giovedì 13 maggio 2010

La poesia verbo-visuale di Armando Bertollo



Capita di rado che un poeta abbia, per testimoni, tre critici del calibro di Giorgio Bonacini, Flavio Ermini e Gio Ferri, che vengono apposta per parlare del tuo libro, com'è accaduto un mese fa al Museo Casabianca di Malo. E poco conta il fatto che, ad editarlo, sia Via Herákleia, la collana diretta di Ermini e Ida Travi: Il teatrino della scrittura. Attraverso i sintomi (Cierre Grafica, 2009) di Armando Bertollo merita davvero attenzione, a partire dalla poetica che lo informa. Il libro mette infatti l'accento sull'impossibile esaustività della presenza, sul suo essere segno visibile a partire da uno sfondo, invisibile, ma già tutto dispiegato in superficie. Differentemente dalla lunga tradizione simbolista, nella quale il segno rinvia ad un profondo inconoscibile e pulsante, nucleo avvicinabile solo per via analogica, Bertollo traccia la fisionomia della presenza che si dà a conoscere attraverso i sintomi della visibilità e dell'apparente invisibilità, del tratto lineare e della sua interruzione, in una sequenzialità imparentata con gli esagrammi taoisti. La pausa del tratto, infatti, è essa stessa significante, in una partitura non soltanto ritmica, bensì disvelante la verità quale concretezza del vivente nel suo darsi e nel suo sottrarsi. Leggere-guardare le poesie di Bertollo, anche quelle del suo primo libro, Ribeltà (Cierre Grafica, 2004), significa ripensare la storia della verità, così come si è data in occidente, a partire dalla superficie e dal movimento che le linee suggeriscono ad un occhio allenato. Come scrive l'autore, infatti, la capacità di lettura richiede educazione, e dunque assunzione di responsabilità nei confronti del mondo, sistema di segni reciprocamente in tensione, in sofferenza. I sintomi di questa malattia che si chiama impossibilità di ricomposizione del centro, vengono giocati da Bertollo nel "teatrino della scrittura" (il diminutivo la dice lunga sull'importanza dell'ironia nella poetica bertolliana) ed offerti al lettore affinché egli intraprenda, in proprio, la via della conoscenza di sé, perdendosi in un labirinto preliminare, ogni volta differente. Ciascun testo, infatti, lascia al lettore la libertà del cominciamento, anche se l'autore suggerisce di andare da nord a sud, come in una mappa scrittoria tradizionale, mentre l'est e l'ovest vengono raggiunti seguendo vezzi inconsci non precostituiti. A dare la direzione, labile, è il segno geometrico; a fornire il senso, precario, è invece la parola, il verso linguisticamente disseminato sulla pagina. A complicare il ritmo, sono poi le pagine, in sequenza bianca e nera della prima sezione; nel bianco spicca la poesia, nel nero rilucono asserzioni d'un rigore sopraffine, come questa: " Ciò che definiamo poesia e arte, non sono che forme della nostalgia dell'inizio determinate da un'ebbrezza energetica tradotta in segno-pensiero: aspetti temporali e spaziali di superficie sospesi sul Nulla". La seconda sezione, al nero sopravviene il grigio, sul lato destra sta volta. Segue infine un'«operetta verbo-visuale», dialogo giocoso sospeso sul vuoto e raccolta camminando. Il teatrino della scrittura è dunque un lavoro assai originale, sul quale mi permetto soltanto questa nota critica: l'organizzazione del macrotesto non consente, a mio avviso, lo scorporo della parte iconica da quella linguistica, come invece usa fare Bertollo quando legge – per via ordinaria – le sue opere in pubblico. Meglio semmai sarebbe tradurre i tratti visivi in suoni (timbri, ritmi, armonie differenti a seconda del segno), in un esercizio di traduzione da gestire in sala di registrazione. Ne uscirebbe un parto gemellare d'ulteriore approfondimento per la ricerca in corso.




