L'Arcipelago Itaca pubblica Le perle di Loch Ness, di Cristina Annino. Il libro contiene anche
alcuni brevi racconti inediti riguardanti l’esperienza spagnola della poeta.
Le poesie ci
confermano l’unicità della scrittura anniniana, il coraggio dei piccoli editori
e la miseria della grande editoria, che predilige solamente una via del poetico
italiano, quella in cui il parlato e il letterario si incontrano a mezza
strada. Anche Annino, invero, fugge la retorica, ma nemmeno si fida della
lingua che abbia l’urgenza di essere compresa. Con lei, nessun a-capo è
scontato; il suo periodare coniuga surrealismo e biografia, dadaismo e abilità
figurale nel dare forma nuova all’evento ordinario. Questa è poesia, non c’è
dubbio, ossia quanto di più lontano dall’epigonismo contemporaneo.
Resurrezione nella musica
Mi scollai per estasi, entrai
in teatro con gli altarini. Erano così
gli ottoni che fanno
piangere? cannoni d’estremo
fiato. Saltai sulla testa di loro
con la bacchetta in mano. Oh, stato
divino, ho in mente di nuovo
un’orchestra! Chiesi
perdono ai pianisti in piedi,
alle code lisce, al muto pesce
del suono. Facevano
acqua senza
me,
le candele spente? davo
la mano persino
ai clarini. L’orchestra che poco
mancava andasse a fondo, oddio!
ritto la dirigo ora sull’orlo d’un
cratere spento, mentre il mondo,
prego, diffonda pure la nostra cenere.
Paglia a volo con Céline
Non guardarla mai, non somigliarla
nemmeno; è fumo, un gran
fuoco di paglia che abbaglia tutto.
In tale insonnia va
avanti, poi
le scope lo fanno
saltare chi l’ha
messe lì?
Nessuno può capirne
il senso, ormai fuori
com’è
dal vaso di Pandora.
**
Io gli credo. Noi
spavaldi
nella nostra salute;
quando
gonfia le gote viola,
e a vanvera,
dice il traffico
dell’emicrania
e la gara col sonno.
Che gli tranciano
il viso con la pala
sinistra.
**
“É il Novecento
un’aurora?”
Macché! Non è vero,
nessuno
è importante. Coi paragoni
ingrandisce anche un
nano. Punto.
Poi perde, scappando,
semini
di carne.
**
Che dire? Anche fuori dall’universo,
Céline tossico in
astinenza, palleggia
occhi a terra, due
mine. L’aurora
l’aveva con sé, tra
le mani, come pure
la paglia. Con quei
pigiami di notte,
ogni volta un
canestro.
L’amico della volpe
Trecento triste, gli amici!
Spalancano porte nelle ore
che sono in orario. Cattivi né
buoni col fermo del sorriso a metà
e frasi di pallottole
per la caccia; convinti
che
parlare sia umano, il silenzio
meno.
Fugge ogni senso. Poi
frullando il bicchiere della staffa,
a piombo le scale fino al
mento, ridanno al monaco l’abito
che lo fa. Mai
puntare il mondo su un cavallo solo.
**
Non li ricordo più fino
in fondo, i nomi scorrono dal
rubinetto. Uno solo guizzò tra le sedie
colpito dal fulmine; baloccava le frasi. Era
un gioco col tele comando, magari
finzione; però zitto fissava il
piancito come fa
l’universo cavo. Quasi uno sparo
gli salisse le scale interne sopra
il menisco. Svaniva piano
la sua faccia a velo nel sibilo delle mani
su un corno. Avvisò
la volpe dei cani, forse, scacciando
morte da quelle frasi, perché
poi si torse così, di fronte: è troppa
carne
per il mio spirito!
Pina Bausch
Seduti al bar della stazione Termini, l’uomo le diceva da
circa un’ ora di non amarla più; l’aria passava sulle loro teste come anice
liquido. Faceva un gran caldo.
Finalmente tacque.
Tra poco lei avrebbe preso il solito treno. Ci stava pensando. L’uomo di nuovo
le chiese.
-Vuoi ancora qualcosa?
-Sì! Che tu te ne vada.
Allora lui sollevò con delicatezza i suoi novanta chili di
peso e prese ad allontanarsi come un mobile pieno di roba, un armadio che si
stacca dal muro di casa. Restò del vuoto. Ma così preferiva, non gli sarebbe piaciuto discutere
e poi perché ad obbedire provava una specie di eccitazione.
Era un uomo colto, gelidamente, mortalmente colto. Era tanto
colto da non farcela a mettere in fila quattro parole sincere senza per questo
morire di vergogna. Mentre sapeva scrivere un romanzo in tre mesi. Dentro la
metropolitana pensò: posso combattere da
peso massimo contro tutta la
letteratura italiana, ma vinco sempre
ai punti. Mai un ko. Perché questo
era davvero il suo nemico, che ogni sensazione evidente gli risultasse
intrattabile. Sapeva lavorare ai fianchi, ma non colpiva mai al viso la verità.
Era come se questa l’abbagliasse o fosse imprendibile, al pari di tutte le cose
semplici.
