Con questo libro
felicemente denso, dal titolo Naturario, uscito
nella collana “Il gabbiere” per le Di Felice Edizioni di Martinsicuro (pp. 400,
euro 15), Antonio Bux ha provato, con indubbio coraggio morale, a bruciare lo
spazio, il tempo, andando contro al proprio stesso inconscio, organizzando
un'architettura metafisica, applicando all'ipertrofia del reale grafico
l'irrealtà dell'immaginazione e dell'esercizio poetico. Con impegno dunque
totale, Bux si abbatte tra le macerie di un muro di cinta tanto
vulnerabile, quanto indistruttibile, per poi tornare all'energia del
quotidiano, e travasarla in versi.
Tutto questo
lavoro significa, ovviamente, porsi dei problemi, e in modo talmente serio, da
non poter non riconoscerne l’importanza, soprattutto la novità; penso che il
suo lavoro poetico dovrebbe essere degno di un’attenzione superiore all’impegno
critico rivolto a tanta poesia contemporanea. Perché queste poesie di Bux
costruiscono la volontà appassionata di attraversare il proprio labirinto
d'uomo, uscendone vivo, e forse migliore. Qui non si parla di cose lontane anni
luce o incomprensibili ai più. Nessun giro a vuoto di parole ricercate per
spazzare via l'incongruo che c'è in noi, ma vi scopriamo l’encomiabile sfrontatezza di
offrirsi malato, malandato alla comprensione nostra e altrui, arricchendoci
tutti di una possibile verità.
Mai come in
questo libro ho creduto di capire il perché di un’azione così
sovversiva ai limiti del masochismo, ma tanto lucida nel dimostrarsi poi,
definitivamente e con rara forza etica, polvere.
Cristina Annino
Quindici poesie da “Naturario”
FINE
D’INCIPIT
Ero
piccolo e vedevo gli alberi
parlare
alle persone
nessuno
rispondeva ma c’era
un
bambino, si illuminava
in
mezzo ai cespugli
credo
fosse armato di cielo
era
molto distante
a
un certo punto smise di far luce
nel
buio calpestato ricordo
gli
alberi
cominciarono
a dirmi
TUTTE
LE MORTI MENO UNA
Tutte
le morti meno una sorridono
se
dentro di ognuno la vera morte
arriva
al sorriso più puro dell’anima
terrena
che si lascia; ed è vero ciò
che
lascia ed è falso, per questo sorride
con
la smania lontana di chi se ne va
sorridente
alla morte in un principio;
sarebbe
troppo grande, ferirsi così
e
poi con l’orgoglio chiuso altrove
dare
un sorriso speciale ad ogni morto
che
passa e salutarne la fine, venuta
a
noi onestamente come un cielo
piovuto
dormendo, o un volo
nella
rondine dell’occhio la sua
oscura
alleanza
I
SORRISI ALLUDONO A SATANA
Troppi
sorrisi lasciati a inventare
i
sorrisi alludono a Satana
Dio
e il mare non sorridono e una donna
se
sorride è perché persa
nella
bara perfetta della carne
ma
la carne sceglie di vendicarsi
ci
sono demoni a tutte le latitudini angosce
che
vibrano tra i desideri
il
meno che non vediamo eppure muove
nei
cunicoli ed è morte
senza
dominio il bacio
è
morte che sa indovinare
allora
domandare baciando il cielo
il
cielo mitico, pre-atlantico, il potente
demone
socio del creato
che
sorride con gli angeli impiccati
domandare
se lassù
tra
gli spazi a noi arresi
e
che mostra noi infiniti
non
è che una spalla il suo universo
girata
dappertutto
RITO
DELLA PRIMA SPECIE
Tu,
che non sai aspettare,
consacrati
al rito della
prima
specie. Tu che
bastonato
da te stesso
non
vedi il bastone
che
ti compie. I cieli
non
ti sono più devoti,
poiché
niente arriva
al
di sotto, sgranato,
aspettando
l’insieme.
Prepara,
allora, la tavola,
prendi
l’acqua, e poi dividila
dal
calice. E nella mano
contenuta
piega il pane
contro
l’aria. E chiedi
all’acqua
e al pane
come
si sentono, se sono
come
l’aria. Chiedi loro
se
possono diventare vino.
