A
Trevìco, sul finire del 2014, nasce la prima Casa della Paesologia, sorta di
moderna comune fondata programmaticamente nel paese più alto della Campania, in
via di spopolamento come molti altri paesi dell'entroterra irpino. L'idea fu
del poeta Franco Arminio, e per
realizzarla si scelse di fondare un’associazione che avrebbe gestito le
iscrizioni, con presidente Grazia
Coppola, vicepresidente lo stesso Arminio, e segretaria Annamaria Palladino, più nota in web
col nome di Anna Untitla. Fu
quest’ultima, in veste di architetto prima che di poeta o “paesologa”, ad
accollarsi fin da subito e molto volentieri un ruolo di spiccia esecutrice
materiale: cercare la casa adatta, arredarla, dotarla di una nuova caldaia, ma
anche redigere statuti e contratti.
Un samba a Trevìco raccoglie, nella forma
di 26 piccoli verbali (ognuno corredato da una minuscola figura), gli
entusiasmi costruttivi e le incertezze distruttive dell'autrice, autodefinitasi
"la più eretica delle segretarie".
Libro
pieno di amore e diffidenza, oltre che sequenza di libere riflessioni sulla
modernità, sull'essere meridionale e sulla creatività nelle aggregazioni
sociali. Diario di cantiere ma anche malinconica riflessione sulla natura
effimera dell'entusiasmo, specialmente in alcune persone votate, per maledizione
sembrerebbe, a "rendere possibile l'esistenza di ciò che gli altri
inventano". Come dire: la parte più eccitante e insieme quella più
ineluttabile dell'edificazione, raccontate da chi nella posa del mattone vede
anche, e non riesce a non vedere, il crollo.
Il
samba del titolo si rifà al Canto de Ossanha (1968), una delle più
impressionanti e magiche composizioni di Vinicius
de Moraes e Baden Powell, che
ispirandosi al rito afrobrasiliano del candomblé trovarono il modo di mettere
in canzone l'eccitazione e la disperazione dell'andirivieni fra il fare e il
non fare, fra il fidarsi e il non fidarsi, fra il costruire (appunto) e il
distruggere.
Oggi
Anna Untitla non è più parte attiva della Casa della Paesologia, che peraltro
conta ancora centinaia di iscritti in tutta Italia. Un samba a Trevìco
fu scritto all’epoca della fondazione, ma viene pubblicato solo oggi, in
occasione del trasferimento della Casa da Trevico a Bisaccia, paese natale di
Franco Arminio.
Il
15mo “verbale”, qui riportato, parla della sera in cui a Benevento venne
siglato il contratto di affitto della grande casa di Trevico, di proprietà del
magistrato Pietro Cuoco, già
Presidente della Corte di Cassazione, anch’egli incuriosito e in qualche modo
affascinato da Arminio e dalla sua nascente comunità paesologica.
(premessa
di Anna Untitla)
***
15. Del Magazzino Arminio, della
giornata contrattuale in una penombra blu, di come si produsse questa penombra
africana.
Siamo dunque andati a Benevento a fare
questo contratto. Prima, a Bisaccia, siamo passati dal magazzino dove Franco
tiene le cose della vecchia casa, tipo un garage. Mi ha fatto un effetto
curioso perché io sono anni che le cose le tolgo da una parte e le metto
dall'altra, e le aggiungo anche se non c'è spazio e faccio, più che
arredamenti, configurazioni di equilibrio molto complesse e non sempre
riuscite, se avessi un deposito come il Magazzino Arminio (che come dice
giustamente Fabio Nigro sarebbe già un bel titolo per qualcosa) penso che lo
appiccerei. Tanta è l'attitudine in me di costruire, fondare, elevare, tanta è
quella di sgombrare, levare di mezzo, come con un braccio si ripulisce una
tovaglia con quel gesto lì, rotante – oppure appunto, appicciare. Altra
impressione mi ha fatto casa Cuoco, quella loro di residenza l'appartamento
dove vivono, non quella di Trevico. Già entrando l'ho vista come una casa
nobilmente invecchiata, senza restyling: una casa “da architetto”, anni
settanta penso, un grande tondo pieno, e blu, al centro della casa fra
l'ingresso e la sala pranzo, come un tronco gigante di baobab, strano pensare a
un baobab guardando un muro tondo, e rivestito di granigliato blu, tutto anni
settanta in una casa di Benevento, tutto mi aspettavo fuorché un baobab blu...
e poi il muretto divisorio sagomato a controcurva, rifinito di legno massello
sulla parte curva gran lavoro di modanatura, il tavolo in marmo ovale... Dopo,
lo stesso signor Cuoco (che dovremmo chiamare “presidente”, lo sappiamo, ma non
ci viene per la sua grande cordialità, e per i suoi occhi vivi) ci ha
raccontato di quanto fosse squisito, credo che abbia usato questa parola,
l'architetto che progettò per loro quella casa, il baobab blu, e quella
penombra sinuosa... un ragazzo, purtroppo morto assai giovane (qui un
fermo-respiro, gli occhi davvero umidi nel ricordo): il giovane figlio,
architetto e squisito, di un magistrato il cui nome dice qualcosa a tutti gli
uomini di legge, Principe, colui che in Italia inventò, possiamo dire, la
magistratura di sinistra.
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