mercoledì 24 settembre 2008

Adam Vaccaro




Adam Vaccaro è forse più conosciuto nella veste dell'operatore culturale e per quella sua teoria d'impianto cibernetico-freudiano che egli ha battezzato «adiacenza», parola-valigia fatta con le fibre trine della bottega psicoanalitica (io, es, super-io) e gli assi del sensibile e dell'intelligibile, a organizzare il sistema-uomo e la forma-poesia. La questione è complessa e la si può leggere interamente nel suo Ricerche e forme di adiacenza (Asefi, 2001). «Adiacenza» è anche un «metodo di analisi testuale» che ci chiede di avvicinare l'opera come fosse «un qualunque soggetto diverso da noi», un altro corpo verso cui porsi in relazione biunivoca, ma aperta nel contempo alla comprensione dell'assente, ossia l'autore. In particolare la poesia, egli scrive, è capace di mettere in moto un dialogo virtuoso fra autore, testo e lettore, condensando in essa «un equilibrio di vettori linguistici a risultante ideologica zero, col massimo di libertà e il minimo di strumentalizzazioni reciproche». Più che grado ideologico nullo, invero (e Vaccaro lo spiega immediatamente dopo), meglio parlare di «levità ideologica» inevitabilmente conservata, cui potremmo dare il nome di etica. Certo non leggerò, qui, la piuma e l'artiglio (editoria&spettacolo, 2006), trent'anni di poesia condensati in meno di 150 pagine, applicando rigorosamente il metodo, ma cercherò di tener conto, pur nel minimo spazio a disposizione, delle «tre fondamentali modalità» considerate da Vaccaro, ossia l'«area analitica», quella «affettivo-corporale» e, appunto, l'«etica», che, alle prime due, s'intreccia, senza assumere pregnanza ideologica. Applicando il metodo alle poesie più recenti, le più complesse, ricavo sinteticamente quanto segue: la modalità-Io (area analitica) viene fasciata, alla nascita, dalla mod-Es: la scelta dei verbi strazia spesso la cosa, i sensi esplodono, s'ingraziano emotivamente il riscatto dal presente, che è città feroce, bastonata dalla mod-superìo e descritta (mod-io) quale sistema in cui le tre variabili convivono senza interazione, senza adiacenze. Il paradiso futuro è di piacere (mod-es) come insegna d'Annunzio, mentre il paradiso perduto è il paese d'origine, povero ma autentico (e, perciò stesso, luogo del sacro). Il sistema di valori acquisito nell'infanzia-adolescenza (mod-superìo e, avendo per l'autore una valenza affettiva, mod-es) convive felicemente con le regole nazionali, il patrimonio linguistico-culturale italiano, (ancora mod-superio), mentre entrambi confliggono con la dura legge della selva urbana, sistema non introiettato al quale Vaccaro contrappone il disincanto del proprio sguardo (mod-io), che tuttavia non riesce a tener fuori il giudizio negativo (mod-superìo) e l'uso di una metaforicità votata all'orrido, all'artificio, alla lotta feroce e senza innocenza (mod-es). Conclusioni (spicciole ma sincere): evidente, da quanto affermato sinora, quanto il mod-io sia fuorviato dagli altri due elementi del poetico, a conferma del fatto che la vera poesia, per esserci, miscela l'indebolimento dell'io con l'energia del desiderio e la contaminazione dei modelli culturali. Infatti, come scrive Vaccaro nella premessa al libro, la sua adiacenza si dà nello spazio di una scrittura che coniuga «la sacralità della vita con l'eros» (mod-superìo con mod-es), adottando una gnoseologia (mod-io) non apodittica, bensì offerta al lettore nella mediazione poetica, che ne moltiplica la forza espressiva, persuasiva e fàtica, ma anche la valenza polisemica, problematica, aperta alla pulsione e all'immaginazione (mod-es).


