venerdì 18 luglio 2008

Anna Maria Farabbi, 1996


Sin dalla Fioritura notturna del tuorlo (Tracce, 1996), la poesia di Anna Maria Farabbi (1959) modula il canto in un furore iniziatico e metamorfico, che da Orfeo la trasforma in «lupa di guerra/ [...]/ zitta gravida e ancestrale», in strega che addensa gli arcani notturni, facendo fiorire il tuorlo della lingua, così che il caduco s'aduni: l'intenzione di questo libro è infatti celebrare «il crollo delle membra/ il tonfo del pennino», «dei soldati in guerra/ delle loro vedove incinte dalla morte» e «delle rose marcite, trapanate dal baco», ("Il canto degli Eunuchi") ma anche far emergere un'autobiografia in cui minerale, vegetale e animale siano l'impasto da cui il verso sboccia. Montelovesco, frazione collinare in provincia di Gubbio, è l'archetipo di tutto questo, la bocca d'ombra di tutti i libri farabbiani. Buona lettura.



Autoritratto
Primo paesaggio dentro e fuori la mia fronte



Non c'è bisogno dell'ascia per spaccarmi
la fronte.
Te lo dico con parole minerali, vegetali e animali,
ognuna delle quali in sé respira:
quel che c'è nella mia polpa, esiste.
Nel senso che sta su realmente.
Lampante.

Ho la fronte alta, è vero.
Accolgo le diagonali nervose
e le storie universali che mi ci sbattono. Spiano,
disposta come le terre per l'atterraggio
e a volte, il più delle volte, mi faccio il muso
decisivo e decollante assimilando quello
degli uccelli.
Non per il volo fine a se stesso
ma per raggiungere il mondo
agitato
di un'altra f(r)onte.

Ho la pelle semplice
che mi copre.
Mettici un bacio comunicante: ci trasmettiamo Dio.

Quanto all'incantamento dei sogni,
lo dico con la serietà forte dei sopravvissuti svegli,
gli angeli dentro la mia testa sono crepati.
Senza testamento.
Senza testimoni.
Senza la salma delle piume.



Ciò che è il monte dentro chi lo vive


Se i miei versi nascessero al rovescio
come una languida vegetazione che addormenta gli uccelli
mentre vi nidificano,
quegli uccelli morbidi
che non distinguono i limoni
dalla luna
e che al canto del gallo
tremano.

Se nel mio poema ci fosse acqua
per abbeverare i bambini
e i cortigiani del re,
sarei chiamata dal re
e da tutti i suoi uccelli
e finalmente pubblicata su un trono
visibile.

Chi sei, mi si chiede,
se non ti si vede non ci sei.
Io sono, rispondo. Io sono
un poeta piccolissimo quasi lontano quasi felice,
una bestia di montagna sola come il monte,
una bestia che impara
le lingue selvatiche del vento e degli alberi dritti, le lingue
del mondo.
Io sono i neri della lupa e i rossi
del gallo
e la tenerezza dei verdi fioriti.
Io sono i gialli seminati, mietuti a mano,
fasciati ed esposti, immagazzinati,
fatti nutrimento
contro l'inverno.
Sono quella che da dentro la stalla
vede le stelle di dio
e se le sente in gola brillare.

Il mio quaderno inedito sta dentro la stalla,
fatto di terra sedimentata
irrigata d'inchiostro: canta.
Selvatico e dritto
quasi lontano quasi felice
più grande del re.



Maternità


La lupa è scesa a valle,
zitta gravida e ancestrale.

Un tempo si era fatta neranera per assorbire le notti
montane
mimetizzata con le radici forti delle piante
e del monte.
Con il vento. Con il vento furioso
che impenna la fame furiosa
dei rapaci. Con il vento furioso.

Si era fatta giallagialla per ingoiare la luna micidiale
delle notti
dentro le cacce alle prede
con le narici gialle piene di fame.

Si era fatta rossarossa ululando
il suo sangue
sola golasecca rossa camminando e azzannando le croste
le trame
dure del monte.

È scesa, ora. Allatta.
La sua pancia tocca quella della valle,
ne è congiunta, meravigliata.
Nel seno le si accendono i mezzogiorno,
gli archi
della luce diurna, le facce piccole dei fiori,
le facce piccole in cui sostano le ombre fresche
degli insetti.

Potrei sembrarti ferma
con il capezzolo in bocca
a mio figlio,
io lupa di guerra,
ma canto
zitta gravida e ancestrale.
Canto il poema latteo sceso in me
con me
da me a mio figlio
come un fiumecaldo diurno potente, giù
dalla cima
del monte. Dalla cima del monte.

4 commenti:

  1. magnifica, epica, furente, animale

    bellissima proposta stefano
    complimenti a lei ed a te che proponi cose gravide di poesia che (in me) risuona fin dentro le ossa

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  2. è una poesia che amo molto quella di Anna Maria Farabbi, così semplice e vera, diretta, che scivola e scuote fin dentro al midollo.
    Mapi

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  3. sono contento che vi sia giunta, ma non ne dubitavo, conoscendo le vostre indoli matrie :-)

    gugl

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  4. le noster indoli mandrie :)

    vabbè è che sono di buon umore

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