domenica 8 giugno 2008

Luciano Troisio


Dice bene Mario Moroni a proposito di quale specie d'oltraggio sia portatore vagantivo Luciano Troisio, riconoscendo nella sua poesia marginalità, nomadismo, teatralità e clowneria ("YIP", vol IV, 2000). Rifuggendo infatti i panni del poeta lirico, affetto dalla sindrome identitaria come di una stigmata elettiva, in Strawberry-Stop (Lietocolle 2008), Troisio calca le lande neoavanguardiste dell'ironico e del grottesco, declinandole in un impasto plurilinguistico che fa del meticciato culturale il correlativo oggettivo della propria stratificazione coscienziale. Uomo del paroliberismo colto, compone sorprendenti catene analogiche che poi maschera e rifonda con ragionevole moderazione, spegnendo l'incendio futurista con grosse dosi gozzaniane, che lo fanno apparire autore moralista ma non troppo. La "cuna" del suo mondo è la Cina, raccontata in salsa tartara soprattutto nei racconti di Tirtagangga (Marsilio 1999) e in Parnaso d'Oriente (Marsilio 2004), opera in cui l'aggettivazione naturalistica ricalca l'acquerello haiku, mentre i ritratti hanno il disincanto del viaggiatore occidentale che ha letto tutti i libri (e ne porta, sparse, le pagine nei taschini, nei calzini eccetera). Anche le poesie di Strawberry-Stop, quasi con piglio ungarettiano, annotano in calce la trincea mandarina, ma spesso all'orizzonte lampeggia un angolo padano, una "Multinazionale Farmaceutica" e, più che nei libri precedenti, l'anima s'ammorba (senza tuttavia farne un dramma) con l'arido vero leopardiano, con il fango burocratico d'ogni longitudine.



LETTERA ALLA PSICHIATRA



"Cara Maria,
tutto come prima

solo che, come nella barzelletta,
(me la faccio ancora addosso ma)
non mi preoccupo più di nulla..."

Alla donna psichiatra si cela molto,
per timidezza per pudore,
ad es. sui fondamentali problemi del pisello.
Chissà se lei lo capisce da sola
(l'ha capito dal primo momento,
non ha capito nulla).

Devo ammettere che queste gocce
potrebbero avere non poco influito
sulla mia felicità
nello scrivere durante il viaggio.
Stamattina, sceso per il breakfast,
dopo aver corteggiato la ragazzina dell'ufficio turistico
(che esibisce anche un po' di francese ma io
me la cavo benissimo
anche col veneto e con l'inglese)

durante l'evento del breakfast non incluso
che comprendeva una stupenda
baguette diversamente lunga,
calda croccante per 2000 dong
tanto che ne ho ordinato una seconda dalla goduria
che probabilmente sostituisce il mio piacere sessuale
(come avrà arguito,
addirittura vaticinato per scommessa
dalla prima occhiata la mia solerte dottoressa)

ex abrupto mi è scappato di prendere appunti
sull'agenda Antonveneta d'emergenza da cui mai mi separo,
quindi: appurato che con 7 dollari si può visitare
(english speaking guide) l'intera città proibita
e imperiale di Huè,
[anticipo trattarsi di banale recente invenzione,
da splendida operetta realizzata dai francesi nel tardo 800
mentre i grulli itali geometri,
in viaggio col CRAL sono convinti
che le sculture dei mandarini dei cavalli e degli elefanti
risalgano al 400, poverini perché disilluderli?]
nonché del giro in barca sul Fiume Profumato
(il poetico nome deriva da certe piante officinali,
temo ora estinte,
che crescevano sulle sponde),

per poi scendere ai vari approdi,
ogni volta prendere in affitto una diversa prezzolata moto
scapicollarsi per sentieri nefandi
al fine di perlustrare alcune lontanissime tombe imperiali
mi chiedo se ne valga la pena,
dottoressa che non rispondi),

invece di uscire per vedere questo fantasma di città
dissuaso per la verità
da un'afa davvero insopportabile,
sono rientrato alla mia fredda stanza
e ho scritto (forse) la più bella, finora, pagina del viaggio.
Esprimo gratitudine alla Multinazionale Farmaceutica.
Mi sto orientando a credere che sia
la mia sottile malattia
a costringere l'ascosa bravura
a rimanere inespressa.

[Preoccupazione del giorno: le gocce stanno per finire.

E poi?
Cesserà la bravura.

(E che sarà di noi?)]