E
porgi il calice vuoto
contro
la mano. Sussurra
dentro
il buio le poche
parole
che ricordi. Queste
serviranno
ai più poveri.
I
più poveri sanno aspettare
SE
TI GUARDANO LE LUCERTOLE
Se
ti guardano le lucertole
vuol
dire che sei morto
e
se sei morto come una pietra
levigata
dal dolce sonno
al
sole non muori e stai lentamente,
lentamente
ignifugo
infestato
dai funghi dell’espressione,
ancora
permesso
di
stare a tuo agio tra le flore, tra i panorami
nella
perfetta moltitudine, lasciato stordito
dietro
lo schermo dei vermi
continueranno
le tue ossa a vivere l’ombra
e
le parole, che tu guardi e non sai
continueranno
le solitudini del corpo, le striature
perché
parlare il tuo muovere l’ostacolo
se
camminando sai di tacere
VIVO
TRA LE NEVI FOSSILI
Ricorda
il ciarpame. Riconcilia
la
tua carcassa in putrefazione.
Ti
caveranno le esche fuori
dagli
occhi. Le bave dei protetti
scalderanno
i pianeti, ci saranno
superstiti
fritti, idee come alveari.
Poi
volando, ricorderai il non volare
e
i tuoi minuscoli fori, respiri bianchi
appesi
alle pareti, come fossero
degli
amici fantasma. In quelle ore
ricorderai
confusamente. Le crepe
viziate
al ritmo dei muri. E come
vanità
dell’ombra, a penna farsi
strada
tra i bisturi della condanna
la
tua colpa d’oro. Anima tra le acque,
fluttui
che oserai rischiare. Tornando
poi
nelle carni, vivo tra le nevi fossili
L’ERBA
POCA CRESCE A NOTTE
Nel grembo d’avorio della notte
giocano ai quarzi due gemelli
con gli zigomi simili con le gambe
simili e gli occhi di due
che si sono; e tra i quarzi una donna
uguali li lega, uguali li tiene contro
il seno
e contro l’utero li figlia, uguali li
strofina
a due gocce di seme dentro l’uno, dentro
la sua testa, gemella dentro l’ovulo
diverso
delle gambe, così cresce o muore
l’uomo di quarzo nella notte
Fili
d’erba comunicano.
Giovani,
e sono esseri
sfilano
come loro via
il
vento, o forse in sfida
con
chi non sa. È tradire?
Per
questo prosciugano,
se
danno via il sale,
le
resine ancora fresche
o
il fiato degli occhi,
per
il vuoto mancare,
per
soffiare via eterni?
L’erba
poca a notte ricresce.
I
figli dei lampi sono soli.
La
luna nei lembi trasforma
ogni
tenebra umana
ricambia,
di non vita
E
VEDO IL GHIRO NELLO STRANO LETTO
Sogno sempre ad una certa
ora del tramonto qualcuno
che viene a sognarmi accanto
un sogno nuovo, di sempre.
Ripete la mia stessa domanda:
se è il tramonto che ci sogna
o forse il sogno del tramonto
cos’è che viene, ad una certa
ora per farci svegliare? Forse
solo qualcun altro, di lato,
che tramonta
E
vedo il ghiro nello strano letto
dorme
con me tra i denti addormentati
dorme
e poi muore al mio risveglio
ed
io sono ghiro, mi sogno alzare il cielo
e
se torni da me lo strano letto cade
se
tu ritorni io sono ghiro e tu non dormi
e
scompari tra le fodere tu sogni i miei deserti
le
foreste disabitate dove i ghiri mutano
in
uomini ma se tu torni in me c’è un ghiro
bianco,
un uomo di tessuti un invertebrato
nel
tuo silenzio c’è un uomo che ti ama
e
un ghiro alla lontana che odora del tuo bosco
API
CHE NON ESISTONO
Volano
api attorno incessantemente volano
anche
a sera dentro il miele rimasto degli occhi
ma
non sono api, non sono insetti né sono gialle
forse
luci forse notti rimaste appese per sbaglio
dentro
agli occhi veri o in un abbaglio precedente.
E mai
che se ne acchiappi una, di ape maledetta
mai
che si fermino gli occhi o la luce di questi
ronzii
notturni a sciami di bestie che non esistono.
