domenica 10 maggio 2009

Iole Toini



Impreziosito da una nota di Davide Rondoni, che definisce Iole Toini "maledetta" e "assoluta", ossia "capace di una voce che non teme di nascere o di finire al di là dei limiti e dei canoni" convenzionali, esce Spaccasangue (Le Voci della Luna, 2009), opera prima di un'autrice che plasma l'alfabeto con la bocca, lo "mastica e sputa" come direbbe De Andrè, caricando così ogni parola dell'energia femmina propria alle madri, custodi dell'origine. La verità che ne sgorga è pregna d'amore, inteso quel siero che ci cresce nelle vene e solo per accidente sublima in affetto. Amore per l'umana imperfezione, anzitutto, per la comunità operosa, per la poesia, che resiste alla deriva del senso, evocando "l'abbraccio doloroso della vita", le sue spire feconde.


Voluto con intensità da Fabrizio Bianchi e da me, curato da Fabio Franzin, questo libro va ulteriormente ad arricchire la collezione di poesia delle Voci della Luna, i cui libri hanno ricevuto ampio consenso dalla critica. Si veda, da ultimo, A ogni cosa il suo nome, di Francesco Tomada, finalista il 16 maggio al premio Baghetta di Bergamo.


Spaccasangue è accompagnato da opere visive di Orodè, giovane artista tarantina, residente a Lecce. http://www.fragmentart.it/







canto della mamma bambina


Fare la mamma, essere la ninnananna, stare senza senza,
morire morire morire come una qualsiasi fatica.



I

La cuffietta intorno al viso; un fagotto sui gradini
della stanza grande come una forma di lardo,
unico flash della mamma-bambina senza denti né pianto.

Dietro la porta la madre si quieta vegliata dal grufolo caldo, il battito
dentro le cestole; i segni contano le vene.

Madre nera madre troppo
fragile per i boschi per le mele cotogne le primule a novembre
madre dei soffioni senza campo.

Il padre è un peduncolo, grande come il baco
che abita la mummia. Migra dalla pancia all'osso.
Succhia. Geme. E' un grugnito.

Tagliati a metà, l'uomo e la sua terra, il verro e la sua donna, nel tempo perdonato
della mietitura, crescono la mamma-bambina.



II

cuore zoppicato cuore sperticato vuoto della resa
candore nella bocca calore morsicato
tappo uscio cigolio del letto



Lei è l'amore, nato amore vivo,
amore da far fuoco, con il nome corto come l'odio.

Vivi e cullami vivi di più e proteggimi
scatola di ossa cranio che si fonde testa dell'ariete
contro la mancanza, bambina azzurra
come la porta magra come un girino bomba mammina
che spalmi olio sopra i muri difesa dei massacri
vitello mai morto tuorlo
del mio altare donna inginocchiata
con lo sputo infilato nella sporta
donna nocciolina senza la barbi senza le trecce
con la gonna a pezze con le gambe
storte il sesso cresciuto contro le braghe di un uomo
immacolato uomo vangato sulle pietre calde di vermi
cuore di dita dolore respirato buio
scafandro uovo crudo libro mai avuto



III


C'era l'amore cucilo vena a vena.

L'amore era nelle galline
nei vitelli nello zio del latte munto
nei fasci di fieno i giochi con le biglie.



IV

nel nome del padre nel nome della madre
nel nome della figlia bestemmia


Preghiere e muco sopra le labbra.
Lei è un podere da vangare, attecchisce sui rami
delle gambe, un baco nel frutto.
E' dura come il piombo
cade colpo su colpo
poi ricresce come i cerchi dentro un albero.

Nella doglia si torce come una sposa.
Ama la madre chiusa nel ventre.
Odia il padre che è il principio e la fine.
Odia il suo corpo che li tiene, letame buono a far seme.


V

Arancia meccanica
Arancia meccanica
Arancia meccanica



Chi sa da dove vengono le cose, da dove viene il mare che frange le molotov amadeus mozart le chiuse alle dighe i transatlantici il cane di pavlov da dove vengono le spiagge le orche l'everest.