(feroci innocenze e oltre
Guardavamo scannare i maiali
con allegra tranquilla innocenza
lanciavamo stecche appuntite di ombrelli
contro civette crocifisse alle porte
e arrostivamo feroci zoccole finite
disperate in gabbie fischiando
un'uscita cercando da fiamme d'inferno
eppure già (di)versi cantando
.............................m'illumino d'immenso

E nessuno può dire se fu quel piede fondato nella terra e
nel letame che diede una spinta a sogni d'assalto al cielo
o s'aprì in quei primilampi di parole un oltre
......................................................possibile
nel vortice sempre nuovo
............................sempre vecchio di questi decenni
.....................pur avendo già un grido nel cuore
che poi la curva ridiscende
...............................ed è subito sera


BICICLETTE

Frotte di biciclette nel sole annegate
imbiancate tra polvere e sassi arrampicate
sulle colline molisane spietate e ricche
di cicale stordenti in coro ininterrotte
al cigolìo di freni selle e pedivelle
tra ansimi e perle silenti di sudore

Sentenzio sciamando in cima tra sogni
castagni e quercioli col cuore balbettante
nei calzini gridò tra risate e pernacchie
a quell'impasto di luce e fatica un modo
a suo dire d'imparare a sudare le regole
del piacere s'una forma di piacere delle regole

In discesa a testa in giù come siluri dalla guerra
ormai finita al sol dell'avvenire cui nemmeno Sentenzio
sapeva che dire mentre i padri scappavano in cerca
di fortuna e schiavitù a noi sembrava bastare
quella scodella di polvere luce e sassi bianchi
fino a quando
........................ci ritrovammo muti
........................attorno alla testa rossa
scomposta da un invisibile sasso - impietoso sasso
incastonato nel piacere di una nuvola bianca
di calzoni corti e biciclette anni '50

1997


SGUARDI MENTRE

Ora nel parco risuonano tamburi
suoni di savana
.....................mentre da un buco
sboccia una pantegana e sciamanti
ciaccanti gazze giapponesi in posa
a turno zampettano caprette
.........................mentre a lato oltre il
prato e il laghetto stanziano ragazzi bianchi e neri con
catene d'oro pascolano ragazzi con canne e fumi
docili canne al vento che misciano linguaggi e
fumi in similallegrie e cambia come cambia
incurante la vita
...........................mentre guardo guardato
sottecchi da straniero attraversando
l'accampamento in plastica e mucchi
di sacchetti d'una carovana d'occhi scuri
padrona stremata giunta da altre sponde e
deserti a occupare fiera panchine e alberi
che da secoli guardano il Castello
................................mentre arriva
sgommando una pantera
...............................e annusa
cauta rallenta poi si ferma come
strinata a gustare il freddo e il verde
di questo gelido gennaio
.................................mentre cauti
i ragazzi si spostano più in là e io
sono l'Arco della pace esco
recuperando come un po' di libertà

1999

Impasto giusto



Chissà se qualcuno ammora la carità di questi luoghi:
in cento volte mille metri quadrati: una chiesotta scialba-calda,
bei mattoni rossi-novecento, intorno baraccati orti frattati in perfatto
squallieto stile, poi due verdose coppechiuse da campi tennis
quindici gobbetti a tetto di una fabbrichetta
spallati da ciminiera fiera, che s/fuma sullo sfondo della sbiancata
muragliata di case-se.
Come non detto ma c'è proprio tutto.

1979




(scempi e lampi

l'inarrivabile scempio di parole
di questa incapacità di vivere

questo accumulare
solo mucchi di tradimenti
di ogni rischio di sentimenti
questo ridursi a sesso atteso
in quella che si chiama ancora casa
questo ridursi a stracci intrisi
di tristezza sadomaso assetata di male
quanto male quanto male
si dovrà ancora fare prima di trovare
una piccola risposta alla domanda
che mi fai
........ ...come fai come fai
a essere libero di vivere

la sua voce di bambina golosa
bocca di femmina senza denti
vestita di scarponi e corazza da maschio
piena di bava e rabbia

che ogni volta
fa il giro del mondo
in cerca di un modo
di tornare a suonare
come campana librata a pasqua

2002


l'ereditiera

arrivai infine in questo porto
che mi costrinse a fare conti dentro
e fuori del mio orto — ora rinavigo
forse più allegro forse più forte e

la conta delle spese e dei presagi
continuo entro l'acqua delle stelle
eppure già mi basta questo segno
di carta che si svolge

pregno d'ogni sorpresa e unione
di barche avverse alla cantica
fiumana delle cose — l'ereditiera

delle salvezze infine pregherò
come 'l naufrago che si ritrovò
ricco e immenso in ogni cosa

