lunedì 19 novembre 2007

Stefano Salvi





Con la poesia di Stefano Salvi tocchiamo la rara sponda della lingua che non nomina il mondo, ma lo rifonda dal suo versante sonoro, e lo esibisce quale collage linguistico pieno di anfratti e lacune, un mondo che già la neoavanguardia aveva colto nel suo esaurimento storico.
Le insidie / Neumi (Lietocolle 2007) fa del lessico, in particolare, l'arma letale del senso, il paladino dello spaesamento, che ci porta per mano sulla bocca del non-senso e ci invita ad agire, scendendo in quel buco nero per cercare il dizionario che ci riporti a galla. Questo salvagente dei chierici, tuttavia, illumina di poco le tessere del collage, e noi ci troviamo ad interrogarci, di nuovo, sul senso del far poesia oggi e su quale pubblico essa pretenda.
Salvi, mi pare, fa una scelta aristocratica, volutamente impopolare, elitaria, ma che nasconde invero un viaggio dentro di sè, un sè pensato come fatto linguistico, grumo grammaticale avvicinabile soltanto per nominazione. Per questo, ogni parola è cercata con la lente, pesata, sagomata affinché meglio interfacci con quel grumo multiplo, che ha perduto la sua relazione con il mondo. La solitudine del poeta, così, è massima; massimo lo sforzo di ricomporre l'incomponibile.




Le insidie

L'ornamento della natura


I

Certe erosioni servono da fumo forte,
ti addentrano in cima
delle flore di poco rovaio,
e calda di ciò che era tolto brevemente;
hai un'infanzia delle dita,
nello scorcio inciso di colpi - racchiusa e detersa
fino al grano vasto nelle masse del tuono.

In ogni luogo aprono
accostature nella semina,
il modo di toccare un istante delle folate
tenute interne: a chi vede nel paesaggio
si varia l'invadenza delle andrene, il dettato
ospitale della calma d'aria. Poi, ancora,
i recessi svolgono in primi barlumi,
annodano lo spessore
in tutto,
l'alto occidente dei tuoi spazi di neve.



III

Vero è che il ramificare soccorre.

I tocchi delle dita non vengono dagli aspetti
d'albero; somigliano
ad un insegnamento unitivo,
continuato nei giorni. In piedi, vicino,
gli occhi stancati.

Sentire spiriti non è
il taglio della piccola temperie, un
susseguirsi puntuale - il poco
che muovono i picchi di torcia, centrati.

Appena, le nervature vedono
sino dagli anni più distanti.



Intorno l'acqua

III

Mette alta voce, dacché
anni lunghi da avere
a modi di interpunzione.
Vengono la membratura, le
strette basse dal mare - oppure
una traversata non è
dall'enorme
polline. Da mille punti ormai
salgono i frangenti
a compiere la retina,

ora con questo soffio certa altra
diatonica
fa tanto cadere.


Neumi

Non pur favolato
è il diffocare da merori,
ma ebure:
sebbene d'evento; procustico anche...
E rare clematidi
e diurnali transegnano
in ordito; l'encomio
dagli asoli
altro nimbarci dicangia,
sé avvicenda ai tridui
con che a noi diluna la sinopia.
Sempre, sotto l'elicriso,
l'icore inoltra
per un trascelto epodo -
sobbacio votivo che controre
traripano - e fornici del passo
invano per lucere
adempiono.


Il fiore del mais

E alcuna incuranza
nel passo, molto
i vincastri del ventilabrio
hanno angoli. L'arare, allora,
si fa pazienza nell'ansa dei carici,
con apposto d'orlo, e -
di spessore poco -
la quinta mattinale, coeva
per ranghi di bacio.

Sente piovere
tanto si è fatta evidenza.

Dei rudimenti del ciclo
rigano la bocca.

Ognintorno,
nel tempo che è il sole d'un mese,
prende buio. Le parole a statura, breve,
ordendo tessuto nella filanda
o contando con i segni dell'abaco
la molitura, gli arbusti del pepe
sulla stuoia.

La ghiera dell'ombrello, a sé - silloge
del sillabario del fuoco.

Ti feci sera per giacervi.


Stefano Salvi (il cui blog è qui) è nato nel 1975 a Varese, dove risiede. Collaboratore di LietoColle, attualmente dirige, insieme ad A. Broggi e I. Testa, “L’Ulisse”, rivista on line di poesia e pratica culturale. Sue poesie e saggi sono rintracciabili in riviste e nella rete. Ha curato, con C. Dentali, presso LietoColle, l’antologia “Il presente della poesia italiana” (2006). Ha pubblicato l'e-book “Il seguito degli affetti” (Biagio Cepollaro E-dizioni, 2006) ed il libro “Le insidie/Neumi” (LietoColle, 2007).

4 commenti:

  1. probabilmente avrei bisogno di leggere con più calma, ma da queste poesie riesco a cogliere a malapena qualche immaggine sfuocata. sono difficili, nel vero senso della parola. forse non sono nelle condizioni, dato che sono a casa di un amico a bere the e a fumare cicche. magari tornerò a dare un occhiata. ma in genere sono decisamente contraria a questo tipo di scelte. già la poesia la leggono in pochi, se poi ci mettiamo anche a fare gli elitari non c'è proprio più speranza!
    a domani, prof!
    ho anche da lasciarle giù la mia ultima poesia! ...sono i suoi compiti per casa!
    patty

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  2. come sai, cara Patty, le vie per il paradiso sono infinite, solo che una soltanto porta in cima.

    per la poesia: mi piacciono gli studenti che s'inventano i compiti per casa :-)

    gugl

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  3. non mi invento i compiti per casa! mi bastano quelli che dà lei! non mi permetterei mai!!! :-)
    le mie poesie e i miei racconti sono i compiti per casa che do io a lei.... ho deciso di chiamarli compiti per casa data l'aria sofferente che si mette quasi ogni volta che le lascio giù qualcosa!
    baci
    patty

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  4. hai ragione, ma è perché lavoro troppo!

    gugl

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