giovedì 28 giugno 2007

Fabrizio Bianchi



In queste poesie, presenti nell'antologia Corale. 22 voci poetiche per 10 anni di voci della luna (Sasso Marconi 2007), Fabrizio Bianchi sceglie di contaminare un piccolo fatto quotidiano con la pulsione di morte che lo attraversa, ci mostra l'evento ludico deformato dalla passione necrofila e dalla nevrosi che pervadono colui che agisce. Così facendo, ci dice qualcosa sui meccanismo profondi del nostro desiderio, ma anche sui persuasori occulti, sulle catene costruite dalle democrazie moderne per prepararci alla guerra perpetua.








Videogiochi.



..........................................................................
Videogioco. 1


Ti lancio [con nipponiche urla di violenza]
globi di fuoco e scariche di mortale energia
e [roteando per aria] devastanti calci in pieno volto.
Ma non muori. E ti rialzi e ti rialzi
colpendomi con tremende martellate di Thor.

Giaccio immobile tra schizzi del [mio] sangue dappertutto.
You lost. Try again.
[Mentre osservo compiaciuto....la mia orribile morte in replay].






.........................................................................Videogioco. 2


Stanco di perdere, trasformo la mia Audi in carrarmato da corsa
e mi lancio contromano sparando bordate annientatrici

Schiaccio honda, volvo, peugeot, ford. Distruggo renault.
Ma mi è impedito [da uno stupido software moralista]
il massacro lo splendido splatter finale:
piombare sugli spalti annientare spiaccicare distruggere
tutta quella stupida gente [pronta ad applaudire i miei avversari].





.............................................................................Videogioco. 3


Smettila di saltare, Lara. Scalare muri.
Correre e nuotare. Sparare senza tregua.

Toglierti il reggiseno. [ci sarà un trucco per farlo]
Appartiamoci in un angolo del giardino. Dentro la siepe a labirinto.
Fammi provare. Toccarti. Giochiamo col tuo corpo. Ti prego.
O violentami tu. Sono pronto.
E [dopo averlo fatto] fammi pure saltare via il cervello.






Patris Munus.

................................... A Nicolò Tommaseo
................................... che [giustamente] aveva giudicato il Leopardi
....................................un lamentoso, incapace scassapalle.


Seghe.....[sterili elucubrazioni mentali]
[Petrarca, Leopardi, il fosco Foscolo, John Donne,
Eliot, Crane, Ungaretti,
Silvya Plath, Pasolini, Zavattini, Bukowski]
[falliti, ometti minuscoli,
esagitati casinisti incostruttivi,
suicidi, depravati, barboni]
comunicare l'inquietudine
descrivere l'angoscia
descrivere: cercare di svuotarsene le viscere
passarla a qualcun altro, impestarli
crogiolarsi nel dolore
è un'arte. per rinunciare ad affrontare
[da adulti o veri uomini]
una realtà scomoda e mortalmente faticosa
costruire col cemento, intraprendere
sbattersi per le tre paghe per il lesso
il telefonino, il fuoristrada la casa la villa
il karatè dei figli gli ori da ostentare,
questo puoi lasciare ai posteri
palazzi, industrie, beni, strade
non qualche misero scritto
un distillato di veleni
[o disgustosi trasudamenti cerebrali]
viscide concrezioni mucose da orrendo mollusco
indurite in perle portatrici di malanni
sfortune abissali, morti, accanimento di fati

Eppure.



Stardust

I vecchi poeti
recitano tutti una poesiola sui gatti
[e anche sui moscerini e sulle mele]
e c’è anche quello più famoso
[già mummificato]
che legge...impappinandosi
direttamente dalla bara.

[gli tengono il microfono davanti alla bocca
come lo specchietto del medico
che deve constatare se ancora c’è flatus]
Dio, fammi morire prima
[visto che il demone della poesia
presumibilmente
non mi abbandonerà fino alla fine].


L’unica cosa viva in questo castello
pieno di polverosi reperti [e intendimenti]
è fuori dalle finestre.........a sesto acuto:
il verde rigoglioso degli alberi
agitato furiosamente dal vento.




Nato nel 1946 nel ravennate, da sempre vive e lavora a Milano. Dopo la laurea svolge il compito di assistente di critica d'arte all'Università Statale di Milano e praticante giornalista come segretario di redazione di una testata culturale. Pubblica le prime poesie sulla testata culturale della SIPRA, concessionaria della pubblicità RAI. Dal '68 al '73 organizza alcune mostre d'arte, collabora come critico alle fortune di una piccola, innovativa galleria milanese, vince i suoi primi premi letterari e il premio giornalistico Viareggio. E pubblica -come vincitore per l'inedito di un concorso- il suo primo libro. Nel frattempo è chiamato a lavorare come copywriter nella filiale italiana di un'Agenzia di New York: da allora non abbandonerà più la pubblicità, lavorando per i marchi consumer più noti e fondando nel 1979 una sua agenzia, che oggi ha sedi a Torino, Cuneo e Milano. Fonda anche una società di produzione video che ha il merito storico di aver realizzata ed edita per il Prof. Veronesi, negli anni '80/'90, la più completa collana al mondo di filmati scientifici sulle tecniche operatorie, di diagnosi e di cura per organo del cancro, commercializzata poi dalla UTET. Dopo più di vent'anni, dal '96 ricomincia ad occuparsi attivamente di poesia (pur non avendo mai smesso di praticarla) presentando suoi lavori ad alcuni concorsi. Entra a far parte della redazione della rivista bolognese Le Voci della Luna, di cui è attualmente direttore editoriale. Con il gruppo Amici di Helle Busacca si occupa della pubblicazione degli inediti e della promozione dei suoi scritti. È socio di Milanocosa dal 2004, di cui è Vicepresidente e membro del Consiglio Direttivo.

