Nella prefazione a Catasto ed altra specie (Fara editore, 2006) di Antonella Pizzo, scrivevo che il libro «organizza, nei suoi lucidi archivi, esperienze, sogni e bisogni messi in scena con masochistica intenzione o sarcasmo o tenero abbandono, nella convinzione che, il passato, soltanto la fiaba lo possa riscattare ed il futuro sia mosso dall’"ingiustizia cieca"; intanto, "nel profondo/ l’urlo" macina, corrode voglia e pazienza, s’ingoia il destino. E allora non resta che il presente, "il dato della percezione" che s’innerva nelle mani, negli occhi e infine nella pagina, in queste poesie cesellate a secco, dove gli spigoli vivi del sensibile sbriciolano al calore di un sentire profondamente umano, vissuto sul filo del "precipizio", ma per niente rassegnato ad "una morte lenta/ quasi indolente"».
Nel suo ultimo libro – In stasi irregolare (Le Voci della Luna, 2007), che ha vinto il premio "Giorgi" l'anno scorso – la cornice impiegatizia del precedente svanisce, per lasciare scoperto il luogo che la vita è nel suo fluire collocato, nel suo stare senza riparo, in precario equilibrio lungo l'asse circolare di un presente narcotizzante, ma non abbastanza da impedire la consapevolezza «d'essere bile e fiele/ [...] mota nera» in un intorno di rovine. Se prima, in Catasto, speranza e comunità svolgevano un ruolo attivo, riscattando in parte «l'anima malata», ora i conti vengono resi senza orizzonte, nel buio di un'invocazione tutta interiore, a colmare lo strazio della perdita: «come vorrei che tu venissi a trovarmi/ di notte quando il fiato pesante/ s'impicca alla finestra». Eppure, talvolta, questo buio ha i tratti della madre terra e del lavoro che la poetessa compie per rifondarne la natura fecondante. :Lo si capisce dai verbi usati, spesso d'impronta contadina (voltare e rivoltare, intrecciare, molare, scavare, disossare, seminare), la cui forza vivificante lotta con verbi dal tratto violento, come: ferire, precipitare, perforare, divorare, divellere e, appunto, impiccare. Si tratta di una lotta combattuta in due («ho un marito buono e forte/ con grandi mani e baci/ che mi consola sempre»), anzi in tre, visto che la loro figlia, Paola Pluchino, ha arricchito il libro con fotografie dal forte impatto allegorico, dove la materia visiva sgranata dice la corrosione interiore della voce narrante, ma anche la volontà di comunicare un sentire comune, una pietas condivisa. In stasi irregolare è un libro sulla necessità del prendersi cura, sul bisogno che l'umano sentire sgorghi e scorra sull'alveo di una solidarietà sincera, laddove ora naufraga nel chiacchiericcio mondano, nel perbenismo ipocrita, nella prassi politica dal corto respiro.
da In stasi irregolare (a nord e a sud)
Qui
I
si provò il supplizio della roncola
l'indizio, l'orma, la traccia della falce
la lingua fu voltata e rivoltata
si cospirò d'ondulate festuche
c'era un' aria di solletico quel giorno
e i soffioni frusciavano fra loro
sotto lastroni di basalto la bella
rumoreggiava in linda camicetta
oh lenzuola larghe e bianche ossa
ossa orizzontali ossa
oh castagne pallide
latte e capelli ed ossa
oh lunette rosse
orbite svuotate ed ossa
oh mie morbide ossa
ossa verticali ossa
dove il mio sangue, dove la mia carne, dove le mie ossa
vita che mi si è strappata addosso
come un foglio di carta cinerina
qui è un dormiveglia in riparo dal crack
e spesso anelo a vetri trasparenti
Nel suo ultimo libro – In stasi irregolare (Le Voci della Luna, 2007), che ha vinto il premio "Giorgi" l'anno scorso – la cornice impiegatizia del precedente svanisce, per lasciare scoperto il luogo che la vita è nel suo fluire collocato, nel suo stare senza riparo, in precario equilibrio lungo l'asse circolare di un presente narcotizzante, ma non abbastanza da impedire la consapevolezza «d'essere bile e fiele/ [...] mota nera» in un intorno di rovine. Se prima, in Catasto, speranza e comunità svolgevano un ruolo attivo, riscattando in parte «l'anima malata», ora i conti vengono resi senza orizzonte, nel buio di un'invocazione tutta interiore, a colmare lo strazio della perdita: «come vorrei che tu venissi a trovarmi/ di notte quando il fiato pesante/ s'impicca alla finestra». Eppure, talvolta, questo buio ha i tratti della madre terra e del lavoro che la poetessa compie per rifondarne la natura fecondante. :Lo si capisce dai verbi usati, spesso d'impronta contadina (voltare e rivoltare, intrecciare, molare, scavare, disossare, seminare), la cui forza vivificante lotta con verbi dal tratto violento, come: ferire, precipitare, perforare, divorare, divellere e, appunto, impiccare. Si tratta di una lotta combattuta in due («ho un marito buono e forte/ con grandi mani e baci/ che mi consola sempre»), anzi in tre, visto che la loro figlia, Paola Pluchino, ha arricchito il libro con fotografie dal forte impatto allegorico, dove la materia visiva sgranata dice la corrosione interiore della voce narrante, ma anche la volontà di comunicare un sentire comune, una pietas condivisa. In stasi irregolare è un libro sulla necessità del prendersi cura, sul bisogno che l'umano sentire sgorghi e scorra sull'alveo di una solidarietà sincera, laddove ora naufraga nel chiacchiericcio mondano, nel perbenismo ipocrita, nella prassi politica dal corto respiro.
