venerdì 7 ottobre 2011

Annamaria Ferramosca


Other Signs, Other Circles (Chelsea Editions, 2009) di Annamaria Ferramosca trattiene nel titolo l'intenzione prima dell'autrice, mediterranea non solo di nascita, ma di vocazione, laddove la luce di Garcia Lorca si mescola ad un amore per la natura che è diventato professione. Segni, infatti, sono il versante visibile del vero, detto parafrasando il titolo del suo primo, tardo, libro (1999), le linee del contatto (porte, balconi, incisioni rupestri, ogni elemento, per quanto metaforico, capace di tenere aperta la relazione fra la singolarità e l'appartenenza all'anima mundi) che dischiudono il tempo dei vivi, polpa e palpito sotto la superficie muta degli elementi, anche di quelli dannosi per l'uomo come gli idrocarburi, «animule larvate di petrolio», che «il poeta sa riconoscere» per vocazione (da intendersi anche in senso calviniano, di Volontà divina che chiama all'accettazione del proprio mandato storico. Come dire: è il poeta l'umano più sensibile, e ciò per disegno metafisico). E' questo doppio sguardo, caratterizzato dalla meraviglia e dal rigore, suo di biologa, a portala su quel versante, ed è la parola – quando sa essere «violino» (Rimbaud: «mi sono riconosciuto poeta [...] tanto peggio per il pezzo di legno che si ritrova violino») – a tenerlo insieme in quanto soglia, segno, appunto, che custodisce il segreto della creazione e la sua tangibile cifra fenomenica.


Il Cerchio è la forma simbolica di quel luogo altro, il sacro di cui parla la storia delle religioni e che Ferramosca prova a ricostruire poetando, adunando altri esseri all'ascolto come attorno al fuoco della lingua, nel cui calore respira il cerchio primario, il grembo materno. Per questo, la sua poesia è un canto della prossimità come titola la raccolta inedita contenuta in Annamaria Ferramosca. La poesia Anima mundi (a cura di G. Lucini, Puntoacapo 2011), coniugato al plurale, canti, rifondazioni del tempo circolare, come l'anello della festa in cui ogni volta rinasce davvero il senso dell'essere qui, entro un tempo profanato dalla tecnica, ma non perduto, non appiattito in essa e per questo ancora pensabile.

Per fuggire il misticismo a cui una tal poetica potrebbe rinviare, scavalcando la soglia per abbandonarsi al Tutto indeterminato, del quale pur confessa la seduzione, la poetessa leccese fa leva sulla natura, sul di qua del versante, riconoscendo, per esempio, l'armonia universale nella musica terrestre dei cerchi che s'allargano nell'acqua, o nell'aria, come scrive pensando forse alla parola poetica gettata, come una pietra, nello spazio comunicativo: «Non ti resta / che lanciarle grida d'amore come sassi / nel centro esatto dei suoi cerchi d'aria»; ma anche, altrove: «La nostra piazza è centro che dilata / cerchi di parole», dove la comunità d'origine partecipa della forza magica della parola, specie quando, come nel testo in questione, si tratta di abbandonarla, di migrare per necessità. La «calda vita» sabiana, qui diventa «una calda coerenza / un racconto vivo» della gente a cui donarsi con passione, sentendolo proprio.

Sotto il profilo tematico è evidente, in tutta l'opera, la fedeltà ad una visione antropologica della vita, detta in uno stile negli anni sempre più denso, come bene spiega Annamaria Crowe Serrano nella introduction, sottolineando, specie negli inediti che chiudono Other Signs, Other Circles, oltre ad una maggiore attenzione alla contemporaneità, al vivere quotidiano e al tecnologico che la pervade, anche una ricchezza metaforica mai raggiunta prima e nuove soluzioni sintattiche che fluidificano il pensiero e la coscienza, trasmettendo così un senso del mistero capace di lasciare un ampio spazio interpretativo al lettore. Funzione prettamente poetica, in effetti, agita, mi pare, comunicando al lettore l'appartenenza d'ogni più piccolo evento (come la corsa di un autobus) a qualcosa di più grande, il cui significato, rinviando all'ordine universale, viene meno razionalmente ma non intuitivamente. Forse perché appunto ai poeti spetta la parola intermediaria fra la terra e il cielo, messaggeri degli dei fuggiti per gli uomini che non sanno guardare.