martedì 26 giugno 2007

Luigi Meneghello


Se n'è andato Gigi da Malo, l'inglese, el pomo pero del mondo, forse a causa del cuore ingombro o per completare la lista "delle morti più notevoli" che chiude Libera nos a malo. Diventerà un "Mistero Numinoso", come la vipera trovata "morta sotto la cascatella" e traslata nell'Empireo-bottiglione d'aceto, "dopo la resurrezione e la nuova morte".


l'incipit:


"S'incomincia con un temporale. Siamo arrivati ieri sera, e ci hanno messi a dormire come sempre nella camera grande, che è poi quella dove sono nato. Coi tuoni e i primi scrosci della pioggia, mi sono sentito di nuovo a casa. Erano rotolii, onde che finivano in uno sbuffo: rumori noti, cose del paese. Tutto quello che abbiamo qui è movimentato, vivido, forse perché le distanze sono piccole e fisse come in un teatro. Gli scrosci erano sui cortili qua attorno, i tuoni quassù sopra i tetti; ricono­scevo a orecchio, un po' più in su, la posizione del solito Dio che faceva i temporali quando noi eravamo bam­bini, un personaggio del paese anche lui. Qui tutto è come intensificato, questione di scala probabilmente, di rapporti interni. La forma dei rumori e di questi pensieri (ma erano poi la stessa cosa) mi è parsa per un momento più vera del vero, però non si può più rifare con le parole".


Mi piace riportare anche un passaggio dove si parla delle ragazze di Schio, quando ancora le loro mani odoravano di stalla e la loro bocca sudava bestemmiole protoindustriali:


"All'appuntamento alla Melonara la ragazza da Schio che aveva promesso di portarsi anche un'amica, tarda­va ad arrivare. Ampelio s'era lavato i denti, altri il collo, tutti avevano fatto dei preparativi speciali per questo appuntamento, perché le ragazze da Schio sono quasi di città.
Finalmente arrivò: era su una bicicletta da uomo, con dietro un carrettino di quelli per portare il latte; su que­sto era appollaiata l'amica, colle calze di seta e i tacchi alti. Quella del carrettino era prenotata per Bruno: gliel'avevano mostrata in piscina, ma da lontano e seduta. Seduta poteva anche andare, ma quando smontò dal carrettino, coi tacchi e tutto era grande così. La serata fu disastrosa; entro dieci minuti una delle signorine da Schio aveva già detto "Va' in merda," e l'altra "Dio-scàlso che fretta ragassi."

domenica 24 giugno 2007

Canone Blog


Tre mesi fa ho invitato una trentina di bloggers ad inviarmi un loro canone personale, tenendo conto dei poeti viventi pubblicati nel loro blog tra il febbraio 2006 e il febbraio 2007. Ecco i nomi:

