domenica 2 dicembre 2012

Note su una poesia di Silvano Martini



Proviamo a leggere una poesia "difficile", di quelle che oggi non piacciono?

Propongo, per questa volta, di entrare nella poesia d'apertura di Esecuzione (Anterem 1991) di Silvano Martini, una poesia difficile, ma che ci parla se davvero le diamo la parola.


Ecco il testo:

1.

contrasti di ghiaie nel percussore lo salva il giro

della pista niente proponeva la pioggia sul braccio

dormiamo insieme nell'oro incerto che scompiglia

benne tramagli e carmeli d'ossa



bandiere e lini esitando sgretolano il racconto

insistito limone che divampa se più non canta

per un transito d'anni nella respirazione domestica

stivale in varianze per visitazioni

(Silvano Martini, Esecuzione, Anterem 1991)


In poesie di questo tipo, totalmente frontali, si entra piano piano, evitando la decodifica sintattica, almeno nel primo approccio. soffermiamoci invece sull'analisi lessicale 

contrasti di ghiaie nel percussore lo salva il giro

della pista niente proponeva la pioggia sul braccio

dormiamo insieme nell'oro incerto che scompiglia

benne tramagli e carmeli d'ossa


bandiere e lini esitando sgretolano il racconto

insistito limone che divampa se più non canta

per un transito d'anni nella respirazione domestica

stivale in varianze per visitazioni


ordiniamo i termini per famiglie semantiche:

termini legati al lavoro meccanico
ghiaie, percussore, pista, benne, sgretolano

termini legati al sacro (per via metaforica o diretta)
tramaglio: rete da pesca San Pietro; carmelo: giardino e monte (rinvio biblico, così come visitazioni); oro: luce, preziosità (qui però è incerto); lini (sudario)

termini legati alla linguistica
racconto, canto, varianze

termini legate al corpo
braccio, dormiamo insieme, ossa, respirazione,
stivale (legato al transito: stivale quale metonimia del camminare?)

in sintesi: in questa poesia quattro, forse cinque, fili si intrecciano:

-il lavoro percussivo, che sgretola
-il corpo, che dorme (ma forse è morto: sudario)
-il sacro incerto / esitante
-la parola: che non canta. Che si dà nelle varianze.
- C‘è un quinto filo, appena accennato: le patrie (nella metonima delle bandiere)


fili che comunicano, proprio per la loro caratterizzazione
instabilità, frantumazione, avvertimento del pericolo


Chi produce la questa mancanza di unità, di
certezza (esistenziale, ontologica, semantica?)

Ce lo dice, con una frase sintatticamente perfetta (chiara perciò al pubblico ordinario della poesia) la cesura tra la prima e la seconda strofa:


contrasti di ghiaie nel percussore lo salva il giro

della pista niente proponeva la pioggia sul braccio

dormiamo insieme nell'oro incerto che scompiglia

benne tramagli e carmeli d'ossa


bandiere e lini esitando sgretolano il racconto

insistito limone che divampa se più non canta

per un transito d'anni nella respirazione domestica

stivale in varianze per visitazioni



(cui corrispondono la scienza e la tecnica, la religione, la politica, l'esistenza)

che cosa è dunque difficile, sotto il profilo della ricezione emotiva, nella poesia di Silvano Martini?

- accettare il fatto che la contemporaneità abbia perduto un orizzonte di senso condivisibile. Ossia che

- il senso della Storia si dissemina nelle interpretazioni delle storie, sempre parziali,
sempre in via di ridefinizione.

-  Tutto questo ci spaventa.


• Il lettore vorrebbe un testo compiuto per compensare il contesto frantumato. Ne ha antropologicamente bisogno (da qui la fortuna di testi immersivi, di facile comprensione).


Silvano Martini nega questa via perché compromessa con la nevrosi storica contemporanea. E' una posizione che  dialoga con la neoavanguardia e i percorsi legati a "Tam Tam"; si inserisce perciò in una tradizione, come ogni poesia che sia leggibile.


•Crede che poesia e verità si diano insieme. E verità, qui, significa: crisi del fondamento (Dio è morto ci spiega Nietzsche; non soltanto neoavanguardia e Tam Tam, dunque, bensì una cultura che attraversa tutto il novecento: una lunga tradizione che prende l'avvio dal nichilismo, ma che non è soltanto questo, come vedremo tra poco)

Consegue a queste premesse:

•Compito della poesia è consegnare la frammentarietà del reale, secondo mappe dettate dal desiderio.

•In quanto struttura tensiva, il desiderio parzialmente ricompone il frammento, ne toglie l’insensatezza.

