Il bel libro di Alba Donati, idillio
con cagnolino (Fazi, 2013), mette in primo piano il cerchio matriarcale
plurigenerazionale, la casa del fare quotidiano e la natura-chora –
attraversata dal dolore che le pieghe stesse dei luoghi e dei corpi custodiscono
per creaturale disposizione – e intorno, in stato d'assedio, stanno il lupo e
la storia, con le loro bocche bugiarde e affamate. Nella poesia tre
porcellini le due figure si mescolano attraverso l'orrore nazista, che
nemesi dovrebbe infine punire secondo giustizia. Un lieto fine che appartiene
alle favole, al sogno, all'utopia e a questa poesia (che è, come tante altre,
racconto offerto anzitutto alla figlia, un modo per tradurre l'orrore in canto
e farle così amare la vita); un lieto fine tuttavia estraneo, nel complesso, a
questo emozionante libro, che si chiude con la strage di Beslan, in un
intreccio di cronaca e autobiografia: "Mentre entravo nella sala
operatoria con una dose / leggera di anestesia totale, i terroristi ceceni e i
militari / russi facevano saltare la palestra della scuola di Beslan". E'
detto così, schiettamente, senza ipocrita pietismo e mettendo al muro tanto
l'esercito russo quanto i terroristi ceceni, che hanno distrutto non soltanto,
in astratto, l'innocenza – uno dei
fondamentali modi in cui Alba Donati guarda il mondo – ma anche le vite
reali di chi ha perduto "il proprio volto, il proprio nome". Uno
sguardo doppio, incantato e disincantato, regola infatti la voce qui dentro,
similmente all'idillio leopardiano, come scrive giustamente Claudio Damiani nel
risvolto di copertina. Il naufragio, per quanto dolce, non accade, ma tutto
tiene perché il recinto è ben organizzato nel fare domestico e negli affetti:
"non volevamo che sostare e chiedere conforto" recita la poesia
incipitaria, "pomario" montaliano in cui "vi rimena l'ondata
della vita". Altro non c'è, ma è già molto: "traccio una linea
intorno al nostro letto: / questo è il confine! Faccio ordine, notte!". E'
un cerchio sacro, caro probabilmente alla Dickinson, dove persino gli
elettrodomestici e le merci del capitale-mondo rilucono diversamente. Nemmeno
la TV, in questo idillio, è nemica, perché, se gestita con intelligenza,
accende le speranze ("sul tuo viso scorre svelta / la luce dell'amicizia
di Pooh e Pimpi / nei tuoi occhi fiammeggia il loro picnic"), e il
consumismo è un rito di passaggio, come ci dice in La magia di Pegaso.
Gli uomini magni ci sono, padri
scelti dai nomi noti: Cesare Garboli, Enzo Siciliano, Jean-Michel Folon e
altri, morti più meno sereni e subito vissuti come "maestri"; uomini
del sentire, non del calcolare, del dare anziché del ricevere, generosi e
fragili: così ce li racconta Alba Donati nel capitolo intitolato appunto I
maestri. E infine c'è Petrarca innamorato, l'archetipo, che in Scic moni
(Laura, Petrarca e un cagnolino) apre le porte ai "capei d'oro" e
all'andare immortale di tutte le donne del mondo, bambine, giovani, adulte,
anziane, belle, brutte, tutte perfette agli occhi di chi ama.
Due parole anche sulla fattura
dell'edizione Fazi: una sovracopertina patinata opaca, che ricorda i libri
usati, leggermente ingiallita ai bordi, che emozionerà chiunque adori
frequentare le vecchie edizioni; la carta usata per gli interni è invece una
"usomano gr. 80" mentre il carattere di stampa è un "simoncini
garamond" che si lascia leggere con facilità.
da Alba Donati, Idillio con cagnolino (Fazi, 2013)
Dormite insieme nello
stesso letto
con i vostri ottant'anni di
differenza,
del mondo non sappiamo più
niente;
non ascoltiamo i telegiornali
né tantomeno compriamo un
giornale,
abbiamo scelto il silenzio,
l'accadere del giorno,
lo spazio intorno alla
nostra casa.
Se c'è da andare in
farmacia, andiamo
se c'è da andare alla
posta, anche
ma per il resto abbiamo
deciso
di coprire a grandi passi
il selciato
davanti alla porta e di
salire e scendere
le scale tante volte per
prendere e portare.