Sebastiano Aglieco, Nadia Agustoni, Fabiano Alborghetti, Alivento, Antonio Alleva, Augusto Amabili, Filippo Amadei, Antonella Anedda, Cristina Annino, Danni Antonello, Luca Ariano, Franco Arminio, Cristina Babino Pier Luigi Bacchini, Corrado Bagnoli, Martino Baldi, Lorenzo Batini, Valerio Berardi, Rita Bonomo, Rocco Brindisi, Fabio Brotto, Davide Brullo, Franco Buffoni, Antonella Bukovaz, M.G.Calandrone, Mimmo Cangiano, Luigi Cannillo, Paolo Capoccia, Luigi Romolo Carrino, Roberto Ceccarini, Alessandro Ceni, Fabrizio Centofanti Biagio Cepollaro, Tiziana Cera Rosco, Giacomo Cerrai Lorenzo Chiucchiù, Vladimiro Cislaghi, Roberto Cogo, Sabrina Colandrea, Giuseppe Cornacchia, Chiara Daino, Filippo Davoli, Daniele De Angelis, Milo De Angelis, Francesco De Girolamo, Gianni D’Elia, Salvatore Della Capa, Igor De Marchi, Vincenzo della Mea, Chiara De Luca, Carlo Dentali, Alessandro De Santis, Mariella De Santis, Mario Desiati, Antonio Diavoli, Pasquale di Palmo, Andrea D'Urso, Luciano Erba. Flavio Ermini, Gianfranco Fabbri, Giovanni Falsetti, Gabriela Fantato, Ottavio Fatica, Ivano Ferrari, Mauro Ferrari, Aldo Ferraris, Paolo Fichera, Matteo Fantuzzi, Anna Maria Farabbi, Anna Maria Ferramosca, Loris Ferri, Antonio Fiori, Rita Regina Florit, Sabrina Foschini, Luca Frudà, Florinda Fusco, Pier Maria Galli, Nevio Gambula, Mauro Germani, Gabriella Garofalo, Andrea Gibellini, Marco Giovenale, Francesco Giusti, Elio Grasso, Niccolò Grossi, Mariangela Gualtieri, Alessandra Guappi, Giovanni Giudici, Stefano Guglielmin, Raimondo Iemma, Nicola La Gioia, Simone Lago, Massimo La Spina, Andrea Leone, Francesca Romana Lepore, Stefano Lorefice, Rosaria Lo Russo, Marco Mangani, Enzo Mansueto, Gian Ruggero Manzoni, Maria Marchesi, Francesco Marotta, Stefano Massari, Valerio Magrelli, Giampaolo Mastropasqua, Vincenzo Mastropirro, Agnese Mattini, Francesca Matteoni, Giancarlo Majorino, Daniele Mencarelli, Giuliano Mesa, Fabio Micheli, Massimo Miccoli, Mauro Miglio, Silvia Molesini, Daniela Monreale, Lorenzo Morandotti, Alessandro Moscè, Marco Muraro, Davide Nota, Giovanni Nuscis, Michele Obit, Massimo Orgiazzi, Adriano Padua, Alessandra Paganardi, Elio Pagliarani, Piero Pancamo, Erminia Passannanti, Vittorio Pergola, Enrico Pietrangeli, Maria Rosa Pantè, Gabriele Pepe, Alfonso Maria Petrosino, Enrico Piergallini, Luigi Pingitore, Marina Pizzi, Antonella Pizzo, Fabrizio Podda, Lorenzo Pompeo, Andrea Ponso, Giselda Pontesilli, Giancarlo Pontiggia, Nicola Ponzio, Emma Pretti, Gianni Priamo, Dante Quaglietta, Maria Pia Quintavalla, Mario Rossi, Giovanni Raboni, Daniela Raimondi, Alessandro Ramberti, Filippo Ravizza, Anila Resuli, Antonio Riccardi, Marco Ricci, Salvatore Ritrovato, Alessandro Rivalim Nicola Riva, Anna Ruchat, Massimo Sannelli, Stefano Sanchini,Flavio Santi, Marco Saya, Viviana Scarinci, Vanni Schiavoni, Massimo Scrignoli, Ilaria Seclì, Alessandro Seri, Francesca Serragnoli, Christian Sinicco, Luigi Socci, William Stabile, Mariarita Stefanini, Andrea Temporelli, Ranieri Teti, Iole Toini, Ida Travi, Giovanni Turra Zan, Paola Turroni, Giovanni Tuzet, Nicola Vacca, Tonino Vasselli, Sara Ventroni, Roberto Veracini, Matteo Veronesi, Cristina Vettori, Andrea Zanzotto, Matteo Zattoni, Michelangelo Zizzi, Aida Zoppetti.


Molti di questi autori hanno ricevuto più preferenze. Fra tutti, i preferiti sono:

L. Ariano, C. Babino, F. Centofanti, F. Cerrai, M. De Angelis, V. della Mea, S. Guglielmin, G. Pepe, D. Raimondi, C. Sinicco, S. Aglieco, F. Alborghetti, G. Fabbri, F. Marotta, S. Massari, A. Padua, M. Sannelli e A. Pizzo.


Per ovvie ragioni non posto il mio commento, che uscirà negli atti del convegno della "fiera internazionale dell'editoria di poesia", per conto della Joker editore.

martedì 19 giugno 2007

autoritratto


In alcuni "appunti sulla poesia in carcere" (Poesia, n.176 ottobre 2003), Milo De Angelis scrive:


- In poesia nessuno è garantito da niente: ci si trova nudi di fronte alla parola, in una stretta frontale e bruciante;


- Carcere e poesia hanno in comune un regime di sorveglianza, di massima sorveglianza;


- Occorre insegnare una disciplina - la poesia è il luogo per eccellenza della disciplina - a chi non l'ha coltivata dentro di sé.


- La poesia è lo spazio dell'esattezza, dell'accostamento millimetrico, della sillaba insostituibile.