Qui alcune  poesie tratte da Ribeltà



Qui alcune poesie tratte dal Teatrino della scrittura




Armando Bertollo è nato a Thiene (VI) nel 1965. Diplomato al Liceo Scientifico "Nicolo' Tron" di Schio dove ha studiato Letteratura Italiana con il Prof. Mariano Nardello . Diplomato all'ISEF di Padova con una tesi cinematografica sperimentale ("Vivettorialetennis") , relatori Renata Berti e Giampietro Galana. Esplora le 'forme del linguaggio' , con particolare attenzione alle loro relazioni , ibridazioni , interferenze . Finalista nel 2008 al Premio di Poesia " Lorenzo Montano" (Sezione Raccolta Inedita). Ha pubblicato "Ribeltà/Esperienza del Linguaggio "(Cierre Grafica , 2004 )a cura di Flavio Ermini e con postfazione di Gio' Ferri. Collabora con il Museo Casabianca di Malo (VI) e con l´Istituto Culturale per i rapporti con l´ estero della regione Alta Austria. Ha partecipato al Consiglio di Redazione della Collana " Opera Prima" delle Edizioni Cierre Grafica. Con Sergio Zanone è fondatore e curatore di  Apuntozeta. Sue opere sono raccolte al Museo Casabianca, al Bosco dei Poeti, nelle Antologie della Biennale Anterem Poesia 2006, 2007, 2008 e in Collezioni Private .Dal 1996 vive a Schio (VI) dove svolge l´attività di insegnante.

39 commenti:

  1. bellismo testo introduttivo Stefano.
    decisamente notevole le poesie verbovisive di Bertollo. a tratti mi ricordano il futurismo (diceva Marinetti: 'La mia rivoluzione è diretta contro la così detta armonia tipografica della pagina").
    lo spazio diviene sinottico, e la 'geometria' (alla 'Forma 1') non diviene più sicurezza, ma ri-costruzione del passaggio, dell'intorno. immagine e parola sono manipolati per cercare una nuova raltà del discorso, dove il frammento costruisce l'insieme.
    complimenti.

    un abbraccio

    alessandro ghignoli

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  2. Caro Stefano,
    sono veramente contento che tu abbia dato risalto con una bella lettura al testo di Armando Bertollo.
    Io la definisco (alla maniera di Spatola) "poesia totale" e ne ho dato la mia interpretazione nella postfazione al suo libro e nella lettura critica che fatto a Malo.
    Armando ci dà suoni, parole e segni
    per trovare nella poesia i sensi vitali che si intrecciano nell'esistenza, nella sua percezione e nell'esperienza di una vita che è se stessa in scrittura, visione e voce.
    Un caro saluto a te e ad Armando.

    Giorgio Bonacini

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  3. caro Aklessandro, il presupposto di Bertollo è però opposto al futurismo. in Armando, il soggetto è debole, frantumato, cerca riparo nell'interrogazione continua sul senso del viaggio infinito che è la vita e che è la letteratura.

    Grazie Giorgio per la tua nota qui. Non è facile esporsi per una poesia così poco alla moda come questa.

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  4. ciao
    grazie a te x curare questo blog interessantissimo.
    Era da tempo che ne cercavo uno così...passerò spessissimo.

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  5. spero ti sia utile per la tua ricerca poetica.

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  6. citavo il futurismo "nella composizione".
    dobbiamo, credo, iniziare a parlare di futurismo andandocelo a rileggere (o leggere), in modo più approfondito, perché la lettura togliattiana non è che era così 'giusta'.

    un abbraccio

    alessandro ghignoli

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  7. caro Alessandro, non serve togliatti per leggere nel futurismo un'idea vitalistica spostata 'a destra'.
    Ad ogni modo, anch'io raccomando la ricerca intrapresa dai futuristi, soprattutto sotto il profilo estetico. però li terrei lontanti dalla poesia di Bertollo, per non confondere i lettori.

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  8. Caro Stefano,
    ti ringrazio per avermi presentato
    nel tuo importante blog. Condivido
    il tuo 'appunto' ad Alessandro Ghignoli -che pure ringrazio per il
    suo commento positivo- di non avvi-
    cinare la mia 'scrittura' alla pa-
    rola 'Futurismo' "per non confonde-
    re i lettori", in quanto la mia
    'prospettiva' di 'libertà' sulla superficie/spazio è alquanto diver-
    gente rispetto agli 'entusiasmi' del Movimento di Marinetti. In fon-
    do 'futurista' è ancora tutto il
    'sistema di comunicazione' realiz-
    zato per la persuasione al consumo
    acritico di ogni novità e innova-
    zione. Futurista è l'iper-realtà
    che ci porta fuori di noi, mentre
    da parte mia do ancora credito al-
    l'altra forma di iper-realtà che a
    partire dal linguaggio e dal pensiero che 'avviene' in noi, è continua ricerca dell'uomo nel-
    l'uomo, umanizz-azione...Forse.
    Un caro saluto
    a te, a Giorgio Bonacini, e al pubblico del blog.

