martedì 12 ottobre 2010

Gianluca D'Andrea


L'Arca Felice ha messo in piedi un progetto singolare, fondato sulla qualità autoriale e del prodotto libro; in particolare questo secondo aspetto va messo in rilievo, specie per la collana Coincidenze curata da Mario Fresa, che stampa 199 copie accompagnate da un'opera di un artista contemporaneo. Nel caso di Evosistemi di Gianluca D'Andrea, i testi sono supportati dalla riproduzione a colori 20 x 14 cm di un dipinto di Orodè Deoro, ottimo pittore, non nuovo a queste iniziative (si pensi a Spaccasangue di Iole Toini, uscito per conto de Le Voci della Luna). Il preziosismo ulteriore consiste nel inserire un dipinto nelle copie n.1 - 99 e un altro dal n. 100 al 199. Mi soffermo su quest'aspetto contestuale per segnalare non soltanto la cura riservata all'elemento editoriale, ma anche per segnalare un problema, particolarmente evidente in Evosistemi. Confrontando il libro con gli inediti a suo tempo usciti in rete, dal titolo Ecosistemi, ma pertinenti – malgrado lo scarto sillabico – alla medesima ispirazione, e leggendo ovviamente i testi proposti, sembra quasi che l'autore ne abbia tolti numerosi per soddisfare un formato standard, deciso dall'editore. Se questo è vero, mi chiedo: non conveniva a D'Andrea proporre una sezione completa dell'opera, anziché un assaggio di differenti momenti, così da non nuocere all'unità-libro?

Detto questo, mi vorrei soffermare sulla qualità testi, a partire dai due nuclei tematici più evidenti: la libertà quale necessario avvio di ogni discussione, fondamento politico della comunicazione democratica, ma anche atto di responsabilità del poeta che, attraverso la costruzione del testo, sceglie la lingua da usare a nome dell'intera comunità. Atto che D'Andrea sembra patire, pur sentendolo necessario, nella misura in cui afferma, categorico: "stronco le libertà che mi s'impongono". Il secondo elemento, segue di rimessa: la sua è una poesia sulla poesia, una continua riflessione metapoetica che cerca le ragioni del fare artistico in qualcosa di più grande che lo giustifichi: la libertà civile, appunto, che egli legge martoriata nella sua isola, la Sicilia, sineddoche di un mondo governato da "una violenza inaudita", "impasto di ogni atrocità" eppure ancora capace d'amore. La visione è drammatica e si ripercuote direttamente sul ritmo asimmetrico dei testi, mimetico all'idea che la vita sia lotta crudele, e sulla ricerca di figure di suono, o soluzioni sintattiche alte (per esempio l'anastrofe "Così disegno dispersivo duri") capaci di attenuare lo scontro sino, quasi, a conciliarlo, come a dire: "nonostante l'immane sdegno / ancora amarla questa vita / e non cedere al disgusto / ma adagio senza fughe / lottare per il nido / violenza su violenza". La posizione ideologica è forte, ma problematica: l'ultimo verso, infatti, se diventasse parola d'ordine politica anziché estetica, destabilizzerebbe non soltanto la quieta società letteraria, ma l'intero sistema capitalistico, se non fosse che tutto ciò è promosso per salvaguardare "il nido" ossia il raggiungimento di un nucleo domestico in sintonia con l'agio contemporaneo, inevitabilmente borghese. Le poesie dedicate all'amore, forse sbrogliano la questione, aprendola in una direzione imprevista, giacché il nido contemporaneo – sembra dirci D'Andrea – è pervaso dalla gramigna, l'ipocrisia del pater familia non tiene, la finzione buonista ha crepe dappertutto: quel nido dev'essere pulito (anche con la forza), ricondotto alla sua origine archetipica anziché a quella socio-economica; nido è dunque origine, luogo in cui la comunicazione è sincera, la relazione centripeta, ma non soffocante. Definito e giustificato l'obiettivo, rimane aperta la questione della "violenza" sintattica, che lacera l'unità del testo come un'energia immanente ai versi, che opera dall'interno, smembrando parzialmente la sintassi ("la lingua è frantumazione" scrive in Come una croce amare la rovina): scelta legittima ma forse – dato per buono il metodo – non condotta sino in fondo, per cui l'effetto è un'armonia inquieta ma non destabilizzante, una volontà atonale non accettata pienamente, una libertà contenuta, non anarchica, laddove forse si vorrebbe la deflagrazione, l'energia animale, l'espressione virale che, quasi con effetto omeopatico, davvero mostri il tessuto malato, la nostra lingua di plastica, la nostra civiltà in frantumi.



