DALLA SCENA ALLA NARRAZIONE: AMORE DI FRODO (Puntoacapo, 2019) di Carla Mussi
Fabbrica desideri la memoria. Questo endecasillabo a maiore sereniano, messo ad esergo della prima sezione, dice molto
del percorso di questo libro bipartito in due sillogi, che si presentano
intenzionalmente differenti – come spiega la prefazione di Giancarlo Pontiggia.
Sin dal libro del maturo esordio - o più propriamente quasi-esordio - Il Cattivo Dono, la poesia di Carla Mussi
si presenta estremamente elaborata e stratificata, con un rapporto molto forte
con la narrazione (che si vede ancor meglio nel secondo Sconto di pena). Ragionando cinematograficamente, si può dire che
questa prima parte L’invenzione del
ricordo funzioni con la classica tecnica del decoupage e del montaggio. L’autrice vede se stessa, si stacca dal
corpo e lo osserva dall’alto: molte sono le metafore che si riferiscono a
strappi, fratture, stacchi, tagli; l’io osserva e costruisce frammenti di scena
che restano fedeli al vissuto, ma vengono montati e smontati. L’intensità
carnale delle scene, spesso erotiche ma non solo, è violenta. ma lo sguardo è
stranamente disincarnato come se l’io fosse diviso, un po’ alla Ronald Laing;
un io lirico totalmente situato nell’io incorporeo ma per scelta poetica, non
per patologia, che guarda vivere l’io fisico e ne trae scatti elaboratissimi,
mai autobiografici. A livello psicanalitico questo corrisponde all’esperienza
della scotomizzazione o rimozione, ma a livello artistico crea un effetto chiaroscurale
molto forte, moltiplicativo e straniante. Sono scatti di posa che somigliano
più a giochi di parole, talora ad aforismi o ad enigmi, che a ricordi o
racconti. Come se la scrittura
fosse stata lasciata seccare al sole e ne restasse l'osso nudo, ma con tutta la
struttura dell’articolazione che dal senso passa al suono e dal suono al senso.
Ecco allora i componimenti brevi e aspri, le chiuse spesso rimate, i rinvii
molto sofisticati fra parole centrali e finali, a concludere e richiamare:
assonanze, ripetizioni e perfino anagrammi, nodo/frodo, ricordo/ sordo, doppio/cappio,
erba/preda, (un quasi anagramma assonanzato) alto/falco, ladra/brada (altro
anagramma imperfetto), e così via, quasi a ogni pagina. Appunto perché il
ricordo non è un’operazione semplicemente emotiva e spontanea, ma si inventa (cioè si trova): e trovare significa aver cercato, aver selezionato. Ma
nella seconda sezione I luoghi accade
qualcosa di diverso. Si riprende una narrazione o quasi-narrazione più fluida e
continua e la tecnica diventa più simile a un piano sequenza, con campiture
allungate. Dal fallimento della contestazione sessantottina – rivelato anche
dall’esergo, la canzone di De André Coda
di lupo – si passa per gradi dagli scatti istantanei ai luoghi,
luoghi di macerie industriali, inquinamento, mare spesso degradato;
l’elettricità salta, come in certe esperienze di occupazioni scolastiche note a
parecchi di noi, e si attraversa letteralmente la notte: una notte che è
eclissi ma anche grembo, rinascita, àpeiron
di tutto ciò che sembra essere dialetticamente negato. Ecco allora la memoria del giudizio e della coscienza (pag. 52-53), ecco la notte del giudizio (pag. 73); in un’altra
poesia di questa raccolta, l’autrice scrive io
che non ho giudizio non ho temperanza e nella precedente Sconto di pena confessava: io che non ho pudore. I luoghi
attraversano la notte, il racconto e la narrazione – la memoria – tornano
possibili; torna possibile condividere una diegesi
dopo l’invenzione del ricordo e dopo
la divisione dell’io. Certamente
l’autrice vuole dirci che il libro è anche in qualche misura un percorso di
riconciliazione con il Sé, un percorso terapeutico: ma non c’è lieto fine, non
c’è uno sviluppo banale dal malessere al benessere. Tant’è vero che alla fine,
ed è proprio l’ultimo verso, torna lo spaesamento e i luoghi ci abbandonano. Siamo pronti per un altro viaggio, per un
altro straniamento, per un altro corpo a corpo con l’angoscia e con il suo
doppio semantico, la parola della poesia - di questa poesia. Siamo pronti per
un altro libro.