Ma davvero Silvano Martini ci lascia in dono soltanto il desiderio? Non c’è nessun’altra salvezza?

Riprendiamo il testo:


contrasti di ghiaie nel percussore lo salva il giro

della pista niente proponeva la pioggia sul braccio

dormiamo insieme nell'oro incerto che scompiglia

benne tramagli e carmeli d'ossa



bandiere e lini esitando sgretolano il racconto

insistito limone che divampa se più non canta

per un transito d'anni nella respirazione domestica

stivale in varianze per visitazioni


Nel terzo verso (e il 3 è un numero fondamentale nella tradizione occidentale) troviamo un verso di senso compiuto e molto lirico:

dormire insieme nella luce che scompiglia  (per quanto incerta)


nel sesto verso (3+3)
 troviamo il limone, il giallo della sua luce (un richiamo, forse, ai limoni montaliani, alla loro forza contrastiva nei confronti dell’artificio del moderno)


nell'ultimo verso
la chiusa apre alla visitazione, una delle più importanti scene di speranza: quando Maria visita Santa Elisabetta, intona il Magnificat, che è il canto della speranza. La sua versione laica potrebbe essere l'utopia di un nuovo mondo.

•Oggi, tuttavia, sembra dirci Martini, non possono che esserci visitazioni, al plurale: l'amore coniugale (v.3), la natura (v.6), l'utopia (v.8), che però, data la crisi del fondamento, non potrà diventare universale, come nel cristianesimo o nel messianesimo marxista: possiamo credere solo in piccole liberazioni, in parziali, ma decisive aperture di senso, brevi come i sintagmi di questa poesia, difficile soltanto se rinunciamo a pensare ossia a metterci al centro della precarietà che questa poesia mette in opera, con fiducia nella possibilità di abitarla in quanto esseri desideranti (con il conseguente, possibile, superamento del nichilismo leopardiano; cfr. la sua teoria del piacere)



Silvano Martini (1923-1992), poeta, è stato condirettore della rivista "Anterem", critico letterario e d'arte. Ha collaborato a quotidiani e riviste italiane e straniere. È compendiato in varie antologie. Ha pubblicato tre libri di poesia, Mareale (1985), Esecuzione (1991), Coronaride (1992) e uno di prosa, Spartito per Clizia (1986), in Anterem Edizioni. Ha scritto i testi teatrali Majakowskij e Kerouac e l'atto unico Planetario, più volte rappresentati. Ha svolto attività di ricerca nell'area grafico-pittorica.

18 commenti:

  1. un'analisi interessantissima la tua, Stefano...
    il difficile di questa poesia si legge e si avverte in ogni legame tra le parole usate, nel distacco evidente, nella costruzione che ci costringe a fare...

    che cosa è dunque difficile, sotto il profilo della ricezione emotiva, nella poesia di Silvano Martini?
    per me...
    trovare il nesso che il suo pensiero vuole esprimere in poesia, trovare il filo, invisibile sotto la trama del tessuto di parole, che ci conduca al senso.

    Verità e Poesia sono strettamente legate, ne sono convinta anche io, dal momento che la poesia non può essere finzione perchè poesia è la nostra interiorità.

    Buona domenica Stefano!

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    1. trovare il nesso logico è difficile perché la poesia, in genere, non ragiona, ma pensa (vedi quanto dice Heidegger ne "In cammino verso il linguaggio" in proposito).
      La poesia non è solo la nostra interiorità, altrimenti sarebbe incomprensibile. La poesia è l'in-comune dell'interiorità, quanto attraversa tutte quelle che, metaforicamente, chiamiamo "interiorità".
      ciao, buona domenica anche a te!

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    2. Grazie per il prezioso suggerimento
      mi sono stampata un estratto del saggio che mi indichi...
      il nominare: chiama...
      non applica parole.
      evoca l'essenza.

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    3. e grazie per avermi nuovamente stimolato!

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  2. Non ho trovato difficoltà a capire il senso e a ricompattare il discorso frantumato, abbastanza chiaro appena ci si soffermi - come hai spiegato benissimo tu, Stefano - sulle parole chiave e sui campi semantici cui alludono. Ma non mi comunica alcuna emozione, è freddo e intellettualistico. Possiamo ancora dirlo che l'arte dovrebbe comunicare un'emozione immediata senza bisogno di chiavi di accesso almeno in prima battuta (dopo, poi, tutti gli approfondimenti) , Stefano? Fammi sapere :-)

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    1. è freddo, ma non direi intellettualistico (nel senso che non procede per concetti o rinvii colti).
      rimane valida la tua domanda: che rapporto c'è tra arte contemporanea e emozione? Con la specifica: l'emozione dev'essere in prima battuta oppure no?
      Tu che ne dici?

