In un saggio del 1957, raccolto in Passione e ideologia (Garzanti 1960), Pasolini confronta la poesia di Fortini, i cui temi resistenziali "vengono alla luce attraverso un processo logico e razionale", con quella di Matacotta, ancora legato alla sensibilità analogica e irrazionale della letteratura anteguerra.
La poesia che presento oggi, del "poeta compagno" Giulio Stocchi, sviluppa un ragionamento sarcastico, sfrondato d'ogni abbellimento retorico, intorno alla logica del profitto del sistema capitalistico, che prevarica ogni altra docimologia.
La poesia che presento oggi, del "poeta compagno" Giulio Stocchi, sviluppa un ragionamento sarcastico, sfrondato d'ogni abbellimento retorico, intorno alla logica del profitto del sistema capitalistico, che prevarica ogni altra docimologia.
L'occasione, è il discorso fatto dal Presidente della Camera, On. Fini, alla Fiera del libro di Torino dove ha definito "molto più grave" il boicottaggio anti-sionista alla kermesse rispetto al pestaggio veronese, dov'è deceduto Nicola Tommasoli.
Questa poesia, che s'intitola Le bandiere di Fini, diventa bandiera a propria volta, ossia sintesi di una precisa posizione ideologica; e diventa password di riconoscimento per i giusti, di contro ai potenti. Alla logica del capitale, Stocchi contrappone l'evidenza di un umanesimo integrale, del quale la poesia diventa ancella, senza possibilità di ribellione.
Questa poesia, che s'intitola Le bandiere di Fini, diventa bandiera a propria volta, ossia sintesi di una precisa posizione ideologica; e diventa password di riconoscimento per i giusti, di contro ai potenti. Alla logica del capitale, Stocchi contrappone l'evidenza di un umanesimo integrale, del quale la poesia diventa ancella, senza possibilità di ribellione.
Le bandiere di Fini
La testa sfondata
dai calci
del ragazzo
sull’asfalto
vale dunque
meno
di una bandiera
bruciata
Ciò è giusto
è ragionevole
Nell’alto
dei cieli l’aereo
con la stella di davide
infatti
vale di più
della casa
che tra poco
esploderà
Giulio Stocchi è nato nel 1944. Ha studiato filosofia all'università statale di Milano e recitazione all'Accademia dei Filodrammatici.
La sua attività poetica pubblica è iniziata nel 1975. Da allora, e per molti anni, i suoi palcoscenici sono stati le piazze, le fabbriche occupate, le manifestazioni popolari; oggi i teatri, le università: ma sempre caratterizzando la sua poesia per un originalissimo contatto con il pubblico.
Particolarmente attento alle valenze sonore della poesia, Stocchi ha pubblicato diversi dischi: Il dovere di cantare (Premio nazionale della critica discografica), Punto e a capo, La cantata rossa per Tall el Zaatar (con la collaborazione del musicista Gaetano Liguori), recentemente ripubblicato in CD da Arparecords-Radiopopolare, Da sogni e da città sempre con Liguori.
Ha pubblicato presso Einaudi il volume di versi e prosa Compagno poeta. Nel 2003 nonsoloparole.com ha pubblicato in forma cartacea, no-copyrigt, la raccolta In tempo di guerra, che l'autore aveva distribuito in rete, in tutto il mondo, nelle versioni italiana, inglese e spagnola. Ha partecipato con suoi saggi e poesie ai volumi collettivi, Il pensiero inventivo, Milano, Unicopli, 1992 e La vita inventiva, Napoli, ESI, 1998, di cui è co-curatore.
La sua attività poetica pubblica è iniziata nel 1975. Da allora, e per molti anni, i suoi palcoscenici sono stati le piazze, le fabbriche occupate, le manifestazioni popolari; oggi i teatri, le università: ma sempre caratterizzando la sua poesia per un originalissimo contatto con il pubblico.
Particolarmente attento alle valenze sonore della poesia, Stocchi ha pubblicato diversi dischi: Il dovere di cantare (Premio nazionale della critica discografica), Punto e a capo, La cantata rossa per Tall el Zaatar (con la collaborazione del musicista Gaetano Liguori), recentemente ripubblicato in CD da Arparecords-Radiopopolare, Da sogni e da città sempre con Liguori.
Ha pubblicato presso Einaudi il volume di versi e prosa Compagno poeta. Nel 2003 nonsoloparole.com ha pubblicato in forma cartacea, no-copyrigt, la raccolta In tempo di guerra, che l'autore aveva distribuito in rete, in tutto il mondo, nelle versioni italiana, inglese e spagnola. Ha partecipato con suoi saggi e poesie ai volumi collettivi, Il pensiero inventivo, Milano, Unicopli, 1992 e La vita inventiva, Napoli, ESI, 1998, di cui è co-curatore.
Molto bello questo post e la poesia... dice tutto su quello che stiamo vivendo, Giulia
RispondiEliminaVorrebbe anche problematizzare la funzione della poesia, ossia discutere la relazione tra funzione informativa, persuasiva e poetica all'interno della comunicazione.
RispondiEliminagrazie per il commento
gugl
Non sapevo di questa dichiarazione di Fini. E' pazzesca.
RispondiEliminaBell'articolo e bel contributo a non perdere definitivamente la ragione. Cosa direbbe Pasolini di tutto ciò?
Era un po' che provavo a lasciare un commento sennza riuscirci. E' andata! Ne approfitto per salutarti, Stefano
RispondiEliminanon so che cosa direbbe Pasolini.
