lunedì 10 marzo 2008

Alessandra Palmigiano


La seconda natura (LietoColle 2008) di Alessandra Palmigiano pare nascere da una stanza vuota, che l'autrice ordina con ragione, verso dopo verso. Il passo è controllato perché sembra che la catastrofe sia imminente, anzi, sia già innescata dal principio dei tempi. Si tratta solo di aspettare: alla fine, anche il ferro brucia. Anzi: la catastrofe è sotto gli occhi, in ogni cosa che incontri, basta saper guardare. Con quest'orrida premessa, la "stanza magra" viene riempita, ma sono sempre le cose, la prima natura, a reclamare i posti migliori, ad infilarsi con il loro ingombro domestico, i loro rumori di guerra, con i segni della fine visibile in ogni scorcio. All'irruenza del mondo, la Palmigiano cerca di contrapporre la seconda natura ossia la disciplina della parola e l'architettura del verso, della strofa, della "macchina non biologica" come la chiama Sannelli nell'esergo, "armatura animata e internamente vuota, ma perfetta". La formazione scientifica della poetessa alimenta con metodo questo progetto, tanto che la seconda natura ingabbia, in effetti, la prima, lasciando tuttavia intravedere un margine vuoto, una slabbratura dove – non ora, non qui – la felicità è ancora possibile. Di quest'ultima il libro, nel profondo e pudicamente, ci parla.




Proiettili


Ti chiedo se riesci a immaginare
cosa scrisse Gardini ai familiari
prima di farsi esplodere la testa
Mentre ci pensi ti faccio l’esatta
carezza che ti serve a dirmi: Grazie



*

Quando finisce l'idrogeno
sarà la volta dell'elio
Ed esaurito l'elio toccherà
al carbonio. Così in avanti
fino a bruciare il ferro.


Sleeper

Si tende ad essere poco per volta
nel minimo continuo fra tesa e sopracciglio
nell’inverno dell’estate. Lontano
dalle albe belligeranti, dentro il crogiolo
del ritmo che non cambia il silenzio
Ritrovando il codice della guarigione
attendendo la parola d’ordine
che arrivi la natura, da un’altra parte.



Pattern Recognition

L'apocalisse è la somma di tutte le soglie
generate e varcate sotto la percezione
dove il futuro si incendia sul passato
È la misura del successo, l'ottimismo predicato
ai martiri: il loro inferno è il tuo paradiso
Ed è il discorso delle stanze magre:
nel silenzio delle unghie che crescono
non si trova niente che non vi abbiamo messo
l'oggetto e il suo posto rassicurato
il corollario della assoluta disciplina
della vita reclusa nel crogiolo, la nervatura
dell'intangibilità. E abbiamo ricordato l'armatura
piovere a placche sul corpo dell'eroe
La vestizione segreta, dicevo — declinata in codici
e protocolli della missione svelata tra digiuni
e preghiere, mentre accudiamo al fuoco dell'offesa
la hybris domestica, il laser del supermercato.



In limine

Dietro quest'aria, l'alba che si fa
(come tutte le altre che la chiamano)
ferale nella durezza e nel fosforo
della sua idea di guerra, e solo per poco
ancora si potrà scegliere
di non guardarla, non considerare
la sua necessità, di rimanere
tra gelsomino e stenditoio, intatti.



Mrs & Ms Black


Mia madre ed io e due tazze uguali
con dentro qualcosa che assomiglia
al buonumore di un giorno di guerra
di mani rovinate uguali, ma è lutto
sepolto e rifiorito uguale, e si porta
tra le risate, a celebrare chi siamo.


Alessandra Palmigiano (Catania, 1973). Dal 1996 la sua vita compie oscillazioni di lustri tra Amsterdam e Barcelona. Ha conseguito un dottorato in logica a Barcelona, dove gran parte delle poesie di questa raccolta sono state scritte. Questa raccolta, sua opera prima, è l’evoluzione della silloge omonima apparsa nel 2005 su Atelier n. 40.