2000




Adam Vaccaro (Bonefro 1940), poeta e critico letterario, vive a Milano dove opera da più di quarant'anni. Ha pubblicato varie raccolte di poesia: La vita nonostante (1978), Strappi e frazioni (1997, prefazione di G. Majorino), La casa sospesa (2003) e la raccolta antologica La piuma e l'artiglio (2006). Tra le pubblicazioni d’arte con artisti: Spazi e tempi del fare (2002, con acrilici di Romolo Calciati e prefazioni di Eleonora Fiorani e Gio Ferri, Studio Karon, Novara), Sontuosi accessi - superbo sole (2003, con disegni di Ibrahim Kodra, Signum edizioni d’arte, Milano), Labirinti e capricci della passione (2005, con acrilici e tecniche miste di Romolo Calciati e prefazione di Mario Lunetta, Milanocosa, Milano). Con Giuliano Zosi e altri musicisti, che hanno scritto brani ispirati da sue poesie, ha realizzato concerti di musica e poesia. Nel campo della critica letteraria ha pubblicato Ricerche e forme di Adiacenza (2001, premio del "Laboratorio delle Arti 2001" di Milano per la saggistica). È tra i saggisti del Gruppo redazionale che ha curato, insieme a Gabriela Fantato, Sotto la superficie. Quaderno di approfondimento sulla poesia contemporanea de La Mosca di Milano (2004. Bocca Editori, Milano). Ha fondato e presiede Milanocosa, Associazione Culturale con cui ha realizzato numerose iniziative, tra queste: Bunker Poetico (2001, in collaborazione con M. N. Rotelli alla 49a Biennale d’Arte di Venezia), la Prima Carovana Nazionale di Poesia e Musica (21-31 marzo 2003), promossa e coordinata con Anna Santoro e Maria Jatosti; evento col patrocinio del presidente della Repubblica e dell’Unesco in corrispondenza della Giornata Mondiale della Poesia (2003). È presente in molti siti on-line e raccolte antologiche e collabora a riviste e giornali con testi poetici e saggi critici.

25 commenti:

  1. carissimo Stefano,
    sarà che leggo quasi sempre blog a ore piccole, ma questa volta faccio davvero fatica a tenere gl’occhi saldi e la mente: da un lato scopro un autore (e ti ringrazio, anche per la splendida sintesi della sua intrigante poetica) che spinge la parola ad acrobazie non indifferenti, dall’altro trovo quelli che a me paiono evidenti refusi nella digitalizzazione del post, per cui sono indeciso se sto incappando in audaci neologismi e sgrammaticature o in semplici errori di battitura…

    in: (feroci innocenze e oltre
    “(…) o s'apri in quei primilampi di parole”
    *primilampi* potrebbe starci come nteressante fusione di due distinte parole
    mentre *s’apri* senza accento sulla i è evidentemente un refuso

    in: SGUARDI MENTRE
    “(…) sciamanti / ciaccanti gazze giapponesi (…)”
    *ciaccanti* mi pare un curiosissimo e onomatopeico neologismo, ma il dubbio s’insinua
    idem per:
    “docili canne al vento che *misciano* linguaggi e / fumi in *similallegrie* (…)” – anziché *mischiano* e *simili allegrie*
    “(…) e io / sono l'Arco *cella* pace esco (…)” – non è piuttosto *della* pace? però anche se fosse davvero *cella*…

    in “Impasto giusto”
    “Chissà se qualcuno ammora la carità di questi luoghi” – ho cercato *ammorare* in un paio di dizionari, ma non l’ho trovato, però come neologismo sarebbe non male (tra una “mora” da pagare e un “innamorare”), proprio in questo testo così irto di invenzioni -
    ma ancora:
    “(…) intorno baraccati orti frattati in perfatto / squallieto stile, poi due verdose coppechiuse da campi tennis (…)” ho forti dubbi su *perfatto*-perfetto e *squallieto*-squallido
    infine in: l'ereditiera
    “(…) come '1 naufrago che si ritrovò (…)” quell’apostrofo seguito da un 1 mi sembra un troppo evidente refuso