da Other Signs, Other Circles

sezione INEDITI, 2007- 09


UNA LINGUASILENZIO FELICE LARGA PIOVE


una linguasilenzio felice larga piove
penetra cantapetali dentro..... nel
dentro innocente sanguelinfahumus
permea senso..... senza
metallo che risuoni

da muro a muro da spina a spina
i dispersi al tocco sussultano si stringono
di fronte è la gelida notte
lontane le due torri come mammuth
emersi domani dalle nevi

ecco che galleggia sopra di me un Atlante
di sperdimento avvampa
così intensa la musica
ha forma d’arpa il telaio
tutti quei pesi di terracotta
a piombo come ghigliottine
ora stanno in levità di vibrafoni
nel primitivo piegarsi delle spighe
spose che vanno, culle
luce sul confine tra carezza e lama

abbiamo consegnato le ferite
insieme alle armi, preferito la festa
le lunghissime tavole sonore
il miele delle nozze diffuso
tornare nudi su terra nuda
farsi gola d’agnello mille volte
se occorre ancora sangue
per il gocciolio della fine

porte del mondo che ritornano alberi
città come campi da seminare
illuminati a regno....... piove
un silenzio-beatitudo
sonno infantile, lava che pietrifica

una fila di pietre da riscrivere



*


BIONANOSTRUTTURE


avrò anch’io, come il geco nelle zampette
in qualche area inesplorata del cervello del cuore
sterminati minimi bioappigli
..................................angstrom
capaci di sorreggere
il tuo peso sfrontato di bastione

ti sostengo
mio masso di Stonehenge
urtando urlando contro il cielo

col tatuaggio del nome tuo ripetuto
in finissime impronte
-come nella foglia di loto-
...............................sul mio petto




*


AL CAPOLINEA


salire sul 160, capolinea paziente
tra i due platani - sempre alla stessa ora -
muta solo l’umore, come le nuvole
...........................uguale la mancanza

il posto che preferisco è quello in fondo
al centro della fila orizzontale, il migliore
per assistere al film, puntuale:
piccola folla composta, in parte seduta in parte in piedi
si parla con sguardi, diffida di chi le sta accanto
...lo ama.. lo cerca.. lo urta
nell’inclinazione sottile dei corpi
ciecamente affidandosi alla fatalità del moto
ognuno coprendo il suo cosmico tratto di asfaltocielo

e non so perché mi commuove
tutto di questo bus fendinuvole:
la marcia il freno i sobbalzi il contrasto dell’aria
il riflesso sul vetro del pianto stellare
il turbinio del sangue sottopelle
- nostalgia del bigbang - se il cuore
sta meditando di rallentare, predisporsi al viaggio

guardo il treno correre nelle pupille di chi mi è davanti:
piccole locomotive accendersi - un bimbo mi fissa curioso -
curiosa anch’io di vedere la sua fermata di scintille
decido di non scendere ancora
mi abbarbico al sostegno di uscita
(il viale continua oltre la piazza ?)

infine che cosa ho fatto se non
lasciarmi andare sulla scia dei nomi?
amicheamici che mi aiutate a scenderesalire
gioisco del vostro tocco .......non so darvi in cambio
che qualche ritmo un brusìo
di un arrivo lontano
.................che già è partenza




sezione CURVE di LIVELLO (Marsilio, 2006)


MEDITERRANEO


Marina Serra. Assalto
di un’alba nitida, capace
di spingere i monti d’Albania
fin qui, sotto il balcone
Posso toccarli quasi
fianchi verdi e radici
intrecciate alle mie
Da costa a costa
scintillano di senso le correnti
lu rusciu de lu mare
canta in mediterraneo

Potevo essere nata su quei monti
e mia madre avermi lavata nel canale d’Otranto
nutrita con zuppa d’alghe e filastrocche di Lushnje
potevo trovarmi in quella barca
così traboccante di speranza
che i fianchi non reggevano al rimorso

Mi trovo in quella barca, sono
albanese, pure
messapicagrecaegizialibica
il mio sangue è incontro d’onde
paziente e antico
(continua a mescolare
questo inascoltato mare)





*



ANCORA SIANO I SEGNI


Ancora siano i segni sulle rocce
a dischiudere il tempo
profili di guerrieri e bisonti
in corsa, sotto un piccolo sole
in forma di stella

ansanti
per chilometri brillanti di pioggia
profili di automobilisti e tir
sommersi da onde radio
vibra
un dolmen poco lontano
con forza immobile
convoca mani e rami
Tre pietre
- minima famiglia sfuggita al diluvio -
in silenzio guardarle nella notte
accostando l’orecchio al tronco dell’ulivo
sentirsi roccia linfa voce
arca approdata e fusa in terra

Ancora siano i segni sulle pagine
a traghettare il tempo: lontanissimi
lembi di cielo pulsanti sulle onde
inondano lo schermo, si raggiungono

Dammi parole dunque, e segni
piangi sulla mia spalla, o ridi
offrimi le scene della gioia
incontrami

prima che si diradi la foresta
prima che accada il nero errore
prima dell’ultima risata
(la ruota della terra
è il suo continuo ridere, convulso)




