’è questo non dire
come nei Testi per nulla che si dice
“dico alla testa”
i passi arrivano
senza contatto, senza tradire
i passi
insieme a loro
*
bagliore del nome
deflora l’ingresso
alla porta intralcia
un bastone
(ricorda la nuca, il polso
e il suo secreto)
su due fronti
si fa armistizio
correndo tra l’uno e l’altro
senza fissa dimora
non sasso lanciato
pietrisco
questo adesso
il canto scialle
storia che ha solo un inizio
nella ferita si chiude
e finisce
le ciglia decorano
un rigo di sonno
nell’aria della memoria
primo è il silenzio
incognito e svelato
dall’esodo,
dall’inchino
favola con i corvi
verbi neri nel cielo
maschera di montagna
addio di alberi
buongiorno di ginestre
conchiglie pellegrini
e vongole unghie-di-strega
desiderio di rimanere qui
senza dire
non si sta partendo
sempre sul punto di
tempo su tempo, l’amante
s’ incista e forse lo sa
se è cenere è stato velluto
(pelle del polso quando levi l’orologio)
smania tenuta a bada
volatile, lunatica
dove vuoi riposare non riposi
ostinata che ti mando pensieri
*
gala di gelo, guarda
cosa resta
si può dire inchiostro
si può dire cenere
tagliare e sforbiciare
cosa si vorrebbe
fare, tagliare, tirare
sia fili che lane
non c’è un dire
e non c’è questo non dire
come nei Testi per nulla che si dice
“dico alla testa”
i passi arrivano
senza contatto, senza tradire
i passi
insieme a loro
*
bagliore del nome
deflora l’ingresso
alla porta intralcia
un bastone
(ricorda la nuca, il polso
e il suo secreto)
su due fronti
si fa armistizio
correndo tra l’uno e l’altro
senza fissa dimora
non sasso lanciato
pietrisco
questo adesso
*
porta il giorno
in palmo di mano:
d’inverno il più breve
un ciuffo di iris
si torce a ideogramma,
appassito, in dicembre
il fuori respira silenzio
poi grido di cornacchia
poi brusio d’autostrada
e perfino il fischio di un treno
fuori si trovano cornetti perduti
dal daino giovane, fili elettrici,
fioriture fuori stagione,
stuoino raspato dal gatto Léon
Mara Cini vive a Sasso Marconi. Ha studiato all’Istituto d’arte e al DAMS si è laureata con una tesi di estetica. Collaboratrice di “storiche” riviste sperimentali è attualmente redattrice di “Anterem”. Ha pubblicato le raccolte di poesia: Scritture (North Press - (1979), La direzione della sosta (Tam Tam, 1982), Anni e altri riti (Anterem, ”Premio Lorenzo Montano”, 1987), Dentro e fuori casa (Anterem, 1995) e racconti in: Narratori delle riserve a cura di Gianni Celati (Feltrinelli, 1992), Racconta 2 (La Tartaruga 1993).
RispondiEliminaMara ha anche pubblicato da pochi mesi un delicatissimo libro-epistolario con Rita Degli Esposti: "Specchio convesso" ANAedizioni
RispondiElimina"Cara Rita,
arrivano le zie con fasci di crisantemi rossoscuro, sbattono fronde di petali-linguine all'altezza del mio naso, acre fragranza di cerimonia in carta crespa e nebbia, piccoli crisantemi gialli per i bimbi ammazzati dalla bomba, garofani rossi per i partigiani
ad ogni novembre, ad un tratto, arrivano tutte le zie (in corriera, sui sellini delle motociclette...) con questi involti umidi di fiori, le rozze candele bianche e rosse da cimitero, con cappotti di stoffa pelosa, profumo di crema Venus sulle mani screpolate [...]
Cara Mara,
un pianino con due bambini disegnati sul coperchio quando premi i tasti si illuminano gli occhi
luce verde degli occhi suono metallico dei tasti
il dopolavoro ferroviario innocenti giocattoli per bambini poveri i primi pantaloni di stoffa scozzese per stare più calda; la cinesina senza papà, il tuo soprannome rari momenti di protagonismo punizioni epiche
impari a leggere a tre anni, da sola grazie alla varicella la lettera q a lungo letta come o (per cui, vieni oui, vieni oua i tre fratelli oui ouo uoa) la gelatina di frutta dopo l'epatite [...]
P.S. (quella pubblicazione per North Press mi ricorda qualcosa, adesso ci penso bene :P)
RispondiEliminaClassico stile anterem direi. Ricerca molto cerebrale e filosofica.