Poi quando vengo a dormire
vi separo:
ti metto nel letto
piccolino e io prendo
il tuo posto nel letto
matrimoniale.
Salgono gli spiriti nella
stanza
attratti dalla mancanza di
rumori,
anche un'aria stellata
avvolge le mura
e noi veleggiamo tutta la
notte,
tu alla ricerca della
Strega Malefica,
io
di te, e tua nonna di te, di me, e del suo primo amore.
Avevo
letto che Sacrate, camminando per i mercati di Atene, si guardava intorno
dicendo: di quante cose non ho bisogno!
Mamma, mi servirebbe - dici
guardando la pubblicità
su Italia Uno - la magia di
Pegaso, e proprio
mi servirebbe, perché non
ce l'ho, il castello di Cenerentola
la Principessa e la Povera
e il carrello di Barbie.
E a me serviresti, invece,
solo tu
Pensa come si va a
stringere la vita, il desiderio,
intorno a un unico punto,
come una chiave a stella.
E da lì, lento, quel
desiderio scende
si trasmette a Pegaso, a
Cenerentola, a Barbie,
alle Winx - Tecna, Aishia,
Bloom, Stella, Musa, Flora –
a Fairytopia, Icy, Aurora,
Polly e Bianca e Bernie
(Bernie! L'unico maschio,
il topo-proletario,
il malvisto dalla società
delle nazioni unite... ).
E
così l'amore che ci serve ce lo siamo comprato tutto.Idillio con cagnolino
La sera ci trova allineate nel lettone.
La luce del viale, dalla
finestra,
disegna sul piumone una
trama imperfetta
di alberi e foglie.
La gioia invece spinge la
luce da dentro
i nostri corpi a uscire
fino sopra i nostri visi.
Tu con il tuo libro
"da grande", io con il mio libro da grande.
Tu
con la tua risatina da bambina, io con la gioia.
E
tra noi, in fondo al letto, disteso a zampe in su
come
chi guardasse il paradiso, il nostro cagnolino.
Mai
Courbet avrebbe potuto fare di meglio
nel
celebrare l'idillio di una sera cittadina.
Chissà se i miei gesti
nella casa
- aprire la porta del bagno
per buttare
i tuoi vestiti nella cesta,
riaccendere la luce
della cucina e poi
spegnerla di nuovo
dopo aver innaffiato i
fiori sul balcone -
chissà
se questo che tu ascolti prima di dormire
sarà
un giorno la tua memoria favolosa
come
lo è per me lo scorrere dell'acqua
nella
cucina fredda all'alba - quando mio padre
si
alzava per andare a lavorare e quelle voci
che
pianissimo si articolavano nel silenzio.
Caro Cesare, per me non sei
morto
ho tenuto i giornali del 13
aprile
sul comodino ma non li ho
letti,
volevo scrivere di te ma
altre persone
prendono il tuo posto nel
morire,
volevo dire «se sei morto
la morte non esiste»
ma niente, quando nella
rubrica
digito la lettera G si
accende su di te
tutta la luce del display
ma vado avanti,
e ti tengo. Così senza una
soluzione
continuo a vederti a
Viareggio
come ti vidi nel giugno del
2000
bello come Marlon Brando in
Apocalypse Now
finito e invincibile, a un
passo dall'Aurelia
a un passo dal grande
disordine
mentre come un proprietario
terriero
di
fine Ottocento mi aprivi la porta.
3 settembre 2004,
ore 11 - Beslan
Mentre entravo nella sala operatoria con una dose
leggera di anestesia totale, i terroristi ceceni e i
militari
russi facevano saltare la palestra della scuola di Beslan.
Mentre dormivo senza sentire male nelle mani dei medici
sui piccoli nessun angelo scendeva, l'orrore camminava
a braccetto con la gioia. E tutto intorno rimaneva
mattina.
Dopo piangevo un po', infastidita dalle fasce
e cominciavo a pensare quanto era duro in quelle
condizioni tornare a casa, alzarsi, raggiungere la
macchina,
prendere l'ascensore, tornare a letto, nel mio letto.
Dopo vidi la tv senza capire, poi dormii.
C'erano rumori lontani, appena udibili, voci basse,
proverbi detti all'orecchio, in una lingua che non capivo.
