Stefano Guglielmin, Dispostivi, Marco Saya Edizioni, Milano 2022, euro 10,00
Quarta di copertina:
Questo libro evidenzia la
centralità dei dispositivi nella nostra esperienza quotidiana, scegliendone
alcuni di esemplari rispetto al poetico e alla salute. Essi si
rivelano decisivi nella determinazione del soggetto che scrive e che vive, al
punto da condizionarne la stessa possibilità di esistenza. Il poeta, infatti,
si definisce attraverso lo stile, che altro non è che la messa in atto di
specifici dispositivi retorici. Lo stesso vale per gli apparati che ci
determinano in quanto esseri umani in grado di sopportare la precarietà del
vivere: filosofie, processi biochimici, procedure sanitarie e scelte di campo
definiscono il nostro modo di essere-nel-mondo, in un’età in cui del soggetto
non è rimasto quasi nulla, giacché volontà e libertà si irregimentano secondo
modelli di cui egli non dispone, ma che lo dispongono, anzi lo indispongono
in un aperto già tutto mediato dal potere. Guglielmin prosegue la sua ricerca
sulla finitudine, mettendo in scena un io plurale, contraddittorio eppure
ostinatamente alla ricerca di un senso, ma tutto ancora da costruire e
decostruire, dove gli opposti – autenticità / inautenticità, natura / cultura,
elitario / popolare, interiore / esteriore – non sono che imprescindibili
dispositivi del presente, spesso figli dell’alienazione.
Terapia
Si porta fuori un peso, con la parola,
ma c’è tutto un labirinto da fare, prima,
una salita temporale (e un temporale,
anche, da smaltire), che ci mette infine
il corpo quieto, nel suo porto, e la mente
pure. Per essere più precisi, è la psiche
a riordinarsi, non l’intelletto né il lucido
pensiero. Lo so
Spaccare il capello è una metafora pedante,
denota che ancora il peso non ha trovato
la via: qualcosa langue nel fondo, nel botro
(anch’essa parola malata, introflessa).
Nemmeno scrivere guarisce, anzi alimenta
l’intrigo, ammalia come Medusa, o la mia
terapeuta: una topolina bianca, da emporio.
Caterpillar
L’ermo colle, dice, sarà spianato
dalle ruspe. Lui vede lontano: finisce
l’orizzonte con la biro e prevede,
per noi, un controllato naufragio.
Da ogni lato, tecnici piantano chiodi
e un pugno di tracce da seguire:
il futuro cresce sugli assi cartesiani
su siepi-silvie rase al suolo. Tace l’assiolo.
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