    Armando Bertollo

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  9. grazie Armando per questa puntualizzazione preziosa.

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  10. ottimo questo post sulla poesia visiva. finalmente.
    (per stefano: l'immagine nella sidebar è splendida).

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  11. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  12. grazie Michele!

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  13. che piaccia o meno il futurismo (o meglio, i futurismi) hanno influenzato l'arte (e non solo) del novecento, sia direttamente che indirettamente se ne trovano tracce oltremodo visibili su molta produzione poetica in genere, e anche qui; lo dico sempre sul piano semiotico del testo.
    sul 'fastidio' che la parola futurismo noto dà ancora oggi bisognerebbe andarcelo a leggere non in modo superficiale, voglio dire che l'equazione futurismo=fascismo è un pochino riduttiva; a una attenta lettura dei testi e della critica si possono scoprire informazioni che lasciano sbalorditi ai "conoscitori" del futurismo insegnato alla scuola media. Gramsci li considera marxisti, si definiscono anarchici pratici, esiste un futurismo italiano 'rosso', Marinetti si becca dell'ebreo per difenderli, e un lungo eccetera di questo tipo, (non mi dilungo troppo). insomma, una lettura profonda del futurismo da parte di una critica senza pregiudiziali di sorta, credo sia auspicabile. se poi il futurismo italiano si appiattisce sul fascismo (non certo megafono di avanguardie), il futurismo russo finisce nel realismo sovietico... e Pablo Neruda scrive la "Ode a Stalin".
    per ciò che concerne la lettura che Bertollo fa del futurismo come consumo acritico di qualsiasi innovazione, credo debba andare anche letto nei termini dell'epoca, fonte di nuove scoperte meccaniche e innovazioni che portano non solo il XIX secolo (ma anche tutti i secoli precedenti) nel XX secolo, nella modernità; non a caso tutte le avanguardie cercano e promuovono rivoluzioni, ed è la realtà che cambia, il tentativo è di farne parte, basti pensare alla lingua; si tratta di ri-costruire una lingua che è adesso della città, con velocità diverse con bisogni diversi rispetto a quella rurale (che tanto piaceva invece al fascismo).
    mi scuso per la lunghezza, e tutto questo non cambia minimamente il mio giudizio più che positivo dei testi di Bertollo.

    un abbraccio

    alessandro ghignoli

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  14. credo che il pregio di questo post non sia solo nel contenuto, ma anche nella più o meno indiretta sollecitazione di un problema: la struttura di un template, di un blog, rischia di essere eccessivamente selettiva nei confronti della poesia che non sta dentro un impaginato "normale". Il caso della poesia visiva è eclatante. Ma non solo... Francesco Marotta, per esempio, ogni tanto dovendo mettere online testi che presentano alcune valenze di significato dal punto di vista di tratti tipografici, corpi del testo differenti, allineamenti complessi, ecc. crea un link ad un pdf archiviato nel suo blog... Questa procedura inevitabile, come qui i due link attivati ai siti che contengono immagini dei lavori di Bertollo, costringe ad un clic in più che provoca minore immediatezza (e cliccare, si sappia, non è un gesto così tanto a portata di mano e di occhio come sembra). In più, quando si tratta di immagini, la risoluzione non può mai essere elevata, per ragioni di capienza e scaricabilità.

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  15. al di là di quanto sopra, vorrei fare una domanda ad Armando Bertollo. Noto che la costruzione grafica delle sue pagine è frutto di due passaggi successivi (almeno per quel che ne ricavo dalla definizione delle immagini): il primo, quello della battitura a macchina del testo, distribuito sulla pagina in modo non lineare; il secondo, quello del tracciare linee, sovrimpresse al percorso segnico-significante del testo, per indurne altre strategie di comprensione. Ebbene, questo doppio passaggio è tale anche nella fase di gestazione del testo, oppure parole e linee nascono già nell'elaborazione scrittoria (nella fase, per così dire, di stesura dello scartafaccio) con questo tipo di coesistenza intrecciata, quindi i due passaggi successivi di battitura del testo e tracciatura degli elementi grafici sono tali solo per ragioni di "messa in bella copia"?