Madrigali


I

Il mento dell’isola
Giù dove sempre la terra si estorce
e il cemento si mescola al rifiuto
isolo la mente scorcio le scorte.
Solo come un pastore senza gregge
mi stendo, pago alla terra il tributo,
al sole friggo che tutto sorregge.
Regge la bestia smangiata il sussulto,
ora della terra, del ferro acceso
dentro di essa, nel nero, il tumulto
di fiamme e vomito, l’oro frainteso.



Al centro [Evosistemi]


Così disegno dispersivo duri,
perduri il segno smangiato che m'anima,
la mia prospettiva è sconvolta
come chi vuole e ama vedere.

Mi è stato detto va riempito il foglio,
educare metrica e grammatica,
di mio, senza alcun suggerimento,
stronco le libertà che mi s'impongono.
Una crepa, un dirupo, una frana,
scoscesa è la strada al paese,
la fase ha colpito
gente macabra, spray infetto
alle cataratte, via cavo.



Scansione e cavità


Nessun centro, nessun disegno,
libertà di spingersi dentro
nel mio luogo per voi.
Prima di urlare prendo altre strade.

Depredare, arricchire, ammorbare,
non compro lo specchio
ho un foglio di terra.
Non è questa la fuga agognata,
più attenzione e rigore,
più amore per voi,
voi presenti come un calcio in faccia.



Sul libro (come ECOSISTEMA)


L'Autore:
«Non ha un centro tutto è il centro.
Il mio margine illumina il paese ,
che riposa sotto libere coltri».

Ora il diritto è un peso.

Mi violento vecchie carte e luce
che vibri dallo schermo ti violento,
dissacro la tua superficie di pietra.
Per riaverti e amare quelle acque
e gli insetti per sempre perduti.

Parole incartate, nessun suono, un giornale,
graffiare la terra per portarla al suo tessuto.
Originare, fuori da te paese,
dentro te è la terra, un urlo,
la carezza dei residui sulle unghie.

Scavo per portare alla luce
nascite fuori luogo,
un canestro di foglie scadute,
raccolte per essere smostrate
come un taglio, uno sbudellamento.



ECOSISTEMA DI AMORE (e futuribile presunzione o AVVISO)


Stretta la mano in fede ad occidenti
e brusii lontani, cambieranno
equilibri e per quanto amore
per terra e cultura occorra
a salvare il salvabile, tutto
in quanto niente merita amore.

Orienti, cloni impazziti
e strette e forre, carne e ferri, suoni
in colonie di noi non identificati individui,
l'identità occorre sopravviva
a chi ama un mondo di scelte,
violenze e piaceri.

Resti amore e morte o nuove
fantasmagorie, prese,
abbracci e sorpresa di morte gore
a illanguidire i volti,
un borro nel cervello a indirizzare
i passi a vuoto come formiche per molliche.

Niente ancora niente
o valli di carne schiacciata e ossa
impacchettate, riserve di altri universi.

Moltitudini in derive come versi
che concludono esigenze
e riaprono al mondo.



[Come una croce amare la rovina]


Balbettio, canzone infantile,
ritornare all'infanzia giustifica ogni violenza,
impallidire da uomo perbene
e arrossire per tutta la mia specie
cui resta solo una speranza:
l'invasione e in ultima istanza
l'auto-invasione.

Una moltitudine barbara
o tranciare una mano in strada,
la vita è scompenso,
la lingua frantumazione;
slancio dell'origine
a violenza si risponde con violenza.
È veramente l'epoca dello Spirito
in bacheca, nascosto, braccato,
protetto da una superficie boccheggiante,
esterrefatta, sfaldata.
E nonostante l'immane sdegno
ancora amarla questa vita
e non cedere al disgusto
ma adagio senza fughe
lottare per il nido
violenza su violenza.



Gianluca D'Andrea è nato a Messina il 23 settembre 1976. Suoi testi sono presenti di diverse antologie, in rete e in numerose riviste letterarie nazionali. È redattore di «Nabanassar», portale letterario con cui collabora dall'agosto 2003, ed è stato redattore della rivista «Ciminiera». Ha curato con Vincenzo Della Mea l'antologia Verso i bit (LietoColle, 2005).

Ha pubblicato: Il Laboratorio (LietoColle, 2004, menzionato al premio Lorenzo Montano 2005); Distanze, raccolta giovanile (novembre 2007, scaricabile al sito http://www.lulu.com/); Chiusure (Marmi, 2008, menzionato al concorso "Opera inedita" indetto da Farà Editore nel 2006, premiato con segnalazione al Lorenzo Montano 2007 e menzione d'onore al premio Lorenzo Montano 2008); Canzoniere I (L'arcolaio, 2008), Evosistemi (Edizioni L'Arca Felice)


                                                                  su Orodé Deoro qui

8 commenti:

  1. Grande Gianluca!
    Tornerò a leggere con più freschezza di mente questi tuoi gioiellini!
    Un abbraccio a te e uno a Stefano!
    Gianfry