Ogni dichiarazione di poetica è un autoritratto

lunedì 18 giugno 2007

editori, canoni, poesie


PRIMA FIERA INTERNAZIONALE DELL’EDITORIA DI POESIA
POZZOLO FORMIGARO (AL) 23 GIUGNO 2007

EDITORI, RIVISTE, ASSOCIAZIONI, SITI, AGENZIE
Stand, Convegni, Letture, Salotti letterari e Video


PROGRAMMA

h. 10,00
Benvenuto delle Autorità e Apertura

h. 10,30-11,00
Lettura: Gian Piero Casagrande, Beppe Mariano, Mauro Mori, Lina Salvi, Elio Talon


h. 11,00-11,45
Riflessioni sull’Editoria di Poesia:
Michelangelo Camilliti, Gennaro Fusco, Sandro Gros-Pietro, Massimo Scrignoli


h. 11,45-12,45
Lettura: Luca Ariano, Tina Cosmai, Fabio De Santis, Maria Grazia Di Corso, Renzo Favaron, Fabio Franzin, Francesco Sensoli, Ranieri Teti, Flavio Vacchetta, Stefano Vitale
Modera: Emanuele Spano

PAUSA PRANZO

h. 14,45-15,15
Lettura: Luciano Del Giudice, Alberto Mori, Alessandro Rivali, Massimo Sannelli


h. 15,15-16,30
Convegno: Canone e canoni
Alberto Bertoni, Gianfranco Contorbia, Stefano Guglielmin, Tiziano Salari, Adam Vaccaro
Modera: Gianmario Lucini


h. 16,30-17,30
Lettura: Alberto Cappi, Milo De Angelis, Luciano Erba, Giorgio Luzzi, Guido Oldani, Elio Pecora, Giancarlo Pontiggia, Paolo Valesio
Modera: Davide Ferreri


h. 17,30-18,45
Tavola rotonda: Le riviste e il canone
Amedeo Anelli, Roberto Bertoldo, Roberto Bertoni, Flavio Ermini, Gabriela Fantato, Mauro Ferrari, Gianfranco Lauretano, Carlo Alberto Sitta


h. 18,45-19,45
Lettura: Corrado Bagnoli, Eleonora Bellini, Luigi Cannillo, Dario Capello, Alessandro Catà, Mariolina De Angelis, Fabrizio Dell’Aglio, Lucetta Frisa, Gennaro Grieco, Carlo Molinaro, Alessandra Paganardi, Luisa Pianzola
Modera: Emanuele Spano

BUFFET

h. 21,00-22,30
Lettura: Adam Vaccaro, Gabriela Fantato, Gianfranco Lauretano, Roberto Bertoldo, Amedeo Anelli, Carlo Alberto Sitta, Stefano Guglielmin, Roberto Rossi Precerutti, Franco Romanò

Conclusioni a cura di Mauro Ferrari

sabato 16 giugno 2007

Dario Villa

qualcuno dei lettori l'avrà conosciuto questo poeta, al quale gli amici hanno dedicato una finestra virtuale (ma reale) e una poesia, in memoriam.


La sua indole giocosa, neobarocca, ha sedotto la critica, ma il suo ultimo libro, Abiti insolubili, mi pare invece un tentativo di riscattarsi da questo angolo e dalla navigazione di superficie cui esso allude. Quando infatti Villa lascia la voce al profondo, l'inquietudine gli guida la mano e la passione, evidente, per il ritmo, per il suono e per la sensualità, trovano nella lucidità di sguardo il proprio nerbo. Una poesia ricca, questa, ma di un dannunzianesimo alimentato dal fuoco della perdita, dalla crisi in cui la poesia postavanguardista si è trovata ad operare, legata soprattutto al riconoscersi postuma e dunque impossibilitata a promettere un futuro.
In un post a lui dedicato (a cura di Luca Ariano), Maria Pia Quintavalla lo ricorda così: "Dario era un bravissimo poeta, e uomo straordinario, sapeva volare (anche troppo), comprese le sue debolezze, che lo hanno travalicato, sotto forma di malattia, ma aveva un animo candido, estatico. Lo ricordo bello, di giovinezza insieme al suo grande amore, Marta P., e alla fine, anche se travolto dal male, andò a presentare il suo ultimo, “Abiti indelebili” , presente Raboni, in una galleria, sfidando la gente che lo fissava... Amava tanto la vita".


*



mi usa come teatro ed è soltanto

un giardino di crude vite erbali

vanesio che si gloria con i semplici

e induce enormi sue complessità

d'intrico ad infestarmi le ragioni

del cuore sradicato da un volere

già vacillante per le ripetute

apparizioni della belladonna

tra le pause del gesto e l'ampio spettro

di replicate vestizioni in fondo

allo specchio che falcia il tempo degli

steli che mi sobilla a trapiantare

stili semi pupille lingue strane

sotto l'ombra nevrotica dei rami

dei traumi dove gli orti sono storie

illividite in vecchi blu d'ortensia

o isterie lillà di glicini e lini

le storie degli umani intendo viste

da molte lune o dal corpo celeste

che mi coccola fatuo fiocco d'ombra

tra il giallo del pensiero e della viola

bastarda che mi accorda la radice

scoperta appesa a un ramo per i nervi

d'ogni fioca parola che fiorisca

o fragile inflessione entro la sfera

di fiamma dove m'abbarbico e duro




*



lei si nutriva di creme, di zolfo celeste,

d'estetica trascendentale, di metafisica del diluvio;

educava mi sembra un giardino cutaneo,

un medioevo catartico a fior di pelle


a cena con scardanelli faceva la pindarica

però poi dava corda alle tirate di goethe,

perché agognava il demonio, piedino forcuto,

e leggeva il giornale, «ma il tedio ha più corso»


la rivedo, gestante che sogna un siamese,

tra vampate di zelo in un fuoco di specchi,

mentre brucia serate tra l'arcolaio e la stufa

provando al muro la fiaba dell'unicorno lunare


quando il bambino nacque, rompendo i liquidi
(e perse il mare), lei si trasfuse in caute metamorfosi,
mise il piede nell'alveo, che è oggi e scompare,
si trovò tra le mani due anime, o veli, e si mise a lavare