........................Huè, lunedì 19 febbraio 2007




SOGNO DELL'INFINITA VORAGO

II concetto di vorago-assenza
è fondamentale complicato e antico
latore di sofferenze anche sottili, erotiche.
Come simbolo pare sia legato alla donna,
alla croce alla delizia,
all'epitelio vaginale al mancamento
a quell'idea di caduta sprofondamento così angosciante
(un cicinìn in contrasto con Pinfinitamente
fungibile penetrazione onnipotente)
di complesso commercio col Delta Centrale
cui negli ultimi tremila anni sono stati dedicati
molti saggi anche da organi scientifici ufficiali
e genitali.

Non è difficile poi imbattersi, nel mondo
del fertile sottobosco editoriale, in poeti amici
del cognato del ragioniere commercialista così bravo
che avrebbe scritto delle sofferte poesie
dedicate alla moglie
intitolate La tua assenza che vorrebbe dire,
in dialettica opposizione alla presenza erettile,
[ma il concetto è così mascherato
che senza il conforto di una diretta esegesi
non sarebbe possibile arrivarci
oppure per una parziale
postprandiale estorta ammissione]
"La tua spatagnacchera"
metafora cui pare sia arrivato non per caso
e peraltro dopo anni di costosa
purificazione concettuale affinamento linguistico
ininterrotta "mutazione del nome"
dandoci dentro con relativo "labor limae"
che contempla come inconfutabile prova
del suo buon valore poetico
perfino un salto culturale comprendente
l'eliminazione di almeno nove decimi
delle centinaia di genitivi postermetici
uova di lupo pettini di quindici
ancora peraltro tollerati nelle undergrowth collanine
delle oneste galline,
nei cattivanti
indulgenti testi di Sanremo
e sorrisi
e canzoni,
delle preposizioni A e Per più infinito
che andavano tanto negli anni cinquanta, quando il corale
pareva essere suggerito come alternativa eccezionale
e rimedio alla ormai conclamata neorealistica crisi.
Chapeau, diamo atto sia concesso.

[...]
..................................... Na Trang 25 febbraio 2007



SOGNO DEL LAGO

Lo Strawberry-Stop esiste veramente
è un localino in riva al lago si mangiano
fragole stupende in tutte le combinazioni
intere con zucchero con yogurt con miele frullate
compresi i succhi più deliziosi e densi
che esistano nei sette regni.

Sul lago magico siamo stati
enormemente felici lo sai
dicevi: questo è un sito rasserenante,
c'erano davvero loti ninfee
sembrava che durasse per sempre
non bisogna farne alcuna pubblicità ma qui
ora noi lo consideriamo
un mero punto di partenza simbolico.

Si tratta ovviamente solo di fantasticherie
non diciamo dove siamo né chi siamo
(potremmo ad esempio essere malati)
e ancora ci rivolgiamo a te che "non ricordi".

In verità saremmo ancora in tempo
per visitare volendo ibischi buganvillee
per stupirci della bellezza
negli orti fatati mirando nane piante secolari
colme di mandarini, di piccolissime rosse mele

ma tu se per errore ci incontri ti nascondi
ti vergogni della nostra spiacevole esistenza.
Un incantesimo ci lega siamo
il tuo infinito inespungibile rimorso.
Rimossi i giuramenti fingi
di non sapere che avevamo davvero deciso
di vedere gli affreschi insieme.

......................................... Saigon 1 marzo 2007


Luciano Troisio, patavino, ha insegnato nelle Università di Padova, Pechino, Shanghai, Bratislava, Lubiana; visiting prof a Tokyo e Melbourne. Autore di varie pubblicazioni scientifiche e sperimentali. Globetrotter, poeta e giornalista, dal 1975 ha bighellonato in Asia realizzando diari e reportage. Opere recenti: Tirtagangga e varie sorgenti, Marsilio, Venezia, 1999, Viaggio a Ko Ciang, il verri, Milano, 2001; Nuvole di drago, La Battana, Fiume, 2003; Parnaso d’oriente, Marsilio, Venezia, 2004, Folia sine nomine secunda (con Cesare Ruffato), Marsilio, Venezia, 2005, Oriental Parnassus, (translated by Luigi Bonaffini), Legas, New York, 2006; Appunti vacanzieri, La Battana, Fiume, 2006; Strawberry-Stop, Lietocolle, Faloppio 2008. È socio del P.E.N. Club Italiano e membro del Perama Club di Bali.

