Canto della mamma bambina ha un padre minuscolo, una madre fragile e cresce dalle forze arcane che lo abitano. Sono parole strappate alla terra dura, parole contadine, nate dall'abbraccio violento di sangue e bisogno, lontano dall'astrazione asettica cittadina. Un canto, che viene dalla preistoria e qui, dove s'infila la radice, fiorisce.
canto della mamma bambina
Fare la mamma, essere la ninnananna, stare senza senza,
morire morire morire come una qualsiasi fatica.
I
La cuffietta intorno al viso; un fagotto sui gradini
della stanza grande come una forma di lardo,
unico flash della mamma-bambina sdentata e senza pianto.
Dietro la porta, la madre si quieta vegliata dal grufolo caldo, il battito
dentro le costole; i segni contano le vene.
Madre nera madre troppo
fragile per i boschi per le mele cotogne le primule a novembre
madre dei soffioni senza campo.
Il padre è un peduncolo, grande come il baco
che abita la mummia. Migra dalla pancia all’osso.
Succhia, succhia. Geme.
E’ un grugnito.
Tagliati a metà, l’uomo e la sua terra, il verro e la sua donna, nel tempo perdonato
della mietitura, crescono la mamma-bambina.
II
cuore zoppicato cuore sperticato vuoto della resa
candore nella bocca calore morsicato
tappo uscio cigolio del letto
Lei è l’amore, nato amore vivo,
amore da far fuoco, con il nome corto come l’odio.
Vivi e cullami, vivi di più e proteggimi
scatola di ossa, cranio che si fonde, testa
dell’ariete contro la mancanza, mia bambina azzurra
come la porta, magra come un girino, bomba mammina
che spalmi olio sopra i muri, difesa dei massacri
vitello mai morto tuorlo
del mio altare donna inginocchiata
con lo sputo infilato nella sporta
donna nocciolina senza la barbi senza le trecce
con la gonna a pezze con le gambe
storte il sesso cresciuto contro le braghe di un uomo
uomo immacolato uomo vangato sulle pietre
calde di vermi vieni sulle dita cuore di dita
dolore respirato buio scafandro uovo crudo
libro mai avuto
III
C’era l’amore cucito vena a vena.
L’amore era nelle galline
nei vitelli nello zio del latte munto
nei fasci di fieno i giochi con le biglie.
L’amore era nel fiato dei campi.
IV
nel nome del padre nel nome della madre
nel nome della figlia bestemmia
Preghiere e muco sopra le labbra.
Lei è un podere da vangare, attecchisce sui rami
delle gambe, un baco nel frutto.
E’ dura come il piombo,
cade colpo su colpo,
poi ricresce come i cerchi dentro un albero.
Nella doglia si torce come una sposa.
Ama la madre chiusa nel ventre.
Odia il padre che è il principio e la fine.
Odia il suo corpo che li tiene: letame buono a far seme.
[...]
VIII
Le persone entrano e escono dal mio ventre come una battaglia.
[ La mamma piange.
La bimba viene al mondo.]
/
Ondeggia come uno spillo
calato in fondo al pozzo.
Dentro la pancia il padre guaisce,
Non vive; resta nel vuoto che lo colma,
limbo senza terra, cordone alla gola,
isola che affonda la carne aperta.
Respira, mamma-bambina.
colalo fuori dal cuore.
Ora nasce
ora che duole così forte
adesso che spacca la carne
adesso che ti muore.
Vivo animale, pescecane,
cibo che penetra lo strappo.
Lui che in te resiste.
Lui che mai muore.
La testa molle, rasata come un campo da tennis, vola dalla panciabambina,
attraversa l’altare come la risata di un beone.
(inedito)
non dirò certo nulla di nuovo, dicendo che la Plath è spesso dietro l'angolo, in questi versi.
RispondiEliminanon lo trovo affatto un male, dato che non ritengo che, quella della Plath, al giorno d'oggi, sia poesia morta (ammesso poi che la poesia possa morire).
intendo dire che, versi come questi, hanno ancora forza.
amo la poesia che riesce a far sentire forte e chiaro il canto del femminile, che, in questo caso, poi esce a tratti quasi come un grido alle volte. impotente, direi, in questo scenario di natura non contaminata più del necessario, che, alla fine, però, non riesce a rivelarsi salvezza.
il femminile col suo volto materno, ma dolente, ribelle.
forse sbaglio, ma Iole, con questi testi, colpisce, forte e chiara, le stsse corde che, in me, aveva colpito Sylvia.
un CIAO a tutti!
Patty!
non sbagli.
RispondiEliminagugl
Ancor prima di leggere dico che sono contenta di leggere iole qui, davvero sinceramente.