    mi trovo sicuramente di fronte ad un autore che lavora con sagacia dentro ad un “inarrivabile scempio di parole”, che tende trappole come quella di *Sentenzio* (in BICICLETTE: pare di primo acchito un verbo alla prima persona e solo molto dopo si scopre essere un personaggio dal nome così curioso), a maggior ragione sono assalito da dubbi nel decifrarne, disambiguarne la *lezione* (come direbbero i buoni vecchi filologi)
    mi viene meno la capacità di distinguere fra disgrafia volontaria e involontaria - che se fosse tutta quanta volontaria, inizierei a capire molto meno della così limpida questione dell’adiacenza… (e quant’è vero che il *lapsus*, il refuso, è sintomo di un soprassalto dell’Es, ma la sua dominanza, a questo punto, potrebbe quantitativamente sbilanciare il bilancio *etico* di cui Vaccaro intende tirare le somme

    chiedo scusa se queste conclusioni giocano fin troppo di sponda (altri scriverebbero “non ci capisco una mazza, ma chi è il correttore delle bozze?”), però non posso che chiederti lumi, Stefano, attorno alla lezione corretta di quanto hai postato

    Mario Bertasa

    RispondiElimina
  2. caro Mario, ho corretto i tre rufusi: l'accento in "s'aprì", l'Arco "della" pace, e 'l naufrago.
    Il resto è farina-lapsus-consapevole di Vaccaro, di cui nel libro, complessivamente, fa uso parco. L'autore è ben navigato e, dunque, non si muove alla cieca. Potremmo dire che recupera la lezione sperimentalista (non estranea a milano, pensa per esempio a "l'ostrabismo cara" e a fiumana" di Viviani - libri degli anni settanta, costruiti sul lapsus) senza trascurare l'urgenza civile, il giudizio sul mondo marcio postindustriale (più consono alla "linea lombarda". E non si dimentichi l'elemento meridionalista, evidente nel tono affettuoso-nostalgico con cui si descrive la ricca natura del sud (più frequente nelle poesie giovanili).

    gugl

    RispondiElimina
  3. ciao Mario,

    se è d'aiuto, posso rimandarti ad un mio scritto su Vaccaro che è apparso sulla (fu) rivista L'Attenzione:

    http://lattenzione.com/recensioni/la-piuma-lartiglio-una-lettura-di-fabiano-alborghetti-allautoantologia-di-adam-vaccaro/


    magari qualche ombra dilegua, qualche altra si forma, insomma, magari è adiacente a quanto ottimamente scritto da Stefano


    fabiano alborghetti

    RispondiElimina
  4. Ringrazio tutti, da Stefano - per l'ottima e non facile sintesi dell'Adiacenza - a Mario Bertasa, che non conosco e che conoscerei volentieri, per l'acribia della sua lettura, allo "anonimo" (purtroppo) che mi hanno evitato la conferma dei refusi (corretti), a Fabiano, per la sua inarrivabile capacità di seguire ed esserci in cento cose (compresa Milanocosa).
    Ha ragione l'anonimo: sono state scelte le poesie che presentano parecchie invenzioni verbali, evidentemente anche per le preferenze di Stefano,che non sono mai di puro gioco ma si intrecciano ai sensi cercati.
    Così primilampi, ciaccanti ammora, ecc. Ne possiamo parlare.
    Grazie comunque commosso!

