In origine, per preparare l’abito che li ricopre, i monaci buddisti ‹‹raccoglievano per la strada pezzi di tessuto di scarto, stracci luridi o sudari, li lavavano, li tingevano e li cucivano insieme con piccoli punti allineati e fitti (distanti 2-3 millimetri uno dall'altro), secondo un disegno che ricorda i campi di riso. È così che ancora oggi si prepara il kesa funzō-e (lett. "abito-escremento"), considerato tra tutti il più prezioso. Se lo zazen è ciò che abbraccia le infinite contraddizioni dell'esistenza trasformandole nella pura mente dell'Illuminazione, il kesa funzō-e, ricavato da ciò che c'è di più sporco e rifiutato da tutti, trasforma stracci e pezze immonde nell'oggetto di fede più sacro, simbolo stesso della purezza originale del Sé››
come il costume d'arlecchino. a.
RispondiEliminaO come una sublime metafora della poesia.
RispondiEliminafm
o una metafora del decostruzionismo nel suo processo invertito....(erminia)
RispondiEliminauna che?
RispondiEliminalo vedi perché non commento, io, gugl? Cosa potrei aggiungere a tale ineccepibile definizione?
AG.
arlecchino, poesia, decostruzionismo invertito, splendida umiltà: kesa :-)
RispondiEliminaguardando l'ora della visita, vedo che siete piuttosto anime notturne, ma non ne avevo dubbi:-)
RispondiEliminasembra quasi un rito catartico...
RispondiEliminasì, direi di sì: purificare il sé dalle incrostazioni dell'io.
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