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  16. Quando Bertollo impiega il termine umanizzazione indica forse il punto di rottura rispetto agli ‘ismi precedenti che pur si potrebbero intravedere ma a mio avviso molto lontani sui crinali del suo paesaggio umanistico. Di umanesimo del paesaggio parlerei a proposito di questo luogo fisico e mentale che segni e parole vanno a mappare sul foglio, di progetto antropologico; quello di cui non c’è traccia in Bertollo è semmai la fiducia per non dire l’entusiasmo per le forze e i dinamismi, le meccaniche, le cinetiche, gli aditi bellicosi o produttivi. La sua perlustrazione verbale sul clivo grafico è quella di un pedone immerso ora in una ruralità bianca, nella pastorale insensata che persiste nel caos delle speculazioni (edilizie), ora in una urbanità che assume le buone maniere di una sottile pedagogia ed anche – si veda la biografia del poeta – di una ginnastica ammannita al pensiero dalle tenaci figure di equilibrio e ricaduta di linee e figure. Mi pare che la sua ricerca abbia più a che fare con una irrinunciabile corporeità del poetico, tanto affine al dato fisico da ridurlo a un paesello essenziale di linee, triangoli, curve, trattini ma senza poterlo mai rinunciare, pena lo spalancarsi del vuoto sotto il piede del verso. In questo la sua ribeltà smette la sintesi della “libertà ribelle” per prendere la compulsione di una beltà ri-vista, atto che appartiene non più alla poesia ma all’arte visiva. Vi è dunque una tangenza improvvisa che slitta il lavoro di Bertollo sul piano dell’arte e lascia la parola su campi bianchi, sotto punteggiati cieli a fischiettare la sua insufficienza.

    Un saluto ad Armando, solingo verbo-ginnasta dell’olimpiade visuale

    Paolo

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  17. adAlessandro: diciamo la stessa cosa rispèetto all'innovazione foturista.
    rispetto al fascismo: le dateparlano chiaro. nel 22, il primo futurismo è già morto da un pezzo, e anche nel 19 quando nasconop i fasci di combattimento.
    rispetto ai soviet: marinetti fu un divo fra i cubofutiristi, l'egofuturismo e i gilejani russi nei primi anni dieci, cioè in pieno zarismo. nel 1914, quand omarinetti andò in russia, i futuristi ad accoglierlo furono quattr ogatti. addirittura qualcuno voleva accoglierlo "a uova marce". (cfr. L'avanguardia russa, a cura di S.Vitale, Mondadori, p.XXVII)

    a Bertasa: Bertollo, paradossalmente non possiede un computer, per cui in attesa che risponda di persona, ti dico quanto so: lui prima compone il testo, autonomamente (un testo lineare, intendo). poi ne individua le tensioni, che intrinsecamente possiede, Infine, il lavoro grosso, sta nello spazializzarle. un lavoro che dura mesi, anche di più.

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  18. ciao Paolo. tra l'altro tu hai anche recensito "Ribeltà", se non erro. mi pare si trovi in Anterem?

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  19. Non era una recensione ma un intervento su una installazione e performance di Bertollo e di Angelo Urbani a Verona, si chiama L'utopia della scrittura, credo perchè nel lavoro di Bertollo e Urbani avevo visto il progetto di tracciare il paesaggio con impronte umanistiche, un'impresa in cui l'utopia ha a che fare con il quid laterale che perennemente, zanzotttianamente, scansa, si defila, si sottrae.in termini civici e politici quel quid oggi è la speculazione criminale che ha marcato il paesaggio con la peggiore cifra umana, sfigurandolo invece di educarlo. Per questo il paesello segnico di Bertollo è utopico e concreto, e dovrebbe rientrare a pieno titolo a informare di sé il Piano Regolatore del ... comune di Schio!

    paolo

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  20. non credo che "paesello" sia un vezzeggiativo poco edificante?