*




o ci eravamo forse
conosciuti sull'istmo, sulla
lingua terrestre che parla
e pronuncia due mari: zone
di tutti i giorni, costola
di significati sassosi, passaggio
frustato dalle correnti:
ma certo in mare aperto
tutto sarebbe parso più sicuro,
meno complesso, ma intricato e oscuro:
qui però mi sentivi inammissibile,
risfolgoravo a tratti nelle tenebre,
ero il vecchio lampione che delucida
sintassi impenetrabili, ombrosissime,
di viali e deviazioni, vuoti e incroci
improvvisi: e che io ti cercassi

non era cosa che ci concernesse

più del sale bruciante nell'aria

marina popolata di carcasse

non impreviste ma significative





*




non ha sapore la morte mi vedi
mentre mi scappa sotto i piedi un treno e dico
devo stare più attento depongo
ricordi nelle apposite cellette
deposito bagagli buca lettere
viene il postino e niente mi ghermisce
scompaiono i binari
i grovigli si sciolgono il vento
fischia tra l'erba che mi cresce addosso
scompiglia il buio e non c'è buio
rompe la luce e non c'è luce niente
niente mi ghermisce

venerdì 15 giugno 2007

raccomandiamoci!


ciao (nome del poeta a cui si sta rivolgendo),
zitto e mosca, questa comunicazione tra me e te non è mai esistita.

Sai che curo il concorso.(nome) con (nome di un altro noto poeta, giurato) per la (nome dell'istituzione che indice il concorso) e ci sarà una pubblicazione con (nome della casa editrice), ed è un lavoro massacrante, specie per le poesie che ci-mi stanno mandando.

IO avrei davvero piacere che tu fossi finalista e incluso nel libro (nome della pubblicazione)

Che ne dici se tu inviassi una poesia a (indirizzo del concorso)
come se stessi rispondendo spontaneamente al concorso indetto?
occhio, chiudono le date il (data di scadenza) quindi bisogna mandare entro quella data!!!!!

Fammi sapere e ancora una volta, acqua in bocca. Se si viene a sapere che piloto gli invii mi attaccano per le palle.

P.S. complimenti x l'inclusione in (nome del libro).
(nome di un poeta famoso) dice che scrivi da dio.

(segue firma del noto poeta componente la giuria)

martedì 12 giugno 2007

labor limae



il labor limae è un esercizio mai concluso e pericolosissimo, che presuppone grande dimestichezza con la propria arte. L'opera, infatti, non necessariamente è inscritta nella pietra; potrebbe essere la montagna stessa o la selva prima del decespugliatore. A deciderlo è il poeta, a suo rischio e pericolo, non potendo nessuna autorità esterna sindacare la potatura, se non per riconosciuta autorevolezza. Cosa, quest'ultima, che un poeta fatica ad attribuire, avendo spesso egli il proprio calamo a misura di ogni cosa. E ciò fortunatamente, ché non avremmo Dante né Petrarca, se l'uno avesse fatto le pulci all'altro. L'evidenza ce la fornisce Pietro Bembo, nelle Prose della volgar lingua, là dove, ammonendo il ghibellin fuggiasco, scrive: "si può la sua Comedia giustamente rassomigliare ad un bello e spazioso campo di grano, che sia tutto d'avene e di logli e d'erbe sterili e dannose mescolato, o ad alcuna non po­tata vite al suo tempo, la quale si vede essere poscia la state sì di foglie e di pampini e di viticci ripiena, che se ne offendono le belle uve". (II, 20)

lunedì 11 giugno 2007

Tellus e Metropoli


E' uscita su "La Mosca di Milano" (n.16, maggio 2007, pp. 149 - 150) la recensione di Luigi Metropoli a La distanza immedicata; qui ne trovate uno stralcio.

