lunedì 25 marzo 2013

Leopoldo Attolico



La poesia di Leopoldo Attolico non trova tantissimo seguito oggi: l'umorismo alla Palazzeschi, ironico e scanzonato, fanciullesco più alla Lucignolo che alla Pinocchio, pare vapor leggero rispetto al tragico-orfico di altra tradizione moderna oppure all'elegiaco crepuscolare, che ragiona a suon di spazi domestici (e spesso addomesticati) di contro a chi va a spasso trainando Euridice e il buio che le soffia dietro. Attolico, epigono di Vito Riviello ma anche dello sguardo ludico di certa poesia barberi-squarottiana e dell'ironicissimo Troisio, sceglie la via del flaneur attempato che guarda le fanciulle come a prede irraggiungibili; senza lacrimarsi addosso, tuttavia, ma godendo appieno della parola che le racconta e con una certa dose di autoironia, che non guasta e che gli evita, forse, il maleficio delle femministe in cerca di un Orfeo da dilaniare. Ma, appunto, Attolico non è Orfeo; si capisce che lui, probabilmente, nell'Ade non sarebbe sceso per salvare la propria donna, tanto ce ne sono infinte altre sotto il sole, in quella vetrina che è il mondo, da cantare con l'arme della retorica anziché con il bastone della fallocrazia. La rinuncia al bastone, lo colloca dalla parte delle bambine, per citare un noto libro di Elena Gianini Belotti, pur con quella ambiguità che, vista la violenza contro le donne che ancora impera ovunque, qualcuno potrebbe non perdonargli.
Da parte mia, questa giocosa orchestrazione mi diletta l'orecchio e l'animella selvatica che entro mi rugge, e tuttavia non mi basta, nella misura in cui rinuncia a interrogarsi criticamente sulla posizione di chi dice io nel testo, dandola per innocente, in tal modo – per quel tanto che l'autoironia tace –  giustificando la sua indole predatoria, come se questa fosse naturale e non effetto dello sguardo del dominio maschile, pur raccontato dal margine, strizzando l'occhio alle prede, che tuttavia rimangono tali.
Capisco bene, sapendo Attolico una persona intelligente, gentile e certamente contro il machismo contemporaneo, che la mia lettura potrebbe sembrare fuorviante; eppure, mi piacerebbe sentire il punto di vista femminile su queste poesie, che mettono in scena l'appetito e il suo movente, il lupo e il suo boccone. Un lupo scalcagnato, ma pur sempre padrone del gioco.



CARE  TEEN  AGERS  !


come siete belle quando correte
con quel bacino che si accende
con quelle gambe che alimentano il fuoco
e il seno al vento che declina
la velocità di fuga di un piccolo terremoto !
Siete una forza !
Siete le imprendibili fuoriserie
di tutti i matusa di serie del pianeta

Per fortuna però, ogni tanto
può accadere che , gazzellando
andiate per le terre ,
ed allora , sciorinando noblesse tentacolare
finalmente vi si può toccare ,
ma come pesci che ritrovano il mare
in un amen siete già lontane, all'orizzonte
rovinose stelle di un desiderio bifronte
che malgré tout non smette di remare


Da Scapricciatielle, El Bagatt, Bergamo, 1995
Pref. di Vito Riviello, con due chine di Giacomo Porzano




TRANSITI  DEL  VAFF !  /  MAVAFF !


I -

Da più parti ci si chiede come mai
la tromba delle scale non suona mai .
E' certo strumento inesemplare , infigurabile
c'è ma non compare …

E' allora uno strumento virtuale ?
Un sortilegio … condominiale ?

Affatto ! E' solo entelechia aristotelica :
quando un portone si richiude su un bacio
su un vaff , su una mezza frase o un commiato
ecco che immantinente la tromba sublima i suoi squilli
                                                                            di silenzio
li isola e li decanta
restituendone la consonanza
soltanto a chi l'avrà pensata inane ma infervorata
climax del transeunte
consecutio senza temporis
di un suo spartito celeste




II -


Per alto gradimento
per nitore
per sguardo e per umore
per musica infine
la parola “alta” è fondamentale .
Infatti un mavaff ! che con cognizione di causa
ti manda in quel posto
ha il segreto suono di chiamata della parola
quando verifica se stessa e il mondo :
la valenza cangiante del segnale rivelatore !

