mercoledì 10 marzo 2010

Marcella Corsi



Distanze, di Marcella Corsi, vinse il premio Antonia Pozzi nel 2006 promosso dalle Edizioni Archivi del '900. Nell'alveo di una certa idea di poesia femminile - di genere ma senza estremismi, intelligente prima che sentimentale - che accomuna le vincitrici di questo premio (penso a Loredana Magazzeni, per esempio), Distanze evidenzia la propria specificità in un verso sostenuto anzitutto dal ritmo sincopato, che dà il passo al sentimento, all'afflato emotivo, vestito di rare figure di suono, di sottili giochi combinatori (come lo strepitoso "lattico, profilato" che, anticipando l'oggetto misterioso descritto e mai nominato - il profilattico -, dialoga sia con la rima conclusiva delle due terzine successive, "profilo" e "dattero", e sia con i "triangoli equilateri" lì evocati, per convergere nell'esilarante witz finale "profilatero") e si distingue per l'uso di metafore dove i corpi reciprocamente si contendono lo spazio, dove la materia si curva sotto il peso di altra materia. Cresciute nel dialogo con una tradizione letteraria complessa (lo ricorda Bianca Garavelli, in prefazione: "Ana Blandiana, Antonella Anedda, Katherine Mansfield, Marina Cvetaeva"), queste poesie traggono nel contempo linfa dalla biografia coniugale, in quei "ventisette e più anni" sciupati in un addio ora gonfio di malinconie, che sbocciano per ferire o rinnovare piacere, ma anche nel dialogo con la figlia, e in una quotidianità che pone al centro la casa, tema spesso presente nella poesia romana, femminile e non solo (penso a Paola Febbraro, Cristina Annino, Patrizia Cavalli, Gabriella Sica, Giselda Pontesilli). Poesia colta, dunque, questa di Marcella Corsi, dove però il citazionismo lascia lo spazio al dialogo intimo con la parola degli altri, con il loro patire fraternamente sentito, dialogo che avviene fuori dal testo, per condensarsi in esso nelle pieghe del ritmo, appunto, nel respiro plurale del suo aroma.




**

l'ondulazione del mondo la tortura

del pruno bianco preso di solitudine
il calanco che scava passati senza portare
a memoria, questa continua discontinuità di

mente con troppe parole

per poter gridare, questo dovrò lasciarti
in eredità figlia mia amorosa meraviglia?



**

nonostante lavoro figlia scritture
faccio una vita da reclusa, in casa

e non mi meraviglia affatto il fatto
Holan insegna e la Dickinson pure



**

Lepidottero dalle caratteristiche
protuberanze ossee ai lati del capo
ricoperte di acido lattico, profilato

gommato normalmente utilizzato
per imbottire negli asili gli spigoli
dei triangoli equilateri, tipico profilo

rilevato presso talune genti africane
nel quale la linea del naso presenta
forma analoga a quella di un dattero

termine di derivazione greca atto
ad indicare qualsivoglia propensione
ovvero indulgenza verso le qualità

ferine dell'eros infantile, involucro
filamentoso a protezione di certi insetti
«mamma, cos'è un profilatero?»



**

Lascia amore mio nemico amato che venga a te

un amore, che s'annidi nel tuo cuore un volto
che nel volto ti si specchi e sorridendo duri
nella gloria tanto da piegarti ad ammirarne forza
tu così forte d'essere amato mai sicuro

lascia che venga a te un amore ancora nuovo
- per godere del suo piacere perché meno severo
ci cresca il passato - lascia che il tempo riprenda
anche per me la sua presenza


(da Antonella Anedda [da Giacomo Noventa])



**

Questo fallimento taglia
lascia la più ampia parte di me distesa
a ricordare quella che non temeva lutti
e preme l'altra a comunque andare
imbastardita di non confessi mali
mentre sale

anche l'uomo che mi colpisce
col suo pullover verdino
sembra affondare un fendente
nella carne dell'ovvietà presente



