venerdì 18 aprile 2008

Daniela Cabrini



Il primo libro di Daniela Cabrini uscì nel 2001 con il titolo Tempo presente (LietoColle). L'idea strutturale che ne regola i testi mi sembra sia la seguente: dato uno spazio vuoto, riempirlo con caselle-parole ognuna dotata di particolare suono-ritmo-colore-senso. Il risultato è uno spazio mobile (sostenuto in particolare dai gerundi) e pluriprospettico, che si vuole metafora del tempo. Uno spazio con differenti fuochi, che graduano la temperatura del tempo, e con una fluidità differentemente coesa, tale da permettere al lettore di fare esperienza della durata. Anche in attraverso interni (Lietocolle 2007) il tempo è centrale. Esso domina attraverso l'avverbio "sempre", usato quale sinonimo di ciclicità naturale, di caducità, ma anche del nietzscheano eterno ritorno dell'uguale. A dare scansione regolare, a uniformare questa pluralità funzionale, sono le terzine, modulate da una voce temprata, tesa a distillare l'esperienza in frasi lapidarie e, perciò, classiche, alle quali tuttavia non manca il tremore per ciò che il tempo toglie, per le cicatrici che lascia. Il titolo del libro, attraverso interni, sintetizza questo doppio movimento, al tempo stesso, spaziale e intimo, racconto di un viaggio dove la natura (l'esterno vitale) è assente, e perciò realizzato in spazi chiusi, delimitati dalla relazione duale, ma anche un viaggio interiore fra le pareti dell'io, per ricavarne, dantescamente, virtù e conoscenza.



da Tempo presente

*

cosa distingue il fiato
dalla polvere nell'aria
a bocca aperta a nuvola
come fumo disperdendo
le orme i passi lasciati
e sassi


*

non dicono parole avvitate nel buio
orme coperte riportate in vita tutto
accade in gesti vivi all'interno
un nome parola scia luminosa evita
anni di vuoto inseguendo


*

non essere sospesa in altro
infinito scarto d'intesa nulla
simile al sentire gestito falso
strumento sguardo di resa invariante
l'attesa nel coro del tempo sconcerta




da attraverso interni


*

così seguo da molto vicino la fine del volo
non in prossimità non è soglia all'interno
il limite da te fissato era dove io ero infinito

sempre è durante e durata volge a fine
così sopravvive allo spavento chi vive
somigliante al respiro di un'ombra

sempre è durata e durante volge a fine
sotteso all'esistere certo
capovolge il tempo in gesto


*

sempre la disciplina è movimento e cura
attesa durata nelle solitudini delle presenze
di scarto attento si svuota non trattenendo


*

così non si vive così si trattiene acqua
amara è l'ora priva del desiderio
peccato è saperlo in ogni tratto di pelle

sempre è distanza e mai è non abbastanza
tengo la curva della tua voce atonale
sei nei versi una vicinanza di vuoti

sempre è onda riflusso riflesso d'ombra
risacca e spuma e l'onda torna con sé
lasciando nuova acqua al nostro fiume


*

vivere è continuo spostarsi
dove portare il mio nome
cosi lontano

sono le parole non dette
non accolte le parole non dette
ci sorprendono davanti al mare

così ti fermi al gesto compiuto
atteso da lunga stanchezza
disegna il tempo il mio viso


*

sempre è tempo che passa
nel sole ritorna il canto
offre la voce al segno

bersaglio spostato ruota
la freccia a distanza guidata
rovescia il dolore in attesa


*

così non è cura muovere
il tempo in clessidre diverse
le mani per togliere sabbia

sento l'affanno interno agire
in accordo col proprio disegno
perturba lo sfondo non entra



Daniela Cabrini è nata a Cremona nel 1961. Compie studi scientifici e si laurea in Matematica. Inse­gna e vive a Cremona. Ha pubblicato Tempo Presente (LietoColle, 2002). È presente con un suo intervento di Matematica in I nomi propri dell'Ombra (Moretti&Vitali, 2004). Sue poesie compaiono in: Rane, un dito nell'acqua (I Qua­derni di Correnti, 2004) e I mondi creativi femminili (Lie­toColle, 2006). È co-curatrice dell'edizione 2006 de Il segreto delle fragole.

18 commenti:

  1. Leggo tra le righe di Daniela una sorta di bilanciamento tra attesa e movimento, quasi una sospensione di distanza, tematica che mi trova in sintonia con le sue parole. Ringrazio Stefano di avermela fatta conoscere in questi versi che, nonostante percorsi comuni, non avevo mai incontrato
    un caro saluto
    alessandro assiri

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  2. grazie alessandro per il commento.

    gugl

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  3. tempo duale o molteplice - sempre significa una sola! volta, così il tempo mescola cerchi concentrici... grazie dell'ospitalità, ma soprattutto grazie per l'accostamento dei due libri, che muovono il mio tempo. un grazie anche ad alessandro assiri presente nel mio cammino attraverso i suoi versi.
    daniela cabrini

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  4. ciao Daniela, graditissimo il tuo intervento.

    gugl

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  5. la sensazione che mi stimola questa lettura è che Daniela Cabrini lavori con consapevolezza e argutezza sul doppio binario di un tempo matematico e di uno psicologico, da cui la percezione, dichiarata, di continuo “bersaglio spostato” (sbaglio a leggervi un richiamo alla teoria dell’indeterminacy relativa alla misurazione delle particelle subatomiche?).
    l’oggetto-tempo permane così illeggibile, indecifrabile, pur nella sua continua messa a fuoco cronometrica che interseca il piano della esperienziale “durata” intesa secondo la celebre distinzione che Bergson ne diede rispetto al tempo

    un’attenta analisi metrica può riservare ulteriori sorprese.
    un esempio (valevole per tanti altri passi):
    1 vivere è continuo spostarsi
    2 dove portare il mio nome
    3 così lontano

    [correggo il “cosi” senza accento, giusto?]

