sabato 11 luglio 2009

Stefano Leoni



La poesia di Stefano Leoni ama la luce, pensata quale sostanza dell'essere, potenza onnipervasiva nella quale il tempo si dipana, facendocela conoscere attraverso gli elementi che sostano in esso e che, in Frane e frammenti (Lietocolle 2008), paiono sul punto di svanire, inghiottiti appunto dalla luce. La realtà diventa vibrazione, la certezza, possibilità; condizioni d'una raggiunta saggezza, ma che inquietano e alle quali il poeta contrappone, particolarmente negli inediti, la forza dello spigolo, della "soffice carne", dell'amore concreto, quasi che l'esistenza rivendicasse un riconoscimento certo, in un mondo diventato interpretazione. Stefano Leoni mi sembra un poeta dalla voce sicura, che ama il passo della tradizione metrica alta, vicina all'endecasillabo, e non disdegna né il lessico tecnico né quello letterario, amalgamandoli in un superiore equilibrio, ricco di spunti filosofici.



da frane e frammenti

Si sgrana il cielo a piccole preghiere
per tutte queste basse bocche aperte.
Come si conta il tempo? Dall’istante
del nulla a grandi passi, rivolgendo
il capo a un dietro che si fa d’inezia,
o nel galoppo di luce che c’infrange?
Parlano i volti in squarci senza spazio
poi l’ora implode e ci serra la gola.
Come quando eravamo l’universo.


**

Ti ho forse incontrata, luce.
Non posso averti vista né tu
avermi toccato, sei parallela
dentro - contemporanea.
Ti collochi nei tempi, osservatrice,
vegli le libertà, di sguardo,
illimitatamente. Mentre io
so solo costruirti nel respiro,
come toccare un sogno
che nel sonno può, vero.


**

Di te rimane anche questo pezzo
di terra di pianura, nostra pianura
e madre che ci diede il nome.
Un piccolo frammento, poche zolle
ammutolite anch’esse al tuo svanire.
C’è profumo di vino e verderame
e qualche sparsa pianta di albicocca,
un fico e la tua voce che mi suggeriva
di assaggiarne il frutto con la goccia.
Io cammino, lungo i confini incerti
che il vicino di anno in anno erode
a poco a poco, e cammino negli occhi,
nei riflessi, come un cane a cercare
qualche impronta, o l’ odore.
La terra, credo, assorbe e accoglie -
mentre la benna abbatte questa vigna
e il mostro sferragliante la tritura -
la mia disordinata insofferenza
agli inutili altari. Nelle giovani foglie
tutti i passi, le voci.



inediti


**

Ho carne addosso
anche se la luce mi piega
allo specchio le ossa
Ho carne addosso viva.
Adesso parlami del tempo
di quante estati e delle piogge
non temo le gocce a bagnarmi le spalle
e non ho avuto timore di lei
del bottone scivolato dall’asola
femmina luna piena e stelle
rimbalzi di luce negli occhi-
Ho carne irrorata addosso
non sono solo cornice e tela
ma pasta di colori e traccia di pennello
e passo attraverso le ore
di segno e di grumi lucenti
Ho soffice carne addosso
e un’abitudine al respiro,
così mi resta dentro il tuo sorriso
alla distanza piccola di un bacio,
così prendo le mani al vento
e ancora mi sconfino.
Non temo le carezze uguali,
il desiderio d’amore non chiede
da quale strada il passo
e come sbalza il mistero sul confine
Ho carne dolce addosso
e illumina le buche, parla a Dio,
se torna farò gran festa
e sarò ventre sarò carezze
lungo le coste sarò mare
e carne nuda addosso.


**

Amarti obliquamente, come guidare
lungo una provinciale che passa sotto
la secante, dove le auto sfrecciano
tagliando le nostre traiettorie, di sfioro.



