lunedì 19 maggio 2008

Chiara De Luca




Già da qualche anno, la poesia di Chiara De Luca gira in Italia e in rete. Quando, nell'aprile 2006, uscì su LiberInVersi un suo florilegio parzialmente edito si parlò, giustamente, di sensibilità narrativa, di attenzione al dettaglio, di religiosità senza dogmi, di distacco ironico e della predisposizione a filtrare la realtà attraverso lo sguardo, tramite quello che Chiara, ne La coda della galassia, indica come il "dramma del vedere / non vedere".

Le poesie che ci presenta qui lasciano finalmente alle spalle la leggerezza della postura, quella lontananza dall'incandescenza emotiva e stilistica che prima legittimava il suo fare, lasciando l'impressione di un dilettantismo voluto, un agire fra i tanti, non primario. Come a dire: la mia prima missione è vivere, tradurre, leggere, correre; la poesia si ritaglia uno spazio tra questi impegni, nulla più. Ora invece qualcosa è cambiato, è maturato: anzitutto, direi, il senso tragico dell'esistenza, che le spurga un canto "feroce", "vorace", intorno al corpo cavernoso della Natura, corpo destinato a "sfiorire", come già nel Leopardi del Cantico del gallo silvestre. E poi, di nuovo, c'è un intenso labor limae, teso alla costruzione di metafore complesse, che rappresentino, appunto, una Natura antropomorfa, gigantesca, entro la quale la soggettività si sfaldi, lampeggi incorporea. La condensazione verbale coniugata all'infinito sottolinea questo aspetto, esaltando la Natura quale forza anonima che sventa le nostre esistenze, che le divarica. Anche Dio, qui, fatica ad imporsi come interlocutore, laddove in precedenza costituiva il lettore sommo, quel misto di orecchio cosmico e di confidente che ora va cercato in terra, fra gli uomini di buona volontà.



dalla raccolta inedita confinando l'inverno


*

La sera desolata si sloga
l’ampia ossatura di raggi
riavvolti in fasce pesanti
srotolate dall’ombra,
venne un tempo incorporeo
il passo feroce d’un canto
– intorno giocava la luce –
braccio di piume che lento
ci comprendeva. Memoria
futura ho serbato di buio
disabita il senso e recide
agli occhi lo sguardo sottile,
sorrisi alle labbra tenute
a fluttuare riaccese dal resto
d’incontri troppo presto mancati.



*


Sentire il moto inverso della vita
comporsi sotto il passo di tallone
è stato un giorno come rivenire,
non nelle pupille ma nel bianco
dell’occhio imprime la fascinazione,
animare dita timide di ombre
segnare volti in pace all’ubriaco
che sugge luce nel deserto dell’attesa
dove dimora è chimera in lontananza,
oasi coincisa col principio del ritorno
senz’aver coperto la distanza.



*


Ci trassero da pozze di penombra
arruolarono gli eserciti del sonno
notte spianata
notte all’orizzonte sconfinata,
marcia fino a disertare l’ombra
evadi dai confini della carne
ed era luce dura catturata
fini intarsi di corallo nell’aureola del vento
nessun indaco d’alba, carminio di tramonto,
attorno alla corolla calva della luna,
dita ossute di vento strette sullo stelo
infinitamente occhi attorno
foglie di palpebra venate
dalle nervature asciutte del silenzio
eco gigantesca della mente bianca.
Estratte una a una dal cielo le radici
a noi stessi appesi volteggiare



*


In un taglio breve di finestra il vento
rimargina le tende si divaricano
i rami sul sangue secco dei mattoni.
Scagliasti l’ascia contro spine inesistenti
sopra un corpo scortecciato dall’ascesi di millenni,
dentro come linfa l’essere scorrendo
dal freddo apprese a sciogliere i capelli
in foglie orfane alitate sulle spalle,
anima annidata in punta ai polpastrelli
non a un qualche Dio, non più d’amore,
ma per esorcizzare lo sfiorire carezzando
il gelo dell’esecutore quando il boia
è l’agnello che cantando forte muore.



*


Adesso le cose non ti dicono più
si può anche tornare a sentire
il canto vorace del fiume
quando piega la schiena la sera.
A impazzire basta il dolore
e le foglie non hanno perdono,
solo sono grate alla mano
che decisa recise lo stelo
riaprendo l’ansia del volo.