Il giorno che si ammazzano i conigli. Metà settimana, la madre le dice vieni. In una mano il catino, nell'altra la lama del coltello. I conigli sono belli quando sono piccoli. Da grandi sono grassi e vanno ammazzati. La madre solleva la gabbia, prende il più grosso. Lui sgambetta. La madre si siede sullo sgabello. Le dice tieni fermo il catino. Raccoglie da terra un sasso, lo picchia come un martello sulla testa del coniglio. Poi prende il coltello, un taglio deciso, da cima a fondo. Il coniglio fuma come una fabbrica in inverno; il sangue trema, troppo vivo. Con un crack gli spacca la schiena; lo apre come un pezzo di strutto, affonda le mani fino al polso, le riemerge colme del fegato che sbatte le ali come un uccello.


VI

I morti hanno la bocca cucita al perdono.

Aperta al suolo, viva dentro la bocca, con la tristezza
che zampetta le ali sul dorso di una cometa.
E' nel caldo come una terra di carne che osa
la cresta di buio fino alla strada malinconica;
porta alle vene interrotte, ori, qualche persa morte.

L'occhio stringe sull'odore di neve, i campi,
dopo la mattina che morì suo nonno.

La casa era piena di gente, le donne - nere negli occhi –
le toccavano la testa come un'acquasantiera.

Dritta in mezzo alla stanza, l'angoscia raspava come un cane all'uscio.
Senza saperlo è la bambina felice: vola
nei quattro cantoni come uno spuntone
che oltrepassa lo spazio. Cammina la terra
nei piedi nudi, lungo i nervi della montagna
dove il vento schiuma le foglie;
tira la voce contro caverne di tufo per sentirla
colpirla alle spalle come potesse esistere
proprio lì e lontana, insieme.



VII

Ti rinnego, padre minuscolo, perché ti amo.

Una piccola statura, un ometto
senza denti con il sesso fiacco col fiato
a picco sulla bara graziata dalla paura.

Inutile come la pena
munge il cuore della mamma-piccina
le dice tienimi dove fa più male, non lasciarmi morire.
Piagnucola, la scava, ancora che non basta.
Batte il chiodo. Entra. Polmone. Nervo. Giugulare.

Vedi come muoio?
Tienimi, sono il tuo bambino
sono il padre e ti dono la mia vita.
Pregami e preservami.
Dammi la tua mano l'onda dei tuoi fianchi
i sogni il mare il treno che mi porta
nessundove dammi la tua vita
te più del cuore dammi quello che non muore.



VIII

Le persone entrano e escono dal mio ventre come una battaglia.

[La mamma piange.
La bimba viene al mondo.]

/

Ondeggia come uno spillo
calato in fondo al pozzo.
Dentro la pancia il padre guaisce.
Non vive; resta nel vuoto che lo colma
limbo senza terra cordone alla gola
isola che affonda la carne aperta.
Respira, mamma-bambina
spingilo oltre il cuore.
Ora nasce
ora che duole così forte
adesso che spacca la carne.
Lui che in te resiste.
Lui che mai muore.


La testa molle, rasata come un campo da tennis, vola dalla panciabambina,
attraversa l'altare come la risata di un beone.


IX

Come i bambini che volano dagli occhi appesi il salto aperto di nuvole i bambini che cercano la forma del suono senza badare se scurisce il giorno i bambini che restano impigliati ai vetri guardano la neve che stacca dal volo, come i bambini vado mano sul muro


si allontana dal confine verticale di una giostra che canta alla festa del paese. Nella stanza di neve, con il nome di una foglia sulla bocca, ricorda quando restava in cortile, sopra la catasta di legna, fino all'ora del buio; ascoltava il miagolio dei gatti, il loro pianto in amore. Guardava dentro lo spazio che dava forma al silenzio, senza vedere. Le ombre della casa filtravano dai rami. La madre la chiamava; usciva sulla soglia e la chiamava. Non la cercava mai più in là del poggiolo. Lei restava ferma a seguire il taglio di luce che cadeva dalla porta aperta, la forma nervosa della madre, le braccia nude. Il tempo la inghiottiva con un sapore caldo, un'assenza che non fa male. Sentiva allora di non contare niente di più di quel luogo che si allargava nell'attesa di qualcosa che le soffiava dentro, sconosciuto.

