giovedì 18 ottobre 2007

Roberto Mercadini


Mi è molto piaciuto questo passo di Roberto Mercadini, giovane poeta cesenate. Ve lo riporto, convinto che ne apprezzerete la profonda limpidezza.


«Se qualcuno mi chiedesse cos'è, per me, la poe­sia, ecco io, per essere onesto, dovrei rispondergli che la poesia, per me, è la realtà. Che la poesia è la realtà e tutto il resto un confuso agitarsi nel dormive­glia.
Voglio spiegarmi.
Qualche anno fa una ragazza mi portava a vede­re il mare. Se ne stava per un quarto d'ora buono ogni volta completamente rapita, incantata dallo spettacolo. Intanto io pensavo: "Dunque questo è il mare. Cioè acqua + acqua + acqua. Nient'altro che acqua. Un mucchio. Una montagna. Un mare, appunto. Dov'è la novità? Che c'è da guardare?" Era come se, al posto del mare, io vedessi un car­tello con su scritto "IL MARE" (spettacolo di nessun interesse).
Un giorno leggo una poesia di Amelia Rosselli. Parlava dell'acqua. Negli ultimi versi, del mare. Dice­va così:

Mare, li hanno proclamato. Sei una grande bestia lunata. / Hai la sordità nel fondo tufo. Mare mare hai la gioia e la mi­sericordia / Con te. Sei un fiore trasparente una forte tomba.

Ecco, per la prima volta, io ho visto il mare. Ho avvertito la sua maestosità. Ho temuto la rapacità dell'abisso, che ingoia i naufraghi. Mi sono incantato per la grazia tremula che ha la superficie quando è lieve il vento. Nell'esperienza quotidiana spesso le cose si rattrappiscono fino a diventare parole. Nella poesia le parole scintillano, pulsano, fiammeggiano fino a diventare vere cose vive.» (in AA.VV., FaraPoesia, FaraEditore 2005, pp.184-185).

36 commenti:

  1. Apprezzo la verve del giovane e la bellissima poesia della Rosselli ma la deriva è pericolosa; non mi basta consequenzialità "laterale" e un po' "figa" della sua affermazione. Sarà che continuo a preferire una lunga nuotata in mare a una poesia di Mallarmé. Ciao ciao. Martz

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  2. lo stupore mi sembra autentico. e mi è piaciuta la limpidezza dell'esempio: niente astrazione, la quale avrebbe 'centrato' maggiormente il tiro, perdendo però proprio di quel piacere fisico che la "nuotata" comporta. il problema che poni, caro Martino, come sai è più complesso, andando a toccare la distanza immedicabile (e immedicata) tra significante e significato, tra esperienza e dicibilità della stessa.

    grazie per il commento.

    gugl

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  3. Certo la questione è più complessa però dire che la poesia è la realtà e la realtà è invece un confuso agitarsi nel dormiveglia semplifica un po' troppo dalla parte opposta, per quanto poeticamente lo faccia. Il mare è il mare e non una poesia della Rosselli. Il problema sorge quando lo si vuol dire, non quando lo si vuol "provare". Poi, per carità, uno è libero di preferire un componimento della Rosselli (ciò che il mare è per lei il mare o l'immaginazione che del mare vorremmo avere) al mare stesso... ci mancherebbe! Ma non è la stessa cosa.

    Detto così, come lo dice lui (e concordo sull'autenticità e pure la bellezza dell'esempio), è dire che al mare preferisce la poesia sul mare. Che preferisce le rappresentazioni alla realtà. Se mi permetti la provocazione (non più che tale vuole essere): un po' come preferire farsi raccontare una scopata piuttosto che farla.

    Semplifico non per essere sommario ma per non far lievitare la seriosità della riflessione che ci porterebbe a una complessa discussione che, come sai, mi appassiona più di ogni altra e che sono sempre pronto ad affrontare.

