giovedì 21 dicembre 2006

Chiara Cavagna (1963 - 2005)


E' appena uscito Rêve D'Or (Anterem 2006); riporto la mia postfazione e alcune poesie.


Chiara Cavagna ha lasciato soltanto queste poesie, e tracce altre, sofferte, ai familiari e agli amici. Di più non so di lei se non quanto traspare nei versi. Per esempio, che ‹‹bellezza e visione›› hanno trovato nella ‹‹rosa›› l’allegoria prediletta, l’ente cangiante e fragile, esile e provvisorio nel quale riconoscere un modello di perfezione caduca: ‹‹non cercare, non avanzare›› dice Chiara a se stessa, bensì imita la rosa, che ammira la ‹‹luce perfetta›› del giorno; però intanto, per precauzione, proteggiti dietro ‹‹mura fortificate››, cercando rifugio altrove, in recinti privati come la poesia e nelle ‹‹catene di alcool / che producono nuovi fiori››, resistenti al ‹‹gelo›› che fuori ‹‹è tenace››, struggente, insopportabile. Un dolore tutto esposto, il suo, ‹‹Non erlebnis / Ma ékphrasis››, visibile, appunto, una ‹‹esilità›› fatta figura, trascinata pudicamente fra gli umani, nel modo del lento morire di ‹‹organismo e parola››, ossia dell’essere intero, inesorabilmente. È la medesima fragilità della rosa, personificata e colta spesso, come detto, nella sua ieratica contemplazione, senza ripari: ‹‹ti osservo / vegliare del giorno / il rosso luminoso / stare››. In effetti, altro non cerca la poesia della Cavagna, se non di fissare il trattenersi - provvisorio eppure luminoso e sempre mutevole - delle cose nel mondo, attraverso un io narrante che si vorrebbe meditativo, saggiamente posato su quel mutare, ma che si scopre inevitabilmente imprigionato nell’inesorabilità della dissonanza, della ‹‹negazione››, della ‹‹pena››, delle ‹‹profonde ferite›› che la vita gli ha inflitto.
Potrebbe essere un canto francescano, questo, tutto proteso a ringraziare il creato per il suo molteplice fluire, se non fosse che, qui, Dio è assente, perduto per sempre, è il non convocato, il non voluto, l’inascoltato; eppure, la costanza con cui Chiara coltivò il silenzio operoso della poesia e la forza con la quale ella rispose alla sua chiamata, rimettono in gioco la presenza, in lei, di una fede laica, intesa quale fedeltà alla bellezza del vero, pur vissuta in una trama di solitudine e incomunicabilità. L’elemento biografico, tuttavia, massimamente sfuma, celandosi in pochi lampi dolorosi, che il metro tende a ricomporre, donando una grazia formale, per così dire, colata a freddo, tendenzialmente non lirica oppure sensualmente capace di distrarre il lettore, spostandogli l’occhio sul frutto sospeso, leggero, pur senza celargli, del tutto, l’abisso: ‹‹Era l’onda odorosa / il percorso fragile e / mite // l’erica e il suo sangue / diffusi... ››. E ancora, mutando il volo dell’amore coniugale nei vapori di un inferno che batte proprio nel centro degli affetti: ‹‹prima l’arancio che chiede bacio al tuo cuore / poi lo zolfo che lo percuote››.
La preghiera che vibra in queste poesie consiste insomma nel celebrare le meraviglie della natura, nominandole come in un rito o in un’omelia; fra queste, la rosa, oltre che allegoria della vita più vera, ne diventa l’emblema, fino ad elevarsi a geroglifico, icona del Bene che toglie, invocandola, i mali del mondo: Rêve d’Or, Mme. Hardy, Viridiflora, William Allen Richardson, rosa Safrano, Madame Constant Soupert (qui nominata soltanto ‹‹constant››), Souvenir De La Malmaison, Gruss au Aachen, Rosa Banksiae, Rosa Guinée, Souvenir du Dr. Jamain, Ghislaine de Féligonde aprono ciascuna una via di fuga, un rifugio per l’occhio ed il cuore, sono l’abbraccio in cui perdersi, ma si presentano anche come parole enigmatiche (e perciò massimamente evocative), che escludono il lettore distratto o chi non ne abbia praticato il culto, di certo pagano. La Cavagna non fa nulla per condurre fuori dell’oscurità l’adepto, segno inequivocabile di una scelta di vita e di un’idea di scrittura che non prevedono pedagogie, percorsi intermedi, avvicinamenti graduali. La sua poesia, infatti, brucia tutta nell’illuminazione temperata dalla ragione, nel ‹‹raro pensiero / ... folgorante››, in quell’incandescenza ossimoricamente fredda che trova nella ‹‹purità del giorno›› la sua meta e che il pasoliniano ‹‹transumanar›› dell’ultima poesia ci suggerisce; termine d’ascendenza dantesca, invero, e che rinvia all’ascesa spirituale, alla celeste purezza, appunto: ‹‹Cielo è ‘Rêve d’Or’, e amore rosa di luce››. Ecco dunque il ‹‹Cielo››, vivo come la rosa che tenacemente si rinnova (quella ‘Rêve d’Or’ che, proprio in grazia del suo saldo rifiorire, incarna per eccellenza l’allegoria della rinascita) e luminoso come l’amore appena nato (di cui il colore rosa è simbolo), ecco il Cielo che abbraccia il creato, trasformandolo in poesia. Ed è subito sera.



