La singolarità di La Galleria.
Primo (Scripta edizioni, 2011), di Sergio Marinelli, sta nell'unità
d'ispirazione e nella continuità tra opera e autore: docente di Storia della
Critica d'Arte presso Ca' Foscari di Venezia, il libro è una galleria d'arte
visiva – circa 150, tra opere e autori indagati – che tiene, in sintesi, il
meglio e il peggio della produzione pittorica occidentale. Da Giotto e il suo pensiero
azzurro a Damien Hirst "il solo ad aver capito / che le sue opere un
giorno / forse non varranno niente", con quel "forse" detto più
a beneficio d'inventario che per sincero ripensamento perché, lo stato
dell'arte contemporanea, Marinelli ce l'ha ben chiaro: quando il denaro vince
sull'opera, la civiltà inesorabilmente decade, e viceversa. L'autore salva, ma
non troppo, Maurizio Cattelan che, "di quelli lì" (leggi: "Jeff
Koons / Mark Quinn / Vanessa Beecroft / Damien Hirst / Jenny Saville / e tanti
altri") "è il più simpatico". Posizione non per forza
condivisibile, ma che Marinelli ci offre con leggerezza, così come, con la
grazia della velatura e del gesto impressionista, ci fa conoscere i capolavori
senza tempo del canone occidentale. Tranne, sia chiaro, quando parla degli
artisti sopraccitati. Lì – e in qualche altra occasione – va giù duro, senza curare
troppo il canto. Ed è proprio in quelle circostanze che la sua poesia mi
convince di più. Non che altrimenti non sia elegante e non colga, in pochi e
precisi tratti sintagmatici, l'essenza di un dipinto. Ma, appunto per ciò,
costringe la parola a farsi ancella del proprio oggetto, la sottomette ad
esigenze didascaliche, piegando l'immaginario dirompente che, per sua natura,
la poesia possiede, alla precisione del segno descrittivo (per quanto essa si
sforzi di essere allusiva). Se, dai romantici in poi, poesia è conoscenza, La Galleria. Primo ce la presenta invece come un'elegante damigella d'onore, che racconta,
ai presenti curiosi e affascinati dall'elocutio autoriale, le splendide
vesti della corte. Naturalmente, qualche volta la mano felicemente scappa al controllo:
è quando, per esempio, i classici diventano contemporanei. Succede nella Maria
Serra di Rubens, il cui "volto sbocciato affondato / in un sole bianco di pizzi // gli ricorda
Hanna Schygulla / nei primi films di Fassbinder". Oppure quando i classici,
pur restano nella loro magnificenza inavvicinabile, ci parlano del profondo, di
ciò che siamo, come nella poesia dedicata all'Et in Arcadia ego di
Poussin.
da La Galleria
I
AI
Museo di San Gallo
la
collezione permanente
se mai
c'è stata
è
sparita a far posto
alla
videomostra
di un
imbecille
born
to be wild
Eppure
sulla guida
c'erano
i bei nomi
di
Courbet e Monet
Kirchner
e Klee
Fontana
ed Andy Warhol
e per quel che può piacere
due
dei più bei Segantini
L'arte
antica
se è
morta
deve lasciare
spazio a questi
che
non sono mai stati vivi
ma
attirano in trappola
col
tranello del nome
consacrato
del luogo
un
pubblico ignaro
che
altrimenti sarebbe di tre
Ormai
è così dappertutto
Per un
presente che non esiste
si
distrugge allora la memoria
e
l'identità di un passato
che ahimè non è solo svizzero
Mi sono fatto ridare
i soldi del biglietto
ZURICH 2O.8.2OO9
BERNARDO
BELLOTTO
Nero
come l'alba
che non viene
Maria
Serra di Rubens
La
luce si riflette
come
su una montagna di neve
soffice
corre
giù a rivoli
in
discesa
lungo
i fili dorati
scivola
come sui marmi
che
saranno
di
Gian Lorenzo Bernini
Lei
sta
nel nimbo di un arco
come
un basileus antico
II
ventaglio puntato di scorcio
impugnato
come un'arma da taglio
il
volto sbocciato affondato
in un
sole bianco di pizzi
Mi
ricorda Hanna Schygulla
nei
primi films di Fassbinder
15.1.2011
L'età
del bronzo di
Rodin
Nudo
disperato
e solo
Come
in un'estasi
d'amore
L'artista
ha scolpito
anche
un dio
invisibile
intorno
che
vorrebbe salvarlo
se
potesse
II
primo pensiero
è
quasi sempre
quello
che vola su
più in
alto
28.1.2011
Et in
Arcadia ego di
Poussin al Louvre
Grande
Lévi-Strauss
Veramente
è la Morte
la
signora elegante
con il
vestito classico
che
viene in aiuto
ai
pastori a decifrare
il suo
nome
sulla
tomba
Come quando credevamo
assediare noi un nemico
e ci sorprende da dietro
alle spalle senza via di fuga
ed è finita
21.2.2011
Francis
Bacon
Non ci
si pensa mai
ma è
lo stesso nome
del
filosofo
Ma più
devoto alla chiesa
A
mettere
i
cardinali in gabbia
o a
friggere
sulla
sedia elettrica
Ma
quanto umani
teneri
mostri
i
martiri
Le
vittime
più
non hanno colpa
Riavvicina
e
assolve
la
pietà
Negli
stessi anni
i
cardinali
confezionati
nella morte
di
Manzù
sono
più distanti
imbalsamati
già
per
l'Eternità
13.3.2011
Vanessa
Beecroft
Una
bufala
Una
mozzarella s'intende
Blu
Ogni grande artista oggi
è un perfetto prodotto
pubblicitario
18.3.2011
PALLADIO
La misura aurea
della luce
2.4.2011
Sergio Marinelli (1950), ordinario di Storia
della Critica d’Arte presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, è stato prima
direttore dei Musei Civici di Verona.
Ha curato mostre su Veronese (1988), Il Veneto e l’Austria (1989), Bellotto (1990), Tintoretto (1994), Cinque secoli di disegno veronese (2000), Von Stuck (2006), Mantegna (2006).
Ha scritto numerosi saggi di storia dell’arte.
La sua produzione più strettamente letteraria comprende Tsang Po (1992), Cham e altri paesi della luna (1995), Sei (1995), La terra rossa di Birmania (1996), Jours (2002).
Ha curato mostre su Veronese (1988), Il Veneto e l’Austria (1989), Bellotto (1990), Tintoretto (1994), Cinque secoli di disegno veronese (2000), Von Stuck (2006), Mantegna (2006).
Ha scritto numerosi saggi di storia dell’arte.
La sua produzione più strettamente letteraria comprende Tsang Po (1992), Cham e altri paesi della luna (1995), Sei (1995), La terra rossa di Birmania (1996), Jours (2002).
Qui il suo curriculum dettagliato.
Buongiorno, leggo con grande interesse... :)
RispondiEliminami sembra giusto che voi due ve la intendiate :-)
RispondiEliminacara Matilde, ricambio sinceramente l'interesse leggendoti
RispondiEliminaSergio Marinelli