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  4. forse lui vede il reale con gli occhi del poeta. E forse non vuole accettare il "mare dell'oggettività", come direbbe Calvino. Bisognerebbe sentire Mercadini.

    io credo che farsi raccontare un fatto e praticarlo siano due esperienze: in questo senso non sono incommensurabili. E poi: quanta immaginazione (poesia) ci vuole per vivere intensamente la routine? E ancora: che cos'è il mare senza qualcuno che lo trattenga nello sguardo? E chi è questo qualcuno, senza quell'orizzonte acquoreo che segretamente lo chiama?

    ciao Martino, lo so che sei un grande (e competente) passionario.

    gugl

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  5. Ma infatti non volevo mica affondare Mercadini, che ha detto una cosa molto bella e intelligente. Solo volevo rimarcare che quella affermazione sottindende delle risposte ben precise alle domande che ci stiamo ponendo. Che, insomma, è un pensiero che chiede - più che ammirazione - un atteggiamento critico e sulla cui sostanza è necessario anche dividersi. Saluti a te e a Mercadini, anche se non lo conosco.

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  6. nemmeno io conosco Mercadini. E forse lui non conosce noi. Bell'affare :-)

    gugl

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  7. Personalmente affronto la questione dal verso opposto: vedo la poesia come una lente che deforma la realta, la distorce attraverso iperboli per resituirmene il senso più intimo e profondo.

    Saluti

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  8. in effetti, la poesia ha molte forme. tutte possibili, se autentiche.

    gugl

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  9. Le considerazioni di Mercadini, sulla parola poetica che ghermisce e vivifica la realtà, quelle dei commentatori, che aggiungono senso e prospettive, mi fanno pensare alla poesia di Caproni, 'Il mare come materiale'.
    Erminia/Ossodiseppia

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  10. "scolpire il mare fino a farne il volto del dileguante": splendido!

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  11. é sempre piacevole ricordare Caproni, uno dei poeti in assoluto per me più importanti

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  12. Caro Stefano, bentrovato.

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  13. è vero cribbio.

    mtk

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  14. Però... però... alla fine la vera scopata è quella che sta prima, tutta nella testa: l'attesa, tutto il mito e l'immaginario, la poesia e la letteratura che si trascina dietro da quando l'uomo ha cominciato a lasciarne testimonianze. Cosa sarebbe una scopata senza tutto questo? ben poca cosa, almeno per me.
    pepe

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  15. però però, possibile che quando parlate di poesia poi esca uno dei gesti atletici meno poetici del mondo? è un fatto di compensazione? di contrappasso? di noia?

    gugl

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  16. Molto interessante questa riflessione e anche il dibattito che ne segue (che potrebbe protarsi ad oltranza). Così di primo acchito a me è venuta in mente una cosa che ha detto un artista visivo danese, Olafur Eliasson, riguardo al suo lavoro. Scusate la digressione che segue, ma penso sia pertinente almeno a modo mio. Eliasson fa installazioni "paesaggistiche". Interagisce con l'ambiente tramite strutture di sua creazione, oppure ricrea la natura (foreste, ponti sospesi su presunte nebbie e paludi) all'interno di luoghi chiusi. Quando gli è stato chiesto se le sue opere si potessero definire contaminazioni, ha risposto che l'occhio in sé come si pone su un paesaggio, con una maggiore intenzione della semplice messa a fuoco, contamina ed è contaminato. Nell'artista (poeta o altro che sia) questo succede con maggior forza e anche con maggior dramma o ironia. Tra noi e le cose c'è sempre la mediazione di un dire e la sua insufficienza, il riversarsi della nostra storia in ciò che si esperisce. Manipolando la distanza di Stefano - c'è una distanza salvifica che l'arte mette tra noi ed il mondo. L'attimo vissuto è intraducibile, perché muore all'attimo dopo. Ma l'arte, in questo caso la scrittura, ci permette di rivivere, di creare memoria di "guardare" (ancora la Rosselli, Prendi una penna e impara a guardare, una delle mie citazioni preferite!) Non come surrogato o sostituto o manifesto dell'ego. Ma come testimone.