**

Siamo in un luogo pallido,
si sentono i vuoti scarsi d’aria,
i minuti come tronfie amebe
inglobano una lingua scaduta:
tutte macchine fotografiche,
elettronica rielaborazione del presente
dove il particolare si ricostruisce
byte dopo byte forzando.
Perfetta imperfezione, ossimoro
così caro ai topi da laboratorio
mentre la mano del ricercatore
inietta pezzetti d’altro dna
a variare la specie.
Nessuno è così sciocco, si pensa,
da involvere in un lento dimenticare
ma così vero – senti? ormai non traduco
che poche parole, sufficienti –
Sufficiente. Una terra di nuovo piatta
oltre la quale dal bordo si paventa
un vuoto cosmico come una caduta,
nemmeno un caronte qualsiasi
a dare l’impressione di giudizio
ma ogni cosa lecita nel piccolo.
Lingua scheggiata, appuntito
segno sottile che straccia il foglio,
abituata alla molestia, al sacrificio.
Tempo pentito di una conoscenza
ingovernabile, il salvatore
- come un profeta – protegge il gregge
con semplicità invalidante,
circolando nelle giovani vene
e nelle giovani bocche, perdute.
Una trappola di onde elettromagnetiche,
fa girare la testa, confusa,
sussurro che convince e diseduca,
un germe ostile: poco, colmo di figure,
come un cartone per bambini.
Ho un biglietto di treno
e non so leggere la destinazione,
appoggiato sul tavolo diviene
un corollario e un monito: non andare,
resta, ti cullerò con parole di una canzoncina,
un ritornello, facile,
ciò che fa schermo alla paura, poche frasi
e ogni sera ne toglieremo alcune
e sarai sempre più sereno.
Fotografie, canzoncine, Terra piatta.
Una lingua asciutta e disfatta.




Stefano Leoni è nato nel 1961 a Forlì, città dove vive. È laureato in Economia. E’ cofondatore della Associazione Culturale Poliedrica di Forlì. Ha allestito diverse mostre di poesie in immagine fondendo fotografia e poesia. Nel 2005 pubblica la sua prima raccolta Ipotesi sottili (ed. Il Ponte Vecchio, Cesena). Finalista al premio "Renata Canepa" di Torino 2006 ,è tra i vincitori del premio Arcobaleno della Vita – Città di Lendinara 2008.

19 commenti:

  1. Ti ringrazio davvero di cuore, Stefano, per l'attenzione e per l'ospitalità. Ne sono onorato. Il tuo commento mi fa molto piacere e mi stimola.
    Stefano L.

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  2. grazie a te, anche per la pazienza che hai avuto.

    ciao!
    gugl

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  3. Un caro saluto a entrambi gli Stefani.
    Ho conosciuto Stefano (Leoni)da poco, dopo avere letto un suo testo splendido pubblicato da Fara, che mi aveva impressionato per maturità e tensione. Adesso ho in mano Frane e Frammenti. Sono d'accordo con Stefano (Gugl) sulla voce sicura, a mio parere ancora più definita negli inediti.
    E poi Stefano (Leoni) è una bellissima persona, dalla rara spontaneità.

    Francesco t.

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  4. Caro Francesco, ricambio il saluto, accolgo con grande piacere, ma con umiltà, le tue generose parole e le conservo fra le cose care per la reciproca sincera stima che è scaturita dalla lettura e dall'incontro.
    un abbraccio
    Stefano L.

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  5. 'Lingua scheggiata' per una 'conoscenza ingovernabile'...eppure Stefano Leoni, che qui leggo per la prima volta, ne osa l'uso e il governo. La sensazione è di un salmodiare spezzato dal prosastico, molto efficace. La prima poesia mi ha colpito particolarmente.Complimenti e grazie.
    Un caro saluto ai due Stefani :-)
    Antonio Fiori

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  6. Luminose particelle elementari si combinano in caduta, si incrociano, si evitano, originano aggregazioni temporali in cui risiede il senso del nostro esserci, che rimane in un calcolo a ritroso dalla durata illimitata o esatta, è istante o infinito, E la conoscenza di sé-dell’altro, le ragioni e la sostanza umana di sentimenti, di proiezioni, di smarrimenti si àncora alla parola, sufficiente, in un atto di fede da verificare. Poesia che ha ritmi pienamente lunghi e immagini colte dal basso di un’angolatura che è, di volta in volta, quella umana rivolta all’alto, quella infantile in attesa dagli adulti, quella dell’anima sola_ contenuta e forse schiacciata, forse salvata dalla ciclicità temporale. Poesia che induce a colmare gli occhi in una ricerca interiore inarrestabile. Poesia bellissima.
    Un abbraccio a Gugl e a Stefano :)
    Erminia D.