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  3. mi chiedevo perché il v. 3 è interpretato come amore coniugale..
    comunque, io che leggo poco sapendo, ho avuto immagini immediate che non so se corrispondano all'intenzione, né se si possano considerare 'emozioni'.. ma per quel che mi riguarda è ciò che cerco: parole d'altri che diventino rampa al mio ragionare..
    (davvero interessante l'analisi)

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    1. se non "coniugale", la dolcezza del gesto del dormire insieme e mi pare rinvii a una relazione reale, esistente, e probabilmente stabile (voglio dire: non è l'eros a essere al centro della scena)

      vero che ci sono molte immagini ( e questo rende la poesia a forte impatto comunicativo: si pensi alla funzione dgli affreschi nella chiese medievali)
      ciao!

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    2. non so.. più che una dolcezza la leggevo come una rivoluzione, ma è facile che sbagli.. lo faccio spesso.. :)
      ciao a te..

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    3. e se la dolcezza fosse rivoluzionaria? :-)

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    4. beh, sì,è da considerare..:)

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  4. Per intellettualistico io intendevo proprio l'esprimersi per "enigmi" che il lettore deve sciogliere. A quel punto, è l'eterna questione del gusto: se si ama la soluzione dei cruciverba allora si proverà certamente un'emozione, altrimenti no. L'emozione in prima battuta, comunque, io la sostengo sempre, di qualsiasi natura sia. E anche un'arte comprensibile ai più, non solo agli addetti ai lavori.

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    1. come dicevo nel commento qui sopra, il fatto che gli elementi visivi siano predominanti, toglie al testo enigmaticità (nel senso della ralazione fra Edipo e la Sfinge, per esmepio)

      chi sono "i più"? e perché questa poesia non è comprensibile ai "più"? Forse perché i più cercano cià che già conoscono? Ma quello lo fa benissimo la canzone leggera, il cinema commerciale (ma di qualità, come quello americano)...

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    2. Scusa Stefano, ma non puoi liquidare la cosa sottindendendo che la poesia o l'arte sono tali solo quando c'è un paravento da eliminare per disvelarle, tanto più "alte" sono le arti quanto più è difficile penetrarle. Esistono poesie bellissime e "chiare" ("rime usuali, in - are" :) ). Direi che Elio comunque abbia colto il punto e ha spiegato ciò che penso molto neglio di me, anche se io sono molto affascinata dalle parole, dal loro suono, ecc. (e Saba non è tra i miei preferiti).

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    3. io eviterei di generalizzare. ma, volendo farlo: ci sono poesie oscure e belle, e altre oscure e mediocri. E poesie limpide e belle, ma anche limpide e mediocri. Penna spesso è limpido e bello. Amelia Rosselli spesso è oscura e bella.

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    4. Messa così lo trovo corretto e condivido. Ciao!

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  5. Mi ha colpito molto l'onestà intellettuale dispiegata in questo tentativo di esplicazione. Lo trovo convincente, capace di suggerire cosa ci sia in palio (che ovviamente rimane "irriducibile" all'esplicazione stessa - il "se sapessi dirlo non avrei bisogno di danzarlo" della Duncan) senza dover far uso dei consueti fumogeni atti a creare l'illusione di strabilianti profondità. Con una simile trasparenza penso diventi possibile rapportarsi con serenità e quindi darsi conto tanto dell'effetto quanto della sua eventuale assenza. E' chiaro che un simile sforzo ha dei presupposti, o meglio diventa ammissibile soltanto quando una pratica sufficiente l'abbia reso uno sforzo visceralmente "grato" (come avviene sempre nello sport). Non essendo io troppo affascinato dalle parole, dal loro suono, dalle loro modulazioni e ritmi (me ne sono reso conto trovando piuttosto comiche alcune effusioni di Bachelard al proposito) avrei piuttosto, incontrando un simile nodo gordiano, adottato la soluzione di Alessandro. Messo però di fronte all'esplicazione non posso negare l'interesse dei temi, che d'altra parte non basta a farmi "sentire" l'artefatto come "prezioso": è come se mi trovassi di fronte ad un dipinto dal soggetto (o concetto) straordinariamente interessante ma non assecondato dallo stile pittorico. Comprendo d'altra parte che lettori "forti" di poesia possono portare all'incontro tutto un altro sedimento viscerale, e strumentario intellettuale (specificatamente più adatto). Il problema ritorna quindi che cosa si vuol "provare ad essere", nel tempo sempre esiguo che si ha a disposizone.

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  6. parole molto convincenti signor Elio.

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