32 commenti:

  1. Ringrazio Stefano per l'ospitalità nel suo blog e per la lettura molto acuta, che tocca punti focali della raccolta: ad esempio, il tema della guerra, "intesa nel senso più ampio possibile, quindi al limite anche guerra tra insetti, lotta, aggressione per la sopravvivenza", come notava Federico Federici in uno scambio di email.
    Lo sforzo per me è stato quello di mettere a fuoco la guerra, vederla ora nel nostro presente e a casa nostra, vedere che dietro la retorica della competizione verso la produttività e l'eccellenza c'è la progressiva contrazione delle risorse e l'asfissia di un sistema in fibrillazione.
    E come dici tu, basta saper guardare, ma una volta che la si vede, si comincia a vederla ovunque, e sorge la necessità di prepararsi.

    La stanza magra è il posto dove ci si prepara alla guerra, e ci si prepara dimenticando ciò che si deve proteggere.

    A presto,
    Alessandra

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  2. spero che le prossime letture amplifichino questo tuo (nostro) approccio.

    condivido anche quest'apertura all'autentico (leggi "felicità") che io avverto messo come in ombra, ma presente nei tuoi testi?

    gugl

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  3. Effettivamente mi ha colpito questa osservazione che hai fatto:
    Non so se l'ho capita correttamente, e vorrei chiederti, se vuoi, di aggiungere qualcosa: la felicità (almeno fino a questo momento, almeno riguardo gli aspetti dei miei testi che controllo) cade fuori dall' universo del mio discorso poetico, da ciò di cui *posso* parlare in poesia. Quindi in questo senso, il fatto stesso che possa essere presente e rilevabile in qualche modo nei miei testi *è* già la slabbratura di cui tu parlavi!

    Riguardo alla felicità in generale:
    la scienza sta cominciando a prenderne le misure, e sta diventando un campo di studi sociologico ed economico. Non c'è mai stata tanta attenzione verso la felicità come adesso e mai come adesso viene considerata largamente accessibile. Il mio parere, per ciò che vale, è che in realtà sia lontana né più né meno che in ogni altra epoca. Ho letto parecchi articoli sull'uomo "più felice del mondo": un francese di alto lignaggio scientifico convertitosi al buddismo. Traspariva dai suoi discorsi che la (sua, ed anche la mia possibile) felicità non è altro che una disciplina: in questa forma può essere insegnata ed acquisita, e diventare seconda natura.

    A presto,
    Alessandra

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  4. Forse, Stefano, il tuo commento sulla felicità prende spunto dall'ultimo testo delle tua selezione? Dall'immagine delle risate, nel lutto?

    La mia esperienza è che quelle risate sono la vita che continua
    e si ridefinisce nella sofferenza e nella guerra interiore. Sono sghembe alla felicità: sono altro.

    Ma, ripeto, forse ho torto, forse c'è qualcosa che non controllo...

    Vorrei sapere da te cosa pensi.

    Grazie
    Alessandra

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  5. la felicità di cui parlo è l'assente che mai manca. per esempio, nel testo sul suicidio di Gardini è la nostalgia per quel mondo in cui la carezza non è proiettile, ma dono. Tu carezzi, la tua tristezza è chiara, ma la felicità è qualcosa che tu hai provato, di cui vuoi rimarcare, all'amato, l'assenza.

    in "sleeper" è la parola "guarigione" a far passare un mondo altro: è parola slabbrata, fra i cui petali sgualciti, ci sta tu in attesa che il miracolo si compia.

