Il
poeta pugliese Giuseppe Cornacchia, da buon ingegnere, mi chiede di
“collaudare” questi suoi inediti. Da
parte mia, dico che la scelta di radere quasi a zero la metafora in favore
della frase letteralmente in chiaro (per es. “Nel coma non ho visto nulla /
accade ciò che si vuole che accada”) paga meno dei versi, e qui ce ne sono
parecchi, dove il traslato innesca analogie segrete, incontrollabili certo, ma
non per questo arbitrarie. Anche il tono leggermente svagato, come di chi è
chiamato altrove dalla vita, funziona, nella misura in cui alleggerisce la
consapevolezza che a quarant’anni ci siamo già tutti giocati la più bella
giovinezza e l’inverno è vicino. Forse qualche dubbio ce l’ho quando usa parole
come “gelo” e “grido”, attaccate ad un io drammatizzato, perché mi riportano
sul sentiero della letteratura passata (di origine romantica) che poi è
diventata, passando per il melodramma, facile canzone. Non che il dolore e il
lutto si debbano negare, e come sarebbe possibile?, ma alla poesia spetta di
trovare soluzioni originali a questo sentimento (e al sentimento in genere),
anche sotto il profilo lessicale. Non lo dico a Giuseppe, che lo sa (basti
osservare il linguaggio settoriale che inserisce in molte sue poesie qui
presentate e ricordare, ancora meglio, quel suo potentissimo esperimento che è
stato “Poesia in C++” qui il pdf), ma a quelli che su Blanc cercano un piccolo
faro di orientamento nel mare magnum dell’omologazione poetica, particolarmente
navigato in rete.
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MIGRANTI
Nel coma non ho visto nulla
accade ciò che si vuole che
accada.
Dentro il nero sei solo
e tutto si ferma, né vivo
né visto da fuori che vivi.
Proviamo al contrario: io tu
famiglia
villaggio città provincia
regione
nazione continente pianeta
sistema
galassia galassie
clusterizzate
settore ramo di convoluzione.
La luce non regge più il
tono.
Sono morto di nuovo.
*
D’un tratto hai quarant’anni.
Si vede già quel che eri tu
ieri
ripetere la scia.
Il passato è passato.
Hai da scrivere questa
poesia e fissare il momento
ma poi squilla il telefono
e la vita in cui sei finito
ti dice di tornare sulla via.
*
Se sono arrivato fin qui
spinto dal limite
e quindi perduto alla vista
comune
troppo presto, adesso è
impossibile
tanto il bagaglio accumulato
di frizioni.
Dall’occhio astigmatico che
male si accoppia
all’altro che è miope, a
quello
severo ingiustamente
calibrato
che ha vinto su di me
sommerso nella pece.
*
E poi di colpo il gelo
quando anche la pece
solidifica
e tutte le persone che
lasciasti
sono morte, tu affoghi nel
rimpianto
ma non affoghi, è questo lo
zero
della vita, tutto è fermo ma
grida.
*
Di nuovo fuori, di nuovo per
acqua
il grido qualcosa ha smosso
e son tornato a sentire
dolore
a forza, prima la testa e poi
tutto il resto.
Non credo d’aver fatto da
solo, non credo
qualcuno ha donato il sangue
al mio corpo
per un ruolo che non ho mai
vissuto.
*
Il suono della vita
mascherato
e fa dire che non siamo agiti
sotto la pelle. Ci sono le
ossa
tutto intorno all’acqua,
l’impulso
numero dei nostri pensieri
combinati
la sintesi di tutto ciò che
siamo.
I corpi fanno campo nella
relazione
e quel che tu leggi, quel che
io leggo
sono diverse espressioni dei
modi
tra le quattro forze della
fisica pura.
*
Di nuovo a casa. Dove picchia
il sole
le forze naturali della vita
semplificano quel che sono
i bisticci per motivi
economici
o forse l’altrettanto
naturale spinta
al gesto che qui non trovo.
Ripartirà
un altro simile a me, nei
suoi occhi
la noia e la rassegnazione
del dovere
la necessità del moto.
Capisco.
*
La mia lunga assuefazione
all’assenza
infine diventata assenza
ha poi reso indistinguibile
il resto
la forma del corpo nel campo
dato
altrettanto importante al
tempo
da farsi in un istante causa
esatta.
*
Omino del mare io ti riaffido
in nome delle stelle del mio
cielo
la terra generatrice di
mostri
gli stessi che porti sul
cuore nero
delle pestilenze che già
vivesti
da quando il toro bianco mi
prese
esposta come mai al grande
blu
promettendo un amore duraturo
battuto e fiero in ogni tempo
nuovo.
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Giuseppe Cornacchia (1973) Si è
laureato come ingegnere nucleare a Pisa nel 2003. Fra 2007 e 2011 ha condotto
studi a livello postgraduate in Inghilterra nel campo dell'acciaio e della
meccanica della frattura, conseguendo un MSc a Birmingham e un PhD a Manchester.
Ho
pubblicato su carta per Ass Cult Press (2003), Fara Editore (2006, 2009),
Erbacce Press (2008), Testo a Fronte (2009,2011), Lampi di Stampa (2010, 2015),
ilmiolibro.it (2012).
Cinquanta Poesie - raccolte in volume per archiviazione
formale, Lampi di Stampa, Set 2015, ISBN 978-88-488-1781-3.
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