da In stasi irregolare (a nord e a sud)
Qui
I
si provò il supplizio della roncola
l'indizio, l'orma, la traccia della falce
la lingua fu voltata e rivoltata
si cospirò d'ondulate festuche
c'era un' aria di solletico quel giorno
e i soffioni frusciavano fra loro
sotto lastroni di basalto la bella
rumoreggiava in linda camicetta
oh lenzuola larghe e bianche ossa
ossa orizzontali ossa
oh castagne pallide
latte e capelli ed ossa
oh lunette rosse
orbite svuotate ed ossa
oh mie morbide ossa
ossa verticali ossa
dove il mio sangue, dove la mia carne, dove le mie ossa
vita che mi si è strappata addosso
come un foglio di carta cinerina
qui è un dormiveglia in riparo dal crack
e spesso anelo a vetri trasparenti
VIII
i versi declamare
i verbi le rime sussurrate
ma sulle lingue schiaffi
e sulle guance appuntate spilli
vacillo nella passeggiata
in cerchio mi frenetico
(oh le chiacchiere e i denti intatti
la bocca settembrina
l'ombrello a stecche, oh il piede bianco
la caviglia, le sete)
discinta m'accovaccio
attizzo il fuoco, lo frano
le travi in legno il tetto e le pareti
i quadri, la tavola rotonda su tre gambe
e m'accovaccio ancora e apro e slargo
è mutamento di frontiere, è
periscopio, prisma
e sulla mano le linee più non reggo
In stasi irregolare
I
come vorrei che tu venissi a trovarmi
di notte quando il fiato pesante
s'impicca alla finestra
quando all'aceto si fa l'abitudine e sotto le lenzuola
il dolore è recitato ora e per ore nel prossimo grano
se tu t'avvicinassi alla mia porta
con il vestito sporco di terra
nelle tasche i lombrichi grassi
con le tue quattro ossa in mano
nella mano d'ossa e le orbite vuote
con un pugno di denti da contare ad uno ad uno
non avrei paura del rumore delle nacchere
delle conchiglie spezzate sotto i piedi
t'abbraccerei piano
per non sconvolgere la tua struttura fragile
ma se tu tornassi di notte e vuota ti riempirei di foglie e paglia
e i vuoti e ancora nei capelli e ancora fiori a collane
ancora a fasci ancora intatti come quando
t'allontanasti senza chiedere se potevi
a lasciarmi gli occhi a rotolare e i baci di madre pure
IX
e se per pietre miliari, se per pietre
se per sempre bambina snocciolare ciliegie
ella è cipria e talco
strato d'argilla e ocra
e se scavo pesante e sudario
se acque, ruscelli e vapori
poi pioggia nel niente
poi fosso
nel soffio di Dio
si scioglie
Nel prima nel dopo forse
III
sarei già sazia grazie
nascita morti amori a non finire
poi crescendo in solco
pianta arbusto ramo
frutto colto
in natura m'attorno
e poi m'adorno in limitare
di frasche, allori
mi cingono e in dita inanellate
campanule
solleticano la speranza
di tagliate radici
oh miei tarli compagni
di questa mia
partita giunta ormai alla fine
miei mutamenti estremi
miei rigori
*
in me in te si riconosceranno i nuovi nati poi dimenticheranno che siamo stati noi prima di loro, non ricorderanno che parlammo tanto e camminammo sempre che visitammo luoghi e pane e fili e tele ritagliammo, impastogenito che fu e più non è. solo una volta entrando in una stanza la porta accostata il sole brilla lo specchio e un'ombra ed un odore, un riso, le ali di una mosca un soffio d'aria il vento si ricorderanno e per un istante, diranno ecco abbiamo già visto prima e altrove già sentito questo canto
