I Fabulosi parlari di cui Alessandro Ghignoli ci fa partecipi nell'omonimo libriccino (Gazebo 2006) non hanno per oggetto l'immaginario fabulistico provenzale o galego, bensì l'impasto della lingua così come opera nella testa di un uomo senza qualità, quella sua testa-mondo, crocevia spaziotemporale in cui musica e silenzio si succedono in una scansione fondante: "una teoria delle pause" recita un testo della raccolta, un sapere il cui metodo consiste nell'aprire e chiudere il flusso del discorso, come se poesia consistesse nel regolare le chiuse, dosando quantità e qualità della materia, quella "mondizia della parola", che in Fabulosi parlari proviene da più discariche. Latinismi, arcaismi medioevali, spagnolo, neologismi, ogni scoria s'incanala in un sottotono in cui talvolta ribolle un suono tondo, eccessivo, un "fabulare fabuloso", che galleggia sul magma apparentemente piatto del pensiero, tutto teso a mostrare i propri meccanismi analogici e ad annunciare quell'ombra inquieta che lo trasforma in poesia.
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fosse somma cosa il fabulare fabuloso insieme de come li poeti deono parlare de l'amistade de i viaggi andati si todo fuera la vita vera del dire sfinita e todavia in questa curva via ancora scriventi ancora cercando una sola una palabra mia
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non altro tempo se non pozzanghera dopo pozzanghera un andare avanti in circolo il detto caduto in un'eco il sonno in un filo di voce di luce nel profilo dei ritardi i ritorni i giorni
*
subitamente in tutto lo corpo lo foco di doglia crebbero nell'anima labile andamenti esempli di tanta tristizia di tanta allegorica provedenza d'imperfetti satisfacimenti
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si contorce piano nell'umido penetra la sera il lento cambio il canto duro della terra le sue voci tutto è madre l'inizio il principio il tintinnio delle croci l'indizio
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tutti i passi evaporati nel doppio andare la caduta il piacere delle ore il fragore della nebbia sul volto quel lento riprodursi di passaggi di paesi su una superficie sottile d'impronte su impronte su impronte
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un die de li miei andari passati in un disfogare di vocabuli si cominciaro a vedere ragioni ne lo mio intendimento triema l'intendere de le cose tutte di dire parole si dicerò con dubitazione de la partita mia in orme parte in cotanto travagliare mi sia conceduta la prova de lo mio ragionamento
*
in questo istante continuo la crisi del pensiero il dato linguistico i segni della memoria i caratteri del tempo nell'inventario degli scarti somma e vicinanza al piacere di un'entrata una porta una parola d'accesso
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una teoria delle pause dei parlati il discorso non esiste dentro la scrittura la mondizia della parola resiste l'assenza della voce l'interdizione del suono tutte le asme intorno un silente silenzio
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fosse somma cosa il fabulare fabuloso insieme de come li poeti deono parlare de l'amistade de i viaggi andati si todo fuera la vita vera del dire sfinita e todavia in questa curva via ancora scriventi ancora cercando una sola una palabra mia
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non altro tempo se non pozzanghera dopo pozzanghera un andare avanti in circolo il detto caduto in un'eco il sonno in un filo di voce di luce nel profilo dei ritardi i ritorni i giorni
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subitamente in tutto lo corpo lo foco di doglia crebbero nell'anima labile andamenti esempli di tanta tristizia di tanta allegorica provedenza d'imperfetti satisfacimenti
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si contorce piano nell'umido penetra la sera il lento cambio il canto duro della terra le sue voci tutto è madre l'inizio il principio il tintinnio delle croci l'indizio
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tutti i passi evaporati nel doppio andare la caduta il piacere delle ore il fragore della nebbia sul volto quel lento riprodursi di passaggi di paesi su una superficie sottile d'impronte su impronte su impronte
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un die de li miei andari passati in un disfogare di vocabuli si cominciaro a vedere ragioni ne lo mio intendimento triema l'intendere de le cose tutte di dire parole si dicerò con dubitazione de la partita mia in orme parte in cotanto travagliare mi sia conceduta la prova de lo mio ragionamento
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in questo istante continuo la crisi del pensiero il dato linguistico i segni della memoria i caratteri del tempo nell'inventario degli scarti somma e vicinanza al piacere di un'entrata una porta una parola d'accesso
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una teoria delle pause dei parlati il discorso non esiste dentro la scrittura la mondizia della parola resiste l'assenza della voce l'interdizione del suono tutte le asme intorno un silente silenzio
Alessandro Ghignoli (1967) ha curato e tradotto una decina di volumi di poeti spagnoli e portoghesi, fra cui: Luìs Garcia Montero, Tempo di camere separate (Le Lettere, 2000), José Hierro, Poesie scelte (Raffaelli, 2004) e l’antologia La notte dell’assedio. Quattro poeti spagnoli contemporanei (Orizzonti Meridionali, 2005). Collabora a numerose riviste italiane e straniere e codirige per le Edizioni Orizzonti Meridionali la collana “Quaderni di poesia europea”. E’ redattore della rivista di letteratura e conoscenza “L’area di Broca”. Ha pubblicato la raccolta di versi La prossima impronta (Gazebo, 1999) e il libro di prosa Silenzio rosso (Via del Vento, 2003). Insegna all'Università di Alcalà de Henares e collabora al dipartimento di Letteratura spagnola e Teoria della letteratura dell'Università di Vigo. Vive a Madrid.
mi piace molto la totale assenza di punteggiatura che lascia i testi liberi di srotolarsi al ritmo del lettore...
