giovedì 20 marzo 2008

Fabia Ghenzovich



Veneziana, Fabia Ghenzovich ha dato alle stampe Giro di Boa, opera prima edita da Joker nel 2007. Le migliori poesie della raccolta esprimono la consapevolezza di vivere sul confine tra luce ed ombra, in "bilico" tra "cemento" e "lillà", e la traducono con leggerezza molto femminile, governata com'è da un'autoironia che, oltretutto, bene attesta la pacatezza dell'autrice. Meno convincenti sono invece le poesie in cui l'urgenza del dire prende il sopravvento, sfiorando la retorica (in Irak, per esempio, là dove parla dei "morti che cadranno / nel nuovo assetto di pace"), o quelle troppo vicine all'ermetismo ungarettiano filtrato dalla canzonetta sanremese ("Vorrei essere / pescatore di stelle // raccoglierle / sul fondo del mare // attingerle / nel riflesso dell'onda // o cercarle nascoste / nell'azzurro d'un cuore"). Il libro si legge comunque con piacere e non sono poche le poesie dove l'illuminazione dell'esperienza risvegliata si mostra.






Vita e morte

Campo di battaglia è il mio corpo
fazioni opposte in lotta ne fanno scempio
ne fanno bello e brutto tempo
in aperta contesa vita e morte
si sfidano a duello con inevitabile resa
finale e morte non ha uguale
nell'opera demolitrice dell'equilibrio
imperfetto o per somma o per difetto
di sinapsi di neuroni vasi sanguigni globuli e ormoni
flussi riflussi piastrine filamenti e budelli
cellule staminali e altri potenziali
lavorii di invisibili abili mani.
Restasse almeno una traccia un indizio
che non sia carne soltanto e indifesa
che sia il cuore centro motore del domani.



Luoghi senza tracce

Lo specchio al mattino conferma il rituale
d'ogni giorno ieri neutrale cede all'oggi
un giorno o un secolo
dissolvenza del tempo non spiega contorni celati
ordinari di una vita sospesa.
Sono donna di frontiera dico fiera
all'uguale mio riflesso non cerco certezze
IO sento e subito dell'azzardo mi pento
con rincrescimento dissento.
Niente di personale confini possibili
luoghi senza tracce un disvelarsi in noi
d'altre regioni anche quando vediamo
carne e ossa sabbia e sassi su fondali bassi.



La piccola morte

Sto solo aspettando l'ora
che ogni destino riserva
senza espressione di gioia
dolore né commento
sto solo aspettando la piccola morte
momentanea ma totale ordinaria ma lucente
come tocco di mani precise al varco
col niente come stella cadente
al porto sicuro dove e quando
un regno approda di pausa
arretra l'ombra disfatta
in risucchio del peso feroce
uguale da sempre atomo di proterva mente.




***

Viviamo alla soglia dell'assenza
senza margine di bagliore

la viviamo dove siamo

al bordo della luce.


***

Tre biciclette
rossa verde blu
non troppo nuove strette alla staccionata
e fuori contesto in bilico
sul cemento un'oasi di lillà.



***

L'azzurrino funerale
dei petali caduti
al primo sbuffo di vento



Fabia Ghenzovich ha ricevuto riconoscimenti e premi e ha partecipato a numerose antologie nazionali. Suoi testi sono apparsi nelle riviste Le voci detta luna, selezione Premio Renato Giorgi 2006, e Poesia, nella rubrica "per competenza" di Roberto Carifi. Nel 2004 è presente alla prima Biennale di poesia "Officina della percezione", e nel 2005 e 2006 al Festival Verona poesia, entrambi promossi dalla rivista Anterem.
È interessata alla poesia e alle sue possibili interazioni con i linguaggi dell'arte, in particolare con quello musicale, come nel caso di Metropoli, testi poetici indirizzati verso il rap.

6 commenti:

  1. ...auguri di buona pasqua caro amico mio...
    Rita

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  2. grazie Rita. Anche a te.

    gugl

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  3. C'e stato tra me e Stefano Guglielmin, un proficuo dialogo sull'autenticità dei testi. Credo sia questa la prima sfida, quando ci si cimenta con la poesia, e pur non rinnegando ciò che ho scritto,dilatato in un periodo abbastanza lungo di anni,accetto di buon grado in nome dell'autenticità, anche la critica.
    Potrei definire la mia come poesia di confine, che si colloca appunto tra luce e ombra:un mio percorso ancora aperto.

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  4. è stata una sfida, è vero. ma la poesia non può che essere questo: muoversi sul crinale, senza garanzie, dialogando con la tradizione e i rari viandanti che, su quel crinale, soggiornano.

    grazie per il tuo intervento.

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  5. Una poesia non poesia. O meglio
    prosa scambiata per poesia!

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  6. mettendo in linea i versi, il ritmo cambia. questo è un segno chiaro che i versi hanno valore ritmico. E il tirmo è un marcatore significativo del "poetico". Dunque questa è poesia. per non dire del procedimento analogico che guida il succedersi del discorso. O, sempre riguardo sal ritmo, le allitterazioni. In "elle" qui, per esempio: "flussi riflussi piastrine filamenti e budelli
    cellule staminali e altri potenziali
    lavorii di invisibili abili mani".

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