Segnalo l'uscita sul numero di settembre di "Poesia" della mia recensione a Bianca Dorato, Signaj (Interlinea 2006). Ne riporto l'incipit.
Quanto mai ricco di echi verbo-sonori, frutto della mistura del franco-piemontese con la lingua materna di Bardassano e il ruvido delle valli di Susa, Po e Varaita, questo libro di Bianca Dorato (Torino 1933-2007) racconta l’esperienza del passare, del raccogliersi finale di ciascuna vita nell’ignoto, e lo stupore che questo cammino porta con sé. Similmente ad Antonia Pozzi, l’ebbrezza dello sconfinamento, proprio di chi cerca un altrove abitabile, lotta con l’amarezza del sogno irrealizzato, ossia con un presente al quale il buio ed il gelo umiliano sempre più le passioni, piegandole alla notte, all’inverno perpetuo, alla morte. E, come la Pozzi, anche la Dorato legge tutto questo nel poliedrico emblema della montagna, luogo del sacro e dell’improvviso guizzo di sole, del rivo che scintilla, ma anche cuore di tenebra, dimora dell’ombra e di ogni più remota lontananza: “stërma për tùit ël moment / che ’l ghërmì ’d top as fa sleva. / Ancò për mi la s-ciandor / ’d na rajà neuva sle ròche, / për mi ’n cit bërluse d’eva / sot la giassa tocà ’d sol” (per tutti è nascosto il momento / che il grumo di tenebra si scioglie. / Ancora per me, è lo splendore / di un raggio nuovo sopra le rocce / per me, un piccolo sfavillare d’acqua / sotto il ghiaccio toccato dal sole). [...]
Neuit
Da la tos-cia dl'ambrun-a
ora a monta '1 singial
e la teppa as arversa
sot la slòira nuitera.
A l'ès-cianch dla rumà
as dreub muta la tèra,
camp laurà per èl top
sensa lerma ni bram.
Un ciusion, pen-a, '1 vent
a leve odor ed mota
sle ferie doleurie.
Àute a scoro féstèile.
Notte - Dal bosco fitto dell'imbrunire / ora sale il cinghiale / e si rovescia la stoppia / sotto l'aratro notturno. // Dove la zanna lacera / si apre muta la terra, / campo arato per la tenebra / senza lacrima né grido. // Un sussurro, appena, il vento / a sollevare odore di zolla / sulle ferite dolorose. / Alte scorrono le stelle.
Signaj
A l'ha 'd signaj l'invern
- erba d'or angrumlìa
drinta '1 cristal dia glassa,
o vos sombra 'd crovass
sola per tut èl cel:
póer ed fiòca an ven
dzora, e a la possa '1 vent.
O 'nt l'anima na mal
èspersa che as arvìa:
an costa lus d'ambrun-a
pogne 'd feria stèrmà.
E '1 bèich a cor amont:
già 'nt l'èscur dia tormenta
l'alpagi e 1 pastural,
nìvola e recherà ansema
ant èl turbi] mès-cià.
Pi anans, i 'ndroma pa.
Pi nen per noi, de st'ann,
Belavarda zolìa:
da l'Arch e da l'Isère
a-i riva la fìocada.
Segnali - Ha dei segnali l'inverno / - erba d'oro raggrumata / dentro il cristallo del ghiaccio, / o cupa voce di corvo / solitària per tutto il cielo: / pulviscolo di neve ci viene / sopra, e lo sospinge il vento. // O dentro l'anima un dolore / struggente che si ridesta: / in__ questa luce di crepuscolo / pungere di ferita nascosta. // E lo sgua'r-do corre lassù: / già nell'oscurità della tormenta / sono l'alpeggio ed il pascolo, / nuvole e rupi insieme / mescolati nel turbine. // Più oltre, non andremo. / Non più per noi, di quest'anno, / l'amabile Bel-lagarda: / dall'Are e dall'Isère / giunge la nevicata.
Còl
Nen àutr che pòca fiòca
mugià sei còl - e tut
a l'anviron mi i diso
le becche e le valade
minca 'n nòm coma spluva
che 'nt l'anima as anvisca,
minca 'n nòm a ciamé
vers rochere daleugne
e vos e bèich ansema
'nt èl pi daleugn sfrandà
E mach silensi e azur
belessì 'nté ch'i ston
sbalucà 'nt la s-ciandor
e ij brin d'erba che '1 vent
a vest ed giassa e 'd lus.
Colle - Null'altro che poca neve / ammucchiata sul colle - e tutto / all'intorno io dico / le vette e le vallate / ogni nome come scintilla / che nell'anima si accende / ogni nome ad invocare / verso rupi lontane / e voce e sguardo insieme / nel più lontano lanciati // E solo silenzio e azzurro / qui dove io sto / abbagliata nello splendore / e gli steli d'erba che il vento / veste di ghiaccio e di luce.