RispondiEliminaessendo abituati alla munnezza pesante puzza tanfo tonfo civile, non riusciamo a vedere che mondizia è anche il contrario di immondizia, ne-mundus, quel che non è mondo, purificato,
RispondiElimina(ueh, piano con le discariche a cielo aperto, però)
mondizia, che in origine non poteva che essere di segno più, è discesa al segno meno, ma senza smarrire la radice originaria, cioè oggi è vox media
e di vox medie ambivalenti (e di rime "gnostiche") pullulano questi testi di Alessandro Ghignoli: viaggi andati, todavia, filo/profilo, doglia, inizio/indizio, doppio andare, disfogare, travagliare (è solo un primo elenco ad una prima impressione...)
anche di terminologie e fraseologie altamente connotate ("in questo istante continuo la crisi del pensiero il dato linguistico i segni della memoria i caratteri del tempo") ma proprio perché (FINALMENTE!) non subite dall'autore, bensì dominate nel discreto/continuo di respiri presenti e segni diacritici assenti, vengono quindi restituite imprevedibilmente ad una loro possibile ambiguità, ambivalenza, non categorialità (sfociando così in: "nell'inventario degli scarti somma e vicinanza al piacere di un'entrata una porta una parola d'accesso")
Mario Bertasa
un forte grazie a Stefano per la sua attenzione verso la poesia degli altri e alla sua lettura sempre /: le sue letture/ così piene di intelligenza critica.
RispondiEliminaSilvia, l'idea di una non punteggiatura /non così originale/ unita al testo fintamente prosastico hanno l'intenzione di lasciare al lettore la possibilità di scegliere la prosodia, il ritmo, il proprio andar per versi, ascoltare il proprio respiro /nel post percedente Stefano parlava anche di questo/
credo in una poesia che si metta in relazione con il mondo, solo nel momento di un rapporto con esso lo si può trasformare. devo essere sincero non mi esalta molto la poesia che "racconta" il reale, preferisco costruirlo /spero non si leggano come affermazioni di un esaltato!/
ci terrei a dire che considero i miei testi poesie senza verso, forse dovremmo ri-iniziare a pensare dov'è la poesia.
caro Mario, la tua lettura attenta alla parola mi ha interessato, mi pare che hai còlto l'essenza.
il voler mischiare tutto può supporre una certa vanità di registri etc. ma nasce da un senso 'naturale' delle cose, di come vedo e vivo il quotidiano. semplicemente /se può essere/.
un abbraccio
alessandro ghignoli
un saluto e un grazie a tutti e tre.
RispondiEliminaprovate a fare questo esperimento: mettete i caratteri grandi in "pagina"-dimensione testo, poi cliccate "show original post" e leggete le poesie con gli a-capo impostati dal blog. i versi diventano regolari; martelliani o, non di rado, endecasillabi.
gugl
Un saluto affettuoso ad Alessandro
RispondiEliminacui avevo inviato, in privato, le seguenti impressioni a caldo:
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scrivere poesia sulla lingua è un esercizio estremamente difficile, di grande tensione, e ammiro molto chi come te percorre questa strada.
Io vengo dalla Sicilia, ed è una terra, come l'Iran o l'Iraq, completamente devastata da millenni di civiltà: non c'è centimetro di suolo che non sia stato calcato e pensarlo dà le vertigini.
Mi è venuto in mente questo
in analogia con il tuo territorio poetico: la lingua che tu cerchi espone i segni del passaggio
del tempo e della storia come il luminol ricostruisce la mattanza.
Non so se sia un bene o un male
ma certamente scrivere come fai tu
deve averti cambiato molto.
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Tu qui ti schermisci e ribadisci
quanto il tuo percorso ti sia stato naturale:
"il voler mischiare tutto può supporre una certa vanità di registri etc. ma nasce da un senso 'naturale' delle cose, di come vedo e vivo il quotidiano. semplicemente /se può essere/."
Lo trovo vero e illuminante, e non in contraddizione con la mia impressione iniziale: semplicemente, riuscire nel fare le cose difficili passa per trovare il modo più facile di farle.
Un abbraccio,
Alessandra Palmigiano
"ricostruisce la mattanza" è un gesto che rende perfettamente l'idea, cara alessandra, non sol odella poetica di Alessandro, ma del tuo rapporto con la lingua.