*

distese l'ardore
la levità dell'oro
intimo il suo supremo suadere
dolore
chiedi il raro pensiero
così folgorante assiduo
morte
stilla il lentissimo sangue
e il tuo vibrante
nell'acuto splendore
come veduto sorridere
un giorno purificato



*

all'esile
noi poniamo gli arti
le labbra
che sia
fronda dal dorato moto
o piccolo sito
silente ardesia che
traduce del camminamento
una stasi
trafitta nel bagliore
percosso sui larici multipli
ti osservo
vegliare del giorno
il rosso luminoso
stare



*

Veglia il mio vasto oceano
dove lunghe catene di fiori penetrano
nell'acqua scintillante
e ne escono molli e baciate da uno zaffiro
cupo
i miei piedi sono divenuti marini
e lunghi e pieni rami circondano le mie braccia
la centaurea vibra allo scuotere
ma non scorgo alcun cristallo
E una rosa dolce che viene all'estremità
ponendo giuntura nell'umido
una "William Allen Richardson"
che copre i miei piedi
Le tue lacrime hanno
il sogno dorato
dal quale proviene
bellezza e rarità fino quasi
l'autunno
ma sono gli occhi iunctura
callida iunctura dal tuo azzurro
al mio



Safrano

schegge appuntite amaranto spiano dal grigio
fogliame
con velocità legame con il tempo giornate ore
vibrano in un folto perenne
prima l'arancio che chiede bacio al tuo cuore
poi lo zolfo che lo percuote
numerose dilatazioni
secrezioni con dolci sfumature
"Safrano", poni il tuo capo e dolcemente
riposa, innumerevoli petali hanno conosciuto il vigore
dell'acqua, e rose sono cadute per gli occhi
addolciti poiché amore conosce il suo eguale
Ma dall'ultimo usa il colore per un nuovo stato
essence
per una fioritura suprème Constant
e per un nuovo lirismo

19 commenti:

  1. CHIARA CAVAGNA (1963-2005), agli studi e alla ricerca pedagogica ha sempre associato una preziosa attività letteraria, che per molto tempo sceglie di non rivelare. Solo negli ultimi anni della sua vita decide di far conoscere i suoi lavori poetici presentandoli a un sia pur ristretto numero di critici e partecipando ad alcuni premi di poesia, tra cui il Premio Lorenzo Montano, dove risulta finalista sia nel 2004 sia nel 2005. Nel 2004 inoltre partecipa con una lettura di suoi testi ai lavori della prima edizione della Biennale Anterem di Poesia.

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  2. grazie Rita, auguri a te!

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  3. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  4. Che cosa assurda: ho letto la prefazione e non ho ancora letto un solo verso... credo di aver bisogno di un po' di riposo... ;)

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  5. "eppure, la costanza con cui Chiara coltivò il silenzio operoso della poesia e la forza con la quale ella rispose alla sua chiamata, rimettono in gioco la presenza, in lei, di una fede laica, intesa quale fedeltà alla bellezza del vero, pur vissuta in una trama di solitudine e incomunicabilità"
    questo passo della post fazione è meraviglioso, nel senso che non avevo mai considerato la poesia come "chiamata", eppure trovandolo scritto mi accorgo di quanto sia vero, la meraviglia appunto, eppoi la "fedeltà alla bellezza del vero", che è il senso di ogni mia azione, idea, volontà, e non so quanto ci riesca, poesia.
    Quanto alla poesia del''autrice qui proposta, mi dispiacer dover ammettere che stavolta la postfazione la supera in bellezza,ahimè, ma questa è soltanto la mia opinione.
    buonanotte Stefano

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  6. è spietatamente deliziosa, deliziosa.
    grazie Stefano.

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  7. Cara Ali, in effetti, "la chiamata" non è soltanto una vocazione religiosa, ma ogni voce e gesto che riconosciamo come necessari. Grazie per le cose che hai scritto.

    Cara Silvia, un saluto a te.

    Voc, carissimo (non siate gelose è:-)... Un po' di pausa non fa male a nessuno e tu te la meriti proprio.

    Caro Gabriele, hai capito adesso come funzione il meccanismo?

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  8. Le poesie di Chiara Cavagna sono notevoli, purtroppo non la conoscevo. Se senti Ermini digli di mandarmi il libro, mi piacerebbe parlarne in giro...
    Auguri.
    Elio Grasso

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  9. gli farò una mail. credo che questa donna, che ha avuto una vita davvero difficile, meriti qualcosa di più dell'oblio.

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  10. La tua stupenda nota (un caso di "communio", come chioserebbe Voc) l'ha già strappata all'oblio. Per sempre.

    I più cordiali e sinceri auguri a tutti.

    fm

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  11. Mi hai fatto venir voglia di comprare il libro... Belle poesie davvero. Buone Feste! Luca Paci

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  12. Ciao Francesco e ciao Luca, carissimi auguri anche a voi. A rivederci qui e altrove.

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  13. Ciao Stefano. Spero di rivederti presto.

    Un abbraccio natalizio ai tuoi cari.

    fm

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  14. AUGURI DI BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO AL PADRONE DI CASA E A TUTTI I SUOI GENTILI OSPITI!!
    pepe

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  15. Ho letto il libro. Questa poetessa non deve essere dimenticata. Vorrei sapere qualcosa della sua vita.

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  16. della sua vita non so quasi nulla nemmeno io. dopo la sua morte, i parenti hanno trovato in Anterem l'editore disposto a pubblicare gli scritti di Chiara. Abitava ad Ala (TN). In questo libro ci sono le sue uniche poesie leggibili, frutto di una preselezione compiuta da Flavio Ermini. Io ho potuto visionare soltanto queste. Sarebbe stato meglio, lo so, avere a disposizione l'intero corpus.

    ciao Roberto, scusa i lritardo con cui pubblico il tuo intervento.

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  17. che cosa assurda...io mi chiamo chiara cavagna!!! solo che ho 24 anni...è bellissimo scoprire che una persona con il tuo stesso nome è capace di scrivere tutto questo...

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  18. Era una persona speciale.., sola...

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