Carema
Dzora ij topion
ij bòt ed la passa
dasiant a van
de dlà dij bòsch a monto
'nté ch'a-i è erba e fiòca
Ciuto i marcioma
a l'è 'n pior che an compagna
- o bin, la neuva
ed na gòj che as cumpiss
ed na mira vagnà
A l'è per noi,
èdcò, sa vos ed cièca
sclinta as espantia
tant pi amont che nòst pass
as fa lus che a tèrmola
Carema — Sopra i vigneti a pergolato / i rintocchi della sepoltura / vanno lenti / salgono al di là dei boschi / dove c'è erba e neve // Camminiamo in silenzio / è un pianto che ci accompagna / o piuttosto, la notizia / di una gioia che ha compimento / di una meta raggiunta // È per noi, / anche, questa voce di campana / limpida si diffonde / tanto più in alto del nostro andare / si fa luce che trema.
I son sarà
I son sarà
ant la stansia solenga
e '1 bèich del cheur
a va lontan - amont
a-i è 'd leuve antèrdìe
Tan strach me pass
per esperé 'd vagneje
da tan ampess
la fatiga a lo crasa
a lo ferma '1 dolor
Tan spersa i viso
là 'nté la susta am tira
i-j sai, antlora,
le raie bele, longhe
sle còste dia montagna
I sento alvesse
drinta 'd mi na paròla
- o a l'è na vos
che da là dnans am ciama
che a mia susta as anlìa
Mi i son là amont
tra pere e erba i marcio
urosa i scoto
- le mistà freme 'd pera
a son spìrit, e a canto
Sono chiusa - Sono chiusa / nella stanza solitària / e lo sguardo del cuore / va lontano - in alto / vi sono luoghi proibiti // Tanto stanco è il mio passo / per sperare di raggiungerli / da tanto tempo / la fatica lo opprime / il dolore lo ferma // Così bramosa io guardo / là dove il desiderio mi attira / le so, allora, / le "raie" belle, lunghe / sulle pendici del monte // Sento levarsi / dentro di me una parola / oppure è una voce / che di là di fronte mi chiama / che al mio desiderio si lega // Io sono lassù / tra pietre ed erba cammino / felice ascolto / - le immote figure di pietra / sono spirito, e cantano
Nata a Torino nel 1933, Bianca Dorato aveva interrotto gli studi classici per motivi di salute. Da allora ha sempre lavorato come contabile in un'azienda piemontese, coltivando parallelamente la poesia. In volume ha pubblicato le raccolte di versi «Tzanteleina. Canzone di luce, d’aria e di sorridere d’acqua» (Centro Studi Piemontesi, 1984), «Passaggio (Boetti editori, 1990), «Sentieri di luce» (Edizioni El Peilo, 1990), «Neve e oro» (Edizioni El Peilo, 1998), «Sentiero di valico» (La Sloira, 2003). Ha al suo attivo anche opere teatrali: «Due giorni a luglio» (1989), «Il cervo» (1997), «I nibbi» (1999); «La notte del vento» (2001). Una scelta di suoi versi uscì nella «Storia della letteratura piemontese» (sezione «Nuova voce femminile») di Camillo Brero, pubblicata dall’Editrice Piemonte in Bancarella, 1983. Di recente il poeta Franco Loi ha incluso Bianca Dorato nell’antologia pubblicata a sua cura, «Nuovi poeti italiani», da Einaudi nel 2004.
qui trovate la sua foto.
ho letto su poesia. complimenti. antonella
RispondiEliminaGrazie Anto. Fatti sentire da queste parti ogni tanto.
RispondiEliminaHai visto che ho messo il link tuo e quello delle "belle donne"?
gugl
In effetti non l'avevo notato! grazie mille! non commento ma passo molto spesso. ciao a.
RispondiEliminaHai messo anche il mio. Grazie, confesso che non me lo aspettavo.
RispondiEliminaciao prof!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!1
RispondiEliminasono tornata!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
la sua allieva preferita (sono ancora la sua allieva preferita, vero?!) =) =] !!!!!!!!!!!
anche se mi sono parecchio allontanata dalla poesia contemporanea durante quest'estate per dedicarmi più che altro a rimbaud, a baudelaire e a verlaine (e a divertirmi...e parecchio) le poesie di questo post mi sono piaciute molto.
sul serio.forse, però, nella mia ignoranza, ad un certo punto trovo che comincino ad essere ripetitive.
mi porti qualche libro lunedì! magari di quest'autrice.
an...anche io ho una cosa per lei!
patty
Ciao Patty. fatto bene a leggere i francesi dell'ottocento. si parte da lì, per forza!
RispondiEliminama si devono leggere nella lingua originale, con le rime e tutto. antonella
RispondiEliminasì, una cosa difficilissima per chi non è piemontese!
RispondiEliminagugl