    "In limine" allude ad una dimensione dove rimaniamo "intatti", ossia nella grazia prima della caduta: una felicità senza desiderio, meglio: una beatitudine, come nella meditazione buddista.

    voglio dire: è vero che la disciplina orienta la dispersione in una seconda natura sempre vigile nell'"ora e qui", ma nei tuoi testi anche questa scelta mi sembra, invero, reazione a qualcosa: dunque essa manca della libertà necessaria, di quell'anticipo sugli eventi che caratterizza la seconda natura del saggio.

    la felicità di cui parlo, invece, (e che leggo nei tuoi testi) non sopporta nessuna delle due nature, essendo entrambe conseguenza della perdita della via. Chi è nella via, come dice il Tao, non si sforza per comprenderla. "La via veramente via non è una via costante".

    gugl

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  6. sono di corsa ma ci tenevo a dire che queste poesie mi hanno colpita. molto.

    bombe dinamiche.

    ciao gugl.

    iole

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  7. ciao Iole!

    gugl

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  8. è così.... perdonate la mia banalità... fantascientifica!
    mi suscita le immagini un non so quale fumetto. storie di eroi, di disfatta e di guerra. storie che ho sempre sentito così lontano da me e dal mio modo di sentire...
    sarà che io sono piccola e illusa,ma spero sempre in un domani che sia migliore del presente e non uno sfacelo.

    voglio guardare per sempre l'alba, ogni alba che verrà, tra gelsomino e stenditoio.
    il mio sole non è idrogeno ed elio.

    sento freddo tra queste parole.
    in questo susseguirsi quasi chiuso, che non lascia spazio, soltanto rassegnazione.

    l'eroe è soltanto un corpo su cui piovono le placche d'un'armatura.

    sento freddo.

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  9. Quasi un muro - per la sua forza - la poesia di Alessandra. Ma un muro poroso perchè pensieri e parole - netti e lucidi - sanno viaggiare dal poeta al lettore coinvolgendolo profondamente.
    Grazie.
    Un saluto a gugl e a Patty.
    Silvia Comoglio

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  10. ciao Patty e ciao silvia.
    Commenti tutti al femminile, pare. E sì, che questa scrittura che un taglio virile.

    gugl

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  11. Grazie, Iole, per il passaggio ed il commento. E grazie a Stefano e Patty per i due punti di vista contrastanti, che rendono la discussione tanto più utile!

    È vero, Stefano, c'è un assente che mai manca, a cui alcuni testi alludono. A volte lo si può vedere solo se si guarda con la coda dell'occhio, a volte si fa bene a (si deve) dimenticarlo.

    È qualcosa che sta al limite della soglia della dicibilità di cui sono capace in poesia, ma tu lo vai a cercare nei posti giusti: la guarigione, il rimanere intatti (il rimanere!), la carezza, il "prima che succeda".

    [Sulla carezza ci sarebbe forse un discorso a parte da fare, che riguarda la compassione e si riallaccia a sniper, l'ultimo testo della raccolta]

    Questi elementi puntano tutti al discorso su ciò che si deve proteggere, che non è la felicità, perche persino la felicità è sacrificabile, se si deve.

    I testi della raccolta alludono ad un problema che nei suoi esiti pratici potrebbe essere descritto così: ci sono cose che hanno un'importanza cruciale hic et nunc, dai cui esiti la tua esistenza (mia, o di chiunque) cambierà radicalmente, e che tu vuoi che vadano in un certo modo. Poi non vanno come tu vorresti, la tua vita comincia a cambiare, e tu con la tua vita.
    E vivi nel dilemma che vorresti attribuire a quelle cose l'importanza assoluta che avevano prima che il cambiamento accadesse,
    ma l'attribuzione di importanza è legata indissolubilmente ad una identità (la tua) che sta già cambiando.
    Allora cosa si può preservare di quella identità, che "accudisca al fuoco dell'offesa", ossia che preservi l'importanza cruciale che quelle cose (che hai perduto, forse per sempre, perché non sono andate come volevi che andassero) avevano prima?

    La seconda natura è sia, come tu dici, l'armatura che ci tiene saldi a noi stessi, sia il fuoco che ci affina e ci cambia irreversibilmente, come prezzo da pagare per mantenere intatto ciò che conta davvero.