Dio, quella notte, troneggiava
nei miei sogni, urlava,
inveiva contro tutti, tutti,
diceva, nessuno escluso.
Sembrava uno scrittore russo, uno
di un altro tempo.
Alba Donati è nata a Lucca e vive
tra Firenze e Lucignana. Scrive di poesia su quotidiani e riviste. Ha
pubblicato “La repubblica contadina” (City Lights Italia 1997, Premio Mondello
Opera Prima 1998) e “Non in mio nome” (Marietti, 2004). Ha curato
“Costellazioni italiane 1945-1999. Libri e autori del secondo Novecento” (Le
Lettere, 1999), “Poeti e scrittori contro la pena di morte” (Le Lettere, 2001)
e, insieme a Paolo Fabrizio Iacuzzi, il “Dizionario della libertà” (Passigli,
2002). Sua la cura anche all'edizione degli Oscar Mondadori delle "Poesie
1965-2000" di Maurizio Cucchi. Recentemente ha messo in scena con
l’Orchestra Regionale della Toscana il poema “Pianto sulla distruzione di
Beslan”.
Una bella lettura Stefano. La mia è uscita su Il primo amore e vi ribadisco alcune cose notando le novità. Un libro su cui tornerò comunque, perché offre lo spunto a una riflessione su come avvicinare certi avvenimenti (penso al Pianto su Beslan), inoltre importante quel che sottolinei, quel "tradurre l'orrore in canto" perché una bambina possa amare la vita. Un caro saluto.
RispondiEliminaSarebbe bello raccogliere tutte le poesie, tutte le opere d'arte in musica, in pittura, prodotte da artisti italiani per i bambini di Beslan e farne dono a quel paesino sperduto che ormai sta nei nostri cuori. Non c'è nessun editore, promotore culturale o altro, che voglia accogliere la proposta in occasione del triste anniversario? elena
RispondiEliminal'idea è bella, il pericolo di mandare a Beslan un sacco di pagine piene di retorica è però alto. non tutti hanno il talento di Alba.
EliminaE' vero, però si potrebbe in qualche modo prevedere una qualche forma di selezione. Elena
RispondiEliminaprobabilmente, se dipendesse da me, me scarterei 8 su 10
Elimina..non mi piace perdermi in ossimori, ma i primi aggettivi, per questi testi, che mi sono affiorati, sono dura e delicata..
RispondiEliminaè un bel modo per dire le cose, raccontarle, offrire immagini e modi per toccare fatti e ricordi..
mi ha colpito 'memoria' per come ha detto una sensazione-ricordo che mi raggiunge spesso.. quel senso di protezione e casa..
mi sono piaciute tutte, comunque, e anche la forma quasi epistolare che sembra sfiorare, sorvolare senza perdere gravità..
anche a me piace molto memoria. non la legge mai in pubblico (mi pare di aver capito), ma lo meriterebbe.
EliminaSono d'accordo con te.
RispondiEliminaLo meriterebbe.
Francesco t.
Grazie Stefano per questo post curatissimo e prezioso, interessante e addirittura fondamentale per poter tenere aperta quella lente immune al 'partito preso', che vedo con spuderatezza seguire da molti altri saccenti poeti/critici! In questo nuovo lavoro della Donati percepisco lo sguardo dell'autrice, carico e deciso, calato sull'universale esperienza quotidiana in cui il poeta rovescia la sua voce soggettiva fino al flusso della realtà creatva in cui il lamento/sorriso umano rientra e riscrive la grande e complessa filosofia dell'umanità in continua crescita, evoluzione attraverso le cose accadute, passate. Dai piccoli particolari, dalle cose frammentarie ed effimere, a volte dimenticate o date per scontato, si riconoscono limiti e complessità incancellabili dei nostri 'tempi' (storico/emozionali). Mi piace quando la poesia si muove come 'persona/traccia' e agisce interpellandosi come nuova prospettiva, nuovo punto di vista, nuova rifrazione partendo da ciò che siamo stati per essere ancora.
RispondiEliminaComplimenti a voi tutti qui.
Rita Pacilio
(vedo che il server allora funziona!!!!! Ciao)
naturalmente: *spudoratezza!!!!!
RispondiElimina:)
sento nel cuore quel che ero, e che tornerò, forse, mai. così dev'essere.
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