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  21. un caro saluto all'amico armando e a tutti del blog di stefano. vi rivelo, e spero che armando non me ne abbia, il lavoro strenuo, direi, al limite del maniacale del poeta sui suoi 'materiali': rivisti, corretti, modificati,spremuti, distillati...per mesi, se non per anni. ho visto di alcuni di loro anche una decina di versioni intermedie prima di giungere al modello finale che soddisfacesse pienamente (chissà se proprio pienamente? questo è il rischio e il pregio di un'opera aperta come questa) l'autore 'funambolo verbo-visivo' caro amico bertollo.
    roberto cogo

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  22. Ciao Stefano.
    Spero di poterti dare del tu.
    Sono Marco, il ragazzo conosciuto all'incontro della Valduga a Vicenza.
    Quello col libro di Barilli "Viaggio al termine della parola".
    Ho cercato la tua mail ma, non trovandola, ti scrivo qui.
    Innanzitutto complimenti per questo post su questo poeta visuale, di cui ignoravo l'esistenza.
    Io, non da molto, ho iniziato questo viaggio conoscitivo nel mondo verbo-visuale ed il fascino di queste ricerche è grande su di me.
    Spero in futuro ci sia modo e tempo per parlare ancora e ancora di questo universo.
    Buona poesia,
    Marco

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  23. caro Marco, benvenuto in questa casa.

    il verbo-visuale è praticato poco, qui, amche per ragioni do formattazione. spero comunque che ti piaccia anche la poesia lineare.

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  24. margherita ealla18/5/10 18:37

    nella tua ottima lettura, gugl, mi ha colpito il riferimento alla "partitura non soltanto ritmica"

    perché ammetto qualche difficoltà rispetto la mia lettura / visione di qualcuna di queste poesie.
    Per es. nella poesia "i sassi del greto"
    mi sarei aspettata dei movimenti e dei segni grafici "tondi" e non acutangoli (come sono tondi le s e i ricci delle r che si rincorrono nelle parole del testo, o nello stesso movimento del sasso volvente in aria e a formare cerchi gettato in acqua).
    Stessa sensazione per il "finale" (ammesso che quello in fondo sia la fine, ma prendo per buono, per ora, il movimento canonico) della "poesia_intervallo"
    perché ad un'ottima intuizione dell'occhio come baricentro di un triangolo (di una triangolazione) e di linee acute per la vertigine e l'obelisco ecc..., arrivo a quella spirale-escargot finale, della quale non ritrovo non tanto il segno, scia o bava, quanto non trovo proprio la linea di forza, a meno che il "peso" (il viaggio con la casa) non sia stato così deformante da spezzarne il tratto curvo (ma allora, per ottenere quella specie di angolo freccia, dovrebbe esserci oltre a "spirale" un'altra parola estremante a pungolo).

    Mi rendo però conto di soffrire, in questo caso molto, la mia deformazione personale, dunque non voglio tediare con pignolerie che servono solo a me per sentire
    anche perché questo lavoro molto mi affascina (e dunque complimenti!) e trovo diverse poesie viste (piaciute :)) davvero ottime (per es. "non so rivestire" o quelle due de il "teatrino della scrittura" al link indicato).

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  25. margherita ealla18/5/10 18:40

    ops mi è partito l'invio,
    un caro saluto
    ciao

    RispondiElimina
  26. Cari amici,
    rientrando solo ora nel blog (Ste-
    fano vi ha già informato che non
    possiedo un computer) ho notato
    con piacere l'ingresso di nuovi
    commenti. La 'carne al fuoco' è
    tanta e non posso sottrarmi dal
    contribuire ancora con alcuni in-
    cisi.

    Ad Alessandro Ghignoli:
    sul Futurismo sarebbe bello discu-
    tere ancora, ma mi dilungherei
    troppo. Aggiungo solo questo:
    l'importante è che i "tratti" che
    nella mia scrittura te lo ricordano
    non si trasformino, per qualche
    lettore superficiale, verticali come sbarre o accecanti come travi
    nell'occhio. E poi, in confidenza,
    tutti sappiamo per esperienza, quanto problematici e conflittuali
    possano essere i legami tra paren-
    ti. Spero tu non voglia esaurire
    lì il mio albero genealogico.

    A Mario Bertasa:
    confermo quello che ti ha riferito
    Stafano: la pagina nel suo comples-
    so verbale e grafico, è lo svilup-
    po spaziale di un testo che nasce
    come 'voce', nel quale si fa stra-
    da l'emergenza dei tratti segnici
    come scrittura 'altra' che inter-
    ferisce, interagisce con il testo
    e lo spazio che ne permettono l'o-
    rigine. In corso d'opera poi ci
    vuole un certo 'tempo' prima che testo e segni raggiungano un 'cer-
    to' equilibrio. E il tempo che oc-
    cupo nella ricerca dell'equili-
    brio, probabilmente 'utopico' tra
    testo e immagine, è quello che mi
    'appassiona' di più e motiva que-
    sta mia esperienza con la scrittu-
    ra. Armando Bertollo

    RispondiElimina
  27. Armando, adesso ti resta da rispondere a Margherita.