    Comunque bella intuizione di Mercadini. Un saluto,

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  17. Vedo ora: Gugl, dissento sulla tua definizione di "gesto atletico meno poetico del mondo"!

    Concordo in parte con ciò che dice Pepe, l'attesa, il mito, l'immaginario... però (se c'entrano i sentimenti), poi tutto si riduce alle due paroline più abusate e immarcescibili che esistano. C'è un passa bellissimo di McEwan in Espiazione al riguardo. Tanto bello che quando l'ho letto avrei voluto rubarglielo. Ma non ho il libro qui... purtroppo.

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  18. Molto bello il tuo commento, Francesca. Sicuramente darà ulteriori spunti di riflessione.

    la seconda parte, in cui dissenti sul gesto atletico, potremmo dire che anche il gesto atletico è sempre stato cantato dal mito e messo in forma dall'immaginario? Tuttavia nella società dei consumi, anche "quel" gesto s'impoverisce, diventa esercizio di meccanica terrestre o, al meglio, intermezzo ludico fra due guanciali di tostissima serietà professionale.

    cambiando discorso: dove sei adesso?

    gugl

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  19. Appunto senza "poesia" quello rimane un gesto atletico e basta: era questo che intendevo.
    pepe

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  20. mah...
    rimango perplessa.
    ha solo espresso un punto di vista, mica ha svelato la poesia... o il mare.
    chi scrive è un punto di vista diverso, di poesia.

    resuli

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  21. la mia perplessità riguarda "l'elogio e non" nei commenti. ovviamente.

    saluti a stefano ché è da un po' che non leggo qui...

    ciao ancora,
    resuli

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  22. ciao Anila, benvenuta.

    gugl

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  23. vorrei dire la mia col permesso di tutti.

    Il giovane roberto sarà il poeta del futuro forse, perchè da che mondo è mondo quell'enorme distesa d'acqua lascia stupefatti tutti quelli che per la prima volta l'avvicinano, li lascia ancor più potentemente impressionati la prima volta che ne vedono, anche solo da lontano la furia. Da che mondo è mondo ne restano incantate le persone sensibili alla bellezza, alla ricchezza, alla grandiosità della natura, anche solo a vederne il luccichio azzurrissimo e splendente delle giornate estive al mare.
    Una cosa che, a pensarci, riempie lo sguardo e il respiro nè più nè meno che il cielo stellato.
    Per una prova della spontaneità dei sentimenti che suscita il mare quanto mai empirica, vi siete mai chiesti perchè molti bambini ne hanno paura e piangono terrorizzati quando i genitori li forzano a fare il bagno?
    Ora, posto quanto detto, sopra esplico meglio l'incipit. Il giovane Mercadini sarà il poeta del futuro, nel senso che saprà scrivere del mare nel mondo devastato senza mare, cioè quando il mare sarà morto, immensa distesa d'acqua senza vita, senza colore, senza onde, l'aria sarà opaca e senza vento, l'atmosfera irrespirabile. A quel punto tutti i superstiti vivranno protetti da una campana di vetro, "vedranno" il mare nelle parole della Rosselli. E i poeti veri scriveranno del mare leggendolo nelle parole di altri poeti.
    Attualmente, col permesso di mercadini, io il mare, quando le mie antennine interiori si attivano, lo SENTO e lo VEDO, lo immagino mosso, agitato, furioso, devastante, calmo, tranquillo, luccicante per la semplice ragione che l'ho visto in tutte queste sue manifestazioni o in alcune di esse e personalmente ne ho percepito la grandiosità, la potenza tremenda, la bellezza.
    Con ciò non voglio dire che non si può scrivere di ciò che non si è visto o sperimentato, piuttosto voglio dire che non si può assegnare alla poesia il compito di trasmettere ciò che non si è in grado di provare personalmente, intimamente, autenticamente SPONTANEAMENTE. In altre parole la poesia non è il viatico per provare emozioni che non si è in grado di provare per contatto diretto con la realtà. Sia questa emozione lo stupore, sia l'orrore, lo spavento, l'amore.
    Se per provarle devo leggere poesia allora forse non sono un poeta (forse neanche un uomo), ma un robot, un calcolatore, uno che, guardando il mare ha fame, ha la fidanzata vicino e non lo vede, o meglio non PENSA al mare, ma ai conti, a mangiare o far l'amore.
    Non so se mi sono spiegata, non so se ho detto fesserie, ma questo penso e lo dico appunto per sentirmi dire da qualcuno: non sono d'accordo perchè....
    grazie e scusa, Ste se ti invado lo spazio coi miei sproloqui.