Segnalo inoltre il dodicesimo numero di "Poesia & Blog", attraversamento pubblico di stanze private. Oggi entriamo nelle case di Enrico Cerquiglini e di Marina Raccanelli.


buon principio a tutti

venerdì 8 giugno 2007

Questa non è una provocazione



Si fa presto a dire poeta. Leopardi, per esempio, mica scriveva qualche rima ogni tanto e un sacco di appunti che potrebbero essere tanti bei post per il blog Lo zibaldone. Leopardi aveva un progetto, tutto scritto sul crinale che separa gli antichi dai moderni e che Guido Mazzoni, in Sulla poesia moderna, riassume così: “Nell'elenco dei progetti troviamo di tutto: un romanzo che racconta la storia di una donna costretta a diven­tare monaca, sul modello della Religieuse di Diderot; la vita del generale polacco Kosciuszko, «sulPandare di quella di Agricola scritta da Tacito»; un «romanzo istorico sul gusto della Ciropedia» che avrebbe raccontato il destino di una grande nazione prima decaduta e infine ritornata alla dignità di un tempo; un poema didascalico sui boschi, scritto per dar voce all'«infinita materia poetica che le foreste e le selve sommini­strano»; «le vite de' più eccellenti capitani e cittadini italiani, a somiglianzà di Cornelio Nepote e Plutarco»; una tragedia su Ifigenia; alcune novelle ariostesche in ottava rima «tratte da novellisti in prosa, o pure originali»; un «Poema o Romanzo» sul modello di The Rape of the Lock; un'epica in prosa a imitazione del Télémaque di Fénelon; alcuni «idilli esprimenti situazioni, affezioni, avventure storiche del mio animo», cioè poesie brevi di argomento autobiografico; un romanzo, l'Eu­genio, a imitazione del Werther; una serie di odi filosofiche come quelle di William Collins, e così via”.


Da insegnante antipatico, invito tutti a meditare sul proprio progetto, per trovarne una necessità che vada oltre lo sfogo, l'ambizione, l'oncia di successo conseguita. Questa non è una provocazione, né un tentativo, implicito, di umiliare i poeti che passano di qua. E' solo un suggerimento affinché ciascuno faccia il punto sul proprio lavoro e ne verifichi l'orizzonte, ne sondi la profondità.

mercoledì 6 giugno 2007

Eros/a fresca aulentissima



Eros, fanciullo zoppicante, avanza per colmare una mancanza. Se diventa parola, questa ne porta l’irruenza, l’approssimazione dello strappo, ma anche quanto ogni canto, forse, dovrebbe tacere. Capita così per le poesie che seguono, minori appunto perché custodi del demone del dominio, spinte da una voce risentita, probabilmente cara a Cecco Angiolieri o a Rustico de Filippo, una voce che abita la carne, il sentimento d’esclusione, l’urgenza di raggiungere il bersaglio e la misoginia inevitabile in ogni missiva amorosa. Eppure anche questo è un modo di raccontare il naufragio, lasciando emergere - tra sassi, rapide e parole monche - moti altrove celati, livori, mossi a difesa della Madre Terribile, colei che può, ad ogni tratto, donare e riprendersi la vita.




1


Lo sai che soffro d’edipo
.................................mia titti
titti troia di tatto silvestro
che mi barbiturico e m’abbondio
ramingando solo, e tutto, per i tratturi

ma quando t’agiti e t’artigli
anima mia amalia
aprendo a nido la fanghetta
sento la delizia dell’aspèrula
tremula in autunno quando
il vento al torciglio la diletta!




2


Oh come scodavi in sabba
quand’io ti pascolavo:
“C’ho il fanciullino in groppa
..............- pinocchiavi -
e ’l mi’ babbo è baleniere!”

Usciti poi dall’ippoletto
grifava i suoi tre bocconcelli d’acqua
il dingo spirito di Boby Dick:
ricordi? Abbaiava che Dio la mandava!




3


Sei l’amara
l’analfabetica mia puella
che bene bacia e scorteccina
che sbuccia fosca la polpa
..................................che lava
il ciccio raglio e la sghimbescia;

sei la mia geisha
ruvidosa, sì
........baldracchina
sei la mia rosa
...........che tutto intorno spina:
“Papé aleppe, papé aleppe, Ciciàn!”





4


Oh mistilòquia sull’erbina sfoglia
come biocca ballavi la lambada
e come gaio veniva lo schiocco
del gluteo tuo vago di carnante!

Sì, tu m’escavi
giuggiola frettembrina
ed io salivo, dunque, sordo
all’ortica e al pruno,
fra i tuoi orridi stilnovi

ma rivolò l’alba
......................infine
là, sul corpo tuo pastura
mio muschio da fungaia.




5


Tu eri in erba
nel campo dei sette nari
e soave sudavi
................................lassù
dopo l’arringa delle mie labbra sperlari:
cercavi la radice, il tubero dolce
la voce sfoglia preferita
cui far rimare morte e vita.





6


Ci accomuna
la stessa eterna
merda cura per la vita
il razzolo deforme
dove riparo per salvarmi

............................ed altre cose
care all’erma tua topa da passeggio.





7


Facciamo un poesia di cose,
............................................vuoi?
Marmellata
azzurromora di vitelle zoccole
o di parole, come
Pallavicina caduta dal cavillo
o dalla tua bocca limacciosa:
era il merdoso maggio e tu
sgravidavi il Verbo con le mani.





8


In fondo all’orbo
e stretto cunicolo dove sgravo
il brutto anatroccolo e mi lagno
l’anima fa i salti per uscire
si dissangua e nevìschia in quell’imbuto
ma non sento che rantolo e groppo
e l’alfabeto scarbùra in sella
al suo fischio disfatto.