*



FORSE CON UNA DONNA


Lasciarla far luce
con le sue lanterne, vigile
sulle alte mura trasparenti
lasciarla apparire e sparire
come lei vuole
dosare i richiami
perché possa appartarsi
in qualche sua giungla di luna

Forse con una donna
disperata di te, del tuo mondo
non serve dividere corone
meglio farsi esuli insieme
navigare con lei navicella lunare
approdare su placide ginecosfere
dove lei è dispensiera
di pane e parole

Forse con una donna
sentire più spesso stupore
che istupidimento, soprattutto
quando dalle macerie risorgono
lentamente i villaggi
illimpiditi dal pianto e lei
ricomincia a parlare alle rose

Forse con una donna
ridere insieme
della tua enfasi e imperfezione
lei complice custode
di pienezza e inquietudine
del riso e del pathos
che non debordi
nel suo patimento

Ti immerge
nella morbida offerta
tu colmo di lei le correnti
inverti al tuo mare, dissenti
dal banditore che eri
(ora più aperte sul mondo le porte)





sezione PORTE/DOORS (Edizioni del Leone, 2002)



TI HO DISEGNATO UN SEGGIO


Ti ho disegnato un seggio
e l‘ho dipinto ironico
trono di girasoli a-capo-chino
Ti ho immaginato sguardo-nel-fogliame
paralisi stupita delle labbra
domanda fusa al tocco delle dita

E non posso risponderti
ma devo
insolentirti col muso della volpe
intimidirti per l’occhio dilatato
nella consolazione di una sillaba

E giustamente tu ora mostri i denti
alla volpe braccata nel sentiero
delle Parole, fino alla sua gabbia
Impossibile snidarla, impossibile
anestetizzarla
Le ridono intorno sbarre orizzontali
lievi come linee d’orizzonte
(orizzontale e lieve è la scrittura)
Non ti resta
che lanciarle grida d’amore come sassi
nel centro esatto dei suoi cerchi d’aria

Dal cuore spicco i semi al girasole
e lego il trono al polso e salgo i cerchi
E rido se ruzzoli dal trono
sparpagliando tutte le mie carte
anche tu in midriasi pupillare
parola ti dilata in canti e stelle

Così mi segui. Il sogno è un Librocielo
Noi sotto un planetario di manoscritti



sezione IL VERSANTE VERO (Fermenti,1999)


LA PIAZZA DELLE VINTE TARANTOLE


Abbiamo altre parole questa notte:
un corpo musicale,
a vendicare il tempo
passato senza fuochi
Abbiamo l’alba
che batte su pelli tese in sarabanda,
furore d’argento sugli olivi,
fino al mare - l’eco
ingelosisce le grotte -
Piedi
a scandire colpi d’amore sulla terra
E tuoni
a dissipare tutte le aracnitudini

In piazza l’aria
è disegnata di spade con le braccia
Le ragazze scintillano la terra
dove ballano
Volano i cerchi delle gonne alla luna
S’incendiano i tamburi. Fino a sangue
(A sciogliere i cani ritmici, all’unisono,
si sfianca la paura)




*****


2 poesie da

CANTI DELLA PROSSIMITÁ



la lingua che s’ammutina


sto per spegnere la televisione
lo speaker mi precede ammutolisce
inespressiva maschera
si consacra al silenzio

la lingua che s’ammutina
sa
del respiro forte degli alberi
di cui parlano i sordi
una nuvola scivola tra i rami
e maturano allo stesso tempo i frutti
segretamente
alla password soffiata del contagio

la lingua che s’ammutina
sa
del mormorio animale
dei passi infiniti sulla pianura
tagli nell’orizzonte...... invisibili
la terra ne risuona e i miei polsi
al passo muto del tempo
nella stanza
un dente di latte cade
senza rumore né sangue




*


maternale


mi sono coperta di sabbia
in empatia con l’isola che dorme
davanti a me: una donna-scoglio
la fronte alta contro le nebulose
la gola piena come in largo respiro
sazia del suo ventre in attesa

mi sono coperta di sabbia
a mimare il suo profilo
entrare nel suo tempo
- nove mesi come millenni -
ho atteso un battito un segno
( quel falco improvviso su di noi.... le sue frasi
in altissimi cerchi )

mi scrollo via la sabbia
cammino sulla riva
in questa luce augurale che apre
la coincidenza dei tempi
una sposa venirmi incontro
sorridermi con il suo lasciapassare dal mito
la manocarezza sul ventre