RispondiEliminaMi fa piacere anche notare, per quanto mi soprenda alquanto, che la tua studentessa (nonchè cara patty) dimostri già d'essere in grado di discernere le influenze e l'originalità delle voci.
Ali
piacevole sorpresa, no, ali? ;)
RispondiEliminabaci!
Ciao a tutti.
RispondiEliminaGrazie a Stefano dell'ospitalità.
Sono felice di trovarmi qui. molto.
Che dire, Patty, in effetti Sylvia Plath è stata una chiave di apertura per me. Con lei ho scoperto la poesia che non tenta mediazione, ma che semina bombe e appicca la miccia.
Che tu ne legga un così chiaro riscontro, mi fa il duplice effetto di piacere e di dubbio.
Il dubbio di non riuscire a compiere quel salto necessario a trovare la mia voce, che non somigli a nessun altro che a me stessa.
Grazie a Patty di questo interessante riscontro.
E grazie Ali carissima che ritrovo sempre con piacere.
ciao Gugl :)
iole
cara Iole, hai presente quel bel libro di Bloom "l'angoscia dell'influenza", oppure il noto koan "se incontri ii buddha per strada, uccidilo"?
RispondiEliminaecco, è così. Tuttavia la tua voce è ben riconoscibile, credimi.
gugl
Cara Ali, l'importante è che Patty non legga il koan di cui sopra :-)
RispondiEliminagugl
...il l'ho sempre detto che quella robaccia orientale le faceva male, prof! ;)
RispondiEliminacmq non si preoccupi, sono solo un'anima irrequieta, non violenta! :)
iole, non intendevo dire che le tue poesie sono fotocopie delle Plath. non è questo, non vorrei mi avessi fraintesa. si sente che sei tu, non lei. ma lo stretto legame che c'è è innegabile! ...almeno, per quanto mi riguarda!
Io trovo Iole sempre più brava e sicura, capace di guidare dove vuole una scrittura che si fa sempre più sghemba e frastagliata, con degli accostamenti, anche ritmici, che aprono delle vere e proprie voragini di senso e di suoni, pur sotto l'apparente, uniforme velo di un "paesaggio" che è "femminile" unicamente per la tematica trattata in questi testi.
RispondiEliminaLa II e, soprattutto, la VIII (stupefacente zampillo di immagini che si moltiplicano e si proiettano da una fonte immobile) mi sembrano dei gran testi.
Il tutto in un'aura di "sensualità naturale", dove alcune sinestesie, disseminate ad arte, si rincorrono da un estremo all'altro del verso, quasi i termini, precedentemente recisi dalla "scrittura/parto", anelassero a ricongiungersi per disegnare lo spazio esatto dell'unico "tempo perdonato": quello dello "strappo", della falce, della "ferita/mietitura".
Veramente belle.
fm
Grazie Francesco, la tua lettura, specialmente la riflessione sulla scrittura/parto, è illuminante.
RispondiEliminaMi viene in mente la distinzione che fa Ida Travi fra oralità e scrittura, dove appunto la penna incide, taglia il legame, mentre la bocca accompagna e mantiene il contatto.
gugl
Che piacere trovare qui Iole e la sua poesia, capace sempre di turbarci. Ma alla fine ci rassicura questa matrice istintintuale della sua scrittura, come una calda mano sull'orlo della voragine...
RispondiEliminaUn saluto affettuoso a Iole, che ho avuto la fortuna di conoscere di persona, a Stefano Guglielmin e a Francesco Marotta, che ringrazio per le loro istruttive letture di queste poesie
Antonio
Chiedo scusa per la firma incompleta del commento precedente:
RispondiEliminaAntonio Fiori
un saluto e un grazie a te, Antonio.
RispondiEliminaQuesto che Stefano ha postato è parte di un testo più lungo e sicuramente uno dei lavori che ho "sentito" di più.
RispondiEliminaIl rischio che corro in questi casi è quello di lasciarmi troppo inghiottire dal testo stesso e di fare quindi fatica a condurlo.
Come se prevalesse la parte istintiva, e quella razionale venisse spesso e volentieri scalzata via.
Quello che mi manca forse è proprio un equilibrio fra le due cose.
Il commento di Francesco - che saluto e ringrazio - mi aiuta a riconoscere parte di quello che scrivo senza consapevolezza.
Patty: assolutamente non era fraitendibile quello che dicevi.
La tua giusta riflessione era chiara e mi è preziosa.
Ciao e grazie a Antonio - che seguo seppure in sordina dal blog delle belledonne :)
Gugl - i libri che citi non li conosco. Sembrano interessanti e necessari [almeno per me] :) Cercherò di rimediare.
ciao e grazie a tutti.
iole
il primo ci riguarda gli scrittori; il secondo ci riguarda tutti.
