Afasia
di Silvia Comoglio, Anterem Edizioni, 2021
La ragione della scrittura di Silvia
Comoglio trova il suo enunciato nei versi che introducono la sezione “Afasia”
(che dà il titolo al libro): “che salpi dalla bocca il lungo – / stato di
paura, vibrato, in bella lontananza, / a stupenda maschera d'insieme”, in cui
si progetta una parola, che, interponendo tra sé e il sentimento della paura di
fronte al mondo reale (a cui l'autrice contrappone un “Antimondo” –
titolo della seconda sezione – sia come altra dimensione spaziale che
logico-verbale), la distanza dell'elaborazione letteraria e la veste della
bellezza sonora, disegni una “stupenda maschera”, recuperando, come suggerisce
l'aggettivo, l'attitudine infantile dello stupore.
Di fatto, sezione dopo sezione, è
possibile individuare, sempre attraverso i versi che le introducono, lo sviluppo di questo
itinerario emotivo e mentale già così compiutamente programmato: dal
dissolvimento della paura grazie ad un delirio di bocche in un viottolo
nell'orto – e qui
ci viene in aiuto l'etimo latino del verbo delirare come uscire
fuori dal solco – scegliendo un rifugio privato nel silenzio della natura; all'í-narcarsi ad amen / di
questa stessa bocca rotante a gi-rasole della terza sezione, in cui
finalmente si pronuncia il proprio assenso – come sempre fa il girasole che
segue la luce dell'astro diurno – ad una nuova dimensione di chiaroveggenza,
in cui ha inizio il rapporto con la dimensione sacra del creato.
L'approdo è, di conseguenza, la
“Luminescenza” titolo della quarta ed ultima sezione che ha come versi
introduttivi: múrami
la bocca di lumi liquidi
di cielo, / incontrati di notte per ventura, dove la materia sembra
dissolversi nel puro silenzio, lucente
d'astri, della contemplazione notturna.
Né mi sembra un caso che le sezioni
del libro siano quattro, tante quanti gli elementi fondanti della vita: la
terra (prima sezione); l'aria (la seconda); l'acqua (la terza); e il fuoco
(quarta): la figura che le cuce insieme
è quella dell'albero, simbolo dell'uomo stesso, nel suo stare tra l'alto e il
basso; asse del mondo intorno a cui ruota, secondo antiche leggende
cosmogoniche, l'universo tutto, non senza un richiamo al mistero cristico della
croce, rappresentazione della vita generantesi dalla morte, tempo ciclico della
natura, alla quale la Comoglio sembra accostarsi con una primigenia felicità
oculare ed un linguaggio inusuale, nutrito di un ricco bagaglio di letture,
specie delle scritture mistiche e delle favole di ogni tempo, che, del resto
sono intimamente legate, come ci ricorda Cristina Campo, quando scrive che non
si può non esigere dall'eroe di fiaba una perfettamente ascetica
disposizione dell'animo: egli dovrà dimenticare tutti i suoi limiti nel
misurarsi con l'impossibile, vigilare senza riposo su quei limiti
nell'attuarlo, se è vero che Bellezza e paura, poli tragici della
fiaba, sono i suoi termini, insieme di contraddizione e conciliazione, e
infatti, se torniamo ai versi d'introduzione in “Afasia”, paura e bellezza appaiono
già coniugate insieme.
La contemplazione che trasforma il
mondo, come suggerisce l'etimo, in tempio sacro, esalta il Silenzio del Verbo
fondante, e il dire in pregare; angeli e bambini fanno la loro comparsa, a
ricordarci il miracolo dell'esistenza: il mondo appena nato, sul palmo della
mano, a cu-/spide di sguardo unico di amore, come nelle figure dei santi
che sostengono sul palmo città turrite o ritratti di Bambinelli con il pianeta
trattenuto tra le dita infantili.
Alla fine
di questo percorso c'è il Paradiso, il giardino della gioia innocente, prima
della caduta a picco, prima della paura. C'è, infine, la santità del non
possedere nulla, a cui allude quel pesce d'oro, / senza lisca e senza spine
– e senza nulla, nulla, tenere
al mondo, che chiude la quarta sezione e che si ispira ad una favola
di Grimm, poi ripresa da Pushkin.
È in quel senza tenere nulla che si
dissolve la gravità; che ogni cosa perde il suo peso e si fa parte del Tutto e
si può scorgere l'angelo sul mare interrando – / le ombre delle stelle in
alberi che sono / neri -fiori- e incanti.
Franca
Alaimo
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