come fossi sua madre le chiedo
il tempo del parto


Sardegna, Portu Tramatzu



Annamaria Ferramosca è di origine salentina (Tricase, Lecce) e da molti anni vive e lavora a Roma. Ha pubblicato in poesia: Other Signs Other Circles, raccolta antologica di poesie 1990-2009, Chelsea Editions, New York, collana Poeti Italiani Contemporanei Tradotti, 2009, Introduzione e Traduzione di Anamaría Crowe Serrano; Curve di livello, Marsilio, 2006, Premio Astrolabio, Castrovillari-Pollino, finalista ai Premi Camaiore, Lerici Pea, Pascoli, San Fele, Montano; Paso Doble, Empiria, 2006, raccolta di dual poems, coautrice Anamaría Crowe Serrano, traduzione inglese di Riccardo Duranti; Porte / Doors, Edizioni del Leone, 2002, traduzione inglese di Anamaría Crowe Serrano e Riccardo Duranti, Premio Internazionale Forum Porte di terra dormo, Dialogo Libri, 2001; Il versante vero, Fermenti, 1999, Premio Opera Prima Aldo Contini-Bonacossi. Di recente pubblicazione è la silloge Canti della prossimità, contenuta in La Poesia Anima Mundi, collana Quaderni del poiein a cura di Gianmario Lucini, Puntoacapo, 2011. E’ presente con testi a tema nei volumi collettanei: Pugliamondo, 2010 e LaVersione di Giuseppe, 2011, entrambi per le Ed.ni Accademia Terra d’Otranto-Neobar. Collabora con testi e note critiche alle riviste Le Voci della Luna, La Mosca di Milano e con vari siti di poesia in rete, tra cui clepsydraedizioni.com, che seleziona in anonimo nuova poesia italiana contemporanea. Fa parte della redazione del portale Poesia 2.0, dove è ideatrice e curatrice della rubrica Poesia Condivisa.
Ha presieduto il Premio di Poesia De Palchi-Reitziss e fatto parte della giuria del Premio Davide Maria Turoldo. Testi ed interventi critici sulla sua scrittura appaiono su numerose riviste: Poesia, Hebenon, Gradiva,  Italian Poetry Review, La Mosca di Milano, La Clessidra, L’immaginazione, Le Voci della Luna, Poiesis, Pagine, e anche in traduzione inglese su: Freeverse, Gradiva, Italian Poetry Revue, World Literature Today, Salzburg Poetry Review, Fire. E’ antologizzata in: "L'altro Novecento", 1999, "Appunti critici", 2002, "Poeti italiani verso il nuovo millennio",2002, “Inverse”, 2006, “ Tradizione e ricerca nella poesia Contemporanea”, 2008. Hanno scritto sulla sua poesia, tra gli altri: Donatella Bisutti, M. Grazia Calandrone, Marcello Carlino, Alfredo de Palchi, Donato Di Stasi, Marco Ercolani, Giorgio Linguaglossa, Gianmario Lucini, Dante Maffia, Sandro Montalto, Gregory Pell, Plinio Perilli, Franco Romanò, Cesare Ruffato, Paolo Ruffilli, Fabio Simonelli, Donato Valli.







28 commenti:

  1. Le parole fatte unione di Annamaria, come urobori (così mi viene)

    che sul piano del lessico rispecchiano il "cerchio"
    "adunando altri esseri all'ascolto come attorno al fuoco della lingua, nel cui calore respira il cerchio primario, il grembo materno. Per questo, la sua poesia è un canto della prossimità"

    come messo ottimamente in evidenza da gugl nel citato passaggio.

    Solo questo e il mio cerchio abbraccio.
    Un caro saluto e (spero) a presto...

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  2. L'arte dello scrivere poesia di Annamaria mi sembra il risultato di una ricerca minuziosa e complessiva di segni e di sensi che rappresentano la sua visione del mondo.
    Di questa visione percepisco, per esempio, la coralità delle sorti umane, raccontata con un linguaggio diamantino, moderno e insieme mitico che lascia segni sulle pietre del cuore.
    Un caro saluto.
    Vincenzo Errico

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  3. Trovo la poesia di Annamaria di una partecipata "religiosità" laica, in cui il cerchio/spirale simbolo cosmico assume anche le sembianze dell'incontro, il penetrare cioè i segreti della sacralità e le ragioni della vita, ricercando nella vita stessa i segni "da muro a muro da spina a spina". Ti chiedi "avrò anch’io, come il geco nelle zampette/in qualche area inesplorata del cervello del cuore..."...Annamaria cara ti posso dire che sicuramente i tuoi versi hanno quelle sottili setoline per cui si possono arrampicare su tutti i muri dell'anima, siano essi levigati o scalcinati..e così lasci il segno del tuo sentire... Un abbraccio Giancarlo Serafino