    (^ vocale accentata –vocale non)
    1 ^--^-^--^- 3+2+3+2
    2 ^--^--^- 3+3+2
    3 -^-^- (1)+2+2

    (in suggestioni musicali)
    1 emiolico – ritmo per eccellenza del continuo spostamento del baricentro della frase melodica, in cui si alternano cellule ritmiche in 3 e in 2 tempi
    2 terzine – ritmo della fluida scorrevolezza, della giga, della tarantella, del valzer, ecc.
    3 anacrusico – il cosiddetto “in levare”, che è anche nella poesia classica il vigoroso giambo

    però (e qui una squisita sensibilità matematica non può agire solo d’istinto) quel verso 3 manca di qualcosa, non ha simmetria col resto, trasforma un’armonia giocosa di 18 sillabe (versi 1+2) in un’irresoluta dissonanza di sillabe 18+5=23 (numero primo!) e per giunta, a differenza dello stacco netto fra 1 e 2 risulta legato al precedente da quella sillaba anacrusica, la co- di “così”, la quale più che l’inizio di un nuovo verso, sembra la continuazione degli scorrevoli piedi trisillabici avviati dal verso 2 – quindi l’effetto “mancanza” è ancor più rinforzato

    e questa mancanza coincide con un perentorio “così lontano” – che dopo di sé nel suono vorrebbe ancora qualcosa, ma diviene afasico nella percezione della lontananza del “mio nome” che il valzer in tre tempi del secondo verso ha “portato” ad essere tale

    (pare che in questi “giochetti” si crogiolasse un certo signor Petrarca…)

    Mario (ho fatto un anno di Politecnico prima di passare a Lettere) Bertasa

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  6. L'esperienza è quella della durata interiore, di un fluire continuo, intermittente,indistinto a cui resta estraneo lo spazio nella sua percezione immediata. La durata è movimento puro, che non ha nulla in comune con lo spazio. Se manca ogni molteplicità, non c'è distinzione tra il prima e il dopo, i momenti non succedono, sfumano l'uno nell'altro,fondendosi.A tratti la 'misura analitico-metamatica' appesantisce il valore degli enunciati, 'fuori' dallo spazio, dividendo così l'inscindibile spazio-tempo...
    R.

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  7. nello spaziotempo si perde la distinzione dello spazio rispetto al tempo - un solo segno muta l'evento in tempo o spazio. un solo segno, come in poesia: una parola mancata, un trattino, un vuoto. la perdita dei fondamenti conduce in fondo, al pericolo, e l'esercizio del dubbio presta orecchio a ritmo e passi. mario ha rintracciato bene il mio cammino- matematica, astrofisica, relatività generale e cosmologia-così come in poesia l'agire per sottrazione e rovesciare la simmetria in mancanza. grazie ad R. per aver sentito il limite ( o, al limite infinito essere asintoticamente vicino alla mia stessa consapevolezza)- giocare con sintesi/analisi non "sempre" riesce. è stata una mia scelta: ho preferito appesantire piuttosto che sciogliere il metro e il gioco.
    daniela

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  8. Asindeticamente...sono vicino a quel pensiero che fa coincidere la sintesi (composizione dell'essente) all'analisi(scomposizione dell'essente),in un unico sguardo d'insieme, senza scindere, distinguere, disperdere l'infinito essente circolare..ellisse..
    R.

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  9. ma che belle analisi fuori dalle accademie! grazie amici per questi ultimi interventi!

    gugl

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  10. pensa che bello, caro Stefano, un festival popolare di poesia (popolare = che non intercetti solo gli addetti ai lavori) in cui accademia e non accademia possano, riconosciuti reciprocamente i propri rigorosi approcci, confrontarsi ad un tavolo comune su temi tipo "poesia come arte del cambiamento sociale", "uno, nessuno, centomila poeti", e chissà quanti altri...

    Mario

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  11. sarebbe bello, ma l'accademia tiene chiusi i suoi fortini.

    gugl

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  12. magari fossero Fortini, Stefano.
    cb

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  13. già, anche se Afribo un piccolo sforzo l'ha fatto. E così Cortellessa.

    gugl

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  14. Daniela,agire per sottrazzione che meraviglia, in questa cultura da "rewind" dove ci si illude di riscattare l'esperienza
    camminando a ritroso

    perchè non lo tentiamo quel festival...un caro saluto
    alessandro assiri

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  15. Alessandro, cominciamo sottraendo una zeta a "sottrazzione"? :-)

    gugl

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  16. ops sorry, l'eccesso delle zeta è un delirio alla zorro::)) o perchè noi emiliani le pronunciamo sibilanti, sembrano sempre di più...
    alessandro

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  17. scherzavo! :-)

    gugl

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  18. anch'io ci mancherebbe, sorrido...
    alessandro

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