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  2. margherita ealla13/10/10 22:31

    mi sento pienamente concorde a quello che tu gugl affermi nell'ultima parte di questa presentazione acuta (cioè capace di porgere al lettore ottimi spunti): “l'effetto è un'armonia inquieta ma non destabilizzante, una volontà atonale non accettata pienamente, una libertà contenuta, non anarchica, laddove forse si vorrebbe la deflagrazione.”
    perché queste poesie, a mio sentire, contengono movimenti di tremito, come da azioni di faglia che cerchino di liberare, ma allo stesso tempo acquietare, le tensioni viscerali o quelle di tremore meno sanguigne
    “Madrigali I” mi sembra, a questo proposito emblematica, perché funziona da innesco di immagini legate ad un contorno da “arcadia” sconvolta e perduta, terra isola che “si estorce” (da sé), come strizzandosi le viscere, tentando nel frattempo di scrollarsi di dosso l’umanizzato a ogni costo....,
    in uno scorcio di scorte (che vanno dilapidandosi -così i metalli o gli elementi più o meno nobili),
    così come l’uso in questo testo di molte parole con le doppie (come scorte di lettere) crea un effetto ritmico di “sussulto/tumulto”, come di conati di “vomito”.
    D'altra parte la (grande) “bestia è smangiata”, “smangiato” il segno che anima
    e nn basta a rifondere la perdita il : “Mi è stato detto va riempito il foglio,”
    perché le parti rimosse, anche quando non disperse, ma rimaste “a residuo delle unghie”, probabilmente non colmano il testo, ma rimangono come “foglie scadute, /
    raccolte per essere smostrate / come un taglio, uno sbudellamento.” (anche qui mi piace molto questo rimarcare il venire meno lungo la lettera s).

    Mi fermo (sono un po' cotta)

    ottima anche la segnalazione di Orodè Deoro,
    Grazie mille
    ciao!

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  3. Caro Stefano,
    sono molto lieto dell'attenzione riservata all'eccellente scrittura poetica di Gianluca D'Andrea. Tuttavia, mi spiace farti notare che l'ipotesi di un supposto "sfrondamento" dei testi da parte dell'editore è totalmente errata e priva di fondamento. Chiarisco:

    1) Si è pubblicata la raccolta così come Gianluca ce l'aveva inviata, e non si è toccata nemmeno una virgola;

    2) La casa editrice non segue irremovibili stardard editoriali legati alla collana "Coincidenze": vi sono libri che vanno dalle due semplici facciate fino alle 80 pagine. Non è nostra intenzione porre limiti ai poeti o invitarli a proporre "riassunti" delle loro raccolte.

    Quanto alla precedente raccolta "Ecosistemi", pur essendo affine per molti elementi a "Evosistemi", è sostanzialmente un'altra opera, di certo parallela a quella da noi pubblicata, ma autonoma e a sé stante.

    Saluti cari,
    Mario Fresa

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  4. ringrazio Mario Fresa per la precisazione. Ne deriva, dal mio punto id vista, che l'opera che avrebbe bisogno di maggiore strutturazione.

    Grazie Margherita: preziose come sempre le tue osservazioni.

    Ciao Gianfranco (ma sei di parte visto che Gianluca è un tuo autore :-)

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  5. Grazie Stefano, per la stima!
    E complimenti per l'analisi dei testi!
    Penso anch'io che l'iniziativa delle Edizioni l'Arca Felice è rara, anche il risultato finale è prezioso, come ben descrivi tu. Approfitto per ringraziare Mario Fresa per questa collaborazione!

    Per quanto riguarda la poesia di Gianluca, è un mio limite l'essere viscerale,(fatto di curve). Ritengo per questo la mia presenza nel libro di versi di Iole un vero matrimonio artistico. Mentre la poesia di Gianluca è spigolosa per me, e gli spigoli, i ritmi rotti, indicano una natura, una poetica diversa.
    Qualcosa che non porta il mio innamoramento immediato! Così come scrissi anche a Mario! Ma il mio innamoramento è giustamente una questione privata!
    In Evosistemi esiste la collaborazione e non a caso si parla di ecosistemi. L'essere entrambi su queste pagine e dover convivere, essere visti, digeriti, assorbiti. Le pitture ritengo comunque che sono state selezionate bene!
    Ho ripreso ora in mano il libricino! ;)

    Grazie a voi dell'attenzione!!!

    Orodè

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  6. grazie Orodè per l'intervento. Davvero apprezzato.

    Sarebbe interessante che dicesse qualcosa anche Gianluca.

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  7. né punteggiatura, né ritmo...non è nemmeno poesia, ma un semplice accatastare opposti, immagini discordanti, immagini violente. manca l'amalgama, manca la bellezza, manca insomma la poesia

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    1. io vedo punteggiatura e ritmo: è un problema di velocità del'osservatore?

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