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  4. questa finestra apertasi ieri per me. dove mi è permesso sporgermi un po’ oltre la pagina.
    mi fa pensare prima di tutto (che consolazione in questi disastrati tempi!) alla gratuità e passione del lavoro (o sarà pura gioia,allora?) di chi come te, Stefano,(ma anche FrancescoAntonellaGiacomo LuigiAbeleMassimoetantialtri)da anni legge e dilata la nostra “parola”(che vorrebbe essere poesia ma chissà. rimane forse solo onesto desiderio e questo sol tantodovrebbe farci sereni ). dunque ti ringrazio, Stefano, innanzitutto per il tuo tempo generoso qui, poi per spenderne un po’ anche per la mia scrittura, che hai esplorato con luci intense e fuochi davvero centrati, come se da sempre conoscessi e seguissi la mia -bassissima- voce. mi hai mosso con il tuo parlare del doppio sguardo, quello ”della meraviglia e del rigore”. sì, è il mio vero profilo di Giano (sai, sono anche nata in gennaio), dove convivono lo stupore di essere nel mondo, poterne ascoltare le “infravoci” (titolo di un testo) e insieme il rigore che mi deriva dalla consuetudine scientifica, con quella curiosità - insaziabile bestia - che presto si è spinta anche nel misterioso territorio della lingua (il mio primo libro, il VersanteVero, è “tardo”solo come pubblicazione, in realtà è una raccolta di molti anni precedenti). e l’ossessione dei segni e dei cerchi, con la loro incessante mobilità simbolica, su cui pure con pensiero nuovo ti sei soffermato, sarà di certo motivo di qualche ulteriore domanda, cui sarò felice di rispondere.
    qui c’è vento, margherita. è il tuo uroboro autorigenerante che in velocità mi ha sfiorato e sono ancora rinata. ti abbraccio anch’io
    Vincenzo, grazie. hai colto la dimensione di coralità, tensione che attraversa quasi tutte le mie pagine. Se la parola non cerca l’altro per un sentire/sentirsi, non parla, è svuotata del suo segno primario.
    Giancarlo empatico! sì, la mia fede-fiducia nell’uomo è laica. Quanto alle ventose del geco, lo sai, non sono tali, ma infinite minime pieghe, bionanostrutture,appunto, dell’ordine di angstrom. Come se sotto le dita avesse chilometri e chilometri quadrati di superficie. Magari potessi averne, non solo per tenermi legata al soffitto ( ah quello delle irraggiungibilirisposte) ma anche per aderire a ogni mente-cuore…
    buona domenica a tutti,
    annamaria

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  5. annamaria ferramosca,naturalmente.

    oh il mio vecchio nickname -januaria-, nata di gennaio,appunto.

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  6. pura gioia spetta agli angeli :-)
    per noi, piacere, dell'intelletto e dei sensi, visto che la poesia ci tocca (in sorte, anche, oltre che 'la pelle').

    grazie agli opsiti pr gli interventi. C'è tempo per lascirne di altri e per chiedere ad Annamaria qualche segreto del suo laboratorio.

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  7. “la fedeltà ad una visione antropologica della vita”,fedeltà che non viene meno anche quando lo sguardo si rivolge agli eventi della vita quotidiana. Una poesia dal grande respiro ma che sa essere allo stesso tempo intima e raccolta. Viene in mente una partitura polifonica, cellule tematiche che si intrecciano in una limpidezza di suono e d’ispirazione.
    Abele

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  8. una bella sorte ti è toccata allora, Stefano!

    Abele, so bene della tua estrema sensibilità alla parola e molto ne gioisco, grazie.

    (anche mi piacerebbero -nel dibattito costruttivo mi pare sia la specificità di questo blog necessario- rilievi critici,suggerimenti,dubbi, credo sempre indispensabili a tutti gli scriventi). il mio laboratorio-labirinto resterà qui sempre aperto. grazie a tutti coloro che vi passano e un grazie davvero senza limiti a gugl!
    annamaria

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  9. mi piacerebbe sentire come le leggi queste poesie, con quale enfasi o sordina.

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  10. Io l'ho sentita leggere, Annamaria. Ha la voce e il timbro perfetto per la recitazione poetica.
    Un libro che ho amato da subito e l'occasione per un caloroso saluto ad Annamaria e un grazie a Stefano Guglielmin.
    daniela

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  11. Annamaria ha una scrittura affascinante, oltre che decisa, sicura del suo sguardo, persino delle incertezze offerte dalla percezione.

    Una poesia accurata, precisa nel taglio che dà limpidezza alle parole e le offre come un guado verso l'altro.

    apprezzati i testi selezionati.

    ciao Stefano!
    ciao a Annamaria e tutti.
    iole

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  12. A Daniela, mia maestra nei territori dell’emozione, e a Iole, che seguo da anni nel suo lancinante percorso, ricambio l’intesa e l'abbraccio ,spero di reincontrarvi -per scambiare ancora- molto presto!