    RispondiElimina
  28. A Paolo:
    mi piace la tua lettura 'urbana',
    come 'paesello' alternativo (e iro-
    nico) ad altre più 'pesanti' e 'in-
    vadenti' urbanizzazioni, o 'presen-
    ze fisiche' dir si voglia.

    A Roberto:
    non ti preoccupare, ti permetto di
    rivelare la mia tendenza paranoide.
    L'importante è che non riveli il
    segreto dell'arancia.

    A Margherita Ealla:
    molto interessanti le tue osserva-
    zioni. Potrebbero anche essere mo-
    tivo o inizio di una tua personale
    ricerca sull'uso integrato della
    scrittura verbale e visuale.
    Nel mio caso la 'relazione' tra i
    due codici linguistici vuole volu-
    tamente essere un po' spiazzante,
    temo il pericolo della ridondanza.

    Un Caro saluto e un grazie a tutti,
    RICORDANDO ANCHE EDOARDO SANGUINETI
    Armando Bertollo

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  29. Caro Stefano,
    scusami tanto per lo 'Stafano'
    nella risposta a Mario.
    Un abbraccio, Armando.

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  30. margherita ealla19/5/10 23:22

    "temo il pericolo della ridondanza"
    mi sembra ottima la tua risposta

    quando poi dici
    "Nel mio caso la 'relazione' tra i
    due codici linguistici"

    ecco mi fai venire in mente per la tua opera che comprende scrittura verbale e visuale, il concetto di tensore (che nel caso matematico è proprio un linguaggio atto ad associare vettori, le tue linee di forza (rappresentate spesso graficamente dalle tue punte acutangole) se vuoi.
    ma, ripeto, sono pippe che mi faccio
    grazie davvero, ciao!

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  31. caro Armando,
    il tuo albero genealogico non si esaurisce lì. però è (quello) un inizio importante, e poi tutta (o molta) poesia verbovisiva deve qualcosa a quel periodo e a quel (quei) movimenti. avevo citato anche Forma 1, per esempio.
    rinnovo i miei complimenti, soprattutto per l'alto livello dei tuoi testi che sanno vivere senza troppi 'padri' del passato!

    un abbraccio

    alessandro ghignoli

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  32. Caro Stefano


    Ho notato come i commenti inviati da appassionati, da poeti e da critici letterari sulla poesia verbo-visiva di Armando Bertollo tendano , nel tuo Blog , a considerare questa poesia soprattutto sotto l' aspetto formale ed estetico, in particolare ponendola in relazione alla nuova sensibilità gestaltica scaturita a partire dal movimento Futurista . Conoscendo personalmente l' autore, vorrei però evidenziare un altro aspetto dell' opera di Bertollo che forse non è stato ancora sufficentemente considerato : a mio parere la poesia verbo-visiva di Bertollo si rivela proprio sulla superficie bianca, il foglio , che rappresenta il piano speculare di proiezione di ciò che si svolge contemporaneamente nella profondità del corpo e nell' altezza dell' intelletto supervisivo del poeta. Il foglio è cioè il “limite”, il piano di confine in cui i sintomi “assumono la propria forma” , vengono letteralmente metabolizzati , incorporati, digeriti ed eiettati dal pensiero logico-razionale dell' autore. Virtualmente ciò che esiste di corporeo si colloca al di sotto del piano del foglio, ciò che esiste di spirituale si colloca al di sopra del piano del foglio; i sintomi in quanto eventi si attuano e realizzano il proprio “senso” sulla superficie del foglio. Tuttavia non esiste una irriducibile dicotomia tra ciò che sta sotto e ciò che sta sopra , tra corporeità e spiritualità ; Bertollo attraverso la sua poesia supera il dualismo Platonico per avvicinarsi piuttosto al pensiero stoico, per cui vi è un “unicum et continuum” , un corpo-intelletto spazializzato in cui ai sintomi dolorosi della carne corrispondono e fanno eco i sintomi nevrotici del pensiero . I sintomi della carne si organizzano sulle strutture sintomatiche del pensiero e viceversa i sintomi psichici ( non dimentichiamo infatti che Bertollo ha lavorato per un certo periodo anche in case di cura per i malati mentali) acquisiscono significato solamente quando si fondono con i sintomi organici. Il foglio rappresenta il momento in cui il cerchio si chiude, il presente in cui lo spazio “schizoide di profondità” e lo spazio “repressivo di altezza” convergono nella relazione che dona loro il “senso” dell' esistere. Bertollo trae parte della sua forza poetica dal pensiero post-strutturalista della scuola francese cui è affine, mi riferisco in particolare a Deleuze , a Lacan , a Blanchot: “Estrarre , al contrario, dai sintomi ( sintomi della carne e sintomi del pensiero, aggiungo io) la parte ineffabile dell' evento puro - come dice Blanchot , elevare il visibile all' invisibile, - , portare azioni, e passioni quotidiane quali mangiare, cacare, amare, parlare, morire fino al loro attributo noematico”.
    (prima parte, Sergio Zanone)