(Alessandra Paganardi)
I
Sul prato secco
al confine del bosco
il richiamo dell’aquila è il
segnale,
dal primo tocco
al terzo bacio
si fa liquido il nodo,
perché qui non è vietato
l’amore di frodo.
II
Per un libero volo
tocchi l’umida erba,
poi infili la vita nella preda,
amore catturato senza caccia
senza riserva.
III
Case dimenticate
nella luce che abbaglia
sollevano le ombre
quando l’amore stride
irriverente
e inventa il suo ricordo
perché il tempo si spogli
di un Dio sordo.
IV
Se lo sguardo è nel corpo
nuota, beccheggia, preme,
monta in alto,
ha il cromosoma di un falco.
V
Quando si è spalancata la
radura
sotto cerchi di volo
mi piaceva la paura delle
api,
se bevevo alla fonte nel
chiarore
leggera mi voltavo
per il tuo occhio affamato,
da disertore.
VI
Di voce e di respiri
le parole proibite
seminate sui fianchi,
parole dell’amore
dell’umore
per coltivare un cantico,
selvatica euforìa
campo semantico.
VII
Nessuna geometria,
solo il passo di tango d’un
artiglio
il mio sorriso da ladra
la tenerezza dura, brada.
VIII
Qui siamo stati lupi
l’amore nella schiena,
umani solo
nel mangiare seduti,
poi soltanto viandanti, lupi.
IX
Mi prendevi alle spalle
mi prendevi alla gola
eri il dolore che conviene
la bussola impazzita,
garza che accoglie il taglio,
senza ferita.
X
Entravi nello sguardo
con la dolcezza barbara
che insiste per un grido,
dove palpita acquatica
una medusa di rose.
XI
Il rosso di una volpe
è la lucerna in fuga sulle
labbra,
dentro i tuoi occhi nudi
l’orbita dei miei fianchi,
baccanale celeste
per saltimbanchi.
XII
Ritrovarsi per nulla
e perdersi del tutto.
La vita non ha sponda
non ha lutto.
Memoria del giudizio
Per la mascella inutile
d’un lascito sporgente
il morso sta nei denti del giudizio
spicchi di pleistocene
masticati a digiuno
chicchi di oscenità
che degradano piano
verità che non miete
nessun grano
-
Senti come cospira
come scocca
la violenza che siamo. –
Memoria della coscienza
Spacca tenera il guscio
prende forma
spinge fuori la testa
ad occhi spenti
un barlume di piuma
un petalo di unghia
la schiusa scivolosa
del torace
poi schiocca la voce,
sgomita senza storia
uccide i padri
frattura le radici
con la zampa sinistra
la sporca zampa dei ladri.
Notte del giudizio
Nei ballatoi
niente che danzi
cigola un’altalena
il vento tenta una
calligrafia
scrive nei corridoi
cerca l’uscita
e niente
niente che danzi
in fondo ai ballatoi
solo il brusìo del muro
un volo di sentenze
e di avvoltoi.
Carla Mussi è nata nel ’62 e vive
a Piombino. Ha pubblicato “La vera morte
del pesce viola” (Gazebo, Firenze, 2000), il racconto “Il filo freddo” in “Scene
da una storia mai scritta” (Moby Dick, Faenza 2003). In poesia ha pubblicato
con Puntoacapo Editrice “Il cattivo dono” 2014, (Premio Energia per la vita
2014, Premio Internazionale letteratura Napoli 2014), la plaquette di foto
poesie “La notte delle faine” 2015, "Sconto di pena" (Premio Il Sigillo di Dante 2016,
Premio città di Latina 2018 ).