    Dunque, Stefano, a proposito del porgere in lettura, a me piace quella “bianca”, pacata, che raccoglie l’intensità della scrittura. Credo che le parole abbiano già una pienezza, talvolta anche debordante, per cui più dell’enfasi, sempre negativa, ciò che importa nel trasmettere è rinnovare il momento in cui i versi sono nati, quasi rientrare in se stessi, rispettando il silenzio dell’ascolto interiore, le giuste pause.
    Qui sotto puoi ascoltare qualche testo(magari il 6.il 15, il 9, che preferisco nella resa fonica) dal cd audio dei Canti della Prossimità, che Gianmario Lucini mi ha voluto regalare, accluso al 5^Quaderno del Poiein.
    http://www.poiein.it/ferramosca/ferramosca.htm
    ma vi è qualche altra mia lettura in rete, come nel sito oboe sommerso http://oboesommerso.splinder.com/tag/progetto+lettura+55+aferramosca

    è rara questa tua curiosità, mi dirai e suggerirai per il meglio, come tutti coloro che vorranno farlo, grazie!
    annamaria

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  13. Una voce profondamente cara.
    Una scrittura che tengo in conto, da sempre, con attenzione e rispetto.

    fm

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  14. oltre che leggere i versi fascinosi di Annmaria mi piacerebbe molto apprezzarli nell'espressine orale. Se la lettura non è adeguata, sappiamo che qualsiasi poesia può sembrare brutta. Significa che esiste una sorta di inibizione tra il testo e il suo lettore ma...riuscire a leggere "dal di dentro" e in modo sorgivo, credo sia questo che Annamria intenda e l'ho sempre pensata come lei.
    Bellissima la scelta di Stefano, altrettanto il suo commento, e grazie per quanto vado leggendo ( e imparando, lasciandomi inondare) sia dalla poesia che da chi la commenta in questo luogo.
    un abbraccio

    RispondiElimina
  15. scusate, avevo dimenticato di firmare, sono Lucetta Frisa che si mangia le vocali

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  16. so, caro Francesco, del tuo riguardo verso la mia scrittura (quattro volte ospite nella tua dimora, come non ricordare il prezioso scambio!)e te ne sono grata. sappi che anche se la mia vista spesso mi impedisce l'uso del virtuale, le dense stanze di rebstein(che a volte mi faccio leggere)continuano ad attraversarmi mente e cuore.


    a Lucetta dico che vorrei tanto incontrarla, dopo averlo già fatto -essendone colpita- sulle sue pagine. come ho scritto nella mia precedente risposta, puoi ascoltare, se vuoi, mie letture nei siti che ho indicato. un caro abbraccio a te e Marco


    buone ore a Stefano, sempre.

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  17. non ho ancora avuto l'occasione di andare a sentire la tua voce, cara Annamaria. Domani spero di riuscirci, poi lascio un commento.

    grazie intanto per la tua assidua partecipazione in questo spazio e agli amici che hanno lascito testimonianza.

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  18. Sono d’accordo con tutti i bei commenti lasciati, la poesia di Annamaria Ferramosca è decisamente affascinante, avvincente e finanche misteriosa. I suoi segni poetici sono tangibili, la sua capacità linguistica e comunicativa e il suo estro sintattico illuminano oggetti e concetti alla ricerca di condivisione e comunicabilità della parola che non ha (né avrà) mai fine. E questa circolarità della parola-segno ci trasposta così nell’alfa omega della storia: “una linguasilenzio felice”, “una fila di pietre da riscrivere”, questo “predisporsi al viaggio…di un arrivo lontano che è già partenza”… “noi sotto un planetario di manoscritti”. Poesia che ha la forza dello scatto, quella di Annamaria, e della sua grande passione. AL CAPOLINEA pare un quadro nel ritrarre immagini e sensazioni nella sua alacre e incantata curiosità di scoprire.
    Un caro saluto e complimenti a Stefano Guglielmin per questa attenta presentazione.
    Monica Martinelli

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  19. cara Monica, faccio tesoro delle tue notazioni così empatiche, così centrate. spero di poter conservare sempre in futuro questa tua corrispondenza interiore.
    a presto, annamaria

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  20. mi spiace, ieri avevo lasciato un commento, ma non lo vedo.
    brevemente allora riassumo:
    ci sono poeti che al di là della propria formazione e/o del proprio percorso/ricerca poetica, percepisci inconfutabilmente che hanno avuto il dono di nascere già poeti o quasi almeno. Annamaria credo appartenga a questa fortunata "casta", senza ombra di dubbio. Ci sono tutte le prergative del caso, senza ombra di dubbio.
    Credo di averti sentito leggere almeno tre volte, cara Anna Maria. capisco la curiosità di Stefano, considerato la "complessità del linguaggio". Se leggessi io i suoi testi (ma so, per confidenza, che Annamaria è molto gelosa...) adotterei una lettura in "sordina", neutra.
    un caro saluto a tutti.
    red

