Ieri ci ha lasciato
Vincenzo Anania.
Direttore di
"Pagine" e delle Edizioni Zone, ex magistrato e poeta di rilievo, mi
ha sempre colpito la sua tempra, combattiva eppure delicata, e la sua
generosità.
Così lo ricorda Cristina Annino:
Vincenzo Anania è
stato, come tutti sanno ma mi piace ricordarlo, un egregio organizzatore di
incontri e discussioni poetiche nella Roma degli anni ottanta. Ci conoscemmo
allora e la nostra amicizia è durata fino a pochi giorni fa. Lo penso come mi
apparve quando lo conobbi: atletico
consumatore di viaggi fatti nella maniera più giovanile possibile, anche
in autostop e dormendo negli ostelli di mezzo mondo. Soddisfatto della sua vita
colta, passionale, ironica; taceva i propri dolori ritenuti giustamente privati
e dava agli altri il meglio di sé, organizzazione e fermezza. Così ha diretto
per anni la rivista “Pagine”, quasi da solo, rifiutando personalmente l’uso di
un computer. Scriveva ancora a macchina le proprie poesie nate in età matura e
che scorrono limpide sul filo di un classicismo inquieto ma calmo, come spesso
sapeva camminare con gli altri,
quando vinceva sulla propria personalità impastata di irruenza e di metodo.
Mi è stato vicino
in alcune vicende private non sempre piacevoli, con consigli, saggezza attenta,
rimproveri, per il gran bene che mi voleva, almeno quanto quello che ho sempre
sentito io per lui.
Ultimamente, i
nostri incontri sono stati quasi solo lunghissime telefonate piene di allegria;
più soffriva fisicamente più si mostrava allegro. Stava diventando un solitario
uomo di gran classe.
Amava i gatti,
amava il modo di cucinare di mia sorella (quando in anni lontani veniva a
trovarci d’estate in campagna), si rivolgeva a mia madre con quel rispetto da
signore di altri tempi. Ha disperatamente amato i suoi figli e la creatività di
Giulia. E ha sempre amato lottare. Lottava con l’arma della legge quando ancora
non ci conoscevamo, poi, in privato, con quella difficilissima
del riserbo, con una generosità mai esibita, col pudore
del non credente, con la naturale libertà delle idee, veemente se occorreva, ma
con una costante autocritica che, elegantemente mai si tolse di dosso. Amava in
modo ironico anche la propria morte con la quale da tempo aveva impostato la
sua immaginaria “partita a scacchi”. Si guardava allo specchio e l’amava,
nell’espressione, in qualche piega del viso, nel camminare sempre più vicino
all’albero sotto casa. Dopo essere stato un grande viaggiatore, dopo aver visto
quasi tutto il mondo, riusciva ancora a stringere con allegria -e ringraziando
chissacchì per poterlo fare- sempre più da vicino quel solo albero in quel poco
verde; spesso mi chiedeva al telefono “ma tu abbracci mai gli alberi? Io lo
faccio ogni volta che scendo. Mi fa star bene!”
Ha sempre mantenuto
una voce stupenda.
Sue poesie uscirono su Blanc.
Molto bella L'intervista che gli fece Anna Maria Farabbi, nel 2011
A leggerne da Cristina, dispiace non averlo conosciuto. Lascio un saluto a lui e a chi gli vuole bene.
RispondiEliminaHo conosciuto Vincenzo Anania ben poco, rispetto a Cristina, ma quei contatti, per lo più scambi di poesie,e telefonate, sembravano degli appuntamenti mancati. Ci dicevamo molto, quindi, rispettando tempie ed eternità di ciascuno.Questo uno dei gli errori della vita che sappiamo sempre dopo,
RispondiEliminaLa sua cordialità e sincerità, il suo candore forse, la fede nella poesia, me lo fecero riconoscere come uno diverso nell'ambiente, e raro. Appartato ma coinvolto, sempre in prima linea, quanto a impegno di pensiero.
Ci siamo lasciati così, con un' ultima telefonata, disseminata nel tempo,
Sono troppi per me gli addii, alcuni mai detti, altri mormorati; ma poi,"tutto, si sa, la morte dissigilla" Ciao Vincenzo.
Maria Pia Quintavalla
P:S: Anch'io,(stesso segno virgineo) abbraccio gli alberi, è un atto di amore privilegiato, energetico.
Un addio al Poeta
RispondiEliminae un abbraccio a Cristina
cb
grazie cristina.
RispondiEliminaGrazie Cristina davvero un ricordo sentito. Non ho mai avuto l'occasione di conoscerlo personalmente anche se mi ha ospitata nella sua bella rivista e me ne dispiaccio... Un caro saluto a te e a Stefano. Lucianna Argentino
RispondiEliminaGrazie, perché ci doni una voce, un ritratto a voce, cara Cristina, e la curiosità di leggere questa poesia a me sconosciuta con la persona che mai se ne va, lo sapranno anche gli alberi. saluti, Giampaolo De P
RispondiEliminaUn addio anche da parte mia.
RispondiEliminaFrancesco
Ero fuorigioco in ospedale e quindi amen .
RispondiEliminaVincenzo sarebbe stato contento di vedermi vicino in questa circostanza . Gli devo come tanti altri tutta la mia gratitudine e lui lo sa . Era uno dei migliori della sua generazione , e soprattutto un uomo pulito , semplice , diretto , verace ; una bella persona a cui era facile voler bene . Caro Vincenzo .
leopoldo attolico -
Non lo sapevo, mi diaspiace moltissimo, era stato il primo a pubblicare mie poesie su rivista (la sua "Pagine") e da allora ci siamo sentiti tante volte al telefono, tranne che negli ultimi tempi... ero andata a trovarlo anche a Roma, una persona davvero retta, profonda, sensibile e appassionata, una specie in via di estinzione... conosco anche la figlia brava cantante e poetessa Giulia..un abbraccio a lei e alla famiglia.. ciao, caro Vincenzo. L
RispondiEliminaCari estimatori e amici di Vincenzo Anania, potete contattarmi? Una mia amica ha fortunosamente salvato da un cassonetto in cui era stato gettato dopo la sua morte tutto il suo archivio, lettere personali, carte ecc. e mi ha chiesto consiglio sulla destinazione da dargli. Silvia R.
RispondiEliminaGentile Silvia R. ciò che dice è grave. Ho contattato Giulia, la figlia di Vincenzo; mi chede di poter parlare con lei. Le lascio qui per alcuni giorni la mia mail privata, così poi io la metterò in contatto con Giulia.
RispondiEliminaCordiali saluti
guglielmin.s@libero.it