29 commenti:

  1. gugl che devo dire...meraviglia!

    mi piacerebbe avere contatto di Trisio.

    mi aiuti?
    mtk

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  2. Vuoi dire se ti posso dare la sua e-mail? glielo devo chiedere.

    intanto grazie per il commento.

    gugl

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  3. questo post l'ho letto più volte, ma non ho mai avuto l'input per scrivere qualcosa.
    trovo questa scrittura troppo lineare e pragmatica. penso che l'autore sarebbe capace di affascinare completamente un lettore con degli scritti in prosa.
    e non sto dicendo che le poesie non mi piacciono: piacere o non piacere è qualcosa di soggettivo.
    sarebbe bello però leggere un suo racconto...

    AR

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  4. l'antilirica tende a riempire vuoti di cui non sempre sentiamo il bisogno.

    Vediamo se Troisio commenta la tua osservazione.

    ciao!
    gugl

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  5. Cara Anila, il tuo commento è molto stimolante.

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  6. Cara Anila,
    per la verità sono sempre stato (almeno dagli anni 70) uno sperimentatore: quindi ho attraversato la gelida incomunicabilità delle avanguardie e neoavanguardie). Ora sperimento questa direzione, ed esattamente sto tentando di tradurre i miei diari di viaggio, annotati in prosa, in versi.
    Spero molto di essere capace di affascinare completamente i lettori (e le lettrici).

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  7. Credo che al professor Troisio (che per poco, per la disposizione dei corsi, non sono stato un suo studente) non sfugga "l'urgenza del dire" che la poesia nostrana di recente ha ritrovato; un'urgenza che ben si presta a derive (?) prosaiche e narrative a cui meglio ci ha abituato la poesia anglosassone e dell'est europeo. Personalmente sono un accanito sostenitore del "dire": il che non esclude una ricercatezza formale che pure si innesti sul solco di certa nostra tradizione, anche la più lirica.
    Il tono discreto, velato di gioco e ironia, e il gusto per il concreto, non significano certo uno sguardo, un pensiero rasoterra: credo semplicemente che il verso, qui, si faccia testimone dell'umano catturato -nel suo ambiente naturale- con l'occhio sempre deformante di un io che si limita (?) quasi a snocciolare dati di esperienza, a intrecciarne le relazioni procedendo per analogie, metonimie o tracce mnestiche.

    Ai poeti esperti, insomma, non sfugge mai di annotare che aria tiri, che tempo che fa :)

    Se ho detto vaccate mi si fucili pure :)
    Ciao
    Simone.

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  8. caro Simone, la tua analisi si fa sempre più acuta. grazie per il contributo.

    gugl

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  9. Caro Simone, ottima l'allusione agli anglosassoni, per me "centrale". Se si trattasse solo di snocciolare avresti smontato del tutto il congegno, ma non vorrei che fosse così.
    Non sarei così sicuro che la poesia it abbia oggi ritrovato il "dire"; forse in parte. Il trend è contraddittorio.
    Il "pensiero rasoterra" vuole essere antifrastico, e forzatamente ciò lo apparenta all'ironia, per quanto si rivolga a lettori colti ma ruspanti. Ovvio: sono d'accordo sulla ricercatezza formale, che però qui cerco di ridurre al minimo: mi sembra sempre troppo lezioso l'impiego di materie nobili.
    (La fucilazione per il momento è sospesa, non essendoci certezza della pena).

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  10. Mi fa piacere il commento positivo di Troisio.
    Pure io sto cercando di avvicinarmi alla prosa. E sarebbe molto stimolante anche per me, lettrice, leggere qualcosa di suo.
    I diari di viaggio mi chiamano all'orecchio :-)
    Scrivo via mail, che Stefano mi ha gentilmente dato.

    E un saluto anche a Simone che spero di rileggere presto in poesia... ché si avvicina moltissimo alla mia "vecchia" poetica. Ormai la mia ha preso piega altra...credo...

    A presto
    Anila

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  11. se posso, Anila: in poesia ciò che credevamo vecchio ci sta sempre un passo davanti e ci chiama. Di solito, fuggiamo del vecchio i suoi travestimenti nuovi.