Convocato per un viaggio senza ritorno
avrai per destinazione sempre e comunque
l'avamposto solare di quel retroposto
la pregnanza del suo smalto
la maestà del suo alto profilo :
un microcosmo onnicomprensivo !

W quindi il motto propositivo talentuoso
totalizzante definitorio e definitivo !
Fa velo a una certezza
che si ritira altissima nel cielo :
dopo la sua pronuncia nulla sarà più come prima !

A questo mi riconduceva la sintassi del suo sguardo
quando la fermai la prima volta in mezzo alla strada
dicendole lei signorina è bellissima
posso darle un bacio ?



Da Siamo alle solite , Fermenti Editrice , Roma , 2001
Pref. di Giorgio Patrizi , con due tavole di Giuseppe Pedota





CRISI  DI  COPPIA  A  CANALE  CINQUE


Il plusvalore è evidente :
la terapia del valzer travolgente
è avallata dalla Brava Presentatrice ( ? ! )
e il tubo catodico è il garante .
Ben venga quindi la metafora della danza
per proporre una strategia di coppia :
danzare insieme
tra comunicazione conflitto e mediazione !

( Se proprio non funziona
c'è la Sacra Rota di Sua Santità
che risolve
con la modica quantità
dell'obliterazione )






IL  ROSARIO  DELLE  VECCHIETTE


Se nunc et in hora
diventa 'ncatanòra
è scorbuto celeste
ma anche picco DADA di grande suggestione .
Lo sanno le fiammelle delle candele
nel divertito tremore
che sposa il fai da te del latinorum
al top dell'invenzione verbale
(s)conciata per le feste





SUBLIMAZIONE


Dopo il botto
non irritiamoci
siamo cortesi
restiamo calmi :
c'è la constatazione amichevole
d'incidente automobilistico ,
malincomica prassi che inaugura un'aria nuova
di liberazione
un'epopea di intenti !

Per lo scontro all'arma bianca
sublimato dal flaneur precompilato
pas de peur :
stami e pistilli in comunione
stanno a sangue e arena
come metti una sera a cena
sta a un amplesso di radiatori volti verso il sole .
Non c'è problema !


Da La realtà sofferta del comico ,  Aìsara , Cagliari , 2009
Pref. di Giorgio Patrizi , postf. di Gio Ferri





DUE  INEDITI  2012 / 2013


Padre , sogno ragazze col seno di neve e le ciliegine .
-E lo vieni a dire a me figliolo ?
E a chi altri padre ?
-Ma alla tua poesia perbacco !
Quale monitoraggio responsabile
può dribblare un disastro incoronato
da un sapore colorato ?
Lui monitora l'adagio
che tra scrittura e vita non c'è frattura .
Fanne tesoro  !
Fatti coraggio !





UNGARETTIANA


Una intera giornata
con l'assenza di carta e matita penetrata nell'ossa
buttato su una panchina dei giardinetti pubblici
a guardia dei nipotini che si mangiano la ghiaia
ho pianto lacrime laiche da taglio di cipolla

Ma crepuscolosa
annunciata in lontananza dal verde transitivo di un semaforo
e dalla marcia trionfale dell'Aida
una figura in nero di straordinaria ineleganza
colmava di futuro la mia disperata inanità :
-Leopoldo , sarai ampiamente risarcito
da trent'anni di poesia à la carte




Leopoldo Attolico vive ed opera a Roma , ove è nato il 5 marzo 1946 .
E' autore di sei titoli di poesia e di quattro plaquettes in edizioni d'arte .
Ha collaborato e collabora alle principali riviste letterarie .
Una selezione dei suoi testi è stata pubblicata negli USA presso Chelsea , New York , 2004 ,
per la traduzione di Emanuel di Pasquale .
Il suo libro più recente , La realtà sofferta del comico , Aìsara , Cagliari , 2009 , è prefato da Giorgio Patrizi , con postfazione di Gio Ferri .

Qui il suo sito.