RispondiEliminacome ben sai, istinto e ragione non sono parti, ma interi che coabitano la parola. paradossale?
gugl
Per la verità, nel commento che avevo scritto, prima di ricopiarlo qui, dopo "capace di guidare dove vuole" c'era un inciso in parentesi, che riporto:
RispondiElimina(o di lasciarsi - inconsciamente? volutamente? - trascinare, fino a inglobarsi e a diventare parte della stessa sostanza poematica).
L'indecisione (mia) tra i due avverbi, mi avveva poi spinto a eliminarla.
E mi dispiace, soprattutto alla luce di quanto scrive Iole nel suo intervento: perché credo che, in questo caso, nella sospensione tra il guidare e il lasciarsi trascinare, si gioca molto della riuscita e della tenuta dei testi.
E' in gioco, infatti, l'elemento "perturbante" a cui accenna anche Antonio, rafforzato dal puntualissimo riferimento che Stefano fa a Ida Travi e, per estensione, a un filone particolarmente caro alle poetiche di Anterem.
Se posso permettermi, direi a Iole di continuare a correre quel "rischio" di cui parla, e di non cercare di ricondurlo a una dimensione di ordine: in quel caso, perderebbe di vista un "ordine" affatto nuovo, quello che, della ritrovata "misura raziocinante", è il rovescio speculare.
Se ciò deve avvenire, che avvenga, ma per naturale evoluzione del proprio "singolare" percorso di scrittura: la "voce" che si cerca non sia mai un unicum perfettamente dominabile, o finiremmo per non ascoltare mai l'intera gamma di suoni e sillabe che contiene, ci resterebbe sempre estranea la "cifra", piccola o grande che sia, di ciò che si esprime, e vive, di alfabeti inudibili.
Ancora tanti complimenti a Iole e un caro saluto a tutti.
fm
tanto per citare una delle perle di saggezza del gugl, di cui c'è da far tesoro: "l'istinto è il pensiero del corpo, la sua ragione. Mentre quella che chiamiamo ragione è solo la gabbia per l'animale che siamo, che vuole tutto e subito."
RispondiEliminao no?
parole sacre... non trovate? ;)
iole...sia chiaro che, nel mio piccolo, apprezzo molto la tua poesia e non mi baso soltanto su questi testi, ma, zitta,zitta, ti seguivo già da qualche tempo! :)))
Patty, queste parole erano per te, ma vanno bene anche qui, mi pare.
RispondiEliminaperchè dovrei averle trovate da qualche altra parte che non sia il mio smarrimento?
gugl
io me le tengo strette.
RispondiEliminama sono talmente vere e belle... che mi pareva male essere così egoista da tenerle solo per me! ;)
arrivo in ritardo, mi è difficile aggiungere qualcosa di sensato ai commenti che avete già scritto.
RispondiEliminala scrittura di iole mi colpisce molto, davvero. per quel qualcosa di viscerale che si porta dentro, la sua durezza e dolcezza assieme, tradotti in un linguaggio a volte spigoloso, a volte capace di aperture improvvise (anche in questo mi piace pensare a una perdita di controllo che è dote naturale).
pochi, credo, sanno rendere in questo modo l'idea che amore e disperazione hanno la medesima radice.
francesco t.
condivido. pochi anche tra i famosi.
RispondiEliminagugl
Davvero interessante questa proposta di Iole, che sembra muoversi come uno sciamano, un mistico ancestrale, aprendo la propria esperienza sensibile alla visceralità dell'ambiente in cui è calata, percependo le tensioni chimiche e sanguigne che stanno alla base anche dei rapporti sociali: interessante notare come ci siano segni dell'ambiente familiare che slittano e si fondono-confondono assumendo dinamiche oniriche.
RispondiEliminaUna scrittura che porta con sé tutto il carico di una gestualità quasi rituale, che credo sia l'energia e il "lasciarsi-prendere dal testo" di cui segnala l'esperienza Iole.
Davvero incantato.
Saluti
Simone.
mi fa piacere Simone che tu abbia apprezzato, conoscendo il tuo palato sopraffine.
RispondiEliminagugl
E'uno dei testi piu' originali e complessi di Iole. Capovolge ogni schema e ruolo e quello che ne esce e' una poesia purissima come immagini e linguaggio.
RispondiEliminaCara Iole, uno stile tuo l'hai trovato da tempo, ed e' uno stile forte e sicuro, riconoscibile all'istante. Un saluto a te e a Gugl.
daniela
(raimondi)
dire che è ora che Iole ci regali un libro, che ne dici Daniela?
RispondiEliminagugl
Definitively, Gugl!
RispondiEliminaLo aspettiamo tutti con trepidazione ;-)
Lapilli e schegge che feriscono il buio questi tuoi versi. Complimenti Iole.