    gugl

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  12. Caro professore, se il suo fosse soltanto snocciolare, la sua non sarebbe poesia ma cronaca o, al più, statistica e casi umani :)
    Nel mio precedente intervento, piuttosto, intendevo sottolineare la funzione che ha lo "sguardo deformante", il quale mi pare si accompagni spesso, nella nostra tradizione, a una scrittura -come l'ha definita Stefano- "parolibera": senza tirare in ballo la complessità inesauribile di Zanzotto, tale tipo di procedere poetico e di sguardo mi pare di leggerlo anche nel Pagliarani della Ballata di Rudi, dove il dato concreto si piega a impressioni, interferenze della memoria, commenti moralistici, fluendo in un magma dove i confini della finzione poetica sfumano sul dato storico e su quello personale. La deformazione credo stia anche nell'uso che lei fa -a volte- di terminologia precisissima, specialistica direi, che per un istante sottrae il lettore dal flusso del magma costringendolo a fare i conti con oggetti o concetti posti sotto la lente d'ingrandimento. Ma anche qui traspare l'ironia, il sarcasmo: è come il sorriso slargato del clown che da sempre nasconde qualcosa di perturbante.
    Una domanda: che rapporto ha, se uno ne ha, con la psicanalisi? No, non voglio sapere se è stato in cura, sia chiaro, piuttosto se si è confrontato con essa durante i suoi studi, il suo fare poesia etc.

    Ultima cosa sul "dire": quando ne parlavo prima, supponendone una riscoperta da parte della poesia italiana più recente, mi riferivo alla produzione di molti giovani, miei coetanei, dai venti ai trent'anni: al di là della qualità espressa, mi pare stia emergendo una sensibilità che necessiti di forme più aperte e narrative: nel "sommerso" della poesia italiana mi pare un fenomeno di vasta scala. Vedremo se e quanto riuscirà ad emergere e, soprattutto, quanto e come verrà accolto e recepito. Non sto dicendo certo che tendenze narrative e prosaiche siano un fenomeno nuovo; piuttosto intendo che da parte di molte persone, anche fra i non addetti ai lavori, sta cambiando la percezione stessa della poesia, che smette i panni dell'esercizio codificato e tende invece la mano.

    Ora che mi sono giocato l'appello, mi resta la cassazione? :)
    Ciao
    Simone

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  13. Caro Simone, vedo che dobbiamo approfondire il discorso. Mi spiace che tu non sia venuto ai miei moduli. Comunque non hai perso molto.
    Dal cognome immagino che tu non sia lontano (avevo una zia tua omonima). Se ti va chiedi a gugl il mio e-mail.
    Intanto grazie e complimenti.

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  14. Per Simone
    dimenticavo: la psicanalisi è stata per molti anni una mia mania; ho letto molto, frequentato psicologhe di Padova, cominciato delle analisi con geni che sbagliavano i congiuntivi (e quindi li ho mollati). Poi per due anni ho partecipato a un gruppo con un grande professore argentino. Della decina di partecipanti io ero l'unico non psichiatra: è stata un'esperienza traumatica. Non posso parlarne in pubblico perché coinvolgerei il privato di altre persone. Dopo due anni ho deciso di uscirne definitivamente e non ho mai fatto altre analisi, preferendo buttar via i soldi in modo più gratificante.

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  15. Luciano, ma mi hai preso per un distributore automatico di e-mail? :-)))

    (per Simone, farò un'eccezione)

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  16. Ma negli altri siti è normale, altrimenti come si può fare?
    Comunque grazie.

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  17. Non credo le avrei dato molta soddisfazione se avessi seguito il suo corso: sono un pessimo studente, distratto e pigro. Comunque non è poi andata male col prof. Luxardo, anzi: ma tre anni fa l'università non la vivevo ancora come un peso.

    Beghe personali a parte, senza ulteriormente tediare il buon Stefano, se lei fa clik sul mio nome in testa al commento, dovrebbe esserle possibile recuperare il mio e-ndirizzo. Ma magari, per fare ciò, è necessario essere registrati su questa piattaforma... non so.
    Se così non fosse, Stefano caro, la mia mail ce l'hai, no? :)

    Bene, che altro? Ah, sì. Confermo la mia "patavinità", anche se sono di qualità poco pregiata, abitando in provincia :) Abito a Onara, confinante con Cittadella.

    Bene, torno a preparare l'ultimo esame; ovviamente sono sufficientemente indietro da considerarmi disperato. :)

    Buona notte.
    Simone

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  18. scherzavo! dopo eseguo la missione.

    gugl

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  19. Un millennio fa ho insegnato come supplente a Onara, in una scuoletta media di plastica, per 5 anni. C'erano ancora molti prati, era un paesino povero. Adesso è ricco di capannoni...

