Apro la lettura con una parola che si presenta in maniera
forte e determinante: congiungimento, unione, affinità: il trovarsi, di due
corpi celesti in posizione tale che, visti dalla terra, figurino sullo stesso
allineamento.
Nella prima sezione, Canti dell'amore coniugale, si
avverte, forte, un luogo femminile, quello dello stare quieto della scapola,
dove la donna si fa luogo, rotondità, protezione.
Essere uno, essere due
Lo stare quieto della scapola
nel corpo tuo che fascia, tondo
sulla slogatura del prato
mentre si screpola il giorno
al pane nostro fiato
finalmente uno in questa
buca
celeste, in questo andare che
ruota
e non ha fondo.
Così sento questo dipanamento del verso, che offre
litografie in bianco e nero sotto forma di figure perfette come l'uroboro, il
serpente che si morde la coda, unità fondamentale del cosmo, oppure, talvolta,
sotto forma di impronte appena accennate, didascaliche.
Dici quercia e bacio,
aspetti
un cielo digiuno che spiova.
Sdraiata la lingua sulla pietra
scivoli aperta nell'animale
che dorme: pare il cerchio
una figura d'amore, perfetta
se non divora la prole.
Poi segue, in Poesie londinesi, una trasformazione,
il dettato si fa frammentato e acuto, ne risultano aforismi sotto forma di esperienza
Non c'è canto, lo so. Però il corpo
talvolta, parla da solo, ama il fango
più della luce e cancellare tracce
darsi malato...
Colpisce anche l’ironia, che in certe poesie, prendo spunto
da *vendo monade con vista*, si offre
con trasporto:
vendo monade con vista. e occhiali
d'oro per letture preziose. oppure scambio
con piatti chiari e amicizia. cedo
camicia lunga per forza.
[...]
offresi compagnia casta a signora perversa.
regalo topolino bianco sodomita, vera occasione.
cedo parete nord per carezze artiche.
cerco lingua ruvida che solluccheri. no yeti.
Fino a proseguire, nella seconda sezione, con Paesaggi con poeta, dove troviamo
un canto più esteso che presiede l'attesa:
[...]
Io per me vorrei uno sfondo che
non decori
ma dilati il senso dello stare,
un tavolo di frutta
per esempio, e una figura, che
sorrida a morti e vivi
senza strafare. Vorrei narrare,
ma con spiacere
di mamme vermiglie nel rione
degli infetti e di città
imperfette in cui s'annida
l'erosione. E di prigione
vorrei dire, esilio dai prati,
dai nomi, dove sognare
non l'ora d'aria, sola, ma il
guado, e scrivere di te
di quando sfidi rocce e
mulattiere
guardando in valle il torbido che
cresce
di te, quieta, presso l'acqua dei
nevai.
Per poi esplodere nel bellissimo: *Voglio dire*, così
tipico della voce del poeta, quando, consapevole, acquisisce il disincanto del
dettato e lo trasmette a fior di pelle in un'esplosione organolettica.
[...]
Però, davvero, ancora mi domando
se questo paravento abbia un
senso, se questa messa
in pena valga la cera e quanto o
invece
buchi meglio lo scherno l'impiego
crudo del vero
con corpi monchi e scalpi o
l'allegoria
feroce che fa da linfa alle feste
del potere
da Luigi quattordici alle
undicimila verghe alle centoventi
di Salò, baionette antiborghesi,
anche se poi
tutto rapprende in solida bolla,
s'ingloba
in carta buona e lancio
editoriale.
Però la borghesia, forse, per
quanto
piccola, e il proletariato e
l'ospite indesiderato
sono comode figure,
semplificazioni che sporcano
di meno. Ideologie, appunto,
tare. O almeno, così pare
se è di questo che da Parigi a
Casarsa si dice
e non, invece, come credo, della
bestia oscena
del maschio disumano lanciato
contro la femmina
motrice, chimera che
spaura perché più dell'uomo penetra
più di lui domina la scena. Forse
di questo stiamo parlando
anche quando cantiamo l'amore o i
punti vinti al gioco
quando chiediamo se val bene
questo
quello o l'erba in mezzo, come a
beato ristoro
poetando.