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  33. Si legga la Trentatreesima serie della “Logica del Senso” di Deleuze , in cui viene ribadito proprio questo concetto: “ I clinici che sanno rinnovare un quadro sintomatologico fanno un' opera artistica; viceversa, gli artisti sono clinici, non del proprio caso, nemmeno di un caso in generale, bensì clinici della civiltà”. Le parole poetiche di Bertollo nascono per prime in quanto qualitativamente materiche, scompostamente oggettuali, passione e carne; sono i rumori che decantano spontaneamente dalla profondità del corpo-caos , che salgono e diventano voce allorquando riescono ad organizzarsi sulla superficie del foglio dilatando il proprio significato attraverso linee di congiunzione e disgiunzione , incroci semantici , aggregazioni e disgregazioni che rappresentano l 'effetto di ciò che costituisce il substrato del pensiero ( il participio incorporeo, l' azione del divenire e della trasformazione, il fiat di esclusiva competenza del poeta ) .E' questa una azione che il poeta compie contemporaneamente all' interno e all' esterno del substrato spaziale ( l' incorporeo spazio interno alla superficie , l' incorporeo spazio esterno alla superficie, indipendenti dalla sua volontà). La struttura organizzativa che ne scaturisce diventa quindi, allo stesso tempo , cristallizzazione e possibilità . E' cristallizzazione in quanto costituisce lo scheletro , la proiezione della struttura mentale corrispondente di Bertollo ( visione olistica globale dell' immagine all' interno di un tempo-Kronos che la rende immutabile nel presente : si pensi allo sternuto , in cui le linee , le parole e i punti paiono raggruppati nel voler simulare l' atto esplosivo dello sternuto) . E' possibilità in quanto la ramificazione rizomatica suggerisce altrettanti percorsi di lettura di un testo poetico in cui , come diceva Giò Ferri, l' immagine diventa una vera e propria mappa mentale che garantisce una certa possibilità di movimento in un mondo altrimenti sconosciuto .
    Un arrivederci alla prossima presentazione del tuo nuovo libro di poesie.

    (seconda parte, Sergio Zanone)

    20 Giugno 2010

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  34. Roberto Bertoldo10/1/13 00:21

    La “poesia verbo-visuale” era ancora in auge quand’ero ragazzo e molti dei giovani poeti che frequentavo la praticavano (scusate il bruttissimo verbo). Purtroppo a quel tempo trovavo quella poesia troppo “facilona”, piena di giochi fini a se stessi, fatto che non era tale in Marinetti, del quale era piuttosto la teoria (la teoria e non i contenuti) ad essere ‘forzatamente’ controcorrente. Quando cominciai a fare un po’ il critico militante, più per dovere che per vocazione, la poesia verbo-visuale evidenziò a me stesso, più di altre tipologie poetiche, i miei limiti di critico: compresi di non avere non la capacità di essere imparziale ma la capacità, che trovo invece in Stefano, di usare la mia preparazione tecnica per penetrare il linguaggio di poesie di questo tenore. Questa “poesia totale” (Bonacini) esplica, come bene suggerisce Stefano, l’analogia, mira dunque, forse, ad una riduzione della suggestione, che è invece lo strumento principe della ‘poesia totale’ puramente verbale. In particolare i testi di Armando Bertollo che leggo qui sono una piacevole e positiva sorpresa rispetto alle mie antiche conoscenze di poesia visiva (e di poesia sonora, come risulta da quanto dice Stefano riguardo la loro lettura in pubblico), anche se la sorpresa la so trovare, e questo mio limite è quello di cui parlavo prima, solo nella parte verbale, mai disgiunta, come invece accadeva in molti dei poeti della mia gioventù, e a Marinetti se non altro perché Marinetti era più orientato sul sonoro, dal suo dovere espressivo autarchico ancorché irrealizzabile. Sarebbe interessante che Bertollo, se già non l’ha fatto (ma non mi pare), si mettesse in contatto con Adriano Accattino che nell’ultimo decennio ha organizzato incontri, mostre e convegni sulla poesia verbo-visuale degli ultimi cinquant’anni