    Per Patty: spero anch'io che il domani sia migliore.

    A presto,
    Alessandra

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  12. Il mio testo precedente teneva conto solo dei primi 8 commenti: Grazie Silvia, per il giudizio così lusinghiero!

    "Taglio virile": "non specificato", magari? Qui si che mi piace la vaghezza in poesia... :-)

    A presto,
    Alessandra

    RispondiElimina
  13. capisco che cosa intendi, Alessandra. il tempo macina ogni cosa, dice foscolo. ed è così. ma la lotta della parola contro questo fatto, lei che è un fatto, commuove gli animi e li rinvigorisce.

    credo che il poeta debba tuttavia lasciare che il tempo faccia il suo corso. e amare ciò che passa, anzitutto se stesso, in ogni istante che muore. non tenere nulla. non temere. abracciare l'impermanenza.

    lo so che talvolta sono eccessivamente buddista :-)

    ciao!
    gugl

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  14. Di questo libro ho molto apprezzato la presenza di testi in due lingue, affiancati non in una semplice traduzione l'uno dell'altro, ma in una sorta di risonanza, di complemetarità: a un certo punto non risulta neppure chiaro quale delle due lingue sia stata tradotta nell'altra, e si riconosce che entrambe le stesure concorrono a definire un unico significato, che né l'una, né l'altra saprebbero risolvere completamente, come in un segnale scomposto nell'analisi e ricostruito sovrapponendone le componenti.
    Ho amato la costruzione di immagini-visione, intrinseche alla suddivisione in sezioni (che si presentano secondo lo schema di una sorta ritualità quasi-cibernetica) e ho trovato una piena consapevolezza di tutto questo nella formazione universitaria dell'autrice. Ciò che si raccoglie non è lasciato per caso, e, se "per caso" è nato, per volontà è stato poi lasciato in quel punto preciso.
    Penso ci sia per me ancora molto materiale da esplorare in questi testi, che diverse letture ripetute non possono certo mettere in risalto. Ci vorrà del tempo e ritornare ogni volta sulle stesse parole avendole anche un po' dimenticate, in silenzio.
    Federico

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  15. l'avevo notata anch'io questa cosa della traduzione che, mi dice Alessandra, è di un inglese che vive in sicilia da 20 anni.

    Se vuoi dire due parole in più, Ale, su come avete fatto la traduzione, mi/ci farebbe piacere.

    gugl

    RispondiElimina
  16. Grazie Federico, per l'intervento che riassume le tue belle osservazioni del nostro scambio di email.

    Riguardo alla traduzione: ho sentito questa esigenza
    quando è apparso chiaro che avrei vissuto all'estero.
    Semplicemente volevo che i colleghi, gli amici e la comunità dei poeti qui in Olanda potessero farsi un'idea diretta di quello che scrivo.
    Altrimenti avrei taciuto la mia attività, cosa che ho fatto
    per diversi anni.
    Questa esigenza ha contribuito, a monte, a dare forma alla mia scrittura: credo che dalla sola lettura dei testi in italiano sia rilevabile questa ricerca di traducibilità ed il considerarla un valore.

    Un altro elemento importante è stato l'avere avuto esperienze di
    traduzione (ho tradotto poesia catalana): è un esercizio fondamentale che mette il traduttore in contatto con i meccanismi del testo con una profondità e una concretezza molto difficili da trovare in un contesto di lettura o perfino di studio critico di un poeta italiano.

    Affiancare il mio traduttore mi ha dato l'opportunità, e la prospettiva profonda e concreta che cercavo, di rivedere criticamente i miei testi, spiegare la natura di certe
    operazioni, giustificare tutto. Ed anche eseguire alcuni piccoli
    cambiamenti nel testo originale, motivati da questa rilettura.