Iole Toini è nata a Darfo Boario Terme il 6 maggio 1965, vive sul Lago d'Iseo. Ha collaborato con la rivista "Qui - appunti dal presente" di Milano. Ha vinto alcuni premi tra i quali il Concorso Nazionale di Poesia "Sci Club - Pieve di Soligo ", presidente onorario di giuria Andrea Zanzotto; 'Il Lago Verde' di Casazza (BG); il Premio Nazionale di Galbiate (MI). Terza classificata al Premio Renato Giorgi 2007, è stata segnalata in concorsi quali il Montano di Verona, il Concorso di Poesia MezzagoArte (presidente onorario di giuria Franco Loi), il Premio Città di Rimini. Sue poesie sono state pubblicate su "Gradiva" e sulla rivista "Le Voci della Luna" di Sasso Marconi (BO). Gestisce il blog http://www.alveare.splinder.com/.

31 commenti:

  1. grazie Stefano.
    molto del mio percorso lo devo alla presenza di persone che mi hanno accolta, incoraggiata, criticata - nel senso più ampio del termine-.
    Senza un vero confronto, uno scambio sincero e libero, non credo esisterebbe metà di questa raccolta.
    Grazie a te, quindi, che sei fra questi.
    iole

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  2. Il libro di Iole è un grande libro.

    Si vede che è per certi aspetti un esordio maturato a lungo: degli esordi mantiene la carica eversiva, la spontaneità, la disomogeneità, però il tempo passato le ha consentito di amalgamare tutte queste componenti in un quadro che si compone dalla risultante dei propri frammenti, trasformando cioè potenziali "difetti" in punti di forza. Invidio molto (di quella invidia buona, è il "perchè lei sì e io non riesco") invidio molto a Iole la potenza della sua scrittura, e in questo senso sono d'accordo con Rondoni che la definisce assoluta. Mi trovo meno sul "maledetta", perchè anche se ci sono passaggi quasi distruttivi o auto-distruttivi a me sembra di percepire che derivino dalla tensione per la vita e non dal suo rifiuto. Ma, come è giusto, ognuno sente nei libri ciò che riesce: la poesia di Iole ha la capacità di aprire molte porte, e poi sta a chi legge attraversarle.
    Un caro saluto a Iole e St.

    francesco t.

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  3. La veemenza della Toini è terrifica solo per un attimo. Lo è negli opposti finalmente detti, non mentiti, presi ad uno ad uno nel punto in cui collidono, nel preciso in cui la corda civile lascia ancora scegliere per un istante se bambina o se no, qualcosa d’altro che strappa sé dalla madre, dal padre, dalla storia/origine che le hanno detto di essere. Una buona violenza, una “buona” scrittura che ricorda e difende. Difende ricordandoci di essere anche il fatto pregresso del quotidiano che ci vede impotenti. Iole Toini ci ricorda differenti qualsiasi, potenti, proprio perché buoni a niente che non sia l’autenticità. viviana

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  4. graditissime queste letture critiche così come il ringraziamento di iole.

    gugl

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  5. Grazie Iole per l’intensità della tua poesia, della forma di vita che hai saputo immaginare e costruire. La mia sensazione è che tu proceda, per così dire, sotto mentite spoglie. In apparenza la tua scrittura sembra semplice e lieve. In realtà è un continuo fiorire di immagini e parole forti e profonde. Incisive. Con la tua scrittura carta ed inchiostro hanno molto poco da spartire. E’ come se tu scolpissi sulla pietra. Lasciando un segno chiaro. Netto e totale. Che non si cancella.
    Avevo già avuto occasione di leggere tue poesie e sono contenta che tu adesso abbia deciso di pubblicare.
    Un abbraccio a te e a Stefano.
    Silvia (Comoglio)

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  6. Spaccasangue è potenza e conforto, furore e candore, dirompente, lacerante grido che non assorda, ma dà luce. Spaccasangue ti attraversa e ti reclama, incandescente rivolta contro l'ansia di rimozione, ti solca e ti disvela.
    Iole ha la grandezza di una profezia ancestrale, ha la furia di una natura che non dà requie, ha la umile trasparenza del dolore che si muta, si rinnova.
    E perlustratrice onirica della Parola, ci affascina e ci spinge a osare, a pretendere, a perdonare.
    Auguro a Spaccasangue un cammino lunghissimo, una risonanza accesa e dilatata, e ringrazio di cuore chi l'ha voluto intensamente, felice decisione anche nella impostazione grafica, con le splendide pitture di Orodè, e a Iole il mio abbraccio stretto.

    erminia d.