Ma
volano intorno, volano azzurre volano mentre
l’io
scriteriato un banco di nebbia adulta
TEORIA
DEL LUPO INDIRETTO
C’è
un lupo che ognuno cova
lontano
da sé ma per davvero
tra
i denti. In qualche luogo
più
solo di dentro in un vago
momento
si rizza di vita.
E
non è paura, desiderio di fare
ma
vista del bene mancato
ciò
che dilania alla luna e che
nella
luna manca guardando.
Cresce
di lato, laggiù nel corpo
completo
della fame: al vibrato
del
male instancabile il ghigno.
E
così d’ululato stimola e danza:
in
un azzurro lontano il plenilunio
mormorato
universale all’occhio
del
comando umano innaturale.
Giostrare
tutto allora di carne
senza
il difetto o comando dal petto
ma
in fitta di trame, il chiodo più lungo
che
va di speranza, ficcato indiretto
IL
SOLO AMORE ETERNO
La
Madre Superiore è nei campi,
il
dio del Perdono la coltiva. Cresce
nelle
notti i suoi frutti, li cresce
per
i figli spaventati. Ma negli astri
lontani
e nelle viti, nei grani oscuri
per
due uve di sogno altre madri
erose
vedono uccelli. Come i voli
sognati
bambini, come sugli antichi
precipizi
dove gli angeli dormono
segreti
quella semina. La semina
del
nuovo giorno, nel sole dimentica
ogni
madre e rompe dal nido. Il diavolo
celeste
invece apre le mani, è la Madre
sotterrata,
la mano che per noi smuove
il
chicco disumano e la terra. E sarà
sera
il pregare di una madre. Sarà
preghiera
il suo morire, sarà l’ultima
sua
rosa il solo amore eterno
INTERMEZZO
...e
sarò io, in questo momento, tra dieci anni
o
sarai tu, di nuovo a toccarmi i capelli, a dirmi
che
le cose non sono più cose da tempo
che
sono finite le ciocche dei versi
e
che sarò ancora io
e
sarò vecchio, o sarai tu nella testa
o
forse un’illusione ripetere il mondo
più
giovane o più presente, e sarò io
disteso
oggi sul letto mentre accarezzo
una
ciocca di me, dei miei capelli tra dieci anni...
QUANTO
PIÙ DI BUIO FAI CORAGGIO E IL MARE
Quanto
più di buio fai coraggio
e
il mare, tu non puoi vederlo,
ma
fagli coraggio e poi col buio
non
più tuo forse tornerà più mare.
Quanto
più di buio fai coraggio
e
il mare, ora che l’ascolti e non è
mai
stato tuo, ora che nell’eco
suo
ti vedi, ora che diventi come il mare
quanto
di più buio fallo e il tuo ricordo
senza
il mare, forse è il tuo ritorno,
e
come mai nessuno segui l’altra scia
ora
che non vedi forse è lei che ti conduce
2.
Io
non so se l’avorio supererà il bianco clandestino
della
mia vita notturna non so se sarà daltonico
il
vino o se la fantastica selva fiorirà dappertutto. E
tu
non sai chiaramente la lotteria del capitato o del
fecondo
dove combacia, se nella steppa
del
materiale o se nell’imbuto del giorno. Come
non
sappiamo il quadro dell’occhio quanti soli
frammenta
al minuto, o se diventa tenebra
incinta.
Ma io sogno di esser vivo se tu sogni
di
esser meno. E se tu sogni di esser meno io vivo
del
tuo sogno. Ma se nel sogno io rifiuto
il
manto caprino, un volto esagonale si dilata. E se
non
sogno più diamanti è per colpa del mestiere
che
frantuma ogni promessa. Se tu non sogni
delle
case o se non entri nei fantasmi allora è vano
il
mio distacco. E se mia madre è stata un sogno,
una
cicogna nera ora vola sul mio braccio e sulla
pelle.
E se tua madre non è stata in grado di sognare
a
cosa serve la preghiera che cosa stringe nella
pietra
se non fa male la tua mano. Se la tua mente
non
esplode quale miccia si commuove quale
fiamma
cade invano ma gentile, quale ragno tappa i
buchi
quale fonte cede i segni, quale mare attraversa
dentro.