9


Però adesso fai bene, se credi
a chiuderti fuori la bocca a
non parlare quando la mia mano o il nervo
per non cercarti scrivono
fra i dirupi di te perduta o assente di te
presente altrove




10


per trovarmi dovresti
seppellirmi di meno, potresti
capisci? esistere meno
esitare

domenica 3 giugno 2007

Luljeta Lleshanaku


Scrive Anila Resuli: «La poesia di Luljeta Lleshanaku è un nido di ricordi d’infanzia: il dispiacere dell’assenza e il ricamo dei dettagli nella sua poesia si intrecciano in modo fitto. Leggendo i versi sembra che la poetessa disegni l’uomo, lei stessa, come un’ospite della vita che spesso accetta quello che “deve” essere: vi è una resa nei suoi versi, una resa dovuta. Intorno a questa resa nulla si costruisce se non una solitudine che diviene sempre maggiore con gli anni. Il centro della riflessione rimane sempre la famiglia e i momenti famigliari con riferimenti semplici come “le campane della domenica”, “il cuscinetto di aghi”, “ il pane” e altri piccoli dettagli che la rendono parte viva quanto assente. Forti le immagini: “fermagli mi tolgono attentamente dalla testa”, per esempio, sembra incarnare il gesto di “sottomissione” che più volte sembra emergere nei suoi versi. O forse si tratta di un semplice gesto di cortesia?»



Sono andati gli uccelli

Sono andati gli uccelli
sono andati e tormentati hanno lasciato qui i nidi
l’inverno come coppe li ha riempiti di pioggia
riempiti e poi bevuti
bevuti e poi ubriacati
di solitudine.



Le campane della domenica

La mia anima
s’infrange come il pendolo
nelle pareti metalliche della campana.

Sentite
è la campana della domenica
è la campana della grande messa della domenica
quando la gente ascolta predicare su una vita
senza peccato
e ricorda di portare fiori al cimitero.



Con te

Mi siederò all’angolo dell’orlo
come su uno scoglio, vicino alle acque
sicura che mi rapirà il vortice delle parole.

Mi siederò all’angolo dell’occhio
come un giglio piantato nell’acqua vicino alla riva
con petali piccoli per non guardare più in là.

Ché io in fondo, cosa sono?
Un’onda ghiacciata nell’aria
strappata dal mare del tuo seno.
Allunghi le braccia per raggiungermi, ma non riesci.



Flashback

È agosto. 1972. C’è afa.
Verdeggia solo il collo degli uomini
che caricano i mobili su un camion.
“ Attenti, non calpestate i fiori!” – consiglia mia madre
per i fiori che seccheranno in tre giorni.
La casa si svuota come un raggio
e il dispiacere dei vicini
si fonde come un cubetto di ghiaccio
in ogni parte del corpo da vestire.
Andremo altrove
dove la gratitudine ghiaccerà sui volti
con l’avvento del risveglio abbottonato ad un bastone
come una liquirizia.
Ho solo tre anni. Non so cosa siano le promesse.
E ancora non mi hanno raccontato
che l’infanzia senza promesse è come un pane senza lievito
miseramente dolce, duro e senza buchi.
Invece mio padre non si vede proprio.
Mio padre ancora non è nato.
Lui nascerà in un altro capitolo,
molto tempo dopo
quando io sentirò il bisogno di proteggere qualcuno,
raccogliendo con difficoltà poca ombra tra le mie gambe
come il gambo di un microfono.



Flashback II

Domenica. Dalla pianta delle scarpe
in corridoio
si scioglie la neve e l’amnesia delle brevi strade.
La lampada 150W in mezzo alla stanza,
come una gialla fetta di formaggio, con un alone di tristezza.
Mia madre sferruzza, contando a bassa voce,
lei sa quanto serve sempre, e quando c’è da cambiare la fila
attaccata come un pezzo di stucco nell’angolo della finestra
che diviene sempre più chiara.
È un piccolo cuscinetto per aghi
che conosce alla perfezione l’arte della sottomissione.
Tenta di insegnarlo pure a me,
anche mia sorella.
Tre bambole matriosche, in fila per grandezza
quell’ultima-io
non scomponibile.


Flashback III

Cuore di novembre. Il vento soffia come a muovere le epoche,
la neve e il volto di mia madre
attendono
di verificare la proprio filosofia
della verità.
Le luci, come una fila di formiche t’accompagnano
nella stanza del pane. Io sono la sposa.
La fine della cerimonia. E mentre mi preparo per la notte
ventuno fermagli mi tolgono attentamente dalla testa.
Quanto i miei anni.
Non conosco pressoché nulla della vita.
So solo che alle curve più brutte
l’esperienza vale meno di due luci accese sul seno.
Tento di nascondere la mia felicità sotto il biancore
come un’arancia sbucciata attentamente.
Sono uscita astutamente dalla mia profezia genetica
come da una grotta scavata dalla solitudine
tenuta forte allo stomaco.
Se provo a muovere un po’ la tenda
con le due dita tinte sulla punta,
due ombre vanno in armonia sul nero asfalto
il musicista e il violoncello, dopo il concerto
l’uomo e l’anti-profezia.