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  35. Caro Roberto,
    la ringrazio di questo suo commento.
    Mi fa piacere che abbia colto la mia intenzione
    di tentare una 'poesia visiva' o 'poesia totale',
    nella quale la parte verbale non venga meno al "suo
    dovere espressivo autarchico ancorché irrealizzabile".
    La mia 'utopia' è poi, a partire da questo,
    quella di scoprire le relazioni verbo-visuali che si possono realizzare quando gli spazi tra le parole e
    le frasi diventano sorgenti di segni; di un linguaggio
    nascente, fatto di linee di forza che ha qualcosa a che
    fare con una percezione linguistica originaria, che attinge all'archetipo della visione e del significato.
    Strada facendo, nella mia ricerca sul segno visuale, ho conosciuto, oltre alla tradizione praticata prima e dopo
    Mallarmé (Un coup de des... 1897), gli interessantissimi appunti di Paul Klee (lezioni al Bauhaus raccolte in "Teoria della Forma e della Figurazione") che possono essere considerati lezioni
    di estetica e filosofia 'scritte' sperimentando e ragionando con il linguaggio segnico, visivo. Poi ho incontrato anche quello straordinario e misterioso testo
    che sta alla fonte del taoismo e della scrittura cinese
    che è I Ching, il Libro dei Mutamenti.
    Da lì, credo, sono ripartito per ritrovare quell'economia del segno, puramante visiva ed emozionale, che cerca di trasformare un testo tipografico spazializzato, in qualcosa di diverso, in un 'corpo' verbo-visivo, in un 'organismo' estetico leggero, galleggiante,
    fluttuante, che con-fonde spazio e tempo, parola e segno. Che vanno tendando un'improbabile danza sul Nulla.

    Adriano Accattino non l'ho mai contattato, ma cercherò di farlo quanto prima.

    Grazie ancora e un caro saluto
    Armando Bertollo

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  36. Gent. Armando, molto interessante quel "nulla" «sorgente di segni», con implicazioni filosofiche importanti. Approfondirò. Per ora ho parlato ad Accattino di lei e l'aspetta, trova i suoi recapiti telefonici nel sito http://www.accattino.it/.
    Al di là delle vostre enormi differenze, sarebbe opportuna la presenza di Armando Bertollo nei cataloghi e nella mostra che Adriano sta allestendo. Un caro saluto. Roberto

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  37. mi fa piacere che il post su Roberto Bertoldo abbia dato vita a questo scambio e queste possibili sinergie.

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  38. Caro Roberto Bertoldo,
    non posso che ringraziarla di cuore
    per questo suo interessamento.
    E questo grazie va anche a te Stefano lo hai
    reso possibile.

    Rinnovo il mio saluto,
    Armando Bertollo.

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  39. Postilla:
    tra le persone che sono intervenute
    in questo dibattito, ce n'è una in
    particolare, che mi sembra giusto
    ringraziare anche
    pubblicamente -in privato l'avevo già
    fatto a suo tempo-. Lo faccio ora,
    grazie al commento di Roberto, che mi
    ha fatto ritornare qui.
    Si tratta di Sergio Zanone.
    Grazie ancora Sergio,
    tu hai voluto lasciare in questo
    spazio un commento
    talmente approfondito, che vale
    come una tua Introduzione/
    Presentazione alla mia poetica.
    Sei un po' avvantaggiato, è vero,
    perché mi conosci da un sacco di
    tempo. Tra l'altro sei stato proprio
    tu a convincermi, nel 1995, ad esordire
    in una esposizione pubblica.
    La tua generosità è sempre sorprendente,
    anche in questa occasione.

    Un caro saluto,
    con tanta gratitudine,
    Armando Bertollo

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