Se nella mano si conclude il sogno di una
vita
è per forza d’ogni bene è per vincere la fame
di
un povero caduto. Ma tu non puoi risolvere i nodi
se
sei nodo, non puoi la spada se sei scudo, non puoi
girare
vuoto il tuo divieto
DIO
È IL SILENZIO
L’altro
giorno ho scoperto
che
Dio è il silenzio.
Come
l’ho scoperto
ha
parlato un’altra voce
di
me, ed ero io
che
zittivo.
Le
piante presero a guardarmi
con
la paura di essere
ascoltate.
E così gli esseri
lucenti
e il materiale terreno.
Parlavano
capendo il mio
sguardo.
L’ho scoperto
scrivendo
più niente
Antonio
Bux (Foggia, 1982), ha pubblicato vari libri, sia in italiano (tra i quali Trilogia dello zero, Un luogo neutrale,
Kevlar) che in spagnolo (23 –
fragmentos de alguien, El hombre comido). Traduce dallo spagnolo,
occupandosi prevalentemente dell’opera di Leopoldo María Panero.
Grazie a Cristina per le belle parole e per la sempre costante attenzione che offre al mio scrivere... e grazie a Stefano Guglielmin per aver accettato di ospitare sul suo spazio questa nota e la conseguente selezione di testi tratti dall'ultimo mio libro. E infine grazie agli eventuali lettori e commentatori, sono a disposizione per qualsiasi appunto, sia critico che amichevole, qualora ci fossero degli spunti, sarò ben lieto di commentare. Un caro saluto a tutti e buone prossime festività.
RispondiEliminaCiao Antonio, benvenuto. Al momento hai avuto 180 entrate. Niente male.
RispondiEliminaCaro Stefano, mi fa piacere. Avevo inviato il link a vari miei contatti, tramite mail. Evidentemente, qualcuno è passato a dare 'un'occhiata :-) Nel caso ci fosse qualche intervento, non mancherò di commentare. Ancora grazie e buon tutto. Antonio
EliminaAntonio Bux regala pagine non certo light, la buona poesia è dalla sua parte e questo lavoro dimostra.
RispondiEliminaInfatti, solo pagine obese e al colesterolo :) grazie per il passaggio e l'apprezzamento, Flavio, un abbraccio!
EliminaBux
Interessantissima presentazione. Annino coglie con efficacia la forza sotterranea delle poesie di Bux
RispondiEliminaGentile Emilia, grazie per il passaggio ed il commento. In effetti, dici bene, è una presentazione... il libro è molto vasto e deleterio, bisognerebbe visionarlo nella sua interezza per capire di cosa si tratta. Intanto ti mando un caro saluto, e tante buone cose.
EliminaAntonio non ti nascondo che mi farebbe molto piacere poter approfondire soprattutto quanto definisci deleterio. Questo post mi ha permesso di leggere alcune tue poesie, fino ad ora non avevo avuto modo. In genere leggo e lascio che la poesia fiorisca dentro, nel tuo caso ho voluto lasciare un piccolo commento. Un caro saluto.