Antonella Pizzo nata a Palazzolo Acreide (Sr) nel 1954, vive a Ragusa ("madre, moglie, economa al catasto"). Ha ricevuto numerosi riconoscimenti in concorsi letterari (tra i quali anche la migliore sceneggiatura per il cortometraggio // passaggio a I corti di Mauri, Roma 2005). Ha pubblicato il romanzo Di rosso smunto (Prospettiva editrice, 2004), le sillogi pluripremiate in dialetto siciliano Strati, E su parali nuovi, Comu'n dumi lientu; le raccolte di versi Fra poco l'autunno (Kult Virtual Press, 2004), A forza fui precipizio (Lietocolle, 2005), Catasto ed altra specie (Farà editore, 2006), In stasi irregolare (Le Voci della Luna, 2007) e gli e-book / morti non sono nervosi (Feaci edizioni, 2007) e Partenope (Edizioni Biagio Cepollaro, 2007). Suoi lavori sono presenti su antologie poetiche fra le quali Verso i bit - poesia e computer (Lietocolle, 2005), Lo stormo bianco (Edizioni d'If, 2006), Il segreto delle fragole (Lietocolle, 2006 e 2007), Stagioni (Lietocolle, 2007), nonché su siti letterari in rete di cui è una attenta conoscitrice. È stata redattrice e co-fondatrice della rivista on line "L'attenzione" e collabora con la rivista telematica Tellusfolio. Ha gestito il sito Poetienon ed è fondatrice e curatrice del blog collettivo femminile letterario Viadellebelledonne.
mi commuove sempre leggere:
RispondiElimina"come vorrei che tu venissi a trovarmi"
profondamente
ha scritte molte belle poesie, antonella, ma questa è, a mio avviso, il suo capolavoro
probabilmente hai ragione.
RispondiEliminabentornata a te!
gugl
comunico ad Antonella (sempre che non abbia nulla in contrario) che userò la sua poesia "Come vorrei che tu venissi a trovarmi", in un laboratorio di Poetry Therapy che terrò a Padova il 27 settembre, sul tema della perdita e del lutto. Ciao e grazie, GTZ
RispondiEliminascusate ma mi sto antipatica e non la vorrei commentare questa pizzo ma sento di dover ringraziare stefano per questo post e per
RispondiEliminaquesta attenzione.
ali se la mia poesia capolavoro, quella di una vita l'ho già scritta allora è inutile scrivere ancora.
Giovanni puoi certamente usare la poesia nel laboratorio, spero possa essere utile a chi ha subito della perdite. una poesia "utile" è il massimo per una poesia. se la poesia non è utile non serve scriverla e farla leggere. ci sono perdite che sono come baratri infiniti o pozzi in cui non si vede mai il fondo. quando scrissi catasto ero in un momento di quasi pace, o finta pace con me stessa e il mondo, indugiavo nei ricordi di un'epoca che mi aveva vista felice impiegata rifiutavo di fare il viaggio che poi ho fatto e che in effetti mi era necessario. ma non sono certa al cento per cento di quel che dico. caso mai torno domani :-) buona serata a tutti antonella
fin dai primi tempi che mi sono imbattuto nella scrittura dell'Antonella, m'ha colpito la facilità, la destrezza, la spontaneità della "sua" parola poetica. colgo in questi testi una maturità ineccepibile, ben riscontrabile nella poesia "utile" sopra citata, ma anche nelle altre, prosa compresa, che trovo imperfettibile.
RispondiEliminaun saluto ad Antonella e al cortese padrone di casa.
roberto
sulla "spontaneità" di cui parla Roberto, c'è da dire, credo, che è frutto del talento e dell'esercizio. nessuno sfogo o passo garibaldino, dunque.
RispondiEliminaciao a tutti!
gugl
com'è il passo garibaldino? :-)
RispondiEliminaantonella
un caro saluto a red mio amico da sempre. grazie! a.
RispondiEliminaora che ci penso lo so com'è, è alla garibaldina, appunto, come questi miei commenti. buona giornata! a.
RispondiEliminasì, appunto :-)))
RispondiEliminaciao cara!
gugl
ma no antonella, il capolavoro è sempre di là da venire, finora mi sembra così come ho detto, ma poi chi sono io per dire questo o quello: solo una lettrice imperfetta
RispondiEliminaciao Stefano
ciao!