    Adam

    RispondiElimina
  5. caro Adam, spero proprio che se ne possa parlare. per esempio: come chiedeva Mario, da dove nascono questi neologismi?

    gugl

    RispondiElimina
  6. caro Stefano,
    adesso sì che va meglio...!
    (prima che inizi a tirarmela per il mio naso da tartufi, mi stoppo da me)

    caro Fabiano,
    accidenti, avevo già beccato il link al tuo articolo, ma m'era rimasto in disparte e l'ho letto solo ora - consiglio di fare altrettanto a chi sta seguendo questa discussione

    caro Adam,
    il piacere di conoscerti sarà senz'altro anche mio (magari, se sei libero il prossimo 1 ottobre, la Biblioteca di Pioltello inaugura alle 20.00 una mostra su Franco Beltrametti, sarò lì per leggere-performare una carrellata di sue composizioni...) (ovviamente l'invito è esteso a tutti!)
    - dopo i chiarimenti di Stefano, attenuo di molto il mio intervento sul "soprassalto dell'Es"
    - e aspetto ulteriori approfondimenti a questa interessante discussione

    Mario

    RispondiElimina
  7. Caro Mario e tutti, dispostissimo a parlarne - lo farei anche qua ma accidenti si va sempre di corsa, sto per uscire e correre a una riunione di Milanocosa - di neologismi e altri aspetti del... retrobottega. Io - senza la pretesa di "spiegare", che sarebbe idiota, io cmq li chiamo nel mio libro sull'adiacenza "gatti di schroedinger", il fisico della quantistica cui mi richiamo, che dimostrò come alcuni corpuscoli subatomici stanno contemporaneamente in luoghi diversi. Credo che nella lingua e nella poesia l'autopoiesi crei oggetti che stanno sia nelle profondità dei nostri abissi, sia in altri luoghi della totalitò (corpomentale) del Sé. Per questo la poesia crea magia e sta nel parodosso di farci toccare la nostra schizofrenia e contemporaneamente uscirne, curarci da essa.
    Grazie ancora
    Adam
    Faro l'impossibile per venire a Pioltello, anche se non posso assicurarlo!
    Scrivimi anche all'email, se vuoi!

    RispondiElimina
  8. certo la quantistica ha condizionato la letteratura e la critica del novecento (penso a come l'ha combinata con la psicoanalisi, Debenedetti a proposito della libertà di movimento dei personaggi)
    Benvenga dunque anche in poesia. Adam dice, mi pare, che la possiamo fare agire nelle dimensioni psichiche e nel lessema;

    a me pare che le acquisizioni della quantistica non possano avere un'esatta corrispondenza nel fare poetico; valgono come metafore d'un fare oscillatorio, in cui, comunque, la sensibilità e l'intelletto agiscono deterministicamente. Semmai è la libido a scardinarli dalla necessità e portarli nel regno del possibile. In questo senso, è ancora la psicoanalisi ad averla vinta sull'"indeterminato" in poesia.

    gugl

    RispondiElimina
  9. Adam, l'anonimo sono io :-)

    gugl

    RispondiElimina
  10. Ah, caro Stefano anonimo, che bella immagine trappola la tua, in cui ci sono felicemente caduto: una sorta anch'essa di "gatto di S." che concentra con i linguaggi dei colori e degli spazi un incrocio di molteplicità e totalità dell'universo intrasoggettivo...è questa attivazione che crea i neologismi...come tutta la poesia e l'arte, oggetti che vivono nella tensione a dare nome alle cose, a fare cuciture precarie delle separatezze, a seguir virtude e conoscenza, possibile (per me) quanto più agiscono in modo adiacente (fraterno) le varie galassie del nostro universo mentale (che io riferisco a Io Es e Superio ma possiamo chiamarle come vogliamo, l'importante è avere coscienza delle loro diversità operative rispetto ai linguaggi che usiamo). E' questo processo che li fa stare contemporaneamente in luoghi diversi del nostro Sè. E risiede in ciò per me) il mistero del piacere del testo. Piacere (amoroso) perché unisce per lampi ciò che è normalmente diviso.
    Senza nessuna pretesa di "spiegazione"... obvia mens.
    Adam

    RispondiElimina
  11. hai ragione. E certo tenuto conto che anche i linguaggi d'uso comune contengono molta energia compressa, divergente, che tracima la funzione.

    così si spiega come mai certa poesia molto lineare, piana, ci intrighi la parte oscura dell'identità.
    penso per esempio ai goriziani Tomada e Fierro.