**

e pure io non ho saputo fare né farmi pigliare
né convertire ho saputo l'affascino iniziale
in solidale complicità, sposi d'olive
non siamo andati oltre l'amore, l'intelligenza

del cuore forse ci ha fatto difetto oppure
quella fragrante diversità d'accostarci alla vita
nei ventisette e più anni nostri non è riuscita
a darsi pace ad intrecciare per noi riposi



**

anche dove il mare non c'è talora ne sento l'odore
arriva la sera oppure presto nel giorno inaspettato

fa bene o fa dolore in quella parte dove stanno
riposti i ricordi più cari quelli che troppo bene
o troppo male fanno che di rado si vanno a
salutare, caro il mio grande uomo che vuole
dimenticare gusto e dolore e quanto di noi è sale

vorrei che venissi da me come l'odore del mare



Milanese di nascita (1950), Marcella Corsi vive a Roma, dove lavora come conservatore museale demoantropologo. Ha pubblicato poesie e traduzioni di poesia, racconti brevi, saggi di antropologia storica e di critica letteraria.

Tra le pubblicazioni di poesia: Mandorli del desiderio (‹‹Ritmica››, 7, 1991); Cinque poeti del premio “Laura Nobile” (Milano, All’insegna del pesce d’oro di Vanni Scheiwiller, 1992); Hanno un difetto i fiori (Cittadella, Amadeus, 1994); e nacquero le viole…Versioni dai Poems di Katherine Mansfield (Napoli, Il filo di Partenope, 2004); Distanze (Milano, Archivi del ‘900, 2006, premio Antonia Pozzi, selezione premio Alessandro Tassoni); La figlia del mare. Versioni dai Poems di Katherine Mansfield (Napoli, Il filo di Partenope, 2007).

È redattrice del semestrale di ricerca e cultura critica ‹‹Poliscritture››.

12 commenti:

  1. Poesia che porta e trattiene.
    Le distanze diventano così, sottili o
    spesse a seconda della capacità di seguirne i ritmi
    Altro libro interessante!
    Grazie a Marcella e grazie a Stefano
    per avercela proposta.
    vincenzo celli

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  2. margherita ealla12/3/10 22:36

    Di una realtà / materia che “tortura”, ma non in modo acuminato, bensì femminile, in modo tondo,
    per “ondulazione del mondo”,
    come di corpi che si sormontino contundendosi

    ( le “protuberanze ossee ai lati del capo” per es, sono “ricoperte di acido lattico”, gli spigoli ci sono ma, giusto, soprattutto per i bambini, vengono imbottiti,
    avverto quindi il tema della fasciatura – me la richiama l'immagine del lepidottero, del bozzolo, per un'ambiguità effettiva e ben percepita fra bene/male: “fa bene o fa dolore in quella parte dove stanno /riposti i ricordi più cari”)

    ma dicevo del sormonto, secondo quell' ottima espressione che tu gugl utilizzi nella introduzione: “ la materia si curva sotto il peso di altra materia”,

    e se anche “sale”, poi, ancora più di sé, “preme”
    (“la più ampia parte di me distesa /a ricordare quella che non temeva lutti /e preme l'altra”)

    in un reciproco complementare movimento, che se non è di effettiva compenetrazione, risulta allora di peso, di schiacciamento, di tortura soffocata appunto

    per es. “l'uomo che colpisce” lo fa “col suo pullover verdino” , in un gesto che “sembra un fendente”, (ma forse solo sembra),
    un gesto che allo stesso tempo protegge e soffoca,
    un gesto che curvando imbozzola
    ( “faccio una vita da reclusa”),

    come la foglia verde quei fiori concavi addossati (curvi femminili) fiori di pruno, bianchi come bachi fogli

    come anche l'amore evocato: “che s'annidi nel tuo cuore un volto...”

    eppure quando molto parla di una donna- vita “imbastardita di non confessi mali”
    (in quel non confessi ancora il tema della tortura, forse connivenza leggo in quell'imbastardita)
    nel curvo -anello familiare-casa chiostro (nell'inchiostro :))

    ecco farsi avanti un altro moto, (e serpeggia), un moto di sfuggenza:
    “e pure io non ho saputo fare né farmi pigliare /né convertire”

    così se anche la conversione forse era “oltre l'amore”, beh, sempre di conversione si tratta :), ogni tanto bisogna “non darsi pace”, non tradire la propria inquietudine, insomma sì rimanere, ma inquiete.