*


Sulle strade si gonfiano le reti dell’aurora,
maglie bianche dilatate deviano la luce
guizzante contro i vetri del treno che si apre
sferragliando un tunnel nell’oceano del giorno
quando il buio lento è rifluito tra gli scogli
di nuovo sommersi dalle alghe della notte.
Sulle cime dei monti al cambio della guardia
con la bruma il vento a riprendere il tragitto
all’infinito. E alla vita àncora il respiro.




Chiara De Luca traduce da inglese, francese, tedesco, spagnolo e portoghese. Ha pubblicato con Fara i romanzi La Collezionista (2004) e La mina (stra)vagante (2005), con Perdisa la pièce teatrale Duetti (2007) e con Gedit le traduzioni de La vita promessa di Guy Goffette (2005) e Tra le mani il divino di John Deane (2007). Ha pubblicato le raccolte per custodire l'amore (Bologna 2004) e in parole scarne (Bologna 2005) e poesie su varie riviste tra cui "Poesia" (luglio-agosto 2004, dicembre 2007), "Tellus Folio", "Le Voci della Luna" e nell'antologia La coda della galassia (Fara 2005).La silloge confinando l'inverno è in uscita per Fara. Una raccolta di poesie e un romanzo saranno edite altrove. Collabora con "Poesia", corre 10-12 chilometri al giorno e lavora come traduttrice free lance. Gestisce il sito http://www.chiaradeluca.com/, che ospita le opere di oltre cento poeti italiani e stranieri.

31 commenti:

  1. grazie Stefano, hai colto benissimo il cambiamento della mia poesia...
    prima pensavo che il linguaggio diretto potesse comunicare di più, adesso penso che non basti per dire, anzi, adombrare la complessità della realtà e dei rapporti umani, né tutto quello che si vede nel buio quando riesci ad andarci dentro fino in fondo, né il dramma che sta nella parola stessa, e che la gente di buona volontà non abbia bisogno di semplificazioni... e che tanto Dio è troppo impegnato per cercarci su Google :-)

    Chiara

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  2. ciao Chiara, il tuo è un cambiamento che ho apprezzato, come vedi :-)

    gugl

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  3. Poesia di luce e ombra, di urlo e silenzio, di vento e quiete. Versi splendidi di vita, questi di Chiara De Luca. Versi maturi, che hanno atteso a lungo prima di affiorare sulle labbra, e di questo cammino portano tutto il senso e la potenza.
    Di Chiara amo molto anche la sua capacità di ascoltare, di mettersi in ascolto, verso le cose e verso gli altri. Questa è la qualità più alta di un poeta.
    Una dote che Chiara, con il suo raffinatissimo orecchio, esprime al meglio anche nelle sue eccellenti traduzioni.
    Corrado Benigni

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  4. Stefano: ne sono contenta, perché so che è vero
    Corrado: grazie...
    parole covate a lungo, forse un po' come quelle che restano della cenere dell'alfabeto quando è bruciato tutto, sembra

    Chiara

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  5. Penso che Corrado abbia centrato appieno.
    Un poeta - se vero poeta - deve saper ascoltare anche gli altri, avere orecchio fino.
    Oggi troppi presunti poeti sanno a mala pena ascoltarsi e non riescono a vedere oltre il proprio omebelico.
    Nella poesia di Chiara si sente ispirazione spontanea ma sapientemente dosata nella stile, in un lungo lavoro che penso sia parallelo a quello del tradurre.
    La forza di riscrivere, di lavorare, di leggere, di tradursi un poco.

    Ho avuto la fortuna di leggere questa raccolta prima che uscisse e ringrazio la poetessa.

    Un caro saluto

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  6. grazie Luca, anche per la lettura in anteprima! sì la nuova raccolta deve molto al lavoro di traduzione di editing e revisione di altri, alla lettura e al lavoro sulla lingua... e molto al confronto, che è sempre una fortuna. e poi all'aver recuperato il silenzio e i tempi giusti della poesia, ma anche il rumore dell'universo

    Chiara

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  7. chi è traduttore /e anche qui bisogna iniziare a dire "vero", e Chiara lo è/ non sa né può o deve ascoltare gli altri, bensì vive nell'ascolto degli altri (e negli altri c'è anche sé stesso-a).
    vi trovo una luce, un camminare /correre?/ insieme, una bachtiniana (ho studiato anch'io!!) poesia-vita (giusta lettura di Stefano).

    un abbbraccio

    alessandro ghignoli

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  8. non so, chiara, se il linguaggio diretto sia abbastanza oppure se, come dici tu, non basti per dire. probabilmente ciascuno si costruisce il proprio linguaggio, ed in quello vive e riesce ad esprimersi in modo via via più compiuto.
    come ti avevo già detto a venezia, per quello che conosco di te è questo che stai facendo. questi testi sono la conferma di una crescita voluta, cercata con pazienza ed ostinazione: mi pare che tu ti stia cucendo addosso il vestito adatto, e lo indossi sempre con più naturalezza e personalità.