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  20. La scuoletta media di plastica ora ci sta manco più. Sta per sorgere un mega-polo didattico fra Tombolo e Onara, dove si raggrupperanno in un'unica struttura materna, elementare e medie.
    Mio padre invece in quella scuoletta ci ha trascorso tre anni. Lui è del '59: ora, non ho voglia di far troppi conti, ma se secondo lei è plausibile che nel '72-'73 insegnasse in quel di Onara, magari provo a chiedergli se si ricorda. Credo che a mio padre quella scuoletta di plastica sia stata particolarmente cara, poiché poi ha contribuito a sostituire la terra agricola col cemento industriale piantando un'azienda di imballaggi plastici. Anche se l'idea, a dire il vero, fu di mio nonno che si era rotto di caricare i polli sui camion le 4 del mattino.
    Ma, in merito, "Schei" di G.A. Stella e il "Bestiario Veneto" di Marco Paolini esprimono al meglio la mia visione sul Veneto mutante (allora; già ora è un'Idra masochista e decadente che gode nel mordersi le teste). Dico che per fortuna da noi il Calvinismo non è mai arrivato... ma forse ce ne siamo creati uno tutto nostro, o forse no. Ché mi pare qui in provincia si sia passati dal bigottismo rurale all'edonismo nel giro di una generazione, con effetti curiosi e tragici.

    Vabbè, basta sennò si va fuori tema.
    Buona giornata.
    Simone

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  21. No No. Io parlo di molto prima, negli anni sessanta. Nel 70 ero già precario all'Università. Il periodo è quello in cui fummo evacuati dal Genio Civile perché il tetto era solo poggiato e in altre scuole identiche era volato via...

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  22. una sola cosa discuto: la psichiatra.
    No! Non merita di mettere piede nello spazio di un poeta, anche se è una donna eccezionale, anche se l'intento del poeta giustifica il fatto.
    A meno che la Poesia non la induca a dare le dimissioni.

    diotima47.blog.tiscali.it

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  23. la cosa, in effetti, è problematica.

    gugl

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  24. e che ne sarà di noi?

    come non ravvisare augusta citazione? Sì, ancora la neve.

    Concordo molto con le osservazioni di lago, la cifra ironica del linguaggio che procede accurato in frasi lunghe interrotte da rime inattese con l'effetto particolare di un prendersi gioco del lettore, ma forse di più di un prendersi gioco di tutto: dalla malattia, a ciò che va di moda, agli ingenui in viaggio di piacere ed al piacere sessuale a cui ricondurre freudianamente persino una baguette croccante (come non dargli ragione, dopo che così dicendo ci ha mosso al sorriso?).

    Complimenti all'autore alla sua interessante trasposione in poesia dell'esperienza già resa in prosa.

    Auguri ad Anila, fresca sposa (non c'entra molto qui, ma c'entrava meno nel post dove l'ho appreso).

    Un saluto a tutti, in particolare a Stefano che spero si sia ripreso (dallo spavento ;))

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  25. ciao Alimostro :-))))

    gugl

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  26. mi spiace arrivare tardi a questa discussione, che lascia tanti spunti su cui riflettere... ho letto con piacere...

    un saluto a tutti e in primis a gugl

    Mario

    p.s.: meno male che lo "spirito delle avanguardie" aleggia ancora, nonostante i ricorsi eterni del ritorno all'ordine (o i ricorsi ordinati del ritorno all'eterno), le lacrime isteriche dei clown tristi (in genere post-psicodrammatisti), e i marchettari che delle avanguardie han fatto maneggio! (e menaggio)

    Bertasa

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  27. un saluto dall'afosa Bangkok ( in attesa di visto...)

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  28. Ritorno all'ordine, per la poesia: mai!

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  29. (...)Alla staticità del particolarismo nell'epica ipotattica, si potrebbe contrapporre, nella poesia contemporanea, lo "spostamento flaneuristico"(dell'io o del fantasma) nello stile di Luciano Troisio o di Franco Beltrametti, Franco Verdi, Leonardo Mancino.La segregazione sociale dell'io è speculare all'uniformità della "coscienza infelice" o della "coscienza sentimentale meccanizzata": il testo a "deissi indefinita", o connotato dall'epica ipotattica, ha sempre un effetto di "insularizzazione", le Grand Ensemble, se l'uniformità percettiva è costante, non modula lo spazio-tempo della libido: retenzione, protensioni, orizzonte e profili sono scomparsi, o non sono mai esistiti, tra i segmenti omogenei e amorfi dello spazio urbano.

    da: V.S.Gaudio,L'epica urbana e la poetica ipotattica, "Capoverso" n.7, gennaio-giugno 2004: pag.11.

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