    Ciao!

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  3. Pur non sentimentale, comunque profondamente umana e vera
    la decodifica di un abbandono (dell'altro e/o di se stessi) e l'espressione del concomitante senso di colpa (motivato o meno): "questo fallimento taglia/ lascia la più ampia parte di me distesa/ a ricordare quella che non temeva lutti/ e preme l'altra a comunque andare/ imbastardita di non confessi mali/ mentre sale".

    Molto bella.
    Francesca Monnetti

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  4. significativo ch siano due donne a sentire questa poesia, anche se non ha particolari marchature di genere.

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  5. allora se anch'io la "sento", devo cominciare a preoccuparmi...

    ;-)

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  6. beh, io ho messo il "ch" prima dell'"a". sarà la primavera? :-)

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  7. eh... la battutina l'ho fatta, e si sa che la storia del sessismo dilagante degli ultimi tempi è lastricata di batuttine

    al di là di ciò detto...

    mi fa bene, davvero, leggere tanta ottima poesia scritta da mani femminili (ho già detto da qualche parte che non un poeta ma UNA poeta, la Palmigiano, è in cima alla mia classifica) (però anche con la scrittura di Marcella Corsi mi ci ritrovo assai, per ragioni di ritmo innanzitutto, meno per il tema della separazione dall'amato, che sento sì di una lacerante verità, e vi partecipo, ma come spettatore, non come chi nella propria esistenza soffra il medesimo dolore) (è, credo, qualità della poesia che aspira ad una prospettiva universale, saper muovere-insieme al di là dell'intersecare o meno un campo d'esperienza comune; non è una poesia, quella di Marcella, che può toccare solo le corde di chi vi si identifica per assimilazione del vissuto, ma va più a fondo... Un altro tema luminoso, quello del rapporto con la figlia, per quanto qui invece mi ci potrei rispecchiare in buona misura, nel suo stesso andamento denuncia un anelito scritturale "alto": "per poter gridare, questo dovrò lasciarti / in eredità figlia mia amorosa meraviglia?!" C'è un'eco purissima di Jacopone Da Todi...
    E tale anelito scritturale fa compiere lo scarto, dalla rovinosa parabola discendente del quotidiano al riscatto nel segno della bellezza. Non è poco!)

    (approfitto per un caro saluto a Margherita)

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  8. nell'attesa che Marcella Corsi commenti le vostre osservazioni, ripedno la nota di Matio Bertasa a proposito della poesia amorosa, in genere: credo sia una poesia che fa appello all'esperienza del lettore e che ha bisogno di un con-semtire vivo, attuale. il rischio. altrimenti, è che sia un dialogo con l'amato che esclude gli altri.

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  9. ringrazio Stefano per l'ospitalità e la raffinata presentazione, e chi ha voluto commentare i versi da lui selezionati.
    E' per me molto interessante vedere quanto una lettura interessata, intelligente e competente possa aggiungere alle singole poesie e al loro insieme: l'ampliamento di prospettiva che ne deriva mi lascia un poco spiazzata (non ci sono abituata) ma mi piace.
    So che senza una intelligente lettura la scrittura di una poesia non è completa, ma quando una lettura viene anche espressa si verifica un contatto più significativo tra le due soggettività (quella di chi ha scritto e quella di chi ha letto).
    Grazie dunque a Vincenzo, Margherita, Francesca e Mario per avermi fatto conoscere un pò di loro. A Mario devo anche la segnalazione circa la poesia di Alessandra Palmigiano, che mi è parsa interessante anche per la parte relativa alla traduzione.
    Scusandomi per la brevità del commento (un problema stagionale mi rende ora difficile sia leggere che scrivere), auguro a tutti una buona notte.
    un saluto
    Marcella Corsi

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  10. grazie Marcella per il commento finale.

    io credo che la poesia nasca dalla bocca del poeta e cresca nel corpo del lettore. E' dunque importante creare momenti in cui questo accade.

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