Ha
partecipato a numerosi festival di poesia, tra cui il Festival del pensiero
In/verso, Venezia 2017, il Festival Internazionale “Palabra en el mundo”,
Venezia 2018, “La piuma sul Baratro”, Piacenza 2018, e a varie edizioni della
Biennale di poesia di Alessandria.
Vincitrice e finalista di altri premi letterari, è presente su varie pubblicazioni tra cui “Il fiore della poesia italiana. I contemporanei” (a cura di M. Ferrari, V. Guarracino, E. Spano), “Dove va la poesia? Riflessioni sul presente” a cura di Mauro Ferrari, e su riviste e antologie.
Ringrazio Stefano Guglielmin per aver ospitato "Amore di frodo". Grazie a Alessandra Paganardi per il suo viaggio così avvincente dentro al testo ...
RispondiEliminacomplimenti ad Alessandra per aver scandagliato con cura la pluridimensionalità di questi versi intensi e penetranti. Amore di frodo è molto più di un buon libro. Lo consiglio vivamente. daniel skatar
RispondiEliminaRingrazio il poeta Daniel Skatar, grande lettore di poesia, per la sua accoglienza..
RispondiEliminaLa poesia di Carla Mussi che appare talvolta tagliente, cruda, credo però ammicchi e veicoli anche qualcosa di diverso, perché l'amore è un gioco appassionato, come la poesia. E certamente la passione contempla una duplicità: luce e ombra che abitano dentro di noi. La passione non è addomesticabile e proprio per questo indicibilmente bella, ci suggerisce Elias Canetti che Carla cita in Sconto di pena. In questo ultimo libro sembra emergere il dubbio che sia la memoria ad abitarci, come un'ultima spiaggia e i luoghi, pare ci abbandonino, eppure scrive: Chiedo un pezzo di notte /una scaglia di luna /timida allerta /sollevata dal suolo /e nessuna ragione /nessuna religione/a mitragliare il volo. E se anche fosse scintillio di un minuto, vorrebbe sempre dire di aver vissuto. Inutile dire che Alessandra Paganardi ha reso una testimonianza acuta sulla poesia di questa autrice, complimenti ad entrambe e grazie a Stefano Guglielmin per questa nuova proposta su Blanc.
RispondiEliminaGrazie Fabia per questa acuta lettura.
EliminaGrazie Fabia, per il tuo commento così profondo e intrigante..e grazie per l'amicizia nella poesia..
RispondiEliminagrazie a te e ai tuoi versi Carla.
RispondiEliminaAmore di frodo è davvero una raccolta bellissima ed importante; non sono molti oggi i poeti che investono così tanto nella propria poesia, e con altrettanto coraggio. La sua è una scrittura che sembra sempre in bilico tra aperta confessionalità e reticenza, trasparenza e opacità, ma che non esibisce mai il proprio essere profonda e quidi rischiosa. Carla non corteggia mai l'indicibile, non mette mai una parola fuori posto, non si nasconde mai. Punta, a partire almeno dal precedente Sconto di pena, su una dimensione semi-narraiva, sul tempo più lungo del poemetto in sequenza, ma sa bene, e ci ricorda sempre, che la realtà si dà per frammenti. E che, se l'afferriamo, è come l'amore: di frodo.
RispondiEliminaGrazie A Mauro Ferrari per il suo commento..
RispondiEliminaDifficile sottrarsi all'inevitabile raffronto con l'ormai ricca produzione poetica di Carla Mussi, in particolare, come del resto fa anche Alessandra Paganardi, con IL CATTIVO DONO e SCONTO DI PENA entrambi pluripremiati.
RispondiEliminaBene, AMORE DI FRODO è anche più di una felice conferma del percorso poetico e della qualità della poetessa. Si tratta di una silloge che si avvale della prestigiosa prefazione di Giancarlo Pontiggia a conferma della qualità riconosciuta di Carla Mussi. Pontiggia che è capace di svelare ulteriormente e interiormente i paesaggi “mentali” che si incrociano e/o si rivestono di figure reali: animali, vegetali e umane che servono proprio a richiamare questa idea di amore anche come caccia, spesso di frodo.