Come vedi mi cito, mi chioso
con tutto il corpo che posso,
scopro la voce, le voci
che come a Giovanna mi sparlano
dentro, per liberare
la faglia, così che spiffero e
buio e quanto rimane da dire
come da botte larga escano fuori
o da bottega
ch'è un fare felice, se campana,
per esempio, nasce
da terra ed ingegno, come in un
film di Tarkosvkij
o da una poesia di suo padre,
dove "l’erba come un flauto
- d'improvviso - cominciava a
suonare".
[...]
L'uso delle congiunzioni,
l'affermazione di un limite che però diventa risorsa nel momento stesso in cui ci
rende consapevoli, sono espressione di uno stile che rende il vissuto partecipe
dell'uomo, coinvolge ed ammonisce, si racconta e ci racconta, le tante
sfumature esistenziali.
Lascio scivolare le impressioni per poi catturarle nel
gesto che suscita ricordi e sensazioni perché è così che avviene la
trasposizione della parola poetica
scritta e ricevuta.
34.
se dalla luna, lui, portasse
indietro un grammo di ragione
o il suo lume. se studiasse i modi
finiti e infiniti di spinoza
e vi scavasse dentro una pozza di
vita vera. se insabbiasse
il perno che lo lega alla pancia
del denaro. se ogni tanto
si girasse come l'angelo di klee.
se inorridisse.
Un corpo che si estende nel pensiero, pur conservando la
sembianza delle ali dell'angelo di Klee.
Una poesia sperimentale, quella di Guglielmin, dove forte
si avverte il tentativo di ricercare una costruzione che agli occhi del poeta
stimoli le connessioni mentali. Un linguaggio difficile a tratti, a tratti
anonimo perché non sempre ci è chiaro il soggetto, o il senso, e questo ci
spaesa, ci rende nomadi all'interno di un percorso dalle molte ramificazioni.
Penso che la sua voce sia
volutamente indiretta, lontana, suggestiva.
Carla
Bariffi vive a Bellano, sul Lago di
Como.
Ha
pubblicato“Aria di lago” (LietoColle, 2006) e Rapsodia in rosso (CFR, 2013)
Sue poesie sono presenti in alcune antologie e su riviste
e siti on line:
LietoCollelibri :”L’albero degli aforismi “2004 – “Ti bacio in bocca” 2005 – Luce e notte, 2007.
Giulio Perrone Editore “Poeti lombardi” – “Logos poesia” – Aletti Editore: “Poesie italiane”.
“L’impoetico mafioso” CFR ed., a cura di Gianmario Lucini – “Esistenze e resistenze” a cura di letteratura necessaria. La Soldanella è il suo blog.
LietoCollelibri :”L’albero degli aforismi “2004 – “Ti bacio in bocca” 2005 – Luce e notte, 2007.
Giulio Perrone Editore “Poeti lombardi” – “Logos poesia” – Aletti Editore: “Poesie italiane”.
“L’impoetico mafioso” CFR ed., a cura di Gianmario Lucini – “Esistenze e resistenze” a cura di letteratura necessaria. La Soldanella è il suo blog.
rileggo con piacere le poesie e affido a Carla un commentare che io non so..
RispondiEliminaperò le sento.. belle e vicine..
che emozione essere riuscita a dare voce ed espressione alle mie parole verso una poesia che stimo e sento...ti ringrazio tanto Stefano, e ringrazio la qui sopra lettrice!
RispondiEliminaBisogna imparare ad esprimere le proprie emozioni sotto il controllo della scrittura. Aiuta a coordinare il pensiero, a mettere ordine ...
per questo, scrivere recensioni, penso sia un buon traguardo - e un buon esercizio - per una certa maturazione.
non lo farei mai per lavoro, solo per diletto personale.
e bisognerebbe anche avere un maestro (professore) che rilegga la prima stesura!;-)
a presto!
grazie a tutte e due. Come ti dicevo, Carla, la precisione fa la differenza quando scrivi saggistica. Occorre che il testo risalti nelle sue qualità ed eventuali difetti, in modo che il generico sfumi.
Eliminainteressante questa nuova prospettiva di scrittura, i saggi mi affascinano sempre perchè abbracciano la scienza e si avvicinano all'interiorità, per questo deve essere una bella sfida cimentarsi a scriverne.
RispondiEliminachi scrive poesia, in genere, fatica a scrivere romanzi...i saggi però...
sono come un racconto, con la differenza che, a seconda del tema trattato, possono aiutare a capire un determinato problema.
una cosa è certa, la tecnica sembra importantissima.