    Come raccontavo nel blog di Francesco Marotta, il testo sniper ha avuto una genesi anomala, caratterizzata da una "cecità dell'ispirazione". La traduzione è stata uno dei miei radar.

    La traduzione è stata anche l'occasione di riconoscere come certe espressioni fossero originate dall'influenza della lingua inglese, ed in questo senso la loro traduzione non è stata altro che il loro ritorno alle origini.

    Quindi confermo esattamente la tua intuizione, Federico: i due
    testi si sono influezati dinamicamente l'uno con l'altro.

    Il mio traduttore, Nick Manho,
    è uno scrittore inglese che vive a Catania ormai da vent'anni.

    è un blogger anche lui:

    http://nickmanho.blogspot.com/

    e in questo momento è impegnato a sostenere Obama nelle primarie. I suoi post sono crisp exercises in the dryest english humour. Il suo primo post di febbraio 2008 è dedicato alla raccolta: io ci ho riso per giorni!

    A presto,
    Alessandra

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  17. Sul "come" abbiamo tradotto: in luglio ho preparato una versione preliminare in inglese, che doveva servirmi a chiarire le priorità (ad esempio, nei testi brevi la struttura metrica è in genere più importante delle rime interne, e così via).
    Lui ha lavorato alla seconda stesura (parziale) tenendo presenti le priorità indicate dalla mia versione; io gli ho indicato una serie di punti da perfezionare ed ho proposto soluzioni alternative mentre lui completava la seconda stesura; quindi abbiamo lavorato insieme
    (finalmente nella stessa stanza)alla quarta e definitiva stesura in ottobre, focalizzata soprattutto sull'impianto metrico e le rime.

    Un lavoraccio, ma anche una bellissima esperienza!

    A presto,
    Alessandra

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  18. belle poesie!

    detto da un prolisso come il sottoscritto spero possa suonare come un "... e lode"

    Mario Bertasa

    p.s. fantastica questa vicenda della genesi in un andirivieni tra(s)duttorio fra i due binari linguistici italiano e inglese - come per molti, del resto, lo è nel transito dialetto-lingua, il primo pensiero mi va a Raffaello Baldini
    Allora, Alessandra, il tuo rapporto (eventuale) con il catanese?

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  19. molto interessante il metodo adottato nella traduzione.

    grazie.
    gugl

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  20. Il discorso intorno alla traduzione che ha suscitato Federico è molto interessante per Stefano, mi vverrebbe da pensare, visto che la sua Distanza immedicata presenta traduzioni inglesi a fronte pagina, ma in questo caso, se ben ricordo, la genesi delle traduzioni del libro di gugl è diversa da quella della Seconda natura.
    Notavo un'altra cosa: come in effetti questo libro di Alessandra, dal titolo così "importante", si generi (e a sua volta generi) per parti progressivi (in) una scrittura che riconoscendosi "seconda" si intreccia con un altro grado della scrittura stessa: la traduzione. Un prodotto della seconda natura che racconta di un'operazione in fieri che non può lasciare "intatto" niente e nessuno. Restando al Tao di gugl, la poesia di Alessandra potrebbe anche dire dell'impossibilità di una terza via e/o comunque della ricerca di essa. Ad ogni modo, il libro oscilla tra quella felicità (speranza? ricerca dell'autentico?) e la sua negazione. Io credo che Alessandra abbia tracciato un percorso e sia nel (il?) percorso. In qualche modo è in trincea e di vedetta. La distanza al momento non può essere ancora "medicata", ma la si vive come attesa.