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  24. Oh posto tutto ciò che ho detto sopra contro l'esempio del mare, concordo tuttavia con (la seconda parte della sua affermazione) la capacità evocativa della poesia che quando è vera poesia, grande poesia, ricca poesia è in grado di invadere il pensiero di tutto quanto è il mare, potenzialmente il mare, quale riverbero dentro la nostra capacità di percepire intimamente, intuitivamente, immaginariamente il mare e tutto quanto d'altro si può dire in poesia.

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  25. "sua affermazione" in cima al precedente commento si riferisce a mercadini

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  26. Quella poesia, secondo me, quella del mare nel tempo del non mare, c'è già ed è "Il vento bisognava sentirlo" di Giuseppe Conte, in "L'oceano e il ragazzo". Parla del mare e parla del vento e dice "sentirlo". Bisognava "sentirlo", non "leggerlo" nelle parole di un poeta. Non ci sono parole buone per sostituire quello non si prova. Le parole sono un'altra cosa, con una loro autonoma nobiltà, ma un'altra cosa. Una cosa tra le altre.

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  27. cari Alivero e Orazio avete detto cose sacrosante. In generale, anch'io credo che una poesia ci attraversi solo se abbiamo vissuto, se abbiamo sperimentato l'emozione che essa sottende. E credo che la poesia serva anche a ricordare com'era il mondo prima della catastrofe. Inoltre, e qui ha ragione in particolare Alivento, viene da chiedersi: come si fa, davanti al mare, a pensarlo come semplice sommatoria di acqua + acqua + acqua? Tuttavia, nello specifico, credo che possa esistere un poeta che non sente quasi nulla davanti alla natura e che magari si emoziona per eventi che a noi non dicono nulla.
    Il fatto è che la poesia si dà sempre in uno scarto che non si può ricomporre, riordinare secondo un modello dato. La differenza fra quello scarto e la cosa produce interpretazione, l'infinito intrattenimento, per dirla con blanchot.

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  28. Ciao a tutti,
    sono Roberto Mercadini.
    Devo dire anch'io il mio debol parere?

    “la poesia è la realtà e tutto il resto un confuso agitarsi nel dormiveglia.”

    Perché scrivere una cosa del genere?
    Perché è esattamente l’opposto di ciò che comunemente si dice della poesia.
    Più di una volta, o miei diversi amici, ho sentito (con orrore) usare la parola “poesia” come sinonimo di “fandonia", "balla", "panzana”.
    M’è toccato udire, per esempio, queste parole: >> Lo Stato è un’azienda come un’altra; questa è la verità e tutto il resto è poesia<<.

    Scrivere: “la poesia è la realtà e tutto il resto un confuso agitarsi nel dormiveglia.”
    equivale a tirare un cazzotto sul naso del lettore, afferrarlo per la gola e obbligarlo a proseguire la lettura.
    Dopo c’è tutto il tempo per spiegarsi.
    Il principio è semplice: quello che nessuno legge, da nessuno è capito. Quello che molti leggono, anche se detto per iperboli e parossismi, può sperare di trovare qualcuno che ne sugga il succo.

