giovedì 17 giugno 2010

Piera Isgrò


Leggendo le poesie di Piera Isgrò contenute in Graziel (Edizioni del leone, 2009) si capisce quanto la poesia moderna abbia a che fare con la vita sottorranea, con quanto ci indispone e rifiuta il compromesso con ragione e sentimento. Scritto in memoria della sorella Graziella, dono estremo di sé attraverso una parola che vorrebbe contenere l'infinito e lo stupore che la morte infonde su chi resta, dopo mesi di affettuose cure rubate al tempo della propria famiglia e del lavoro, questo libro evidenzia, appunto, l'impotenza del racconto a diventare poesia, per quanto laceranti siano le spinte emotive che l'hanno ispirato. Tale limite, sia chiaro, non è tanto imputabile alla vocazione della Isgrò (ne sono una prova le sue predenti raccolte), quanto alla materia del dire, a quello stare con la pietà in mano e l'urgenza testimoniale, che inevitabilmente legano la scrittura ad un immaginario tendenzialmente dato, ad un sentire già filtrato da una tradizione forte, cui è davvero difficile sottrarsi. Qualcuno ci riesce, certo (penso per esempio a Tema dell'addio di Milo De Angelis oppure a Nel tempo che precede di Umberto Piersanti), ma generalmente la poesia nata da questo abisso genera figli gracili, che non rendono giustizia al dolore da cui provengono. Ad alleviare questo destino, concorre una strategia vincente, adottata da Piera forse soltanto per mettere in rilievo le due voci protagoniste: nella finzione narrativa del corsivo, infatti, è la stessa Graziella, i suoi tic linguistici, la sua fede profonda in Dio, a parlare. L'effetto è un accresciuto movimento del dettato, una verticalizzazione della strofa, che acquista in tensione. Forse non è abbastanza per trasformare tutto questo amore in poesia memorabile, ma credo che "Graziel" vada letto, prima che come un testo letterario, quale straordinaria prova d'affetto di una sorella che, con grande umiltà e senza invidia, porta nel proprio canto quello di una poetessa di valore, com'è stata Graziella Isgrò, scomparsa nell'aprile del 2006. A questo proposito, sperando di fare piacere a Piera, voglio riportare, in chiusura, una mail che Graziella mi scrisse nel 2004, quando pubblicai sul sito di Nabanassar un saggio sulla sua poesia: «L'ottica, il punto di vista, la complementarità, l'identità. Tutto sta nel nostro sentire, nella nostra maniera di vedere le cose, le stesse cose. Tutto è se stesso e il suo perfetto contrario. Tutto racchiude se stesso che è anche il suo contrario in cui però si identifica. Tutto è come noi vogliamo che diventi, come lo facciamo diventare. " e piango per la tua debolezza/che è anche la tua forza/di sempre" - ho scritto una volta quando ero giovane. Vivere è già cominciare a morire eppure non finisce con la morte, che non esiste, è solo il ribaltamento speculare di uno stato, una condizione precaria, un punto di vista...E' il preludio della vita stessa. Tu puoi fare molto, per te stesso e per gli altri, se solo guardi con una luce lievemente spostata, nella posizione, nella direzione, nella sensazione appena percepita......... Questi, Stefano, i miei primi pensieri dopo essermi contemplata nel tuo "Specchio". Graziella»





Protesa su orizzonti di respiri
contemplavi galassie colorate,
catturata dai loro bagliori.

E ti coprivo
avvolgendoti nel giallo
dei fiori
che salutavi
dalla tua navicella spaziale.

Laddove il gelo avanza
e immobilizza lo scorrere dell'acqua,
la carezza del fuoco disseta
e rigenera l'istante.
Trasforma in lineamenti di un sorriso
il viso affossato nel pianto
che bagna il coraggio nella paura
e lenisce parole taglienti
d'improrogabili verità.




**


Fende l'automobile la notte
nel gelo di risposte rivelate.

Non mi ingannare mai
devo sapere

Diluivo il dolore nell'amore
con sguardi traduttori di parole
che delicate svelavano il tagliente vero.




**


E rimeggiare
la melodìa di Blake
dell'innocenza dopo l'esperienza
nella fusione con l'immensa
tranquillità d'azione
dov'è missione
la cura
della Terra.