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  21. sì, giusto: si intreccia con la natura della traduzione (che non è unica, com'è noto).

    la "distanza" di Alessandra è, appunto, il suo rapporto con la vita, lo scarto fra i due termini.

    grazie Luigi per gli spunti interessantissimi.

    gugl

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  22. Colpita molto positivamente da questi versi di Alessandra. Una scrittura dalla superficie compatta e asciutta; forte e incisiva, a volte sorprendentemente tenera Mapi

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  23. Grazie Mapi, per le impressioni positive, e grazie, Mario, per la lode!
    Molto interessante il rapporto che vedi: dialetto/italiano = italiano/inglese

    Purtroppo da prima che nascessi la mia famiglia ha bandito il dialetto dalla sua quotidianità, quindi lo capisco e posso anche parlarlo (non benissimo) ma non è una lingua in cui penso, o in cui scriverei poesia.

    E ti ringrazio moltissimo, Luigi (vocativo), per il bellissimo intervento, che mi sembra sviluppi e precisi le considerazioni che facevi sul blog di Francesco Marotta e che mi ha illuminato riguardo alle osservazioni di Stefano sulla felicità/autentico: come dici tu, e come accennava anche Stefano nella presentazione, una volta innescato, il meccanismo mutageno non lascia intatto niente e nessuno. Ed il recupero dell'integrità (in qualunque forma - paradossalmente, lo so - essa si lasci riconoscere) non passa per opporsi alla mutazione ma per accoglierla, arrendere quanto (di sé, della propria vita) si deve, e diventare - come dice Nietzsche - ciò che si è.
    Ed ogni cosa serve a proteggere
    questa "congettura di integrità"
    (parafrasando Gianfranco Ciabatti), ossia il continuare a credere che sarà possibile (saremo capaci di) riconoscere l'integrità nella forma in cui sceglierà di presentarsi, nel futuro, o qui ed ora.

    La poesia è un altro campo in cui il fine giustifica ogni mezzo: ho usato la traduzione come grimaldello per rendere in parte malleabili testi altrimenti impervi.

    A presto,
    Alessandra

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  24. mi piace che, per incontrare me, tu sia passata da Luigi. Dobbiamo trovarci sul serio, prima o poi: chissà che amsterdam sia possibile.

    gugl

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  25. Piace anche a me! Grazie davvero a Luigi!

    E quanto a incontrarci (tutti, o molti) ad Amsterdam: ci sto lavorando e le prospettive sono buone :-)

    A presto,
    Alessandra

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  26. piaciuti questi tratti. mi spingono a cercarli su carta... affascinano.
    non conosco abbastanza l'autrice per dire altro, mi spiace Stefano.
    poi il tempo è sempre quello che è...
    volevo anche salutarti, visto che è da un po' che manco qui...

    ciao alla poetessa e un abbraccio a Stefano :-)

    saluti a tutti!
    Anila Resuli

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  27. infatti, Anila, mi fa piacere rivederti qui.

    buona giornata
    gugl

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  28. I was struck by the sensitivity e tenerezza con cui scrivi su (Raul) Gardini. E' una bellissima poesia, molto delicata, molto commovente, sopratutti per chi conosce un po' la storia (mi ricordo bene il suo suicidio, il suo biglietto). Ma, ed ecco la mia domanda, siccome mi turba leggermente il fatto che sono "biased" da un'immagine molto negativo di Gardini (me lo
    ricordo come uno corrotto che ha fatto fallire Enimont), mi chiedevo se era il tuo scopo di creare un contrasto tra il tono tenero della poesia e il personaggio quasi-criminale? O forse sono io che me lo ricordo
    come un criminale mentre invece Gardini era una persona splendida?
    Comunque, e' davvero affascinante il contrasto, per qualsiasi motivo tu l'abbia fatto!

    Rens

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  29. quindi la lingua inglese è quella in cui puoi riconoscere la tua "seconda famiglia" (che è sempre una seconda natura...

