lunedì 20 aprile 2020

Giorgio Bonacini su Maria Grazia Insinga




Maria Grazia Insinga, Tirrenide, Anterem, 2020 (Premio Lorenzo Montano per la raccolta inedita), riflessione critica di A. Devicienti.

Questo che segue è la presentazione di Giorgio Bonacini, che doveva essere letta 
al Premio.

Una delle caratteristiche proprie della poesia è l’andamento sonoro che ne scandisce il tracciato, qualunque esso sia: lineare, accidentato, spezzato, in una struttura lirica o poematica. Ma questo, che sembra un’evidenza naturale, implicita e assodata del “dire in versi”, in realtà non è affatto scontata nella sua valenza profonda. Ed è proprio questa difficoltà (felicemente attiva, possiamo dire) a dare, con i suoi tratti distintivi mai univoci, particolari e indefiniti sensi a ogni esperienza di scrittura. La raccolta di Maria Grazia Insinga nasce e si sviluppa dentro un’architettura che non disgiunge suono e senso: anzi, li incrocia e li annoda in un movimento che porta la parola a “precipitare” dal “dirupo fonetico”, dove il corpo-fonema (così l’autrice sembra indicare la poesia che si fa verso anche dal nulla) senza mai distruggersi, si disgrega e si riforma, aggiungendo continuamente, all’intimità dei suoni, un accadimento impensato: l’apparizione pura e vitale di qualcosa che sembra inidoneo o sbagliato, mentre è, nella sua essenzialità, un refuso mistico. Un ritmo incongruo che nel suo errare (a volte in linea, a volte claudicante) all’interno del poema, arricchisce un dire che tende alla non-perfezione. A un’esistenza, cioè, in continuo cambiamento inaspettato, dove “il vero pensiero è... cedere al sogno” la sua forma e la sua facoltà. Perché la poesia è sempre discontinuità. Non è mettere ordine nel caos, ma da questo attingere modulazioni e sommovimenti per “incendiare la voce”.

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                                                                     (g.b. – 20 Agosto 2019)

dalla sezione LE TUFFATRICI

*
tutto di mala faccia da per tutto
ingoiare la gola a imbuto e lei
ci passeggia sopra su in strada
per tirrenide il viaggio è già
compiuto e alza lo scirocco e
il pianeta è perfetto sto per
sto per morire e tu parli parli


dalla sezione IL VUOTO

*
l’incendiario gira con una bottiglia
e le sigarette in testa e non riesce
a spegnere la testa
l’estremo esercizio delle rapide contro
dammi il mio arco quotidiano


dalla sezione LA RECREAZIONE

*
sulla fiumana ingrossata
alzava la testa il giunco
l’arco contro la piena
contro vuoti e pieni
e la forma sigillo


dalla sezione IL BUCO

*
un corso d’acqua rapido
per diventare eremita
sgombrando la mente
rimane sempre un buco


dalla sezione IL SONNO

*
                   chissà se ai morti è concesso il sogno

non puoi dire io dormo il sonno taglia prima
la testa e dimentichi tenti col sogno di ricordare
fai un ponte tra i due laghi della prosa e non
il mio lago è di una specie sconosciuta


dalla sezione L’INTERO

*
qui non c’è niente che riporta il dire ma
l’essere qui l’essere non è segmentato e
frantumato ma ingoiato e questo è
un atto di cannibalismo


6 commenti:

  1. Carissimo Stefano,
    ti ringrazio infinitamente per avere accolto nello spazio poetico di Blanc questa magnifica nota di Giorgio Bonacini. Un caro abbraccio a entrambi

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  2. Grazie a te per queste perle di destrutturazione sintattica a valenza espressiva (e quindi comunicativa)

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  3. Ciao Stefano,
    mi fa molto piacere leggere su blanc la bella presentazione di Giorgio Bonacini a "Tirannide" di Maria Grazia Insinga, una poetessa che apprezzo molto e che meritatamente si è aggiudicata il Premio Montano per la Raccolta Inedita del 2019.

    Mi permetto di contribuire al post con un breve commento.

    La poesia di Maria Grazia è una 'pietanza' raffinata, ricca di ingredienti di-versi, abbinati con sapiente maestria. Poesia-cibo da gustare a lungo con la lingua-mente, facendo emergere e risuonare la sua varietà di aromi e di retrogusti (significativi).
    Indubbiamente è poesia che mi sorprende e mi affascina nel suo suggerire trame e direzioni, paesaggi e sentieri che emergono all'improvviso, 'lampeggi' esatti, in un gioco di sonorità e ritmiche sempre ben misurate eppure anche tecnicamente coraggiose. Poesia che si espone ("refuso mistico", come ben scrive, tra l'altro, Giorgio) sul limite del significare attraverso una particolare sensibilizzazione dei sensi che permettono il tentativo di percezione, l'approssimazione. Ma il limite in questo caso non mi sembra un 'luogo' drammatico, semmai è 'luogo' (mentale) dove diventa veramente interessante arrivare ad affacciarsi per scoprire cosa può succedere (di nuovo, di imprevisto) quando si coglie, e appena si imbriglia, si 'tranquillizza' -per così dire- im voce poetica, 'l'energia primaria' del linguaggio arrivata su quella soglia.
    Con i miei Complimenti e
    Un Caro Saluto a tutti,
    Armando Bertollo

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    1. Ringrazio di cuore Armando Bertollo per la lettura. Approssimarsi al limite, forse, destruttura l’impossibile della poesia rendendolo liricamente possibile.
      Un caro saluto a te

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  4. Scusate tanto il mio refuso sul Titolo: scritto 'Tirannide' in luogo di 'Tirrenide',credo sia stato il suggeritore di parole a farmi stampare così.
    (Poi ho notato che ho scritto anche un 'im' al posto di un'in'.)
    ...Se tu potessi correggere, Stefano, mi farebbe molto piacere, più che altro perché l'errore è uscito proprio nel titolo.
    Ciao,
    Armando B.

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    1. Caro Armano, purtroppo non posso correggere i commenti, ma sono sicuro che Maria Grazia capirà il refuso

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