**


Pupilla dello Spirito.
Logos purificatore
umile
trasfiguratore del
reale.


Forgia pesi e misure
nel silenzio del
bene
liberando i valori
dalla gabbia del
fatuo.

E piange questo mondo
la fame e la
miseria e
guerra e
cattiveria
lasciate a macerare
nel sibilo del
nulla.




**


Si concentrava il cielo
nei balsamici raggi
di marzo.

E ti coprivo
avvolgendoti nel rosa
dei fiori
disegnati dalle lacrime
del pesco





**


Si confondeva il tempo
cancellava la forma delle ore
attirato
dal centripeto calore
di un grazie.

Inesprimibile Fattore
della vita
tu mi hai costruita
ora mi demolisci...





Piera Isgrò è nata nel 1963 In Sicilia, e vive a San Donà di Piave (VE). Ha pubblicato le raccolte di versi L'Ossimoro esistenziale (1999), Le ipotenuse del cielo {2001), Stille di luce (1003), II lago capovolto (2006). E' presente in varie riviste e antologie.

7 commenti:

  1. grazie stefano, grazie piera, grazie graziella - indimenticabile amica e compagna di un viaggio che continua...
    roberto c.

    RispondiElimina
  2. Un’elegia commossa, un inno appassionato alla vita è quanto sento emergere da questa preziosa, delicata negli accenti, poesia di Isgrò che leggo per la prima volta e con trasporto sull’onda anche dell’illuminante intervento di Guglielmin. Doverosa l’email di Graziella, significativo questo passo:“Vivere è già cominciare a morire eppure non finisce con la morte, che non esiste, è solo il ribaltamento speculare di uno stato, una condizione precaria, un punto di vista...E' il preludio della vita stessa”). Cito, non a caso, questa suggestiva strofa:

    “Laddove il gelo avanza
    e immobilizza lo scorrere dell'acqua,
    la carezza del fuoco disseta
    e rigenera l'istante.”

    Grazia e bellezza, invece, prorompono in questi versi:

    “E ti coprivo
    avvolgendoti nel rosa
    dei fiori
    disegnati dalle lacrime
    del pesco”

    Daniele Santoro

    RispondiElimina
  3. "Vivere è già cominciare a morire eppure non finisce con la morte, che non esiste...è il preludio della vita stessa" ha detto Graziella.

    Nel ricordo di lei e di quanto mi ha raccontato, riporto ancora versi, tratti da Graziel,che continuano questo argomento..."Espansione dell'anima\ varca il confine del corpo, \ampliamento dell'essere\ oltrepassa orizzonti di materia\ incontrando le fattezze dell'universo.\"

    Piera Isgrò

    RispondiElimina
  4. Riuscire a diluire "il dolore nell'amore/con sguardi traduttori di parole/ che..." svelino " il tagliente vero", restituendolo un po' ammansito da profonda leggerezza: le delicatissime parole di Piera mi offrono lo spunto per pensare alle espressioni della poesia che più amo.

    grazie Piera e grazie Stefano.
    Francesca Monnetti

    RispondiElimina
  5. margherita ealla20/6/10 11:51

    Mi piace molto il tono appena appena elegiaco e non ostentato di queste poesie

    c'è una tensione altra ("il logos purificatore"), la visione di quella "navicella spaziale" come sguardi "traduttori di parole" che non si lasciano travolgere dalla immersione in terra (nel dolore, nel "tagliente vero.”)

    poi c'è l'amorevole-sorellanza, la fraterna cura (in senso universale, non solo qui effettiva biografica)di quello sguardo ("E ti coprivo/avvolgendoti nel giallo/dei fiori" per es.) che, agganciandomi al riferimento a Blake, mi fa associare una sua specifica incisione per questa poesia: "pieta 1795-londra-tate-gallery"
    che davvero mi sembra, anche nelle immagini, rappresentare bene questo post.

    ciao!

    RispondiElimina
  6. Esperienza che fa crescere, che offre possibilità,che può ferire e nello stesso tempo - in modo catartico - può salvare e paradossalmente ricondurre all'innocenza edenica.

    grazie

    Piera Isgrò

    RispondiElimina