RispondiEliminaun caro saluto
Come già altrove notavo, mi sembra che la poesia di Alessandro si ponga tra la lingua e il mondo, in diagonale, e lo fa incuneandosi tra il silenzio e il canto, non già dove la parola "pretende" di germinare, ma dove si misura con la sua storia lirica (da intendersi anche come vocazione al canto, oltre che, ovviamente, come percorso di un genere e confronto con gli avi).
RispondiEliminaNon è inutile ricordare che quando Boccaccio si riferiva al "fabuoloso parlare", aggiungeva "... degli ignoranti", per cui nel lavoro di Alessandro vi è anche un monito alla deresponsabilizzazione dei parlanti della lingua italiana e dei poeti stessi, proprio perché egli si pone in auscultazione della storia di questa stessa lingua.
RIaffermo la mia convinzione che trattasi di un ottimo libro.
"Cercare una lingua è cercare un luogo che ne possa essere abitato."
Grazie Luigi per avre richiamato Boccaccio.
RispondiEliminariporto anche altri passi (ricavati dalla rete):
Boccaccio, Trattatello (Toled.), 1351/55, pag. 60.28: E perciò che molti non intendenti credono la poesia niuna altra cosa essere che solamente un fabuloso parlare, oltre al promesso mi piace brievemente quella essere teologia dimostrare, prima ch' io vegna a dire perché di lauro si coronino i poeti.
[2] Boccaccio, Esposizioni, 1373-74, c. I (i), par. 77, pag. 36.5: Ma i poeti cristiani, de' quali sono stati assai, non ascosero sotto il loro fabuloso parlare alcuna cosa non vera, e massimamente dove fingessero cose spettanti alla divinità e alla fede cristiana...
[1] Boccaccio, Filocolo, 1336-38, L. 1, cap. 1, pag. 65.33: Certo grande ingiuria riceve la memoria degli amorosi giovani [[...]] a non essere con debita ricordanza la loro fama essaltata da' versi d' alcun poeta, ma lasciata solamente ne' fabulosi parlari degli ignoranti.
gugl
il "fabulare" ha anche il valore di 'meraviglioso', di 'immaginario', ma vuole anche riprende Boccaccio dei "fabulosi parlari degl'ignoranti", come convinzione di una poca /nulla?/ necessità di 'poeti laureati'. il bisogno di una parola /quella poetica/ che si discosti da un fare altisonante e autopromozionale di tanti poeti(?) che in Italia -ma vi assicuro anche in Spagna- vanno per la maggiore.
RispondiEliminagrazie Alessandra, per me la poesia /scomodo Bachtin, mi saprete scusare/ è poesia-vita, non posso concepirla in altro modo, e chiaro la lingua /le lingue/ ne fanno parte e credo che per noi sia un fatto più che vitale. sì Voc, per me la poesia non è un "raccontare" qualcosa, ma è un mettersi in relazione con il mondo con il tentativo /utopico?/ di traformarlo. qui si differenzia una certa poesia che parla del 'reale' da un'altra /come la mia, ma non solo, chiaro/ che vuole trasformare il reale per un semplice motivo, perché la realtà si costruisce -anche attraverso la poesia-.
un abbraccio
alessandro ghignoli
ringrazio tutti per la partecipazione.
RispondiEliminagugl
esprimo-forse per la seconda volta- il mio apprezzamento per la cifra originale della scrittura di Alessandro Ghignoli e attendo con interesse di leggere presto un suo prossimo libro
RispondiEliminalucetta (frisa)
Lessi con piacere, a suo tempo, il mirabile libro di Ghignoli cui pure dedicai una mia recensione (apparsa sul semestrale "Capoverso"). Mi è occasione qui (scopro, infatti, solo oggi questo spazio dedicato al poeta e ispanista pesarese) ribadire la bellezza e il talento di questo autore che abilmente spazia tra tradizione e modernismo poetico con effetti di sorprendente straniamento linguistico; penso, solo per fare un esempio, già al titolo di questo libro che evoca, come pure è stato sottolineato, i “fabulosi parlari degli ignoranti” del Filocolo di Boccaccio, o ai numerosi, e davvero suggestivi, testi qui proposti.
RispondiEliminaUn autore innovativo, sui generis la cui operazione poetica prosegue, con esiti espressivi ancor più sorprendenti, talora al limite del bisticcio retorico, con la sua ultima raccolta poetica dal pregnante, e polisemico, titolo “Amarore” (Kolibris 2009) che vivamente consiglio di leggere.
Ancora i miei complimenti ad Alessandro e gli auguri per la sua nuova pubblicazione.
Altresì, un grazie particolare a Guglielmin per la sua bella lettura introduttiva.
Daniele Santoro
caro Daniele, di quest'ultima racolta parlerò fra qualche settimana. grazie per le osservazioni.
RispondiEliminaBene, allora aspetto la sua puntuale, e sicuramente attenta, lettura del libro ghignoliano.
RispondiEliminaDaniele Santoro