    la tua disponibilità nell'ascoltare il lavoro degli altri in modo profondo e sincero è una dote preziosa, ma riuscire a metabolizzarlo e a nutrirsene per crescere come autore/autrice è capacità di pochi, che tu dimostri di possedere.

    francesco t.
    (un saluto, come sempre, al padrone di casa)

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  9. un saluto anche da parte mia ai nuovi intervenuti.

    gugl

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  10. saluto Chiara, con cui ho condiviso una tenera, esilarante e interessante serata in una paninoteca metallara vicentina (e poi alla presentazione del suo lavoro...), assieme a sabrina foschini e cesare ruffato. E saluto questi suoi nuovi sensi che si fanno nuovo canto. Caramente, GTZ

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  11. Caro Ale, grazie, mi sa che sei il primo traduttore che definisce un altro un vero traduttore ;-)
    E per rispondere a Francesco, come dice Bono Vox (ho studiato anch'io Ale:-) Every artist is a cannibal, every poet is a thief :-) scherzo, ma è vero che si vive nell'ascolto, ci si nutre di tutto, aria, caos, traffico, discorsi ascoltati sull'autobus, musica, cronaca, pittura, pubblicità, lettere, romanzieri russi e inediti spediti via e-mail, sennò di che scriviamo? poi vabbè, ci vorrebbero giornate di quarantotto ore per ascoltare tutti e per giunta pure se stessi...
    però, e qui contraddico gugl :-) non è che prima dessi meno peso alla poesia, anzi, ho sacrificato molto alla poesia, e ci pensavo molto di più, scrivevo molto di più, avevo più voglia di fare un libro, ci restavo pure un po' male, per esempio, quando alcuni mi escludevano o ignoravano volutamente, perché comunque erano persone e si scrive anche per essere amati e compresi.
    ora non me ne frega niente del chiacchiericcio e delle strane dinamiche dell'orticello letterario, scrivo e basta e scrivo poesia solo quando mi assale, e la ignoro quando non mi convince della sua onestà. non è che mi sia detta: ora scrivo difficile, e abbia cercato uno stile nuovo o una poetica da indossare. nei due anni passati sono quasi impazzita dal dolore, e ho cominciato a guardare in modo diverso quel che avevo intorno, e una nuvola non era mai solo una nuvola, una goccia che cadeva in bagno non era mai solo una goccia, uno sgardo, una parola non era mai solo quello, tutto era interiorizzato e abitato o mi abitava. "i grani del buio" li ho scritti strisciando, "confinando l'inverno" l'ho scritto correndo, letteralmente, le poesie sbucavano sempre ai giardini margherita, o in aubus, e me lo rigiravo in testa per chilometri per non perderle. è vero che c'è lavoro di lima anche dopo, ma anche che ho meno parole e che ci do' un peso enorme, e le osservo e le spremo e le doso fin dall'inizio, per tirarci fuori tutti i possibili significati, spesso un verso significa più cose in virtù della disposizione sintattica o della scelta semnatica, dell'enjambement. non è che la lungua semplice non sia adatta a descrivere la realtà, non lo è adesso per me. non la vedo più come prima la realtà, ogni cosa è meno chiara anche se più luminosa. la vita è fatta di una serie di morti e di rinascite. quando muori hai due opzioni: o resti morto, o apri gli occhi e guardi tutto come fosse una sorpresa, qualcosa di nuovo che nasconde altro. perciò è tutto meno nitido rispetto alle prime poesie e ha un respiro diverso che ho sentito e ho dovuto seguire

    e un saluto al padrone di casa
    Chiara

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  12. ciao Giovanni! se penso a quella paninoteca, ai presunti commensali invisibili, e alla finezza del gestore muoio ancora dalle risate :-))

    Chiara

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  13. carissima, ho scritto apposta "lasciando l'impressione" a proposito del tuo "fare" precedente: a sottolineare la distazna tra realtà e apparenza.

    quello che scrivi sotto - intensità del dolore, "peso enorme" delle porole, poesia scritte in trincea (autobus eccetera) - mi fa venire in mente l'intervista plurima ad Ungaretti (quello di "porto sepolto"), messa insieme dalla Sica per Einaudi. L'hai vista?

    gugl

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  14. ... hai ragione Stefano! a proposito di sfumature delle parole... :-)

    no, non ho visto l'intervista, me la cerco...

    buona giornata basta pioggiaaa!
    Chiara

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  15. qui lampeggia il sol
    durerà? :-)

    gugl

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  16. qui piove ogni volta che esco, quasiquasi ti vengo a trovare :-))

    Chiara

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  17. E' veramente bello il modo di porgere di Chiara. Riesce ad ipnotizzare, quasi, lo sguardo fino a quando non è sciolto il senso, disambiguato il significato.