    gugl

    RispondiElimina
  12. che sia invenzione soggettiva ("campana librata a pasqua") o ritrovamento nei dati d'esperienza ("vestita di scarponi e corazza da maschio" - cito sempre dalla poesia che più mi intriga fra queste - senza nulla togliere alle altre!) il processo di costruzione metaforica produce uno scarto (chi lo chiama conoscenza, chi piacere, ecc.) proprio a partire dalla giustapposizione di distanze - e quanto più ampio è l'intervallo, tanto più l'energia messa in gioco è alta, ecc.

    però è sulla natura dell'intervallo che le scuole di pensiero si contrappongono: chi lo intende come frattura prodotta in un'unità originaria, chi invece lo assume come un dato di fatto *naturale* dentro il quale la produzione metaforica agisce il proprio scarto - "unisce per lampi ciò che è normalmente diviso", come dici tu Adam; ed è il presupposto in cui mi riconosco io stesso

    se poi l'esperienza dell'unione/adiacenza/fratellanza che irrompe con forza nel godimento dell'intuizione poetica, a sua volta ci fa ridestare mitologicamente il sentimento di un'unità perduta, di un sinolo mente-corpo di cui l'uomo avrebbe perso il contatto arcano, ciò forse è più un a posteriori, che non un a priori...

    alcuni anni fa ad un convegno a Bologna sul teatro per la primissima infanzia ascoltavo con molto interesse un intervento della Casini Ropa, una delle nostre migliori studiose di storia della danza, che diceva (cito a memoria): "se l'ansia dell'uomo è quella di superare il dualismo corpo-mente, anche attraverso esperienze di tipo performativo, coreutico, ecc., ciò non nega che di fatto nella nostra natura corpo e mente siano e restino divisi."


    sulla questione della poesia *lineare*, *piana*, Stefano sono d'accordo (non conosco Fierro, ma Tomada eccome): il fatto di ricorrere a sintagmi ad *alta comprensibilità* non è necessariamente sminuire la complessità, se fra tali materiali-sintagmi di partenza si evidenziano abissi difficilmente colmabili - ma che la *sregolatezza* poetica colma

    Mario

    RispondiElimina
  13. concordo su tutto, tranne sulla certezza apodittica della Casini Ropa relativa alla distinzione tra mente e corpo. Non sono sicuro nemmeno del contrario (Freud però lo sostiene. per non parlare dell'induismo eccetera).

    anche se "mente" non è "psiche" e non è "cervello".

    vero che non ho mai visto la mente andare di corpo, direbbe rabelais :-)

    gugl

    RispondiElimina
  14. Proprio una bella triangolazione! Hai ragione Mario a dire che possiamo tentare di (di)spiegare) solo a valle, a monte, per quanto l'Io e il Sup-Io progettino c'è un terzo ignoto che agisce, per cui se è così è sempre un "progetto ignoto" che proviamo a mettere in piedi.
    E concordo sulle perplessità di Stefano sulle affermazioni della esperta di danza, come sulle sue integrazioni: anima, spirito, mente, sono nomi di territori diversi della nostra totalità, che a volte riesce a prendersi...se non si perde e si chiude nella sua monade arrogante...facciamo così, questi temi li ho toccati nel mio saggio "corpi d'amore" che sarà in "I poeti e la carne", riferendomi anche a "La casa di psiche" di Galimberti. Te lo mando con una mail in anteprima.

    Adam

    RispondiElimina
  15. Caro Adam,
    ti ho adocchiato ma ho potuto leggere meglio soltanto oggi: così va la supercondensa del tempo, qui o altrove, a Milano.
    Sono stata onorata di essere un autrice cui Adam dedicò, in Adiacenze, un bellissimo saggio di lettura ad "Estranea(canzone)", poi ad "Album feriale",sempre entrando molto a fondo nel centro dei miei testi, così ora fai su di te, ed è assai più complesso.
    Lo si fa scrivendo, lo si fa riflettendo.
    Certo il novecento, come scrisse Anceschi, non ha cessato d'essere il secolo delle poetiche, oltre che della (grande) poesia di modernità, dopo la diade Pascoli-D'Annunzio.
    talmente grande da richiedere oggi il ritorno dopo montaggi e smontaggi di tornare alle radici di quel fare, con una mano da arte povera,direi,come la "vita fatta a mano" come è dalla velocità dopata..
    Poveri quanta!Povera anima-psiche, e corpo-soma se non ritorna un vento amororso, umanissimo a rimetterci tutti in sé, in noi..
    Maria Pia Quintavalla

