Scrive Ciro Vitiello nell'Antologia della poesia italiana contemporanea (tullio pironti editore 2003) a proposito della Insana: "II linguaggio nell'atto di aggregarsi viene gestito dal pensiero che guida il fluire delle idee, delle immagini e delle forme o nel rigore della regola o in sciolta libertà. Agendo in origine il pensiero, questo si fa dominatore della creatività, inventa la realtà o trasforma quella che cade sotto gli occhi. Vedere e pensare sono enti diversi, pure sempre il pensare precede, ed è, leopardianamente, la finzione in virtù della quale lo sguardo mentale può rendere l'opaco trasparente, il vuoto agibile e visibile. In questa prospezione mentale sembra situarsi la poesia di Jolanda Insana, la cui matrice strumentale (di poetica abbondantemente espressa nelle opere) costituisce il fondamento di un processo formativo il cui connettivo linguistico ha uno spessore cogitativo.
[...] La scrittura ha un'andatura atonale, aritmica, antilirica, tipicamente modulata sulla tenuta del pensiero libero da vincoli normativi. La forma poematica rende più coerente e compatto il trascorrere del discorso, pendente tra l'elegiaco e il narrativo pausato, in una versificazione dalle lunghe arcate. Spesso il poeta indugia a "mordere" il linguaggio, a riconnotarne la fisionomia, o gioca insistentemente per ricavare dalla parola deturpata o dilatata una virtuosa imitazione di un possibile incardinamento di quello che potrebbe divenire il vero (perché non lo è in sé)."
Da LA CLAUSURA
La parabola del cuore
vedo nel vuoto dove piove chiara salute e mi svuoto del superfluo
di presenze specchiandomi nella palla di cristallo
il tumulto è grande e non mi lasciano uscire
ma per chi parte reggono i muri e si fanno più arditi
ardendo in spazi più spazi
nel vuoto più vuoto dei trenta metri quadrati
serrati dalle grate
rinchiavardo l'unica porta e così è impossibile rientrare
a scaldare i lunghissimi piedi dalle belle dita irregolari
dentro il camino
e vedere quanto resiste e dura la camera di combustione
rinfocolata con l'arte che sai
e mi dispiace per te
sono qui e dici no all'abbraccio ammagatore
perché non vuoi che si veda quanto poco si ragguaglia la misura
ma io posso testimoniare che non fu illusione e la vista
durò aguzza per due notti
poi la visione per più di un mese e ora nell'addiaccio
l'estasi perde in levatura e stramazza in stasi
si prega di non abbandonare rifiuti
si legge sul sentiero che dalla spiaggia porta alla tua quarta casa
covo di cazzarne e straglio
bastardo e randa
l'empito per entrambi è rimesso in discussione
e la prima volta è sempre l'ultima
ma se esce pari vinco
e se esce dispari perdi
non riesco a riacciuffare il tuttocorpo effuso
dalla clausura della parlata monca e nel rintocco
del sangue il lutto è defraudato
ma quando dico di queste cose è di un'altra che parlo
di un'altra che finge di non parlare
so che per la consuetudine che hai di scozzare contro scogli
meno di un sughero pesi l'asino del sogno
al riparo di naufragi e dunque aspetto che la vela
approdi a riva perché calato il vento me ne torni alla mia stiva
fermamente risoluta a non tirare corde
offesa non ho che contemplarmi nella prima fenditura
riascoltando l'eco dell'ultima domanda
- io ti ho dato questa clausura e tu cosa puoi darmi tu? (...)
Jolanda Insana è nata nel 1937 a Messina, dove si è laureata con una tesi sulla Letteratura Greca. Dal 1968 vive a Roma. Ha tradotto Poesie di Saffo (Estro, 1985), Carmina Priapea (SE 1991), De Amore di Andrea Cappellano (SE, 1992) e per il teatro la Casina di Plauto e Le Fenicie di Euripide. In riviste e antologie ha pubblicato traduzioni di Alceo, Anacreonte, Ipponatte, Callimaco, Lucrezio, Marziale. Ha vinto il Premio Viareggio per la poesia con La stortura.
Ha pubblicato: Sciarra amara (1977) Fendenti fonici (1982) Il colluttano (1985) La clausura (1987) Medicina carnale (1994) L'occhio dormiente (1997), La stortura (2002), La tagliola del disamore (2005)
questa mi piace assai, come un vulcano sputa lava e poi la lava scende fluida e si rapprende in forme nuove. ciao antonella
RispondiEliminaah 'ste siciliane! :-)))
RispondiEliminagugl
Anche se non lascio sempre un segno ti seguo...
RispondiEliminaSandra
La Insana è stata la mia prof di italiano e latino al liceo classico.
RispondiEliminaRapporti pessimi con la classe. Due mondi diversi in continua collisione ma erano anni particolari dove tutto o era nero o era rosso e lo stato una grande balena bianca assassina.
Mi erano molto piaciute le sue prime uscite negli anni '70: una specie di idiolingua, un misto di dialetto, italiano e uno strano slang del tutto inventato. Una poesia molto teatrale, un teatro di parole-pupi che raccontano in quello strano miscuglio piccole epiche storie di vita e di morte. Molto efficace il risultato, nuovo e originale.
Poi mi era abbastanza piaciuta in "La stortura" con i suoi sproloqui dotti e il riallineamento del verso pensiero con la realtà attraverso la lente delle storture fisiche. Quel che ho letto dopo mi ha abbastanza deluso: un continuo ripetersi come di chi ha trovato il modulo vincente e cerca di portarlo stancamente avanti. Almeno io ho avuto questa impressione.
pepe
Ha una forma e un ritmo tutti suoi, mi sembra, a parte il calore che emana, si avvicina ad Antonella, e non mi sorprende che tra siciliane si intendano.