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  7. come ben sanno gli ospiti di queste pagine, non si scrive poesia così senza averla prima macerata nelle carni. tutavia senza il talento, il dolore e lo stupore rimarrebbero sordi, solo abbozzati, mentre qui sono più veri del reale, assumendo in tal senso la valenza atemporale del mito.

    un caro saluto a Silvia e a Erminia.

    gugl

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  8. grazie a tutti.

    spesso quando leggo commenti a miei testi mi coglie la sorpresa. come se in realtà stessi leggendo qualcosa riferito a qualcun altro.

    in qualche modo si scrive con una coscienza parziale.
    lo svelamento avviene anche per chi scrive, dopo che si è scritto.

    ringrazio quindi molto la vostra lettura e *traduzione* così preziosa.
    E poi, come dice giustamente Francesco Tomada *ognuno sente nei libri ciò che riesce* e aggiungerei: sente ciò che ha bisogno di sentire.

    ciao!
    iole

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  9. Iole ha una penna straordinaria e non smetterei mai di dirlo...
    già detto pure su Clepsydra, parlato di lei, della sua poesia...
    merita, merita davvero!

    ho letto il suo libro ed è una meraviglia...

    Anila Resuli

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  10. quante donne in questo post! possibile che i maschi abbiano ancora paura di questo genere di poesia?

    gugl

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  11. Il genere di poesia di chi sa scrivere? Beh la scrivono in pochi in effetti! Normale temere :)

    Anila

    :-p

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  12. cosa intendi, stefano, con "questo genere" di poesia?
    che quella di iole è una poesia "di genere" o che appartiene ad "un genere poetico"?
    (domanda che nasce dal fatto che mal sopporto le categorizzazioni...).
    un saluto a iole.
    s.

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  13. Io non dividerei per sesso, caro st, penso che sia casuale.
    Una poesia così rischiosa e profonda fa paura a tutti, maschi e femmine, e aggiungo che fa paura soprattutto ai poeti laureati, quelli che curano la qualità della scrittura più della vita di cui si nutre. Iole salta senza rete e riesce a trasmettere anche il rischio.

    Francesco t.

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  14. sarà un mio pregudizio, ma la scrittura così è femmina. trovatemi un maschio le cui parole escano da così in basso.

    gugl

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  15. o da tanto in alto...un abbraccio sororale dovuto, brava la Iole di cui qui ammiro lo sforzo organico (di sintesi d'opera, non so come dire in breve)

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  16. in alto c'è la testa. quasi tutti i maschi scrivono con la testa (o con il piello, ma allora la piega è mortale, non generativa, come nella scrittura femminile).

    ciao Silvia (ma che ci fai sveglia e soprattutto sola a quell'ora?)

    gugl

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  17. a me le categorie stanno strette strette...
    se proprio si deve parlar di genere, rifletterei sul fatto che si nasce maschio o femmina e si diventa (per una serie di cause) uomo o donna. e uno dei fattori determinanti è il contesto sociale in cui si nasce.
    non che io creda che siam tutti uguali eccetera eccetera (le differenze sono una ricchezza), solo mi piacerebbe non sentir più dire che le donne son così, gli uomini invece e viceversa.
    partirei dal dato personale, piuttosto.
    iole ha una certa scrittura in quanto iole toini. che è ANCHE una donna.

    per esempio trovo molto vicina alla mia sensibilità la poesia di francesco tomada (per citar qualcuno qui presente) e molto lontana quella di iole toini. che, forse per questo, mi piace poco.
    eppure io e iole siamo donne... :)

    (scusate la tirata...mi fermo qui...)
    s.

    ps come fai a sapere che silvia (molesini) era tutta sola nel cuore della notte, caro stefano???
    :P

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  18. cara silvia, la questione è inestricabile. l'impato del femmineo con il mascolino è inestricabile in ognuno di noi.
    nei poeti, poi...

    ho ricavato la tua solitudine notturna con gli indizi che hai fornito nel commento e con il commento stesso, che di solito, se si è in buona compagnia, non si fa. a meno che tu non l'abbia fatto dopo :-)

    ciao!

    gugl

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  19. la prima riga dice "impasto" non "impato"

    gugl

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  20. Immagino che Silvia non sarà del tutto d'accordo con me, ma io in parte sono d'accordo con te, St, nel senso che è vero che spesso la scrittura delle donne è più viscerale, mentre i maschi scrivono con la testa o, eventualmente, con la testa mediata dai genitali (che, appunto, sono diversi da quelli femminili...). Però mi sembra che ci siano esempi di scrittura viscerale anche al maschile, sia pure con sfumature molto diverse fra loro; penso a Carlucci (viscero-razionale?), o a Fierro, giusto per fare due nomi.
    Diverso è forse il punto di partenza, ma non molto quello di arrivo. Trovo anche vero che molte autrici si nascondano un po' dietro alla visceralità, e a volte non riescano a dare spessore alla scrittura, non quanto potrebbero.
    Iole invece lo fa.
    Insomma, è questione di buona poesia, più che di poesia maschile o femminile, al di là delle differenze che ci sono (senza per questo voler catalogare).