L'autrice immersa nel “bosco dell'amore” da cui sembra, a un certo punto, voler uscire, fuggire nella seconda parte del libro, come ancora una volta rileva acutamente il prefatore.Vorrei solo richiamare un paio di testi , il primo che apre la raccolta
Sul prato secco
al confine del bosco
il richiamo dell’aquila è il segnale,
dal primo tocco
al terzo bacio
si fa liquido il nodo,
perché qui non è vietato
l’amore di frodo.
Con l'ultimo verso corrispondente al titolo della raccolta
l'altro che invece chiude la stessa raccolta
L'unzione estrema da te,
l'incoscienza dell'acqua,
un oblò di occhi chiari,
giochi subliminali
che ingannano lo sfondo.
I luoghi ci abbandonano.
Ho voluto citarli anche per significare il mio voler comprendere tutta l'opera di Carla Mussi, come a raccoglierla e racchiuderla tra le mie mani.
Ho partecipato a una presentazione del libro a Milano e ascoltato l'intervento ricchissimo di Alessandra Paganardi qui ripreso e devo dire che condivido il suo giudizio di una poesia elaborata e in un rapporto forte con il raccontare così come la suggestiva lettura “cinematografica” che Alessandra ha voluto proporci.
Mi piace infine la scelta del componimento breve che anch'io uso sempre e poi la presenza di assonanze, anagrammi, giochi linguistici che segnalano anche l'utilità, nella ricchezza dei testi per chi cerca di fare poesia e di leggerla coltivandone la suggestione, l'espressività e il pensiero.
Gianfranco Isetta
Ringrazio Gianfranco Isetta, per questa lettura così intensa. Mi accorgo che, questo aspetto della narrazione, già così ben evidenziato dalla lettura di Alessandra Paganardi, è presente nelle riflessioni dei poeti che sono intervenuti. Purtoppo spesso siamo portati a considerare la narrazione, anche per motivi di storiografia letteraria, in antitesi alla lirica. Credo che invece queste due spinte siano entrambe essenziali nella poesia italiana. Ma questo meriterebbe una lunga riflessione a parte. Credo che il tema della memoria, sia intrecciato fortemente con la lirica e con la narrazione. I frammenti che di volta in volta portiamo alla luce sono il prodotto di un lavoro creativo, che, appunto, costruisce un'invenzione del ricordo. C'è poi anche un aspetto di mistificazione, che trasferisce nella memoria collettiva clamorose bugie. Ma il lavoro della poesia, in questo senso, costituisce anche una ricostruzione di nuovi percorsi di conoscenza e di interpretazione, uno sviluppo creativo di quello smarrimento che, da solo, non avrebbe voce.
RispondiEliminaMi sembra che quanto scrive Carla sia decisivo per capire come conoscenza e sensibilità, forze inconsce e progetto, analogia e narrazione, agiscano sinergicamente nel testo poetico
RispondiEliminaAmore di frodo è una raccolta di versi di straordinaria eleganza.
RispondiEliminaIl ritmo lento, ma incalzante, del testo si interrompe o comunque si esaurisce nel silenzio e nella solitudine di parole che sembrano voler fuggire dalla bellezza di atmosfere sapientemente create strofinando parola su parola, levigandone i contorni sino all’essenziale.
Una fuga che, invece, è perfettamente coerente con la marcata tensione vettoriale che dinamizza questi versi.
Nulla più dell’amore è capace di creare abbondanza, o senso di mancanza e, con essa, il bisogno di progettare le necessarie verità su quanto e cosa abbiamo rubato, su quanto e cosa ci è stato sottratto.
Pur se in bilico, Carla non perde l’equilibrio: misurata per misurare le distanze, le vie di fuga che possono diventare nuovi possibili accessi, anche linguistici.
Complimenti, davvero.
Claudio
Ringrazio Claudio Ongarato per le sue riflessioni sul testo, e anche per la sua continua testimonianza di attenzione verso il paesaggio che la poesia ci consegna, sollecitando nuovi percorsi di conoscenza..
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