24 commenti:

  1. Rosa Salvia26/3/13 10:40

    La poesia di Leopoldo Attolico rientra (come quella di Vito Riviello) nella tradizione della poesia ludico-realistica che, come scrive Giorgio Patrizi, nella prefazione al libro "Siamo alle solite" si propone come uno dei modi possibili per praticare "quell'igiene del linguaggio" in cui Ezra Pound riconosceva il fine ultimo della poesia, un linguaggio quantomai distante dalla retorica quotidiana all'insegna della parodia e del paradosso. Non a caso, sempre nel suo "Siamo alle solite" Attolico cita versi del poeta lucano Leonardo Sinisgalli: "Non si difende l'arte con la magia. / I simboli sono troppo stantii. / La poesia ci deve prendere viva". /
    E certamente la poesia di Attolico è poesia viva, "sbarazzina" sotto certi aspetti. L'umorismo che la caratterizza è l'arte di sfiorare senza insistere. Provocatoriamente tiro fuori dal dizionario il verbo "sfiorare", un vocabolo ormai desueto non tanto nell'uso quanto nella sua sostanza di significato. La televisione in particolare, ci ha abituato all'ingiuria, al dileggio, all'aggressione grossolana. L'ironia sottile, pungente, l'umorismo lieve, sono ormai privilegio di pochi. Quell'ironia che è in fondo uno strumento di difesa, nell'accezione romantica del termine, e che confina automaticamente con l'auto-ironia è l'espressione più diretta di un poeta come Attolico che vuol sentirsi libero da stereotipi e pregiudizi di ogni sorta. Ancor più quindi oggi la sua scrittura è attuale e interessante. Quanto poi alla richiesta del prof. Guglielmin indirizzata a noi donne di esprimerci in relazione a una certa tendenza al maschilismo di Attolico che lancia, spesso e volentieri, i suoi strali verso l'universo femminile e in particolare verso le belle figliole, beh, la mia
    risposta è che lo sa fare con tanta tenerezza e autoironia per cui va benissimo così.

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  2. Dopo aver ringraziato Rosa Salvia per le parole che ha voluto rivolgermi , posso dire che non mi sento affatto di confutare le riserve espresse da Stefano e la valenza tranchant di sintagmi tipo "dominio maschile" "indole predatoria" "fanciulle come prede" . Non credo ci si possa togliere dalla testa di essere incappati nel classico galletto italiano corroborato da vent'anni di machismo berlusconiano . Convengo che la mia "misura" può essere assimilata / recepita solo di pancia , lontanissima dal mio desiderio di "toccare" avvicinare la solarità della gioventù , la vitalità , la gioia di vivere, come volendo trattenere la bellezza di una nuvola di storni che mi passa sulla testa . Ma le parole della poesia - lo sappiamo - sono pietre , e possono portare il lettore da un'altra parte . In ogni caso non ne faccio una questione di buonafede o malafede , mia o altrui . E' la vita , accettiamola serenamente .

    Con un sentito grazie a Stefano per l'ospitalità .

    leopoldo attolico -

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  3. Gentile Leopoldo, è vero: le parole vanno dove vogliono. Da me sono arrivate così, governate da vitalità e gioventù. Però io un po' diffido di entrambe. In quanto tali, dico. Specie quando entrano nella poesia e ne prendono possesso. ho voluto segnalarlo. ho preso posizione.

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  4. Rileggendo adesso il mio commento che ho scritto stamane a scuola nell'ora libera, mi accorgo di aver usato un tono da "professorina", mi avrà condizionato in tal senso l'ambiente in cui mi trovavo. Leopoldo Attolico non è soltanto un poeta, ma anche un mio carissimo amico per cui avrei fatto meglio a ricorrere al suo nome di battesimo, quanto al prof. Guglielmin si spiega meglio la cosa perché in fondo siamo colleghi. Ad ogni modo ora mi rivolgo a entrambi come Leopoldo e Stefano, due poeti che ammiro e due persone che stimo molto. Sono in partenza per il profondo sud e auguro a tutti e due carissimi auguri di liete festività pasquali, Rosa

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    1. farò il possibile per passarle bene. anche tu fa lo stesso.