    Un saluto a te e alle Silvie.

    Francesco t.

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  21. mi pare che l'hai posta molto saggiamente. direi, ancora più categoricamente: la poesia o è buona o non è niente.

    Su Carlucci e Fierro: in loro mi pare sia femmineo il sentimento di dolcezza verso le creature, però virile è il piglio sicuro del verso. così come lo è quello di Iole.

    gugl

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  22. le classificazioni pongono sempre dei limiti.
    quando si fa un percorso di scrittura si cerca di liberare la parola da qualsiasi schema - anche se senz'altro da uno o più di questi schemi magari si trova il proprio punto di partenza - e di trovare la proria unica voce.
    la mia - che è naturalmente di donna - non lo so se si è ancora pienamente formata.

    argh... mi tocca scappare...
    per ora solo così.
    un saluto a tutti.
    grazie!

    iole

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  23. Riporto un mio articolo apparso su 'Il Tempo' di Roma del 5 maggio, nella pagina 'L'Orlando curioso' a cura di Davide Rondoni:
    La poesia è viva, malgrado chi da quasi cinquant'anni si ostini a dichiararla morta e sepolta.
    Ha ancora la forza di esplodere come un bengala nella notte, di illuminare con la parola i meandri del nostro tempo, di ogni tempo e latitudine umana. Tanti sono i segnali che ci testimoniano la vitalità della poesia, alcuni suonano quasi come sberleffi ai tanti becchini pronti a sotterrarla. È il caso di Iole Toini, con il suo Spaccasangue (Le voci della Luna-poesia), prima raccolta di una poetessa capace di stupire per la sua violenta, visionaria, adesione alla vita: "La vita ti ama da morire e nemmeno te ne accorgi". La Toini alterna momenti di lirica assoluta ad altri più narrativi, solo apparentemente piani. Molti versi di Spaccasangue rimangono incisi nella mente, arrivano al lettore come pugnalate vere e proprie: "i morti hanno la bocca cucita al perdono" oppure "dentro demenze che spaccano uomini come polistirolo", solo per fare due esempi. A quanti giurano sulla morte della poesia fate leggere questo libretto, diteglielo che la poesia sarà sempre pronta "…a farsi ossa, mio volto ".
    Daniele Mencarelli

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  24. grazie per la citazione. Bello sapere che Rondoni difende pubblicamente le proprie firme.

    gugl

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  25. Grazie a Daniele Mencarelli per aver postato anche qui il suo articolo che, confesso, ho letto on line proprio il 5 aprile con emozione.
    Grazie.
    iole

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  26. Grandissimo libro.

    fm

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  27. leggo Iole nel suo blog e appena posso cercherò di procurarmi il suo libro. Molti gli spunti di discussione, negli interventi precedenti e devo dire che sono
    abbastanza concorde con quello espresso da Francesco a proposito della buona poesia, a prescindere da chi la scrive. Forse, la donna e in questo caso Iole, è così viscerale, perchè vive la maternità anche in senso fisico e questi versi mi sembrano ancor prima che scritti,
    partoriti, dalle sue mani, dopo una gestazione che riesce a baipassare il fatto che sia una opera prima.
    Da questi testi, emerge tutta la "bontà" della poesia di Iole, che sento vera e conquistata a carissimo prezzo.
    Un saluto a tutti
    vincenzo celli

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  28. un saluto agli ospiti degi ulimi commenti. spero proprio che questo libro di iole abbia la fortuna che merita.

    gugl

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  29. So di questa pubblicazione solo da questa segnalazione nel tuo blog...
    Di Iole e della poesia che è so da prima ancora iniziasse a scriverla.