RispondiEliminaehi ciao pepe, come va?
RispondiEliminaCaro Gabriele, da come ho conosciuto la Insana, qui a Schio (visto che ha suo fratello che ci abita) credo di comprendere le vostre difficili relazioni scolastiche. E condivido anche la tua lettura sull'evoluzione della sua poesia. io rimango dell'idea che la sua lingua sia ancora originale nel panorama italiano. Tant'è vero che non è mai uscita dal canone. Vero che l'energia tellurica delle prime raccolte è venuta meno, ma ciò anche perché, secondo me, lei ha un sacco di acciacchi fisici che la distraggono.
RispondiEliminaciao ali.
E ciao Sandra, bentornata.
RispondiEliminaCiao Ali cerco di andare avanti come meglio posso ma non mi lamento.
RispondiEliminaA scanso di equivoci a me la Insana è sempre piaciuta solo che dopo la stortura mi sembra un po' stanca ma non è che si possano sempre scrivere capolavori no? La mia era solo una constatazione. Certo che la sua lingua e la sua poetica sono ancora originali specie nel paludoso e abbastanza spento panorama italiano. Non sempre poi ha avuto le giuste attenzioni che meritava in tantissime glorificate antologie è addirittura del tutto assente. Eh be' l'italietta degli orticelli non si smentisce mai... :o))
pepe
a me sembrava imvece che lei ci fosse sempre, ma evidentemente hai visionato più antologie di me.
RispondiEliminaun caro saluto
gugl
Una grandissima voce a mio parere: l'analogia col vulcano proposta da Antonella mi sembra convincente. Tra l'altro, Stefano, citi da un'antologia "semi-canonica", nel senso che Vitiello ha compiuto delle scelte tutte personali, fondandosi esclusivamente sul gusto soggettivo (per sua diretta ammissione), fregandosene per quanto possibile di linee e tendenze.
RispondiEliminahai ragione, Luigi. appunto per ciò la Insana è canonica: c'è già nel Lunetta (1981) e in molte di quelle uscite recentemente. Però nel Piccini non c'è.
RispondiEliminagugl
Nel Piccini sarebbe stata un lusso :)
RispondiEliminauna stortura :-)
RispondiEliminagugl
(((fra molte parentesi perchè risposta a quanto scritto di là, da me:
RispondiEliminaio conosco poco, pochissimo, quasi nulla. ma mi do da fare, qualche volta, e la tua segnalazione mi ha dato parecchio. grazie.
contenta che ti piaccia la mia scittura
ciao)
cara Grethe, io sono un orso e dunque, se la tua scrittura mi piace, vuol dire che mi piace. Non lo dico spesso.
RispondiEliminagirando per blog ho scoperto autrici molto interessanti e che spesso superano i canonici di gran lunga. tu sei una di queste.
n.b. i maschi, in questo senso, sono meno numerosi.
gugl
ecco il blog di Grethe:
RispondiEliminahttp://strepitio-di-vetri.splinder.com/
gugl
Parlo di alcune recenti glorificate, nel senso che vengono spesso presentate come innovative, antologie. Cmq resta il fatto che non sempre ha avuto la giusta considerazione.
RispondiEliminapepe
hai ragione.
RispondiEliminagugl
n.b. i maschi, in questo senso, sono meno numerosi.
RispondiEliminaperò i maschi si danno un sacco di arie :-) antonella
mi spiego meglio, non vorrei scatenare un putiferio, le donne credo siano più modeste. :-) ciao a.
RispondiEliminaallora mi spiego meglio io:
RispondiEliminale donne fanno più fatica ad ottenere quello che gli uomini ottengono prima e/o meglio
eccetto una cosa e per questa
basta che siano belle e/o piacenti
non m'importa se si scatena un putiferio
per la vostra gioia, giovedì sera, in un circolo freudiano, parlerò del "genio femminile" (Vicenza, Libreria Spaziopiù)
RispondiEliminaciao!
gugl
E il putiferio dov'è? ;)
RispondiEliminaStefano,e credo molto al genio femminile e confesso che mi piacerebbe leggere quanto hai preparato per quella serata di giovedì.
non ho preparato nulla di scritto. è più interessante seguire il flusso.
RispondiEliminagugl
e vai! :-) fatti registrare pero! a.
RispondiEliminam'è scappato l'accento: però
RispondiEliminaanche "pero" stava bene.
RispondiEliminada noi si dice "brombo" per dire a uno che è un po' tonto. :-)
ah, ho tolto l'immagine, che mi pare eccessiva.
RispondiEliminaStefano sei caro e bello ma l'immagine ti restituisce un'aria spiritata che di presenza non hai ;)
RispondiEliminaHai fatto bene a toglerla.
Circa il flusso registra e manda in rete. E noi saremo con le orecchie tese.
Oppure verbalizza e manda in web e noi a leggere attentamente.
come fai dire "in presenza" se non mi hai mai incontrato? :-)
RispondiEliminagugl
Jolanda Insana, Sciarra amara.
RispondiEliminaLibro.Poesia.Edito da Guanda.
Espressionismo con tutto il "genus vehmens" dell'invettiva: l'"ornatus" reca figure paradossali in cui il Lettore gode del chiasmo che lo avvicinaall'Autore. Così, questo "sublime robustum" della Insan finisce con il muovere ciò che il patetico non avrebbe nemmeno toccato. Ma quel che coglie il Lettore è la vertigine che tale "genus vehmens" attiva: una vertigine che concede il pomo del "delectare".
(da:V.S.Gaudio, "Bazar. Alimentari, primizie, minuterie erotiche, surgelati, strumenti letterari, carni, bottiglieria, utensili, libri e corpi. Scaffale degli anni Settanta", "Fermeni" n.208, Roma 1993)