    Mario

    RispondiElimina
  30. @Rens
    et ceteri...

    credo che Gardini sia stato, un po' come il Tanzi che oggi è sotto processo per il crac Parmalat, una persona con tante belle qualità. Purtroppo indicatore eccellente di un dato criticissimo che pochi mettono a fuoco: in Italia la media della classe alto-imprenditoriale ha espresso e continua ad esprimere un gap culturale pazzesco. Un manipolo di persone ricche e poco avvedute continua a trascinare nel baratro l'economia reale perseguendo la logica della "doppia vita": filantropia benpensante quando le porte dei palazzi sono aperte, corruttela sistematica come strumento di competizione economica quando le stanze sono chiuse. Di giorno persone splendide, di notte puttane. E magnaccia coi subalterni…

    che poi qualcuno regga tutto ciò e vada a difendersi in tribunale o che qualcun altro vi intuisca il vicolo cieco e si spari un colpo o che qualcun altro ancora lo sventoli come sistema in tutte le piazze che usurpa è troppo personale, come una carezza, per essere bollato in via definitiva

    Scusatemi lo sfogo, ma è solo per dire che, meno male! ci sono tanti scrittori come Alessandra intenti a lavorare sodo proprio su quel filo di fiducia ostinata nel credere che la strategia comunicativa della poesia possa produrre (checché ne dica PatriziaCavalli) trasformazioni per via estetica in quella che il buon Machiavelli definiva come "realtà effettuale"

    Mario

    RispondiElimina
  31. Grazie del passaggio, Anila, e ricambio il saluto!

    E grazie Rens, per aver postato la tua domanda bellissima e maieutica, che mi fa ritornare su quel 'discorso a parte' sulla carezza che avevo annunciato di voler fare.

    Gardini, per come viene raccontato (e Mario, che ringrazio ancora per l'intervento, sarà d'accordo con me), era una persona complessa: un corruttore prima che corrotto, un uomo spregiudicato, abituato a piegare le regole, un ego enorme, un pirata, un giocatore d'azzardo e molte altre cose; ma anche un principe ed un signore, con un carisma ed un fascino non privo di gentilezza, affettuoso e molto amato dalla sua cerchia ristretta.

    Credo che il suo suicidio sia stato un atto di estrema protezione della grazia che era
    stata la sua vita fino a quel momento. Ciò che mi colpì (che è anche ciò che lega questa poesia all'ultimo testo della raccolta, "sniper:"), o che volli vedere, fu questa separazione così perfetta tra l'assenza di pietà per se stesso e la compassione che mostrò verso i suoi cari: il suo biglietto di addio non chiede scusa per quanto sta per fare (forse perché sa che non ci sarà perdono, o non gli interessa, non vuole ricevere più niente), ma ringrazia per ciò che è stato. Vedo questo ringraziamento come un atto di estrema compassione: l'ultima carezza, con cui cercò di separare il lutto che stava per infliggere ai suoi cari dal senso di colpa che sapeva li avrebbe inevitabilmente attanagliati.

    La poesia è il racconto di un aneddoto personale, se vuoi. Io e il mio compagno discutevamo di questo suicidio, ed io avevo appena appreso del biglietto. Un gioco che facevamo spesso era questo: io gli chiedevo di indovinare qualcosa, lui faceva domande, io gli davo suggerimenti e così via fino alla soluzione. Così decido di chiedergli di indovinare il contenuto del biglietto. Lui ci prova e ci prova (normalmente era velocissimo a convergere sulla soluzione con una breve serie di domande appropriate) ma questa volta non riesce ad arrivarci, le sue domande non lo aiutano.
    Sono quelle cose che si fanno, a volte, in apparenza in modo distratto: senza motivo, gli faccio quella carezza che fissa - come il proiettile di Gardini - l'istante della grazia; lui, come Gardini, viene attraversato dalla (mia e sua) compassione, e pronuncia quel "Grazie" che è suo e di Gardini insieme.

    E mio, adesso.
    Alessandra

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  32. grazie, Alessandra, per questa precisazione-confessione Ti sei esposta, non è facile.

    E grazie a Mario, sempre preciso e giustamente irritato per come sia arrogante il potere, indipendentemente dal destino di chi ne fa una professione.

    gugl

    RispondiElimina