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  21. ...nascere poeti...magari fosse vero quel che pensi, Red! ecco,io lo penso per il nostro Luigi Di Ruscio, per esempio, lui sì che spacca subito i neuroni poetici lasciandoci quel sapore inconfondibile di universalmente vero, di bello! Grazie, comunque, del tuo apprezzare, e soprattutto informami sulla tua scrittura e la ripresa della tua così utile e generosa attività in rete.
    dici che sono gelosa della lettura d'altri, non è proprio così. poichè penso che la lettura dovrebbe in qualche modo ripercorre il momento della nascita del testo, puoi capire come solo l'autore possa ripetere in pienezza quel gesto. e sono molti i lettori che mi dicono preferire la voce autorale, magari perdonando qualche inflessione regionale... di sicuro chi legge testi d'altri dovrebbe rispettare il senso del testo, i sacrosanti silenzi, magari chiarendo dubbi con l'autore,(se è vivente, obviously) non trovi?... ti abbraccio,con un saluto a tutti coloro che da qui passano,
    annamaria
    annamaria

    RispondiElimina
  22. ovviamente la mia era una provocazione scherzosa, Annamaria e ovviamente so che lo sai...
    ed è bello che sia tornata in superficie: quando si leggono testi di altri bisognerebbe abbandonare gratuiti egocentrismi...(a volte, purtroppo è anche una questione di mancanza di umiltà...)
    grqazie per l'attenzione.
    a presto.
    roberto

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  23. Buon ultimo, non tanto per commentare una poesia scoperta non da molto ma subito molto apprezzata, quanto per testimoniare la vicinanza all'emozione che abita ogni testo di Annamaria (e che trovo esemplarmente espresso in "Al capolinea")o - sul versante (già, parola sua) della forma in certi attacchi di mirabile eufonia (penso ai primi due versi di "Ancora siano i segni" e tanti altri). Quanto alle parole fatte unione (così mi pare che le chiami uno dei commentatori), chiederò ad Annamaria se sa che esse sono per esempio uno degli stilemi più significativi di un poeta come Coleridge (e ne so qualcosa proprio in questi mesi,mentre cerco di tradurre un suo sonetto giovanile alla luna, faticando - in traduzione - a sciogliere quei nodi o a trovarne di corrispondenti ma altrettanto o quasi belli come nell'originale. La Serrano ebbe difficoltà a sciogliere i tuoi, Annamaria?).
    Francesco D

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  24. Bello ritrovarti e leggerti qui, Francesco.
    Intanto mi permetto di rivelare per intero il tuo nome:F. Dalessandro( trattasi di poeta e noto traduttore dall’inglese di molti classici della poesia dell’800e 900). Sorvolo sui tuoi benevoli apprezzamenti, di cui ti sono grata, per risponderti sui termini polifusi di cui michiedi, che spesso s’incontrano lungo la mia scrittura.
    Questa tua domanda mi dà così l’occasione per parlare dell’ accuratissimo lavoro di Anamarίa Crowe Serrano, la traduttrice (anche poeta e narratrice)che ho avuto la fortuna di incontrare nella primavera del 2001, cui devo le bellissime versioni in inglese di Porte/Doors (con supervisione dell’anglista Riccardo Duranti), poi di Paso Doble(raccolta di dual poems scritti con lei a 4 mani, pubblicata da Empiria), e infine del volume antologico Other Signs, Other Circles. La traduzione è stata realizzata nel modo migliore augurabile per una trasposizione poetica in altra lingua: con un assiduo scambio tra di noi, quasi su ogni verso, perché non fossero minimamente traditi pensiero, metafore, senso, ritmo. E sui miei termini polifusi, Anamaria scrive nella sua introduzione ad OSOC:(traduco dal suo inglese)…uno strumento lessicale, e che è uno dei suoi tratti distintivi, è costituito dai termini policomposti di due, a volte tre parole (tecno corona, sanguelinfahumus, lingua silenzio), dove le parole sembrano simbolicamente abbracciarsi, annullando il vuoto tra di esse.
    Devo dire che, come Margherita (autrice qui del primo commento), Anamaría ha compreso subito lo spirito di questi stilemi, di come spontaneamente mi giungano mentre scrivo, sulla scia di un moto sub-cosciente che vorrebbe affermare una specie di ibridazione simbolica, quasi un abbraccio che dal cerchio umano dilata fin nella lingua e sentendo di creare dei neologismi il cui suono- senso è più ampio di quello delle singole parole. E Anamaría ha tradotto questi termini fedelmente, laddove senso e suono coincidevano, e in caso contrario è riuscita a trovare sempre- per suo innato talento- la soluzione che più la soddisfaceva ( a volte anche abbandonando la traduzione per alcuni giorni e ritornandoci poi sopra con nuova energia). Vedi per es. le soluzioni per “il verde corpo disteso beneaugurante”(della foresta) reso con”its green body auspiciouly outstretched” o- più audacemente ma di certo non tradendo nemmeno la prosodia- (i nuovi nati)“ potrebbero tecno morire” reso con “they could die a technodeath” .
    Coleridge…, grazie, francesco, per avermi ricordato l’analogia con i suoi stilemi-anche altri me lo avevano fatto notare, fin da Porte/Doors. Di Coleridge avevo letto molti anni fa ( e solo in traduzione) testi da La ballata di un vecchio marinaio, non ricordo nemmeno più da quale edizione. Ritornando oggi sull’originale inglese, noto che i termini doppi spesso contengono un avverbio e sono graficamente legati dal trattino, mentre io uso quasi sempre sostantivi e unisco graficamente i termini. Ma al di là di soluzioni e rese di sicuro diverse - la mia scrittura si dissolve, al confronto - sono piacevolmente sorpresa di vedere che i percorsi linguistici, come gli archetipi, spesso seguono inconsapevolmente medesime vie.
    Auguri per la tua traduzione, dunque, con un caro saluto,
    annamaria

