Nell’Antologia della poesia italiana,
compilata da Ottaviano Targioni Tozzetti nel 1884 per le edizioni Giusti, lo
studioso toscano inaugura la prefazione con una captatio benevolentiae frequentissima anche ai giorni nostri: “Sono
ormai tante le antologie della nostra poesia, che a volerne aggiungere una
nuova a quel numero pare proprio necessario che se ne chieda prima scusa alla
gente.” Quest’approccio la dice lunga sul sommerso antologico presente nelle
patrie lettere già a partire dall’unità d’Italia, sommerso che il T.T.
definisce “moltiplicarsi di libri inutili in tanta penuria di libri buoni”.
Altro ‘già sentito’ contemporaneo. Anzi, a scartabellare antologie e riviste
del secolo XX, direi pure luogo comune costante di chi non vede perché non
cerca o, peggio, di chi cerca la via vecchia perché non sa capire la nuova.
Nuova che si apre a ventaglio, a radice contorta, a raggiera; nuova e perciò
invisibile o, perlomeno, non immediatamente chiara nel suo essere pregna di
presente e di futuro. E, sia ben chiaro, a questa miopia nessuno sfugge (vedi
per esempio il fraintendimento totale di Pasolini verso la poesia di Eros Alesi,
per altro lungimirante nel riconoscere i felici esordi della Rosselli e di
Massimo Ferretti).
Un
secondo aspetto di questa antologia che mi preme sottolineare è la scelta del
canone, in chiara dipendenza dallo spirito del tempi, per quanto il
Risorgimento sia finito da quasi tre lustri: per il Targioni Tozzetti i poeti
del XIX secolo sono tutti portavoce di un entusiasmo politico-civile, per
quanto poi sia impossibile, anche per lui, scartare capolavori oggi indiscussi.
Rientra in questa prospettiva ideologica la scelta del frammento dei Paralipomeni della batracomiomachia, “Morte
di Rubatocchi”, e l’esclusione de “L’infinito” e di “A Silvia”, i due idilli
del recanatese oggi più conosciuti.
Altra
osservazione: a chiudere la nona edizione del libro (1904) è Maria Aliuda Bonacci
Brunamonti (1841 – 1903), della cui poesia Pino Fasano, nel Dizionario biografico degli italiani (1969)
metteva in luce negativamente l'intonazione
“etico-riflessiva irrimediabilmente provinciale” oltre che l’aspetto
didascalico e religioso, evidentemente poco in sintonia con gli anni della
contestazione giovanile globalizzata e laica in cui il Fasano, eccellente
italianista, si trovò ad operare. Il Targioni Tozzetti aveva forse inserito
altri suoi contemporanei (non ho per le mani la prima edizione dell’Antologia e le note del curatore della
nona edizione, Francesco C. Pellegrini, sono insufficienti a capire chi è
rimasto fuori); pare anzi che sia stato quest’ultimo a inserire la Bonacci
Brunamonti, per salutare la recentissima morte della poetessa umbra, con buona
pace del Targioni Tozzetti, morto pochi anni prima. Sta di fatto che fa
impressione leggere le poesie degli autori tardo ottocenteschi (ad esclusione
del Carducci, che fu maestro per tutti) e confrontarle con quelle degli
Scapigliati, di Pascoli, di D’Annunzio, autori che scrivevano proprio durante
(o quasi) la compilazione dell’Antologia.
C’è un salto epocale sia sotto il profilo stilistico e sia degli ideali tra il
Tommaseo, il Giusti, lo Zanella e la nuova schiera di poeti che chiuderà
l’Ottocento, inaugurando il Novecento. Potremmo anzi dire che la poesia
italiana moderna comincia dove finisce questa antologia, tutta pregna –
inevitabilmente – di retorica risorgimentale mista a cattolicesimo civile:
niente di male naturalmente, eppure lontanissimi entrambi da quella solitudine
di massa, da quell’antisublime che saranno la cifra del XX secolo e forse anche
del principio del XXI. Resta da capire, oggi, se siano giunte alla fine anche
queste condizioni della modernità o, forse meglio, in che modi solitudine e
antisublime si stiano coniugando nella poesia italiana contemporanea. Forse il
lungo elenco dei poeti di Blanc qualche risposta la dà.
ma quando io leggo questo...tutta questa storia, mi viane ahche da pingere...tanti poeti senza conoscere che una volta, in quei anni erano qui...nella università, nella librería o...nel suo palcoscenico!
RispondiEliminascusate gli errori ma avevo lacrime ...
RispondiEliminaErika, cara, non piangere per queste sciocchezze: sai che antologie dovremmo scrivere per metterci dentro tutti i poeti? E immagina quanto dovresti poi tradurre. Non avresti più tempo per le belle cose che la natura ci offre. Meglio che qualcuno sia dimenticato, va :-)
RispondiEliminail bello di essere dimenticati è che poi arriva un giorno uno che ti 'scopre'; e se non arriva è forse meglio.
Eliminaun abbraccio
alessandro ghignoli
lo dico sempre che è un peccato dover tralasciare tanto nella vita.. c'è troppo.. e io, non so se ahimè o per fortuna, mi sono presa tutto quel tempo altrove di cui parli.. :)
RispondiEliminaperò questi nomi sono un po' 'casa'...
dai che stai pubblicando il tuo primo libro e questa è una bella scommessa!
Eliminagià.. panico.. :D
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