La poesia di Emilia
Barbato ama i dettagli, ma per farne subito emblemi della vita già stata, della
vita che lascia le proprie tracce in quei fulgori ed è già malinconia. L’elencazione
ne dice la sostanza, che il ritmo mette in movimento verso il futuro, pur conservandone,
nelle scelte lessicali, i tratti funerei. Queste soluzioni sono evidenti nel
primo testo presentato, con l’aggiunta di un procedere analogico, che si
attenua nel secondo, in nome di un preziosismo descrittivo volto ad estetizzare
ed eternizzare il femminile messo in scena. Soluzione forse in debito con lo
stesso Vittorio Bodini citato nella terza poesia, nella quale elencazione e
gusto per un ritmo sincopato s’intrecciano di nuovo. E così a seguire, sempre
tenendo a mente la lezione del simbolismo a cavallo tra Otto e Novecento, per il
quale poesia e musica sono sorelle, a dipanare la foresta dell’esistenza, per
riconsegnarcela in un intreccio sonoro, dove il mistero della felicità si tramanda
di generazione in generazione come qualcosa che abbiamo sfiorato, ma non adesso
e non qui.
confini, doppie sponde
ferite, i primi fulgori
sull’alveo, i nostri
vuoti,
quei piedi mancati
che siamo, nudi e suonanti
sull’assito,
quarantacinque
giri in copertina sottile,
l’inizio di una sedia, i
vestiti
sulla spalliera e quel
poco,
la minuzia di Strand che è
amore, appena raggio
per sempre sulle bocche
di leone, di lince, di
fiaba
e orrore mio tutto vento
io come l’albero
eternamente spoglio,
tra i rami, sento salire
gelo e canti e da lontano
vedo
la figura malinconica
dell’uomo
che si versa da bere in un
privé
*
siedo raccolta, la luce
è una squama di salmone
e tasselli di ali la
libellula
bordata di rame,
qualche rubino sulla
giovane
donna, i seni scolpiti, la
cavità
dell’ascella, forse
l’impronta
e il calore di un bacio,
certe
parole impossibili come
passi delle dita sulla
polvere
o l’odore e il frutto
carnoso
di un ananas, vorrei avere
la pazienza della pietra,
la fede
nel mondo, solo
perché è giorno e apri gli
occhi
senza dare alcuna notizia
*
l’uomo che veniva dal
mare,
una coppa Oribe per Orsola
“nuda, bianca,
imposseduta”
nei collage di Bodini, la
fame
di poesia, pomo, ponte sia
da te a me lingua, parola,
bocca, aspirazione roca
di una bacca intradotta
*
dunque si bagnerà il
foglio nel filo
rosso, verdeggeranno i
muschi nelle mani
e le foglie crepiteranno
sotto passi
di una pioggia fine, passi
non tuoi.
Luccicheranno gli occhi e
conterò
le diottrie mancanti
cercandoti,
versando e centrando
unicamente acqua,
un prato bianco solo mio,
cresci insieme
a draghi, castelli e
milleuno fantasie,
le mie battaglie per ogni
cellula distrutta,
ora di corvi e medicine e
piccole bambine
le teste, i peli del pube,
delle braccia
e ogni cosa cadrà, ogni
cosa che è stata
ora è una baia dove nudi
strisciano
i paguri e vuoti gusci
suonano
al suolo tra bocche di
vento
*
inizia il giorno con un
chiaro
di luce sulle strade e
un’azzurra
pace nelle chiese, il tram
suona
già da un’ora la nota
segreta
del tuo volto e la mia
fine
del mondo con una nuca
nuda.
Mando a memoria il codice
intimo della tua bocca,
il moto rivoluzionario
della lingua,
consumarsi fino alla fine
di una notizia, fino
all’inaudita
certezza di un abbandono,
male
da sparizione fuoriesce
dalle vene,
perfino seduta in un bar,
penso
a cosa mi avresti detto,
in silenzio
guardo il bancone lucido
di legno,
l’uomo che lavora al forno
e le luci
poi ancora insieme in
libreria
solo che tu non ci sei ed
è mattina
e neanche scrivi: “ciao,
come stai?”
*
il suono di una campana
ti avvolge la voce, la
baia
risuona nella gola calma,
un’onda, due, sale la
marea,
i piccoli pesci nelle
bolle
hanno occhi lunari e brevi
luminescenze, il tuo nome
scala la notte, pieno,
piano ...
Emilia Barbato è nata a Napoli nel 1971 e
risiede a Milano. I suoi testi sono apparsi in diverse antologie e
sull’Aperiodico ad Apparizione Aleatoria delle Edizioni del Foglio Clandestino.
Geografie di un Orlo (CSA Editrice,
2011) è la sua prima raccolta. Seguono Memoriali
Bianchi (Edizioni Smasher, 2014), Capogatto
(Puntoacapo Editrice, 2016, I classificato sezione Libri Editi IX edizione del
Concorso Nazionale di Poesia Chiaramonte Gulfi – Città dei musei), Il rigo tra i rami del sambuco (Pietre
Vive Editore, 2018, I classificato Luce a Sud Est – concorso di scrittura
sociale).
E' un onore immenso essere tra le voci di blanc de ta nuque ed è una gioia infinita questa tua bellissima nota di lettura. Grazie per avermi accolta sul tuo blog che seguo da tempo. Grata.
RispondiEliminaTrovo la poesia di Emilia capace di coniugare a un forte simbolismo e al gusto per un'analogia associativa e audace la capacità di aggiungere quel dato concreto che fa saldamente ancorare al mondo la sua parola, rendendola testimonianza e forte radicamento in un nucleo esistenziale, certamente problematico, ma al tempo stesso permeato di una sua straniante bellezza. Grazie al blog per la scelta.
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RispondiEliminaFabrizio scrivi: "ancorare al mondo la sua parola" e aggiungi "rendendola testimonianza di un forte radicamento" Mi piace confermare che la mia scrittura è tutta qui, in un suono remoto, in una voce intraducibile che sopraggiunge e poi si radica nei pensieri come la natura nella sua terra. Grazie per il tuo bellissimo commento e ancora grazie a Stefano per la sua nota di lettura, per avermi permesso di essere qui e poter leggere anche le bellissime considerazioni di Fabrizio.
RispondiEliminaLuccicheranno gli occhi e conterò/le diottrie mancanti cercandoti... la poesia della Barbato è poesia di ricerca, per seguirne il filo ci lascia le tracce, gli indizi, delle mancanze e sparizioni del passato, dei timori di ciò che potrebbe accadere, che ogni cosa potrebbe cadere.. ma qui vibra e pulsa di vita propria, dall'intimo delle cellule per cui combatte la sua battaglia. E ce ne lascia il sapore, un abbraccio di cuore, il desiderio di vita. Poesia di spessore..
RispondiEliminaDario grazie per questa tua lettura preziosa, grazie per le belle parole che riservi alla mia scrittura. Mi piace pensare che la mia poesia ti abbia fatto pensare alla ricerca, mi onora e rende felice insieme. Ti ringrazio
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