RispondiEliminaUn saluto a tutti
Mapi
Solo ora riesco a ripassare.
RispondiEliminaGrazie a tutti per gli interessanti spunti di riflessione.
Francesco - sì, probabilmente quella spinta istintiva che scavalca ogni barriera mentale, fa sì che la poesia sgorghi più pura. E' dietro questo lavorio sotterraneo che senz'altro meglio si riesce a esprimere l'inesprimibile. Anche se credo comunque necessaria una briglia che assecondi - non che freni -, che in qualche modo anzi spinga a una fusione di cuore sangue e mente la materia della voce più fonda.
francesco t. - proprio così, "la perdita di controllo" che noti - la stessa cosa di cui dicevo sopra - apre alla parola dolce e dura insieme, un terremoto dove i sensi tutti vengono portati a galla e espressi. e la "visceralità" è così -forse- portata all'eccesso.
simone - mi colpisce dove dici "segni dell'ambiente familiare che slittano e si fondono-confondono assumendo dinamiche oniriche" .
In effetti la visionarietà è una parte importante nella mia scrittura.
Come se il surreale di alcune immagini riesca a trascendere e nello stesso tempo a colpire prorpio al centro.
Daniela - La mia poesia ti deve molto. Tu lo sai, ma probabilmente non tutti :).
Daniela è stata ed è il mio pigmalione, il mio laboratorio vivente -:))
Auguro a tutti di avere un confronto così generoso come l'ho avuto io con lei.
Mapi - felice di trovarti qui :) grazie a te e a tutti.
Patty .. :)
e grazie in particolare a Stefano.
un abbraccio.
iole
iole: :)
RispondiEliminaLa poesia di iole mi fa sempre la stessa impressione, come se mi trovassi sull'orlo di un baratro e guardassi di sotto.
RispondiEliminaNon si può restare indifferenti. Non mi rendo contro se il baratro che iole racconta sia lo stesso sul quale sta sospesa, se vuole mostrarlo, indicarlo, denunciarlo, ma certo è profondo, ma certo è una lacerazione ogni cosa della sua vita, se è vero, com'è vero, che la poesia è vita. La sua nascita e l'altra la sua infanzia e l'amore. Lui e la bambina, la donna senza nocciolina, le gambe storte.
Lo sputo ed il parto detto in questi versi stupendamente bene.
"Ora nasce
ora che duole così forte
adesso che spacca la carne
adesso che ti muore."
bravissima Iole!
mi scuso di non sapere/potere dire di più, certo la poesia di Iole lo meriterebbe, è che non sto molto bene.
RispondiEliminasaluti a tutti, a quelli che conosco, a quelli che non conosco, anche quelli che non mi salutano.
Ali non devi scusarti per essere una persona sensibile e capace.
RispondiEliminagugl
Ciao Ali.
RispondiEliminaQuello che dici sulle cose che scrivo è molto più di quanto io mi possa aspettare.
Quando si scrive non si riesce a percepire pienamente quanto davvero si dice - o si vorrebbe dire.
Sono proprio aperture come anche la tua che mi sporgono sui miei stessi versi e mi permettono di guardare dove io non vedo.
E ha ragione Gugl, la tua sensibilità è tutto quello di cui c'è bisogno - per leggere per scrivere pr stare con gli altri.
un abbraccio.
i.
"...dall'abbraccio violento di sangue e bisogno, lontano dall'astrazione asettica cittadina. Un canto, che viene dalla preistoria e qui, dove s'infila la radice, fiorisce."
RispondiEliminaMolto belle queste tue ultime, Iole. E la premessa, all'inizio, conferma un percorso e la fedeltà ad un pecorso; per nulla scontata.
Trovo qui, rispetto a testi precedenti, una raggiunta compostezza organizzativa dei materiali, più ricchi e a rafforzamento del segno. Mi piace la felice confluizione di memoria e abbandono, la prima attraverso il secondo, declinato al femminile. Traendo dal sangue, dall'abisso del tuo vissuto personale, etnico e ancestrale, alla ricerca, instancabile, di un disegno/destino identitario.
Un caro saluto a Iole, e a Stefano, e a tutti gli amici che hanno prima di me commentato.
Giovanni
@ 34. Giovanni Nuscis
RispondiEliminaun grande saluto a te, Giovanni.
RispondiEliminagugl
Di corsa un saluto a Gianni e alla sua attenzione al mio lavoro sempre preziosa.
RispondiEliminaciao e buona giornata a tutti
iole
leggo solo adesso.
RispondiEliminaun saluto caro Iole e complimenti per i tuoi versi,forse meno silenziosi di quelli che avevo letto prima.
margheritarimi
un saluto anche a Stefano
ciao Margherita. Buona giornata!
RispondiEliminagugl