RispondiEliminaCaro stefano scusa se approfito di questo tuo spazio per farmi un po' di publicità: se a qualcuno interessa prima che il post scenda nell'oblio su absolute poetry c'è un mio poemetto. Saranno bene accolte anche impietose stroncature. :o))
pepe
caro Gabriele, ho già scaricato il poemetto. Appena posos lo leggo.
RispondiEliminaAttento a non fare come tanti: ossia pensare che esista uno stile "anterem" tout court.
Cara Matisse, molto belli i passaggi che riporti dallo "Specchio convesso". spero che Mara si faccia viva, magari domani.
ciao
Uno stile totalizzante sicuramente no hai ragione ma che anterem privilegi un certo orizzonte di ricerca mi sembra indubbio. Ovviamente è cosa buona e giusta, doverosa direi per chiunque voglia immettersi in un ambito di ricerca letteraria. Altrimenti si rischia una tuttologia che alla fine diventa solo dispersione. Servono anche le riviste specializzate per così dire come servono spazi come il tuo che invece è aperto a soluzioni diverse. Tutte e due le cose si completano e danno a noi lettori la possibilità di allargare i nostri confini.
RispondiEliminapepe
grazie Gabriele, per l'incoraggiamento.
RispondiEliminaSì, parlare di "orizzonte anterem" mi sembra corretto, mentre ci sono molti lettori (?) in giro che credono anterem un pensiero unico.
Si. E oltretutto Cini (tra i miei preferiti) è proprio un esempio di poesia anticerebrale-filosofica. E, udite udite, nemmanco si avvicina al "confessionalismo" di tanta, seppur buona, poesia femminile. E' un papavero in un campo giallo, l'accostamento visionario ed efficace alle piccole e immense cose del quotidiano naturale privo di qualunque ostentazione iperriflessiva, o di stimmate filologico-formali. Una bella poesia, un bel progetto.
RispondiEliminacondivido in pieno.
RispondiEliminaBuon Anno a te, Gugl, ed a tutti i tuoi amici del b-log da Fadipao.
RispondiEliminagrazie Fadipao, altrettanti auguri a te.
RispondiEliminaMaraaaaaa...!
RispondiElimina(sollecitavo)
mi sa che aprirà il computer lunedì.
RispondiEliminavedremo.
ciao Matisse... auguri per oggi :-)))
(grrrrr)
RispondiEliminagrrrrandissimi auguri :-)
RispondiElimina(ma non lo sai che le befane di oggi sono splendide cinquantenni?)
(grrrr al quadrato)
RispondiEliminadai, che magari domani Mara risponde :-)
RispondiEliminaGLI ERLEBNISSE DEITTICI DI MARA CINI
RispondiEliminadi V.S.Gaudio
Anche Mara Cini promuove un testo dal microcosmico centro, ma senza che vada misticamente alla ricerca dell'oro, o di una intimità profonda. Tutto è al presente, ma con un immaginario casto, diurno, La dominante di POSIZIONE facilita, quasi automaticamente, un certo "geometrismo". Mi fa pensare, come "archetipo sostantivo", alla "Luce" e, come simbolo, al "Sole" o all'"Occhio del Padre" oppure al "Recinto". E' una poesia deittica, "là" o "qui", "c'è". Mi viene sulla lingua il Corrado Costa delle posizioni. L'"Altro" è indicato come per esprirlo in piena concretezza e definitezza: l'orizzonte non c'è, come trascendenza del momento, come se si dovesse toccare nel visibile il reciproco della sfera tattile, che è attualmente presente nella sfera dell'udibile.
da: V.S.Gaudio, L'immaginario e la fenomenologia dell'altro nella poesia contemporanea, "Capoverso" n.4, luglio-dicembre 2002.
IL SEPARARE/MESCOLARE DI MARA CINI
RispondiEliminaMara Cini, tutta simmetrie, non può che essere connotata dalla dominante di POSIZIONE: una scrittura come se fosse a distanza, esercizio visivo tutto incentrato, anch’esso, sullo schema verbale del DISTINGUERE. Ma, a differenza di Giulia Niccolai, è tra il “separare/mescolare” che va cercato il senso della sua quête.
da: Vuesse Gaudio, Immaginario e fenomenologia dell’altro, “La Battana”n.130, Rijeka ottobre-dicembre 1998
Astrattismo "puro" che di più non si può, è un classico, quando non si ha niente da dire, si cerca di acchiappare l'aria e farla coagulare a viva forza, ma l'aria scappa dalle mani...non si fa prendere come la poesia che qui non c'è....
RispondiEliminala responsabilità del commento vuole il nome e il cognome dell'autore.
RispondiEliminaPer quanto riguarda il merito: che sia "niente" il dire che passa in queste poesie, ciò è impressione che va dimostrata. Sarebbe stato più onesto dire che questo "astrattismo puro" non basta ad un lettore impegnato come lei.