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  30. Alcune mie riflessioni sul bel libro di Iole Toini:

    Iole Toini si muove poeticamente in un mondo orizzontale, in un mondo che ama la degradazione della materia e della sostanza, nel verdicante mondo delle muffe e dei vermi(La gioia è nel verde/della terra che respiri e mi schiaccia come un lombrico verde ). La sua poesia esprime l' idea di una recondita potenza uterina che prelude all' idea di uno stupro in seno alla famiglia necessario alla rinascita dei suoi componenti, e che aleggia come colpa misteriosamente presente nel Canto della mamma-bambina (Madre nera, madre troppo fragile...L' occhio stringe sull' odore di neve,i campi,/dopo la mattina che morì suo nonno....Ti rinnego,padre minuscolo, perchè ti amo...Vedi come muoio?/Tienimi, sono il tuo bambino...Dammi la tua mano l' onda dei tuoi fianchi...dammi la tua vita/te più del cuore dammi quello che non muore) e in Bigger (Era una specie di salvezza/disubbidire la colpa che mi richiamava all' ordine). In Light-blu la Toini nomina questo amore feroce(Niente è più feroce dell' amore./La morte ne veste il respiro) e il suo esito ardente ( Le ha sfiorato la bocca/L' anima gli è crollata dai denti, disfatta come farina.) .Sfiorare la bocca, togliere i fiori dalla bocca, togliere il respiro, togliere la parola, anima che crolla, anima che brucia, anima che si disintegra come farina , la stessa farina di "Neo/Alcesti" di Ida Travi ?(Tu dormi nella farina coperto dalla testa ai piedi). Denti come potente simbolo sessuale freudiano , in questo caso sessualità selvaggia che diventa killer dell' anima.Vi sono dei versi che esprimono in maniera categorica il programma poetico della Tuini: la poesia si intitola Guerriglia , e i versi dicono: L' amore ha forma di battaglia./L' indizio è nelle mani sempre accese, nel fiato/dentro il rosso della bocca. I fiori sono spade/che si incendiano all' urlo della luna. Ma torniamo a Troppo poca parola , titolo che fa il verso a Maimancanteneve di Zanzotto, e che cerco di interpretare a partire dall ' ultima strofa per poi salire progressivamente. Il corpo impronunciato è una sottile pellicola, il canto di ciò che appare e di cui non si sa o non si vuole dire ; del prato sotto il corpo ( o meglio dentro al corpo, vi sono infatti versi del Corpo Atletico che parlano di un mondo dentro il corpo :la febbre è nella pioggia, un lago che si apre/come pelle dentro l' altra pelle ,una crepa/che mi frana nel centro di una terra sconosciuta) si può dire la commozione che in questo caso è lo sgomento, è il terrore emergente dalla dissacrazione pagana , sessuale, di un amore consacrato . Amore babelico – crisma – matrona: le appendici del corpo, le gambe e i capelli , sono legati ad un tavolo nel modo servile dello schiavo e del cane: si nomina il crisma, il sacro unguento, il vincolo indistruttibile destinato alla disgregazione. In Neo/Alcesti accade esattamente il contrario .Nonostante tutto, l' anello di Neo/Alcesti non si rompe : il vincolo rimane in ogni caso indistruttibile proprio perchè essenzialmente , profondamente Sacro. Generalizzazione: il legame dissacrato diventa molte fedi, tante quante sono le storie sessuali degli uomini. Questi legami sono come fedi spuntate, gemme o storie innestate in spazi o stanze che sono allo stesso tempo piene e vuote. Dissacrazione religiosa verbalmente presente nelle parole Vendicata parola, vendicato il tuo nome, che capovolgono il senso del le parole del Pater Noster: Sia santificato il tuo nome .

    S.Z. prima parte

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  31. L' apparente pienezza del lardo sottocutaneo dell' amante , l' apparente consistenza del fieno che muta in sofferenza il dolce sonno rivelano la propria vuota essenza ; conclusione: l' amore dissacrato non ha fondamento alcuno, è solo apparenza . E' terrore questo amore sconsacrato , è paura di una lotta imminente , selvaggia, amazzonica : il dirigersi verso di essa è salire dove manca il fiato . Questa parola di Iole Tuini non è il non-detto di Neo/Alcesti ; essa “fisicamente” non può essere pronunciata : il corpo rimane impronunciato perchè gli organi della fonazione non riescono ad elaborare alcun suono.


    S.Z. seconda parte

    Ciao Stefano; avevo scritto questo dopo il laboratorio di Artemis

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