La libertà dell’essere umano
(di F. Errmini)
Nell’ultimo
libro di Stefano Guglielmin, Le volpi
gridano in giardino, una poesia dice così: «Non c’è canto, lo so. Però il
corpo / talvolta parla da solo, ama il fango / più della luce e cancellare
tracce / darsi malato…». Dobbiamo considerare con attenzione questi quattro
versi per comprendere il resto.
Guglielmin
registra che viviamo immersi nella nebbia. Non vediamo il cielo, né la strada
sulla quale stiamo camminando. L’opera è agitata da uno «stato di allerta»,
come spiega Paolo Donini nella prefazione; tanto da essere costantemente
«dominata dall’emergenza».
L’esistenza è
ricerca e indagine dell’essere, anche se l’essere non fa parte dell’orizzonte
dell’esistenza. Quei frammenti di essere che la nostra esistenza
giunge anche solo a sfiorare (l’amore coniugale, i conflitti sociali, la crisi
economica…) non sono più l’essere. Accade per l’essere quel che accade al periécon, il confine conglobante nominato
da Anassimandro: un confine che si estende nella misura in cui si estende la
nostra conoscenza; un confine lontano che, ulteriormente allontanandosi, resta
irraggiungibile all’umana conoscenza.
Le parole vanno
sempre più usurandosi, a cominciare dalla parola stessa “canto”. La battaglia
va condotta contro la barbarie del pensiero, ovvero contro la malattia di quel
totalitarismo della mente che è pur sempre capace di impedire lo svelamento
dell’essere.
Guglielmin lo sa
e si riporta in vista dell’essere unicamente mettendosi in cammino, senza altro
fine che un cammino esposto a tutti i contatti, formando con ogni aspetto
dell’esistenza degli accordi, seppure fuggitivi e incerti. Nel farlo si affida
al coraggio della parola, un coraggio che si rivela sempre conflittuale –
muovendosi come fa la parola dall’alto verso il basso –, talvolta «senza canto»,
come annota l’autore stesso.
Siamo chiamati a
muoverci secondo imperativi morali dei quali le leggi degli Stati sono solo una
pallida eco. Sono imperativi che hanno a che fare con il nostro stato
originario, quando le stelle erano ancora visibili e ci guidavano. Ora ci
muoviamo nella nebbia e le stelle, quando ci è consentito di vederle, sembrano
un puro ornamento.
Il coraggio
della parola, sostiene Guglielmin, comporta la frizione e la sovversione. È
difficile che il coraggio si manifesti là dove non si è disposti a pagarne le
conseguenze. Restituire alle stelle la loro natura di guida, ecco il nostro
compito. Acquisire una nuova consapevolezza poetica significa anche liberarsi
delle decorazioni.
Le volpi gridano in giardino è una
critica radicale, svolta «con tutto il corpo», contro un sistema sociale che
non mette in conto la libertà dell’essere umano e contro un sistema linguistico
che riduce ogni attività al godimento o alla contemplazione estetica.
Stefano Guglielmin
Translated by Dominic
Siracusa
From The Foxes Scream in the Garden
Perfect Figure
You say oak and kiss, expect
a fasting
sky that clears.
Tongue sprawled on the stone
open you
slide into the sleeping
animal: the
circle looks like
a figure of
love, perfect if
it doesn’t
devour its offspring.
Everything Frays at Your Clamor
Suddenly,
you keep the people
on their
feet, you wed them
to the
space of doing, like a seed
that
dissolves the moan
in song, or
in salute to the industrious city.
Everything
frays, in fact,
at your
clamor, laying on the summit
meant for
us, if you translate
love into ring or chorus, yet
it has no
name, often, the shade
where you
hide bread and knife
and so the
walnut, the only place
you hang
the dead man’s suit.
Sometimes the Body
It seems
the body consists
of many
little potholes, empty nearby,
funnels,
whereby life turns
and
disappears. Instead the vast flight
of the
species roars through that
gorge, the
thorn that turns
grief into
sage, and makes us clear.
naturalmente della versione inglese non so dirne.. ma dei versi citati ho una bella sensazione che mi tengo.. :)
RispondiEliminafai bene :-)
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