    Il succo, o miei diversi amici, non era poi difficile da suggere: lo si spiattellava nell’ultima frase:
    “Nell'esperienza quotidiana spesso le cose si rattrappiscono fino a diventare parole. Nella poesia le parole scintillano, pulsano, fiammeggiano fino a diventare vere cose vive”.

    Mi sembra che nella discussione si sia speso un po’ troppo tempo a dire che il mare è cosa bella e buona, che vivere nella realtà è meglio che perdersi nelle fantasie, che bisogna saper provare emozioni, che i poeti son gente sensibile.
    Grazie tante! E allora?

    E’ come se al circo, dopo il numero del funambolo, qualcuno proclamasse che è più opportuno camminare con i piedi sul terreno.

    P.S.
    Scusate i toni bruschi. Non volevo offendere nessuno. Sono romagnolo, di antico sangue contadino: gente barbara e selvaggia.

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  29. Caro Roberto, il sague romagnolo è sempre ben gradito, finché, appunto, rimane sul bordo del recinto come hai fatto tu. Dunque ti do ragione,così come ti danno ragione hoelderlin, Novalis, Baudelaire, Rimbaud e una masnada di altri poeti dei due secoli passati e molti di quelli presenti (tanti bazzicano anche da queste parti). sei dunque in buona compagnia, non ti preoccupare :-)

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  30. Sono molto contenta dell'intervento di roberto mercadini :)
    Il bello è che riflettendo sulla cosa in questi giorni c'ero già arrivata di mio al fatto che si potesse trattare di una dichiarazione spiazzante. E' una tecnica interlocutoria che talora uso anch'io, che usa qualche mio buon amico. Affermare qualcosa assurda mente, provocatoriamente, in opposizione al sentire comune o dell'altro per far giungere al cuore il cuore di un altro messaggio che si ritiene importante e non ancora comunemente compreso.
    In questo caso quanto sia concreta, viva, scintillante, pulsante di vita la parola poetica. Cosa sulla quale, mi pare, alla fine concordiamo tutti.

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  31. Credo che si possa dire che la poesia è "relatà" (o più di essa), quando sa restituisrci (come un dono) l'intuizione folgorante e la bellezza tragica e consapevole dell'esistenza.
    Un abbraccio
    Mapi

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  32. E' un paradosso interessante quello per cui la cosa genera poesia e la poesia genera la cosa.
    In realtà io credo che il mare sia mare e basta, ma la poesia mi consente di sentirlo come l'ha sentito il poeta e, quindi, mi dà un altro mare, uno che altrimenti non avrei mai conosciuto.
    A mio parere quello che conta non è preferire o meno la nuotata alla poesia, ma il fatto che, dopo la poesia, la nuotata non sarà mai uguale a quella di prima.
    Quindi rivivere e non ripetere. Quindi vivere e non sopravvivere.
    Un po' come venire a leggere questo blog. Grazie.
    Pat.

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  33. ciao Mapi, perfettamente d'accordo con te. E con Patty.

    gugl

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  34. enrico dignani25/6/11 17:02

    Il significato corrisponde al concetto, cioè a uno schema mentale
    attraverso il quale memorizziamo le nostre esperienze, le trasformiamo in rappresentazioni mentali e possiamo classificare esperienze nuove.

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  35. ....dopo aver letto TUTTI i vostri commenti, per la prima volta mi sono chiesto : "Perché/come mai a me , il mare, piace "da matti" quando mi trovo da solo: io e lui, dunque in autunno-inverno?".
    E' una domanda "scema", ma "sento" che devo scoprirne la ragione per darmi LA RISPOSTA (ammesso che ci sia).
    Insomma : un "mare" non con.diviso.
    La poesia /il sentire poetico è degli egoisti?

    (Dopo aver assistito ieri sera ad un "monologo" di Roberto su Mazzini ed aver "visto" le sue mani mimare - nell'aria - come le idee di Mazzini si facessero strada...fra le ONDE del grande mare della storia...).
    tizghin
    .
    :

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