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  25. passata ancora da qui, m'accorgo che devo un grazie (non ultimo!) a Stefano. so che che questa stanza resterà sempre aperta all'incontro-scambio. dell' ospitalità e della densa attenzione sono infinitamente grata a Stefano.
    buone ore a tutti voi,
    annamaria ferramosca

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  26. bien sur, la stanza rimarrà sempre aperta!

    ancora grazie a te per aver partecipato ocn tanta intensità emotiva ed intellettuale.

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  27. La poesia di Annamaria mi ha sempre colpito nella sua “eleganza”. E so bene come mai una singola parola, seppur cautamente virgolettata, possa efficacemente descrivere la gioia che si prova davanti alla buona poesia, la quale è tale (secondo me) solo se riesce a scatenare alla lettura immediate e diverse sensazioni, in urto salutare. Leggere poesie come la lingua che s’ammutina genera un immediato e piacevole conflitto tra l’occhio che cerca immagini consuete e l’orecchio che apprezza suoni e frizioni inusuali; inoltre si apprezza l’uso misurato (difficile da raggiungere!) di gerghi di varia estrazione insieme ad episodi quasi classici del ritmo (dico “quasi” per significare che non sono banali calchi). Lo stesso per una poesia come la piazza delle vinte tarantole,la quale tra l’altro (a voler fare l’avvocato del diavolo) frustra chi leggendone l’incipit cercasse i soliti banalizzanti appelli ad un ipocrito “noi” che non c’è, laddove ciò che c’è, e Annamaria lo scrive bene, è la ricerca dell’armonia, della sinfonia in termini non solo musicali, e la biologia.
    Amo molto, infine, l’opera poetica dell’autrice perché mi pare uno dei rarissimi casi di poesia che ha una sua eguale dignità sulla carta e nella voce che eventualmente la recita; anche perché la sua struttura sembra (in maniera molto interessante) avere punti comuni, diciamo territori comuni, o meglio tecniche retoriche simili, alla struttura della poesia scritta e alla partitura verbale (due cose che orribilmente i poeti spesso confondono, oggi e non solo).
    Senza contare che una grande poesia può nascere solo da una indagine profonda nel proprio io e nelle opposte tensioni di «una lingua silenzio felice», vagliando le ragioni della parola (la quale, mi è capitato altrove di dire, non è che una pausa nel silenzio), ma anche da una concretissima, biologica appunto, osservazione di “una fila di pietre da riscrivere”, parole da riscavare.
    E complimenti all’amico Guglielmin per la sua caparbia e intelligente opera critica!
    SANDRO MONTALTO

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  28. Ringrazio Sandro Montalto per la sua visita e le sue parole. Il suo giudizio, data la profonda stima che lo accompagna di critico militante di poesia , conta davvero molto per me. E’infatti proprio il “vagliare le ragioni della parola”, che Montalto ha subito colto, uno dei miei intenti primari in poesia, non so quanto raggiunto, ma di sicuro almeno indicato con fermezza lungo tutta la mia scrittura. Sono per me, queste ragioni, quei “segni altri “che continuamente emergono dalla realtà e dalla storia, e che la poesia tenta di captare e illuminare. E spero che si possano davvero riscrivere quelle nostre pietre, metafora di un cammino umano fragile e spesso carico di errori, perché separato dall’etica. Ancora un saluto a tutti coloro che qui si soffermano,
    annamaria ferramosca

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