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  7. "Come quando eravamo l’universo"
    assolutamente pieno ogni singolo verso, di tutto un cosmo, dentro.

    Immenso, dico - non chiedetemi perchè mi venga questa parola - è un istinto "ingovernabile" - così come direbbe il poeta.
    Immenso nel modo in cui arriva questa carne e la luce: dappertutto stanno i suoi versi.
    Complimenti sinceri, Stefano L.

    Grazie di questa proposta, Stefano G. - passo di rado, verissimo e chiedo venia.
    Un carissimo saluto a tutti.

    Un carissimo saluto a tutti

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  8. Ad Antonio: in effetti non so se riesco a governare la parola, non posso dirlo io ovviamente, ma posso dirti che mi preme condurre la mia piccola battaglia contro lo svuotamento scientifico della sua sacralità nel nostro tempo.
    Grazie davvero del commento.
    :)
    Stefano L.

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  9. Erminia!!! ... sono già abbastanza imbarazzato! :-) Sempre attenta e sottile, scavi nei versi e nei vuoti fra i versi. Grazie di cuore per l'analisi e per l'amicizia.
    Un abbraccio a te
    S.L.

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  10. Francesca, l'immenso è un puntino che tutto comprende (alla latina). Ti ringrazio per le parole e per i complimenti, sperando di meritarli.
    Beh, non sempre quindi si dimentica di dare l'acqua ai sogni! :-)
    Ciao
    S.L.

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  11. Poesie lavorate e che lavorano.
    Si sente la forza della luce, catturata e spinta,
    nella direzione voluta.
    La prima, è da tenere sotto il cuscino.
    vincenzo celli

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  12. mi fa piacere questo lavorio critico intorno alla parola di Stefano. il senso di Blanc sta appunto in ciò.

    gugl

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  13. A Gugl:merito anche di chi, con fatica suppongo, anche se con soddisfazione, lavora per offrire le occasioni.

    A Vincenzo: bella l'idea della poesia che compie un lavoro. Un gran bel lavoro! Ti ringrazio molto.

    S.L.

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  14. ‘Ho un biglietto di treno
    e non so leggere la destinazione’
    Qui il limite di ogni uomo ..impotente ..smarrito, che però esiste nella ‘carne nuda’. Poesia attraversata da una non nascosta religiosità.

    Un bella lettura. Grazie
    Rina Accardo

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  15. Grazie Rina.
    Se per religiosità intendi il senso del sacro, la poesia è forse (non la mia, la poesia in genere) una delle espressioni che più tende verso. Nel mio caso la sacralità, la religiosità è vicina alle posizioni immanenti tipiche di certe culture tribali. Forse è per questo che il corpo, le cose, si fondono e si confondono in sguardi più ampi.
    S.L.

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  16. un caro saluto a stefano leoni, che ho avuto il piacere di conoscere a ravenna di recente. ottimi i tuoi testi. ottimi i commenti che mettono in risalto anche la tua affabilità come persona, oltre al valore poetico dei tuoi testi. roberto cogo

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  17. La poesia non smette mai di regalare meraviglie.
    Un divenire che ogni volta offre la sua partecipazione alla vita in modo sempre diverso pur toccando stessi naturali confini.

    Una poesia di ottimo livello, che entra a coni di luce nel sentire più profondo.

    Complimenti all'autore.

    iole

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  18. Caro Roberto (con un po' di ritardo rispondo, dovunto a una breve vacanza nel fresco delle Dolomiti)ti ringrazio per quel che scrivi dei miei testi. Il piacere della conoscenza è tutto mio. Ho sottomano il tuo libro che mi ha dato Gianfranco. Ci risentiremo con piacere.
    Stefano L.

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  19. Gentiole Iole, il mio ringraziamento sincero per la attenta lettura e per i complimenti. La meraviglia è uno stato emozionale fondamentale, non solo per scrivere poesia ma per guardare e partecipare al mondo.
    Stefano L.

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