    RispondiElimina
  16. Ciao Maria Pia, intervento vagamente criptico, ma di sostanza (paradossalmente).

    aggiungiamo la diade ungaretti-montale? e lo scriba sanguineti?

    tornare alle radici del fare: alla tecnica e alla mtivazione affettiva? o c'è troppa tecnica?

    ciao!
    gugl

    RispondiElimina
  17. Non c'è contraddizione, spero fra il poein e le radici affettive del fare poesia:in mezzo c'è appunto l'essere noi il nostro corpo.

    Parlavo della diade che chiudeva l'ottocento e inaugurava il novecento, non certo di tutte le diadi che l'hanno influenzato più o meno a ragione, citavo Anceschi in questo.
    Criptico il testo, perché mi esprimevo poeticamente, anche parlando di critica?ma fa parte della scrittura nostra mescolare un pò le carte, fa anche bene.
    Così non ci sdoppiamo sempre di identità, ti pare? Ti saluto intanto e ringrazio dello spazio così esclusivo..
    Maria Pia Q.

    RispondiElimina
  18. grazie a te per gli interventi.

    come dici tu, non si può prescindere dalla tonalità affettiva. E comunque Adam non ci pensa proprio. e fa bene.

    gugl

    RispondiElimina
  19. Grazie anche a te Maria Pia, è vero, come ribatte anche Stefano, che non si può prescindere dalla "tonalità affettiva", ma anch'essa deve agire nella "totalità" delle lingue del corpo (che coinvolgono pensiero critico, sensi, abissi etc), altrimenti ogni parte, da sola, produce qualcosa che può assomigliare alla superficie della poesia, ma non lo è. Ma sono verifiche che possiamo fare solo a valle, nel tempo e mai definitive. E' un insegnamento che ho tratto da fonti successive e antecedenti - non solo letterarie - la diade che dici. Tra queste certamente Anceschi, ma la prima è (per me) l'imprescindibile apertura di modernità e tradizione di Leopardi.
    Adam

    RispondiElimina
  20. sono d'accordo sul debito che tutta la poesia italiana contemporanea ha con leopardi, vuoi per un verso vuoi per un altro. L'altro creditore è montale.

    gugl

    RispondiElimina
  21. Interessante Adam, e leggo cose dirette-appuntite, fino alla sagacia.


    A Gugl: magari la psicoanalisi è più di es-io-superio, la teoria strutturale non l'ha esaurita e va bene anche, tra gli altri, Lacan.

    RispondiElimina
  22. sì, Silvia. Adam ha detto che usa queste categorie freudiane per comodità concettuale. Sono una griglia che comunque, come dici tu, escludono altre possibilità ermeneutiche.
    Per questa ragione, pur riconoscendo acume nella metodologia di Adam, preferisco mettere in gioco più griglie contemporaneamente, per svelare quell'infinito intrattenimento che è la letteratura (come la chiama Blanchot)

    ciao!
    gugl

    RispondiElimina
  23. Grazie Silvia per il tuo... appuntito rilievo e concordo ancora con le chiose di Stefano. Se la poesia è tentativo di tradurre la complessità della vita, la sua lettura spinge a cercare metodi(non so se sono, come qualcuno ha detto, le idee più importanti), i quali saranno però sempre punti di approccio e partenza, necessari ma mai sufficienti. Vale anche per la mia proposta che ho sempre dichiarato aperta e mai concludibile (in parallelo alla interminabilità del testo, acquisita dai migliori maestri del 900); e che infatti cerco di arricchire con apporti e ricerche dalle più varie fonti, non solo filosofia, scienza e psicoanalisi. Per quest'ultimo campo ho comunque trovato le consonanze maggiori in Jung e la sua analisi del simbolo (ne parlo in un saggio di prossima uscita)

    RispondiElimina
  24. quello che stavo cercando, grazie

    RispondiElimina
  25. Ho sempre apprezzato Adam. Soprattutto per la sua capacità di sperimentare.
    Stefano

    RispondiElimina