Uscì alla stazione
Lepanto. Lea era certamente salita sul suo treno, e lui andava verso il solito
bar. Si sedette tra amici altrettanto colti sentendosi rilassato come un pugile
nello spogliatoio dopo un incontro di prova. Gli sarebbe piaciuto fare una
doccia. Disse al primo che lo salutò:
-Meglio così. Ci fossimo sposati avrei passato tutta la vita
a esprimerle dei sentimenti.
L’altro rispose-Perfetto!- tanto per dire.
Verso l’una di notte
tornò a casa. Andò in camera e fissò tutti i suoi libri dentro gli scaffali,
poi si mise in piedi davanti allo specchio. Aveva trentadue anni. Infine accese
il televisore tenendo basso il volume. Trasmettevano una danza di Pina Bausch.
Pina Bausch gli comunicava sempre disagio. Stese le forti gambe sul basso
tavolino. Scriverò sempre- si disse- Per tutta la vita. Poi concluse,
guardando il teleschermo, che Pina Bausch era troppo espressionista.
L’espressionismo, tutto sommato, non era neppure una forma d’arte perché ovvio,
infantile, e già nella natura. Che addirittura sembrava soltanto una persona:
il signor Tal dei Tali, cioè l’Espressionismo. Lo vide amare, soffrire ed
essere sincero. Così si addormentò.
Cristina Annino (nata ad
Arezzo e laureatasi a Firenze in Lettere Moderne con una tesi sulle prose di
César Vallejo), vive attualmente a Roma dopo un breve periodo trascorso a
Milano. Esordisce nel 1969 Con Non me lo dire, non posso crederci, edizioni Tèchne,Firenze,
dove ancora compare con il cognome anagrafico di Fratini.
Seguono molte
pubblicazioni con editori minori.
Nel 1984, una sua
raccolta di versi, L'udito cronico, viene pubblicata dal
collettivo Nuovi Poeti Italiani
(Einaudi) n°3, a cura di Walter Siti.
Nel 1987 pubblica Madrid (ed.Corpo 10,
premio Russo-Pozzale, assegnatole da Giovanni Giudici), opera centrale nella
sua produzione poetica,e riedita nel 2013 con
Stampa2009, Azzate (Varese).
Tra le sue opere più
recenti, Magnificat. Poesie 1969-2009, PuntoaCapo editore, Novi Ligure
23010 (vincitore del Premio Montano dello stesso anno), Chanson turca (Lietocolle, 2012), e le due plaquette Céline (edb, 2014), Poco
prima di notte, Edizioni L’Arca Felice, Salerno 2013. Una raccolta di
200 testi tradotti in inglese, Chronic
hearing (Chelsea Editions, New York), esce nel 2014. Inclusa
nell'antologia Il pensiero dominante. Poesia
italiana 1970-2000 (Garzanti, 2001) di Franco Loi e Davide Rondoni, è anche
presente, tra altre collettive, in Antologia di poeti contemporanei -Tradizioni e innovazioni in Italia- a
cura di Daniela Marcheschi (Murzia,2016), alla quale rimandiamo per conoscere
approfonditamente dati biografici e avere una completa bibliografia di Annino.
E’ autrice del romanzo
giovanile Boiter: l'affarista della
sua pace, edito molti anni più tardi, nel 1979,
da Forum/Quinta Generazione.
Nel 2016 pubblica Anatomie
in fuga, Donzelli Edizioni, Roma, 2016.
Sempre nel 2016 pubblica
il romanzo Connivenza amorosa con l’editore
Grego&Greco.
In un’epoca più tarda
della sua vita , si dedica all’attività di pittrice, ma in modo saltuario,
avendo tuttavia al suo attivo numerose personali e collettive sia in Italia che
all’estero ed essendo compresa in alcune collezioni private.
La validità della scrittura di Cristina Annino è fuori discussione, classe, ironia, ispirazione
RispondiEliminaOgni libro di Annino è una puntata di stupore.
RispondiEliminaRingraziamo la sua scrittura, chi la pubblica ed ogni piroetta che avviene all'interno del senso e nonsenso, ciò che accade e non, al lettore. Io vi trovo emozione, dai verbi più segreti a quelli più maldestri. E ringrazio, inchino.
Un saluto (e un salto),
Giampaolo De Pietro
Evviva il Poeta Sopra Le Righe, e noi che ci abbeveriamo a questi testi ogni volta nuovi. Il libro è un portento, anzi due. La prima parte considera il Mostro, e un approccio alle cose che non si uniforma alla razionalità ottusa o alle mode. È un piccolo trattato di filosofia per immagini e visioni, spiccia verità mai spicce. Ci ricorda che l’animale custodisce e insegna l’accettazione del mondo, e di tutti gli animali il Mostro del Lago è quello che non solo sa vivere, ma sa anche nascondersi dagli umani che lo calunniano. La seconda parte, Le Perle, è il canzoniere amoroso quando meno te lo aspetti. Testi dirompenti, esplosivi, cantati direi, perché anche se nulla dura in Eterno, l’amore possiede l’Eterno nell’attimo. Bene dice Guglielmin che questo editore è di classe, e non s’è fatto sfuggire il Poeta che surclassa tutti gli altri viventi e anche qualcuno dei Grandi Deceduti. Ordinare subito per posta o in libreria.
RispondiEliminaGrazie per i commenti
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