RispondiEliminagugl
una bella scrittura
RispondiEliminaè un bel sentire, sempre.
mi piace poi molto
il contenuto dei versi,
con quel superamento deciso
della punteggiatura ...che
lascia il ritmo pieno
solo al lettore
.toninovaan
Grande.
RispondiEliminafm
a me il fuoco franato.
RispondiEliminaa me il sostare qui
nella lettura. egoisticamente.
egoisticamente grazie, prendo.
un caro saluto ad antonella
e a tutti.
paola
questo è un libro che ha ricevuto poche recensioni al di fuori della rete. è un peccato!
RispondiEliminagugl
in verità neppure tante in rete, due-tre- non di più. che sia un libro che lascia senza parole?buona domenica e grazie di cuore a fm, e a paola, e a tutti. a.
RispondiEliminaHo sempre un grande piacere a leggere e rileggere le tue poesie.
RispondiEliminaLucetta
Questa poesia, Antonella, la tua, porta a tracce e passi che vanno dalla tragedia alla grazia. .
RispondiEliminaLa non chalance, la noncuranza e la libertà, sono dono che compete ai puri di cuore.
Questo quel che umanamente e poeticamente (qui intrecciati,e guai a dividerli!) mi preme di dire, lo dico.
Lo so cosa vuole dire essere "sazie" della vita..non lo ripetere, sussurralo come preghiera, sennò di notte quelle visite cui tieni non verranno.(ho visto lui, mio padre, di recente tornare in sogno con una valigetta nella sua camera: ora che sa che sarà data via venduta con furia, fatta rubare, lui torna. Aveva metà viso da vivo, e l'altro no, con tanti lividi.E mentree strappo le edere che entrano invasive opsiti dalla finestra,lo prego.
Poi prego Il padre Nostro, che è nei cieli..
Ciao cara, da Maria Pia Quintavalla
la figura retorica dell'anafora, in poesia, è una delle più delicate, può risultare tanto un meccanismo biecamente ripetitivo, banalizzante, quanto un escamotage formale, una scorciatoia quando non è assolutamente chiaro all'autore il nesso forma-contenuto con cui dovrebbe invece cimentarsi
RispondiEliminama anche, se usato con sapienza, un possente mezzo di svelamento, come il ritmo dei colonnati che compaiono nei paesaggi metafisici di De Chirico, anafore di archi e colonne asciutte che scavano alla ricerca di un oltre
la seconda strofa del testo che apre la sezione "Qui", con l'anafora, non geometrica e in posizione rima, di "ossa" potrebbe essere usato in una lezione sulla scrittura poetica come esempio di ottima e non superficiale anafora
Mario Bertasa
grazie per gli interventi. tutti autorevoli.
RispondiEliminagugl
ho il libro qui accanto a me.
RispondiEliminaavete già scritto della poesia di Antonella; io dico solo che sono d'accordo, è una scrittura originale e consapevole, una bella voce non gridata ma forte, a cui va la mia stima.
francesco t.
Mi scuso con tonino, non l'ho ringraziato, il suo commento non mi era sfuggito ma il mio ringraziamento m'era rimasto nella tastiera-testa. ringrazio la cara maria pia sempre attenta, LEI non viene mai perchè non ha motivo di tornare, mi è stato detto da persona "autorevole" che lì dov'è, se la passa molto bene :-) meglio di qua che notoriamente è una valle di lacrime. ma tuo padre nella valigia cosa porta? lascialo andare, non lo trattenere.
RispondiEliminagrazie a lucetta che ha avuto problemi di connessione. a mario per la "storia" dell'anafora, lo ammetto, m'è venuta bene, non l'ho scritta con scienza e coscienza nel senso che ho pensato che l'anafora deve essere così e colì... ma m'è venuta bene in effetti e ne sono orgogliosa. è un canto per questo è in anafora. grazie a francesco t per la stima. e sempre grazie a stefano che non mi ha mai fatto mancare il suo parere in questi anni (tanti? pochi? troppi?) che ho dedicato alla poesia. un caro saluto a tutti antonella
io - per non ripetermi- cito quanto scrissi su Antonella, offrendo il link:
RispondiEliminahttp://antonellapizzo.wordpress.com/2008/04/27/fabiano-alborghetti-legge-in-stasi-irregolare/
Fabiano Alborghetti
vedo con piacere che chi doveva passare di qui, per leggere questo post, è passato.
RispondiEliminami pare sia un bel gesto di stima per Antonella, che seguo da un paio d'anni, forse di più (ma non sono troppi, anzi)
gugl
sì, grazie ancora a tutti per la stima. qui piove. antonella
RispondiElimina