    Torno per leggere e cullare ancora di più le tue parole, Chiara. :)
    Grazie a te, gugl, che me l'hai fatta 'conoscere'...

    Marinella

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  18. È un piacere rivedere e leggere Chiara De Luca. Oltretutto, Stefano, tramite te, io ho modo di ringraziarla ancora per l’affabilità e la generosità mostratemi. Un cordiale saluto a Chiara, a Stefano e a tutti, Marco Scalabrino.

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  19. Marinella, il tuo "cullare", penso sian scritte per questo, anche se all'inizio sembrano sottrarsi

    Ciao Marco! Grazie mille a te !

    Chiara

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  20. un saluto ai nuovi ospiti.

    facciamo il punto sui commenti: una poesia che sembra sottrarsi alla comprensione, dice Chiara, forse perché sono parole covate a lungo, sotto la cenere. Dai commenti, tuttavia, si capisce che queste parole non nascono dalla morte delle precedenti, bensì da un maggiore approfondimento del dialogo interiore, da una maggiore conoscenza di sé, costruita anche traducendo. Ed anche da un confronto aperto con altri poeti.
    Rimane vera la premessa: queste poesie vogliono lettori disposti a pensare, a confrontarsi con una natura inquietante. forse no ngl istessi lettori di prima. A questo proposito, chiedo: come hanno recepito queste poesie i vecchi compagni di viaggio?

    gugl

    Chiedo:

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  21. ... me lo chiedevo anche io...

    paradossalmente, anche se il senso pare a volte sottrarsi, o chiamare a una maggiore attenzione, risulta dal fatto che ho smesso di nascondermi

    Chiara

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  22. non hai ricevuto commenti da parte di chi ama la poesia limpida, tutta esposta? o da chi la preferisce autobiografica?

    gugl

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  23. da entrambi, penso. ma ho bisogno che la poesia si sottragga alla semplificazione selvaggia che vedo in ogni campo e dica quello che non si potrebbe altrimenti. ho smesso di tradurmi, trascrivo quello che vedo e che sento, con tutta la confusione e l'immaginazione con cui vado in giro :-)

    Chiara

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  24. diceva John Cage che avere solo tre suoni per fare una musica può essere molto più interessante che farla con sette, dodici, o qualche centinaio - ai suoi allievi che si spaventavano quando assegnava loro questo esercizio, ribadiva che per fare una musica solo con tre suoni bisogna innanzitutto accogliere in sé la bellezza di ciascuno di quei tre suoni, indipendentemente dalle loro possibili relazioni, senza pensare di piegarli ad un qualche imperativo espressivo dell'io

    ho trovato molto interessante, leggendo questi testi, che ad un certo punto mi sono staccato da una lettura, per così dire, lineare, spostandomi verso una più, per così dire, statistica, in cui cioè contavo le ricorrenze di parole “poeticamente leopardiane” quali buio, notte, vento, ecc. e calcolavo le rarefazioni del vocabolario, colpito al contrario da moti di estrema varianza lessicale, di grande motilità delle aree semantiche fittamente sollecitate dagli accostamenti, messe in vibrazione plurima dal loro concatenarsi

    non parlerei di minimalismo, ché anzi vi si osserva una tensione alla complessità, però… che dire? una via intermedia?

    adesso andrò a leggermi, appena avrò un po’ di tempo, le cose più, per così dire, vecchie – due anni in rete possono essere come due decenni fra villaggi lungo una valle – però, al di là di un eventuale raffronto col, per così dire, passato di Chiara De Luca, non mi stupisce venire a sapere, dopo la lettura di questi presenti estratti, dell’esistenza di un moto vitale di cui si campisce in essi un’autentica e sincera trans-duzione – è un moto che ci porta al di là, senza “per così dire”…

    se fossi un compositore, mi sarei messo già in contatto con Chiara per chiederle l’autorizzazione a mettere in musica questo suo lavoro – mah, non è detto…

    Mario Bertasa

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  25. Mario, come mai nel tuo blog hai tolto la possibilità di commentare?

