domenica 14 novembre 2021

Franca Alaimo su Silvia Comoglio

 


Afasia di Silvia Comoglio, Anterem Edizioni, 2021

 

            La ragione della scrittura di Silvia Comoglio trova il suo enunciato nei versi che introducono la sezione “Afasia” (che dà il titolo al libro): “che salpi dalla bocca il lungo – / stato di paura, vibrato, in bella lontananza, / a stupenda maschera d'insieme”, in cui si progetta una parola, che, interponendo tra sé e il sentimento della paura di fronte al mondo reale (a cui l'autrice contrappone un “Antimondo” – titolo della seconda sezione – sia come altra dimensione spaziale che logico-verbale), la distanza dell'elaborazione letteraria e la veste della bellezza sonora, disegni una “stupenda maschera”, recuperando, come suggerisce l'aggettivo, l'attitudine infantile dello stupore.

            Di fatto, sezione dopo sezione, è possibile individuare, sempre attraverso i versi  che le introducono, lo sviluppo di questo itinerario emotivo e mentale già così compiutamente programmato: dal dissolvimento della paura grazie ad un delirio di bocche in un viottolo nell'orto –  e  qui  ci viene in aiuto l'etimo latino del verbo delirare come uscire fuori dal solco – scegliendo un rifugio privato nel silenzio della natura; all'í-narcarsi ad amen / di questa stessa bocca rotante a gi-rasole della terza sezione, in cui finalmente si pronuncia il proprio assenso – come sempre fa il girasole che segue la luce dell'astro diurno – ad una nuova dimensione di chiaroveggenza, in cui ha inizio il rapporto con la dimensione sacra del creato.        

            L'approdo è, di conseguenza, la “Luminescenza” titolo della quarta ed ultima sezione che ha come versi introduttivi: múrami la bocca di lumi liquidi di cielo, / incontrati di notte per ventura, dove la materia sembra dissolversi  nel puro silenzio, lucente d'astri, della contemplazione notturna.

            Né mi sembra un caso che le sezioni del libro siano quattro, tante quanti gli elementi fondanti della vita: la terra (prima sezione); l'aria (la seconda); l'acqua (la terza); e il fuoco (quarta):  la figura che le cuce insieme è quella dell'albero, simbolo dell'uomo stesso, nel suo stare tra l'alto e il basso; asse del mondo intorno a cui ruota, secondo antiche leggende cosmogoniche, l'universo tutto, non senza un richiamo al mistero cristico della croce, rappresentazione della vita generantesi dalla morte, tempo ciclico della natura, alla quale la Comoglio sembra accostarsi con una primigenia felicità oculare ed un linguaggio inusuale, nutrito di un ricco bagaglio di letture, specie delle scritture mistiche e delle favole di ogni tempo, che, del resto sono intimamente legate, come ci ricorda Cristina Campo, quando scrive che non si può non esigere dall'eroe di fiaba una perfettamente ascetica disposizione dell'animo: egli dovrà dimenticare tutti i suoi limiti nel misurarsi con l'impossibile, vigilare senza riposo su quei limiti nell'attuarlo, se è vero che Bellezza e paura, poli tragici della fiaba, sono i suoi termini, insieme di contraddizione e conciliazione, e infatti, se torniamo ai versi d'introduzione in “Afasia”, paura e bellezza appaiono già coniugate insieme.

            La contemplazione che trasforma il mondo, come suggerisce l'etimo, in tempio sacro, esalta il Silenzio del Verbo fondante, e il dire in pregare; angeli e bambini fanno la loro comparsa, a ricordarci il miracolo dell'esistenza: il mondo appena nato, sul palmo della mano, a cu-/spide di sguardo unico di amore, come nelle figure dei santi che sostengono sul palmo città turrite o ritratti di Bambinelli con il pianeta trattenuto tra le dita infantili.

            Alla fine di questo percorso c'è il Paradiso, il giardino della gioia innocente, prima della caduta a picco, prima della paura. C'è, infine, la santità del non possedere nulla, a cui allude quel pesce d'oro, / senza lisca e senza spine – e senza nulla, nulla, tenere al mondo, che chiude la quarta sezione e che si ispira ad una favola di Grimm, poi ripresa da Pushkin.

            È in quel senza tenere nulla che si dissolve la gravità; che ogni cosa perde il suo peso e si fa parte del Tutto e si può scorgere l'angelo sul mare interrando – / le ombre delle stelle in alberi che sono / neri -fiori- e incanti.

 

Franca Alaimo

Nessun commento:

Posta un commento