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  5. Non trovo un eccesso di maschilismo e il desiderio, in fondo, non ha sesso né età. Altro, poi, è il comportarsi dallo scrivere.
    Quello che invece mi arriva(ribadisco: a me)è una leggerezza forse un po' forzata che non riscontro nello scorrere dei testi.

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  6. È con disinvoltura che la poesia di Attolico legge gli aspetti più vari dell’esistenza, mostrando il piglio solo apparentemente leggero, scanzonato e divertito del comico, rivelando invece in profondità quanto dietro quel comico respiri una visione intensa, proprio di chi con ironia (e finanche autoironia) sa guardare ovvero osservare la realtà nelle sue diverse pieghe e piaghe.
    Una sorta di “clownerie tragica” anima i testi del nostro, un tono giocoso (non a torto Rosa incanala la sua poesia all’interno del filone ludico-realistico) che tanto la letteratura italiana ha prodotto “per exempla” illustri. Mi piace la capacità che Leopoldo mostra, a livello espressivo, nell’amalgamare i registri lessicali, nel giocare con la parola, creando effetti di straniamento (come nella coppia di rime – qui proposta – latina / vernacolare: “nunc et hora” / “‘ncantanòra”). Da calembour il gioco demandato a taluni grafismi che schiudono orizzonti di senso, del tipo “(s)conciata per le feste” o “melancomica”. Altrove emergono riferimenti ‘culti’, seppur parodizzati, come: “sublimato dal flaneur precompilato / pas de peur”; o ancora, nella seconda strofa di “Ungarettiana”, dove un'inquietante presenza, “una figura nera”, irrompe – in una amena enclave cittadina (da “giardinetti pubblici”) – “crepuscolosa / annunciata in lontananza dal verde transitivo di un semaforo / e dalla marcia trionfale dell'Aida […]” per annunciare al poeta, ridotto a “una disperata inanità”, che sarà “ampiamente risarcito da tren’anni di poesia à la carte”, con tanto di chiusura a effetto, pseudo-nobilitante, alla francese, come altrove, con effetto ludico e autoironico.
    In “Sublimazione”, il lettore è invece coinvolto, in qualità di spettatore, in “un incidente automobilistico” che offre occasione al divertito atteggiamento del poeta di descriverci la scena; simpatico, allora, il rinvio cinematografico alle pellicole di “Metti una sera a cena” e di “Sangue e arena (accomunati dalla rima, peraltro) che avvia il testo al conclusivo e icastico quadretto gioioso (di certo afflato futurista – mi vien da pensare) dell’ “amplesso di radiatori volti verso il sole”. Sicché lo slancio “verso il sole”, diventa, come per poetica magia, anche slancio verso l’altezza, invito a cogliere nel banale del quotidiano una dimensione “altra”, tutt’altro che superficiale, che solo il poeta, con la sua ironia, che tutto prende sul serio, sa vedere e aiutarci a vedere!
    Daniele Santoro

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    1. tutto condiviso caro Daniele. la mia perplessità, però, rimane: la donna qui è ancora oggetto (malgrado le innumerevoli attenuanti retorico-stilistiche), anche se le 'femministe' contemporanee non se ne sono accorte e nessuna ha lasciato un commento. evidentemente ci hanno fatto il callo.

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  7. Io che non sono femminista, Stefano, vedo invece, in queste poesie, solo una descrizione ironico-"lesiva" di come sono certi uomini oggi. Il che dovrebbe far piacere a ogni femminista, e far risentire gli uomini, giacché la donna ne esce tutto sommato indenne. Al mio io maschilista invece dispiace e dispiace anche che ne facciano le spese queste poesie presentate: hanno uno sguardo troppo angusto e poco divertente. Conoscendo la scrittura di Attolico, ricordo certe poesie d'amore (per rientrare nel rapporto uomo donna) veramente pregevoli. Insomma mi sembra che questi testi siano troppo leggeri persino per lui, e per essere pesanti o offensivi in qualunque modo li leggiamo. Quando Leopoldo da il meglio di sè, sa essere assai profondo e lascia il segno.
    Del resto una poesia di questo tipo, quando non riesce ad essere felice è infelicissima, avendo margini quasi obbligati di tono.
    Cristina Annino.