    (lascio a Chiara, il commento alle tue intelligenti osservazioni)

    gugl

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  26. caro Mario, sono contenta di questa tua considerazione, davvero puntuale.... tra le cose che più determinano il mio scrivere ho infatti dimenticato la musica. ascolto musica dalla mattina alla sera, pop e hard rock mentre corro, classica mentre lavoro, d'ogni genere mentre cammino (giro con due lettori mp3 in borsa:-)e pure in Vespa :-)) al momento ascolto La buona novella di Faber
    Sutterranean Homesick Blues di Dylan sono due accordi, ma ci sono esempi infiniti...
    due anni fa m'era venuto questo verso "E' un campo ferito la storia di ciascuno / sentieri infiniti si aprono ai confini", che è l'incipit dei "Grani del buio", era il mio La, e ho cercato di tenere quel ritmo per tutta la raccolta, che sono oltre cento pagine, e mi son ritrovata a seguirlo ancora nella silloge che ho scritto dopo, "confinando l'inverno", dove però ho asciugato la lingua e condensato l'immagine. le parole che citi sono leit motiv, attorno cui si costruisce il tutto, il paesaggio, umano o naturale o mentale, sono le note fondamentali sulla scala cromatica. questi due libri sono tutta una variazione della poesia iniziale, e il bello è che c'è un numero infinito di variazioni possibili di ritmo, melodia e alternanza, coloritura delle note senza potenzialmente tornare a dire la stessa cosa, a cantare la stessa canzone. le puoi aumentare, diminuire, trasportare, suonare in modo diverso.

    tuttavia non rinnego il mio modo di scrivere precedente, e magari tra un po' avrò bisogno di tornarci. quando scrivo a/di persone, per esempio, non posso usare questo ritmo, perché voglio che loro si vedano e si sentano bene
    le poesie pubblicate un paio d'anni fa su Libernversi sono cambiate molto, ci ho lavorato togliendo molte sbavature e cercando anche lì una uniformità di ritmo
    un saluto anche a Stefano e buona giornata
    Chiara

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  27. "in un taglio breve di finestra il vento", per esempio è la mia versione della "Ballata dell'amore cieco" di De André, "non a un qualche dio non più d'amore" è ovvio omaggio a un album che è poesia pura

    Chiara

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  28. ciao Stefano,
    in pochi mesi di attività come para-blogger (così sto iniziando a definirmi) ho aperto quattro blog, su due dei quali ("unmuro" e "atroce") c'è ampia possibilità di commenti, si tratta di mere performance concluse/sospese, ma in qualche modo sempre aperte; su altri due (la blog-vetrina obviamens e "... alle mie dislocazioni") ho tolto la possibilità di commentare perchè sto sperimentando su nuovi modi di concepire lo strumento blog, prendendomi la libertà di cancellare, modificare i post, ecc.
    Tra l'altro non segnalo quasi mai a nessuno i link, se non su esplicite richieste che ricevo, e nonostante ciò osservo un minimo ma vitale girovagare di lettori - e grazie a questo meccanismo ho recuperato un contatto con un compagno di università che non vedevo dall'epoca della sua laurea, quasi quindici anni fa)

    scusami Stefano, e scusami anche tu Chiara, se ho rubato spazio alla discussione... Però mi sta girando davvero l'uzzo di girare questi testi ad un amico cantautore (non so se avrà tempo di starci sopra, mah) che fa un lavoro molto ma molto simile

    Mario

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  29. non hai interrotto niente! rispondevo a te

    asseconda pure l'uzzo se vuoi :-)

    Chiara

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  30. Un cambiamento sorprendente. Poesia di grande spessore. Complessa, è vero, ma non per questo meno fruibile, anzi.
    Trovo queste poesie molto evocative, intense.
    Mi è piaciuto molto anche il commento di Chiara sulla sua "nuova" poetica.
    Anche il titolo della raccolta è assolutamente all'altezza di questa poesia.
    liliana

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  31. lo scopro ora questo post(tipico di chiara non dir nulla in giro in casi come questi... :).
    e mi discosto un poco dal resto dei commenti. perchè di queste poesie mi ha colpito molto la ricerca del ritmo e il lavorìo attento che, si sente, le ha portate ad una forma così netta e armonica. un cambiamento deciso, rispetto all'apparente immediatezza quasi vicina alla prosa che percepivo nei "vecchi" testi.
    ma dal punto di vista "linguistico" ti preferivo prima, chiara. quell'uso/ricerca di un linguaggio semplice, semplicissimo, immediato e mai banale mi piaceva assai. qui mi ritrovo con certi "paroloni"... :)
    s.

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