EliminaCara Emilia, grazie per l'occasione di approfondimento. Provo a semplificare, improvvisandoti una risposta; beh, deleterio in tanti sensi, ovviamente: in primis per me, autore, che ho avuto l'ardire, tutto a mio discapito, di pubblicare un libro (e non è la prima volta) di una mole così consistente. In un ambiente dove la "prassi" è di centellinare, mutilare, sacrificare e limare la propria indole, fino ad arrivare (per chi ne ha e riesce) al proprio osso sostanziale, e dunque pubblicare i pochi resti di una lotta, quasi sempre impari e da dove se ne esce rotti, se non proprio sconfitti. In questo caso, fottendomene altamente dei vari dogmi (ogni poeta segue una propria "prassi", mi viene da pensare al poeta tedesco Paul Wühr, che viveva in italia ed è recentemente scomparso, e che soleva pubblicare libri corposissimi e vasti) ho provato a combattere contro me stesso (il non me stesso migliore di me), offrendo una lotta contro il testo, contro lo spazio, contro il corpo della parola, in una lotta ossessiva e di tensione (la tensó, in questo caso, letteralmente) dove spero di esserne uscito vivo, o, nella migliore ipotesi, abbastanza morto da tornare in vita. E, in secondo luogo, il deleterio che ne consegue, di chi legge e di chi ha il merito di provarmi a stare dietro. Perchè so benissimo che è dura dare ascolto ad un'opera così "pesante" e "indigesta" a tratti. Ma ognuno ha la propria morte, ad ognuno la morte che si merita. Penso che un'opera sia fatta di "cose deleterie", di ossessioni, di forze occulte, infine, parliamo di energie che non sappiamo maneggiare, ma siamo maneggiate da queste. Il mio solo scopo era di dimostrarmi quanto di deleterio posso sopportare, e se riuscissi a durare intatto in questo deleterio, fino ad arrivare ad una forma accettabile di opera. Trattasi, soltanto, di una pietra prevalentemente biologica, come dicevo, ogni poeta è differente, c'è chi scrive 3 poesie l'anno, e chi ne scrive 3 al giorno. Bisogna certamente limarsi, difendersi da se stessi, nel mio caso ho provato a lasciare ciò che di buono avevo scritto in questi tre anni, ciò che di deleterio ho provato a mistificare per tradurre in messaggio, in energia che possa dare spinta a qualcuno, verso un abisso comune. Mi scusino tutti la poca chiarezza, comunque se vuoi approfondire ti lascio la mia mail: buxvsbooks@gmail.com
EliminaGrazie ancora e a presto!
Grazie per queste note di lettura. In generale, io credo che sia parte di una poetica sia selezionare e sia non selezionare. La mia, di poetica, sta dal primo versante: poche ma buone. L'autore dunque come primo censore, severissimo.
RispondiEliminae ti scrivo, eccome se ti scrivo. Conosco la lotta di cui parli e apprezzo il coraggio. Riuscire a conservare quanto si è tradotto di un momento è quasi un atto eroico, soprattutto considerando l'attuale tendenza alla scarnificazione del verso, soprattutto vincendo il peggiore demone che si possa incontrare sul cammino della scrittura, se stessi. Ogni parola diventa un incubo con cui misurarsi a distanza di tempo, una fonte di riflessione e cambiamento. A presto.
RispondiEliminaEvidentemente, caro Stefano, non sono riuscito a spiegarmi bene (come mio solito... :-) ) Non volevo dire che non seleziono e che quindi pubblico tutto ciò che scrivo, ma, essendo uno che ha scritto molto (grafomane direbbero molti, come lo hanno detto di tanti poeti), è una naturale conseguenza che io possa partorire un libro di grosse dimensioni. (Se uno scrive 3 poesie al giorno, per esempio, sono 90 poesie al mese, e per 12 mesi sono 1000 poesie, credo...), e se si moltiplica per tre anni questa disciplina, vien fuori una cifra di 3000 poesie, dunque 300 diviso un quattrocento o meno, fa un 15 per cento di quello che si scrive... ok sto dando i numeri! :-) dunque, una selezione mi pare ci sia... :-) Anche perchè, a dire il vero, ho letto libri "selezionatissimi" dai propri autori, che magari hanno sedimentato quel libro, di 50 pagine, per 10 anni... ma non mi pare a volte siano buoni risultati. Insomma, se non c'è il talento, la regola vale poco... E questo è tutto dire... Non che io lo abbia, il talento, di certo. Ma ho voluto mettermi in gioco per vedere se riuscivo a "durare", tenendo testa alla titanica impresa. Ovviamente anche io ho pubblicato libri piccoli, di 80 pagine. Non era questo il senso che volevo esprimere, insomma, non volevo parlare di dimensioni dell'opera, ma di atteggiamento nei confronti della stessa... Io sono molto severo con me stesso, per questo alcuni testi, quando non li vedo buoni e funzionali per il progetto, li cestino direttamente. Ciò che perdura nel tempo è ciò che credo sia uscito già limato. Al massimo ritocco qualche sinonimo, qualche punteggiatura... Tanto si sa, chi scrive lo sa, rimarrano, se dio vuole, 4-5 poesie a testimonianza di ciò che si è stati, che si scriva 10000000 poesie o 10 l'anno, poco importa...