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  8. sì, non dicevo che sono offensivi: ma che ne contengono il germe.

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  9. In un breve
    lunghissimo passato
    ho fermato la mia pagina bianca .
    E se di un grido
    la parola pesata
    frange le tensioni e le intenzioni
    pure è la fiera intensità
    di una voce bambina
    che disarmante e ultima
    incendia la mia notte

    Si tratta del testo posto in epigrafe al mio primo libro ,"Piccolo spacciatore", Il Ventaglio , 1987 , poesie 1964-1966 .
    "Dovevi toglierla , adesso ti prendono per pedofilo" , fu il commento di una poetessa che a quei tempi andava per la maggiore . Questo per dire che con il processo alle intenzioni si può arrivare all'iperuranio platonico . Ma rimanere basiti fa parte del mestiere e chi scrive poesia deve accettare qualunque riserva mentale , perché parte della natura umana e della sua "verità" : il "punto di vista umano" e il rispetto per l'interlocutore, come parte di una ideale deontologia .

    leopoldo attolico -

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  10. Le etichette non mi piacciono ma, se proprio me ne devo metter una per palesarmi... e "femminista" sia! Donna lo sono di sicuro ed abbastanza matura da poter provare un po' di insano dispetto a sentir parlare di "ciliegine" mentre penso a come tener su le "pere".
    La poesia di Leopoldo non mi offende nè mi indigna. Ben altro sono il rispetto e la tutela che desidereremmo incontrare.
    Sinceramente, dai suoi versi proprio non vedo comparire un lupo (e se fosse, correre con i lupi, quelli selvaggi e addomesticati dalla cultura italiota, è un'attività che mi è gradita), nè ravvedo alcunché che puzzi di "mercificazione" della donna. I corpi sono "oggetto/soggetto" di desiderio? Evvivaddio! Saperlo metter su carta e lasciare che le parole ti rotolino in bocca come caramelle miele/rabarbaro è un pregio e non fallocrazia. Trovo assai più macisti certi testi di giovani poeti che sono tornati al Dolce Stil Novo o che, tra sincretismo e tantra, non la raccontano giusta.
    La poesia di Leopoldo mi rasserena, al contrario, proprio per la sua lievità, per l'ironia e, quando è il momento, per l'invettiva.
    La parola di Attolico non è sessista... è onesta!

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  11. ok avete ragione voi. Salviamo le intenzioni e fingiamo che il linguaggio non sia portatore di ideologia (anche nell'inconsapevolezza dell'autore)

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  12. come a dire che le poesie di Penna non valgono perché lui aveva lo sguardo libidinoso. Le poesie sono portatrici di perversioni, anche di quelli che le leggono. Devo dire però che dell'autore in questione ho letto di meglio.

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  13. Penna era libidinoso. Attolico nega :-)

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  14. Ma io non parlavo di libido; parlavo di cultura maschilista, che è un'altra cosa.

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  15. leopoldo attolico è uno di quei cantori ( e dico cantori per chi non avesse avuto modo di udirlo irrompere, furtivo e pinocchio nelle balene pubbliche!)di cui non si può e non si deve fare a meno in tempi retorici e pletorici come questi. Una refurtiva dell'Attolico furioso e radioso, una scorta di parole depurate dagli schemi, non allineate, non condizionate delle mode politiche/ poetiche attuali. questo canatare "del dente che batte dove la lingua duole" rimette in discussione tutta la banalità del linguaggio comune, manifestandolo, esponendolo, evidenzindone tic e ripetizioni, e non camuffandolo con i linguaggi poetically correct. Non credo affermi o confermi la cultura dominanate che è violenta, infantile, pubblocitaria, ma la osserva, la replica, con autoironia a iosa. mica poco. anche se non basta mai.