RispondiEliminagrazie per il commento, ciao!
gugl
Che coincidenza il tuo post con riferimenti all'ideologia ed io che presento oggi su VDBD, senza prima aver letto questo tuo,un blog anch'esso di ideologica anticapitalistica. Singolare davvero.
RispondiEliminaForse che si avverte nell'aria un'ala pesante e di contro forte un bisogno di leggerezza.
alivento vs alipiombo? probabile! :-)
RispondiEliminagigl
sembra interessante. bei versi
RispondiElimina- il tema è davvero interessante - la domanda che mi
RispondiEliminapongo io è tutta interna alla poesia: come può fare la scrittura a combattere/interpretare efficacemente il peggio del peggio mondano? il problema è, ancora una volta, il linguaggio. allora: "combattere" l'ideologia sul terreno della massima chiarezza di enunciato, e allora
è una specie di lotta ad armi pari, il campo è la retorica intesa come tecnica, sul quale si scontrano opposte verità; oppure opporsi in modo radicale, investendo la dimensione stessa del dire, dire-in-altro-modo,
passare per l'invenzione facendo della parola il mondo altro, che di per se stesso, solo per il fatto di esistere, si pone come
contraddizione (a parte la dimensione utopica evidente, qui il rischio ovviamente sta nella perdita di immediata comprensibilità, la scelta
più radicale sarebbe allo stesso tempo la meno "corale", quasi la meno "civile", forse). neanche da dire che qui da ragionare c'è moltissimo.
Erika Crosara
non lo faccio mai, per pudore più che altro: usare uno spazio di commenti per divulgare mie scritture poetiche, ma questa volta è per indignazione che giro qui un mio non troppo recente scritto (apparirà ancora per qualche giorno sul mio blog programmaticamente non archivistico)
RispondiEliminaDiscorsetto 06
una signora, importante esponente e dirigente
della più importante organizzazione mondiale
di commercianti
, indicata anche, la sciura, come teorico del pensiero liberista,
(Piero Gobetti rivòltati!)
ha detto a proposito dello sfruttamento di lavoro minorile:
sempre meglio che lavorino, piuttosto che
stare su una strada a morire
di fame o a prostituirsi.
io dico che le persone non si possono sopprimere
arginare sì boicottare in desistenza
e anche le azioni peggiori si possono perdonare
trascrivere però sì in ricordanza
le idee di merda no, quelle non si perdonino, mai.
se io stesso come altri non avevo avuto notizia di questa esternazione, immagino sarà stato per una qualche provvidenziale forma di pudore, “insorto” per tramite delle note pressioni sulla stampa da ambienti vicini a tale uomo politico, resisi conto per tempo della castroneria
che attendersi del resto da un politicante italiano abituato a ripulirsi la bocca con la bandiera che più di tutte suscita sensi di colpa nell’Occidente? Se fossi ebreo mi sentirei ancor più profondamente infangato – queste sono le storture del principio di delega che fonda le democrazie, prima ancora che sostenere i capitalismi
però la notizia è comunque girata, l’idea fetida di letame, impeccabile nel suo sillogismo artefatto come un concime chimico, si è comunque sparsa sui campi delle coscienze – non si perdoni.
Mario Bertasa
Certe poesie le scrivi quando il silenzio che accompagna episodi come il massacro del ragazzo a Verona o le oscene dichiarazioni di Fini ti pare insostenibile.
RispondiEliminaSono, quelle poesie, come il grido nel deserto lanciato da chi cerca di mettere in guardia, di scuotere le coscienze, di innescare ragionamenti.
Stefano Guglielmin ha avuto la sensibilità di raccogliere quel grido, di renderlo pubblico e condiviso. E di questo lo ringrazio.
Un lettore nei commenti si chiedeva cosa mai avrebbe detto Pasolini di fronte a tutto questo.
In realtà Pasolini la sua diagnosi l'aveva già fatta alla vigilia della morte, più di trent'anni fa, con parole che suonano sorprendentemente attuali:
I1 pòpul al era il furmínt ch’a no’1 mòur.
Adès al scumínsia a murí. Qualchidún
a à tociàt la so anima. Bocis e òmis
a vivin, brus e tris’c, coma ta un siún.
A son coma màs, a no cognossin pietàt,
a zirin blancs di musa coma rinegàs,
par chel puc di richessa e libertàt
che forsi àn vulút, ma no si son vuadagnàs.
Il popolo era il frumento che non muore. Adesso comincia a morire. Qual-
cuno ha toccato la sua anima. Ragazzi e uomini, vivono, brutti e cattivi,
come in un sogno.
Sono come pazzi, non conoscono pietà, girano bianchi in faccia come rinnegati,
per quel po’ di ricchezza e libertà, che forse hanno voluto, ma non
si sono guadagnati
(Agli studenti greci in un fiato (1974) in Tetro entusiasmo – Nuova forma de La meglio gioventù, Torino, Einaudi 1975)
L'anima di Guglielmin non è stata toccata. E questo per me è motivo di grande conforto.
Giulio Stocchi
Cara Erika, da ragionare c'è moltissimo, come dici tu, ma l'alternativa che tu poni è già un frutto prezioso di questo albero.
RispondiEliminaCaro Mario hai fatto bene a segnalarci quest'ennesimo esempio di ipocrisia.
Caro Giulio, non credo di avere un'anima così nobile, ma ti ringrazio per queste parole.
gugl