RispondiEliminaPer quanto riguarda Emilia, mi fa piacere tu abbia capito le mie intenzioni, magari barbariche, di annotare il mio quotidiano disperdermi, poichè io, come penso molti altri, vivo perennemente nello stato di abbandono. Io vivo la poesia e questo senso di stare nel mondo 24 ore al giorno, e non solo il sabato e la domenica. Molti di noi sapranno di cosa parlo, sicuramente.
Dice bene Stefano che si deve vigilare, stare attenti, quasi escludersi da se stessi e aspettare che ritorni la vita a dirci dove siamo stati. Tuttavia, mi sono imposto di dare alle stampe questa sorta di Leviatano, per far intendere che ci sono altre strade, altre persone che scrivono poesia, con un impegno, magari rozzo, magari demenziale e ossessivo, che li distrugge e li rende al prossimo già consumati.
Insomma io vi ho dato la mia anima, con i suoi pregi e i suoi difetti, con le sue falle e ed i suoi moti ondosi dove è possibile risalire dal fondo... tutto qui.
Questo libro l'ho voluto dare agli altri per dire, ecco, c'è dell'altro, bisogna avere anche questo coraggio di dirsi troppo, magari per lasciare niente, correrò questo rischio.
Ma vi starò già annoiando, però che volete, si è sempre soli a straparlare di queste cose, perlomeno io, abbiate pietà per un morto che vuole ancora vivere :-)
Non a caso, come esergo al libro, ho citato 3 autori, pensando potessero fare da apripista al lettore per indicare il perchè di una cosa tanto inusuale quanto rischiosa. Ve le anticipo, grazie ancora di tutto e del dibattito. Un caro saluto :-)
Sì, capisco bene la tua fusione poesia e vita, e la rispetto. Grazie per aver alimentato la discussione in questo blog che sta piano piano scomparendo dall'attenzione pubblica (se mai ce l'ha avuta...)
EliminaSì, l'o notato. Ma mi pare stia scomparendo l'attenzione in generale verso vari blog storici (oltre che sul tuo, anche su NI, o da Marotta, o da altri, vedo pochi commenti), almeno, appunto, a livello di commenti, poi non so le affluenze. Oggi ognuno si fa il suo bloghetto, me compreso, sia gente preparata che meno, ognuno col proprio orticello insomma, e si condivide sempre meno l'esperienza altrui per farla comune, a quanto pare. Ma mi ci metto in mezzo anche io, sarà che questa crisi, esistenziale/economica, invece di avvicinarci ci sta rendendo sempre più lupi e iene. Sarà, ma speriamo in un cambiamento positivo, per tutte le cose belle che sappiamo (r)esistere. Forza e coraggio... Grazie a te per l'ospitalità, ti auguro buone feste, per te e per i tuoi cari. A presto, Antonio :-)
Elimina
RispondiElimina“Una volta stabiliti, i rituali costituiscono un
cerchio magico che trattiene gli dei che sono
lontani dal mondo.”
Simone Weil
“L’opera perfetta non esiste. Anche i più
grandi, persino quelli davvero grandi sono infatti
talmente problematici, anzi sono grandi
solo se e fintanto che sono problematici, ma
mai perfetti. Per la perfezione noi costruiamo
l’immagine degli dei; per gli artisti sempre e
solamente quella del titanico e tragico imperfetto.
E quanto più spesso si rompe una linea
dentro di sé, a tanto maggiore ragione. Se si è
uno spirito dirompente si deve per forza rimanere
imperfetti.”
Gottfried Benn
– 5 –
“Che cos’è un ossessivo? In sostanza è un attore
che gioca la sua parte ed esegue un certo
numero di atti come se fosse morto. Il gioco a
cui si dedica è un modo per mettersi al riparo
dalla morte. È un gioco vivente che consiste nel
mostrare che è invulnerabile. [...] Attua una
sorta di esibizione per dimostrare sin dove può
arrivare in questo suo esercizio, che ha tutte le
caratteristiche di un gioco, compreso il carattere
illusorio – vale a dire sin dove può spingersi
l’altro, il piccolo altro che è il suo alter
ego, il doppio di sé. Il gioco si svolge davanti
a un Altro che assiste allo spettacolo. Egli
stesso è solo spettatore, e in questo sta la possibilità
stessa del gioco e il piacere che vi trova.