    Lidia Riviello

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  16. Cara Lidia, la questione, via via che ci siamo mossi nei commenti, è andata amplificandosi, sino a snaturarsi. Io ponevo l'attenzione su questo punto: Attolico "rinuncia a interrogarsi criticamente sulla posizione di chi dice io nel testo, dandola per innocente". Quando alla fine tu scrivi ossia che l'autoironia "non basta mai" sfiora appunto la questione.. Secondo me l'autoironia qui non è sufficiente a mettere in luce la natura non-innocente di chi dice io nel testo. Poi che ci sia bisogno di rompere con il poetese e con la poesia senza nervo sono perfettamente d'accordo e anch'io, nel mio piccolo, cerco di praticarla.

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  17. Alessandra Carnaroli2/4/13 15:19

    Un lupo scalcagnato, ma pur sempre padrone del gioco.
    concordo con Guglielmin: passa il messaggio del vorrei ma non posso e l'auto-ironia non basta a nasconderlo. purtroppo spesso il termine femminismo è sconosciuto sia a chi si dichiara femminista sia a chi si dichiara non femminista. oggi più che in passato essere femminista significa superare gli stereotipi di genere maschili e femminili: perché se esiste una preda esiste pure un predatore, se esiste una vittima esiste pure un carnefice: modelli limitanti per uomini e donne. ogni rapporto dovrebbe idealmente essere vissuto in un'ottica di parità, che non esclude il desiderio ma che non ammette il possesso. teen agers viste come gambe seni fianchi, come auto (donne e motori?) come gazzelle... insomma sono immagini che ci riportano ad un maschilismo "bonario", un maschilismo "buono", ancor più pericoloso, perché più difficile da decodificare. L'uomo contro donna, la giovane contro il vecchio sono contrapposizioni che ci riportano ad un immaginario vecchio, dove i rapporti sono squilibrati e, proprio per questo, di forza.

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  18. Io trovo assurda questa cosa, scusate, ...ma vi rendete conto??? State confondendo un sano desiderio con la violenza, come se quest'ultima fosse l'automaticamente conseguenza dell'altro...vabbè, allora torniamo all'amore angelicato (non esente da perversioni, nient'affatto)...nono...la parità, si parla di parità ok...si è mai vista una poesia dedicata al compagno di scuola, di corso, di lavoro...ma per favore...ai fratelli ok... la verità....il desiderio, l'amore fra uomo e donna sono sempre un sottile gioco di erotismo, di forze, ho parlato di gioco. Solo le persone intelligenti è chiaro, possono permettersi di giocare. Lealmente e con equilibrio. Se la poesia deve diventare veicolo di ideali moralizzatori, allora buonanotte. Affanculo a Baudelaire ecc. ecc. ...

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    1. nessuno ha parlato di moralizzare nessuno. E nemmeno ho detto che Attolico è un maniaco sessuale. Prego leggere meglio la mia nota e il commento di Carnaroli.

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  19. lo sguardo dell'autore in questi testi mi sembra "parodiare" il simbolico maschile e anche gli stereotipi femminili (la "Brava Presentatrice") che di quel simbolico sono il risultato; probabilmente - ma è una mia personale sensazione - Leopoldo avrebbe, come in genere sa ben fare, osare di più, dando maggior potenza a questa mimesi burlesca. Viola

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  20. sorry: avrebbe potuto, ovviamente

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  21. ogni piet(r)a una pieta' , scrivo apposta l'apostrofo dopo la a invece che la a accentata, credo che ogni parola sia un'onda, anzi meglio un "on" che dà qualcosa e subito è sfiorito, appena sfiorato. L'ironia, ludica, di cui tutti dovremmo fare gioco per slegarci dalle catene e dalle gabbie di un credere di fatto asfittico, visto che tutto è ipotesi, illusione,alludere, e niente sta (a) contratto in una sintesi (anzi anche questa parola ben evidenzia la sostanza di tutto e tutti: sin-senza, tesi, tesi noi tra un inizio e una fine che per pura combianzione di casi ci ha fatto ciò che siamo-sembriamo invece che altro, tutto quanto in embrione ancora conteniamo).
    Leggera e pungente, spara sulla gente perché spera che la gente senta e veda e abbracci del grande angolo prospettico il cono, o il co(g)nosco che tutto comprende. Grazie per questa "leggerezza" che non pianta in corpo la solita lancia ma si mette in mare come tutti siamo, in una piccola (s)chiatta.
    ferni

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