Il mistero dei fiori

Nella mia famiglia
i fiori fiorivano di nascosto
con voce bassa, con il naso arrossato sotto le coperte,
quasi bisbigliavano,
con un bisbiglio all’inizio e alla fine
snello, e pulito come una garza.
Intorno alla casa,
c’erano solo un paio di scale da salire
quelle di legno, appoggiate tutto l’anno al muro,
per il riparo delle tegole d’agosto prima delle piogge.
Al posto degli angeli
salivano e scendevano uomini
che soffrivano al nervo sciatico.
Pregavano guardando faccia a faccia Lui,
come in un colloquio tra dei
chiedendo un altro rinvio.
“Dio, dammi forza…!” e nulla più,
perché erano i discendenti di Isacco,
beati, con l’unica cosa che è rimasta di Giacobbe,
la beatitudine della spada.
Nella mia casa
pregare era da deboli,
da non parlarne mai,
come fare l’amore
e ugualmente
come fare l’amore
il corpo passava un’orrenda notte.


Luljeta Lleshanaku è nata il 2 aprile 1968 ad Elbasan, in Albania. E’ autrice di diversi volumi di poesia. Laureata all’Università di Tirana, inizia a lavorare per la rivista settimanale Zëri i rinisë - La voce della gioventù. Più tardi lavora al giornale Drita – La luce. Nel 1996 vince il premio per il miglior libro pubblicato per la Casa Editrice Eurilindja. Tra le sue opere di poesia si elencano:
“Gli occhi dei sonnambuli” 1994
“Le campane della domenica” 1995
“Mezzocubismo” 1997
“Antipastorale” 1999
“Il midollo verde” 2000
“Fresco” (USA 2002)

venerdì 1 giugno 2007

Poesia & Buddismo


BOSCO DEI POETI

loc. Vergnana, Km 318 S.S. Brennero, Dolcé (Verona)

Domenica 10 giugno 2007

"Compassion is the foundation of all peaceful thoughts and actions."
"La compassione è il fondamento di tutti i pensieri e le azioni pacifiche"

(The Dalai Lama)

Il Boscodeipoeti - a Dolcè nella Valle dell'Adige, fra Trento e Verona - saluta l'estate con "Pensieri di pace", una grande festa poetica per inaugurare la nuova acquisizione: il pensiero che Sua Santità il Dalai Lama ha donato al Bosco è stato inciso su una pietra rosso Verona e sarà inaugurato alla presenza di una solenne rappresentanza di autorità buddiste e tibetane (monaci, Lama ed associazioni).


Domenica 10 giugno dalle ore 10 a dopo il tramonto la festa alternerà parole, musica, amicizia e meditazione in un paesaggio naturale a contatto con gli alberi ed il vento.
La festa è aperta a tutti, ed accoglierà i versi dei poeti Alberto Casiraghi, Anna Maria Carpi, Adele Desideri, Alda Merini, Ottavio Rossani, Roberto Dossi, Maddalena Bolis, Orazio Gaetano, Sandro Sardella, Francesca Genti, Anna Lamberti Bocconi, Gabriela Fantato, Giuseppe Angelillo D'Ambrosio, Roberto Longhi, Francesco Zava, Manuel Serantes Cristal, Assunta Finiguerra, Stefano Guglielmin, Ferruccio Brugnaro, Sandro Boato, Astrid Mazzola e il gruppo MUS y CANTI, Stefen Dell'Antonio Monech, Sivia Venuti, Renato Sclaunich, Renzo Francescotti ed il Gruppo Neruda, Giovanni Trimeri, Dino Azzalin, Enrico Tavernini, Camillo Cuneo e altri, presentati da Eros Olivotto e Gigi Zoppello.
Con la colonna sonora di una trentina di musicisti del Conservatorio di Musica "Francesco Antonio Bomporti" di Trento.
Per tutto il giorno sarà attivo il servizio cucina a cura degli Alpini di Volargne e Peri.


Al Boscodeipoeti si rispetta la natura: per chi vuole partecipare, è disponibile un bus-navetta in partenza dalle stazioni ferroviarie di Peri e Dolcè.
Per tutto il giorno, possibilità di visitare il percorso che raccoglie 700 opere poetiche di 260 artisti esposte fra gli alberi del sentiero.
"Pensieri di pace" è un evento realizzato in collaborazione con Regione Veneto, Comunità Montana della Lessinia, Parco Naturale Regionale della Lessinia, Comune di Dolcè, Associaizone Italia Tibet, Bosco dei Poeti.


Il Boscodeipoeti

si trova in località Vergnana di Dolcé (Valle dell'Adige, Verona). Uscite autostradali consigliate sull'A22 Autostrada del Brennero: Affi (per chi proviene da sud) e Ala-Avio (per chi proviene da nord).

http://www.boscodeipoeti.it/