Ma non sa quale posto occupa, ed è questo a essere
inconscio in lui. Ciò che fa, lo fa allo
scopo di avere un alibi. Può intravederlo, questo
sì. Si rende conto che il gioco non si gioca
là dove lui è, ed è per questo che quasi niente
di ciò che avviene è per lui veramente importante,
ma ciò non vuol dire che sappia da dove
vede tutto questo.”
Jacques Lacan
Finalmente trovo il tempo per leggere (ri-leggere) Bux e aggiungermi ai commenti. Dico innanzitutto che nessuno dei testi qui riportati manca di frasi e versi felici, e che tutti sono testi di alta pulizia. Il lavoro di scrittura
RispondiEliminache ha proceduto questo ultimo libro e quello che lo ha prodotto, sono ovviamente passati per una mole enorme di testi, il che può spaventare, dissuadere o lasciare indifferenti, la qualità del risultato però è indubbia, dato che due cose si chiedono al poeta, abilità tenica e detti memorabili, e Bux come ho detto sopra
passa entrambe le verifiche. Del suo mestiere non possiamo non essere ammirati, e i suoi esiti più felici non potremo dimenticare.
Poi: l'insieme di questi testi diventa un
colossale castello italiano d'aria,
salgono verso l'alto come una montagna di mattoni
trasparenti perché sfuggevoli, inafferrabili,
ma leggendoli l'uno dopo l'altro abbiamo il senso di una struttura, e che salirà lontano. Credo sia questo il risultato della loro coerenza e di una voce ossessiva e genuina.
In tal senso Bux resta esempio (unico nel panorama contemporaneo) di fiducia nella poesia *nel suo insieme*, a dispetto della preoccupazione per le parti individuali.
Infine, ognuno dei testi individuali
presenta invariabilmente uno scarto o uno scambio, spesso dovuto a uno screzio della sintassi, o a un'ellissi del verbo.
In questi punti speciali gli specchi riflettenti e sfuggevoli che frustrano il lettore per la maggior parte del testo, si illuminano della luce insolita e questa sì indimenticabile di poesia vorrei dire stupefacente. Gli esempi più interessanti si possono vedere in certe chiuse:
"Ma tu non puoi risolvere i nodi /
se sei nodo, non puoi la spada se sei scudo, non puoi / girare vuoto il tuo divieto"
o " Giostrare tutto allora di carne /
senza il difetto o comando dal petto /
ma in fitta di trame, il chiodo più lungo /
che va di speranza, ficcato indiretto".
Dice assai bene allora Cristina Annino di una cifra etica dello scrivere di Bux, e parla di polvere. Della polvere questa scrittura ha davvero la natura onnipresente, integrata e integrante. Quanto all'etica, il discorso in un testo di Bux si legge come uno sforzo di far chiarezza, e gli scarti di cui sopra i momenti
"eureka" in cui la chiarezza arriva.
Il fatto che possiamo esaminare tutto l'assieme davanti ai nostri occhi, materiale preparatorio per così dire e conclusione fulminante, testimonia l'onestà disarmante e assieme la scommessa vincente di un poeta che ha una fede incrollabile nella propria onestà "in toto".
Caro Pietro, grazie mille per il tuo articolato intervento e per la tua sempre cara e viva attenzione. Sono contento tu abbia apprezzato i testi qui proposti, tu hai avuto modo di leggerne parecchi anche in altre occasioni. Avrei piacere di mandarti poi questo libro, perchè tu possa averne una visione d'insieme più globale. E sono contento tu abbia apprezzato quel tentativo che chiami di "fiducia" e di "insieme", nei confronti dell'"opera" che è poi la vita stessa in molte delle sue forme, anche difettate, però si spera genuine. Ancora grazie per l'attestato di stima, e per la tua testimonianza. Un abbraccio e buon fine anno, e in bocca al lupo per i tuoi progetti!
EliminaUn abbraccio, Antonio
Stupende poesie.
RispondiEliminaGrazie mille, signor Andrea. Un caro saluto!
EliminaBux
Gentile Andrea, grazie per il suo commento e per l'apprezzamento. Un caro saluto!
EliminaAntonio