foto di Anna Maria Scala
Dell’ospedale
psichiatrico criminale di Aversa scrive Antonio Porta in una poesia non bella
del 1978. E ora ce lo racconta Fernando Lena in un poemetto che porta il suo
nome (ma che raccoglie, oltre a tre poesie autonome, 30 liriche della raccolta
inedita La quiete dei respiri fondati),
edito da Puntoacapo nel 2014 entro il progetto “I quaderni dell’Ussaro” curati
da Valeria Serofilli (di “quaderni” ne sono finora usciti 18).
Nelle
nota d’apertura, l’autore siciliano non nasconde niente di sé: un anno di
disintossicazione da eroina passato in un padiglione contiguo ai detenuti, tra
il 1991-92. Vent’anni per metabolizzare quell’esperienza e, immagino, per
rifarsi una vita.
Lo
sfondo morale in cui queste poesie sono nate emerge sin da subito: c’è
l’emarginazione, che è un mondo parallelo a quello dei viventi integrati,
spesso indifferenti al dolore dei folli o di chi ha fatto scelte sbagliate; e
c’è la mancanza di libertà, in un mondo che vorrebbe in quest’ultima il
fondamento della democrazia. Entro queste coordinate, condivisibili, Fernando Lena
racconta la vita della cittadella manicomiale, dove non è il futuro a
spaventare, “ma la dignità di un fiore / che cresce / nella giungla del piscio”.
Un sentire forte, fratello delle liriche di Alda Merini in Terra santa, e un’ulteriore denuncia dell’assurdità di questi
istituti ancora attivi (pare che ci sia un migliaio di detenuti nei sei
manicomi criminali della penisola), ma soprattutto un racconto di sé, come
“vittima e germoglio”, in un sentire comune agli internati, dei quali traccia
una decina di intensi e dolenti ritratti, tutti rigorosamente in corsivo, a
distinguerli dalla propria biografia, per rispetto e complicità. L’intenzione
comunicativa, di un crudo racconto testimoniale, domina la scena, impastata con
un sentire di radice ermetica, dove nulla,
silenzio e abisso fanno ogni tanto capolino, certo con pertinenza, visto il
clima da trincea, da infezione e immobilità che si respira. A fianco dei
ritratti, quasi tutti ben riusciti, mi piacciono la poesia d’apertura, “Manicomio
di Aversa”, il cui incipit crepuscolare “Sono le 22 di una sera d’ottobre un
po’ gelida” (Marino Moretti: “Piove, è mercoledì, sono a Cesena”) promette un
racconto pieno di cose poco illuminate ma fondanti, e mi piace la poesia di
pag.22, con il suo immaginario drammatico (“nei tuoi modi cementati / ho visto
più volte / la gentilezza / di un baratro” e: “saggio come la voce / dei
citofoni / durante un’eclisse”); due esempi che portano con sé, soprattutto il
primo, anche il limite stilistico di alcune liriche del libro: un versificare
modulato su a-capo prevedibili, subordinati alla scansione sintattica e alla
necessità di concludere la comunicazione, di restare aderente al fatto crudo, a
costo di piegare desiderio e verve immaginativa. Fernando Lena tuttavia non
organizza mai un’intera lirica su questo modello, su questa urgenza
descrittiva, ma la spezza, complicando il racconto con metafore sorprendenti e
mai innocue; tre esempi: “la luna che piscia penombre”, “la puzza dei sogni”,
“ti lascia / coagulare la paura / in un’enorme ferita”. In questo libro è appunto la ferita non ancora
rimarginata a parlare, che non è soltanto l’effetto di un’esperienza
drammatica, bensì riguarda l’esistenza di tutti nel suo darsi, quella che tiene
parola e corpo in una reciproca invalicabile distanza, che divide la lingua in
confessione e grido, e il corpo in memoria e desiderio, tra libertà e abisso,
come scrive nella poesia XVI.
Da La
Quiete Dei Respiri Fondati
I
siete
il nulla
sotto
il sole apatico
di
questa trincea.
Chiusi
come bestie
ogni
giorno
ascoltate
i passi
per
capire dov'è
l'inizio
dell'abisso.
a
volte e'una certezza
essere
domati dalla follia
o
solo un incubo
che
vi abbraccia
con
camicie interdette
stritolandovi
di silenzio.
III
Intina da almeno cinquant'anni
vive intrappolata
nella coscienza di una bambina.
Tutto il giorno
vaga tra i padiglioni
abbracciando una bambola
come se fosse l'unica erede
della sua estraneità…
la domenica pranza con noi
esile come una creatura innocente
si ciba d'incanto…
parola dopo parola
diventa sempre più libera
di
abitare il suo poema apatico
ma pieno di bambole e silenzi
che pettinano l'ira impavida
dei suoi coinquilini…
la sua follia ha una logica
che la proietta nella libertà:
ha scelto di non essere donna
per contenere l'odore infernale
degli uomini.
VIII
La chiesetta accenna
un
do di campane
però
non è domenica
quindi
è solo
un
altro funerale…
qui
si muore e si vive
con
un tempo indifferente
solo
qualche lacrima
per un improvviso
mutamento
cosmico
arriva
dal cielo…
Passano
una mano sull'oblio
i
pochi amici rimasti
finalmente
è libero
il
demone… libero
di
giocare con l'immenso
e
di scegliere
una
camicia più comoda
un
po' più alata
come
quella di un angelo.
X
Cercano di fermare l'oblio
ma non è semplice:
ieri un altro suicidio
si è aggiunto
nel libro dell'inferno…
Peppino ha ingoiato un bullone
affermando la sua vocazione
di
cadavere incatenato
tra lo spirito e l'impulso
di un cannibale…
era la spalla di Don Celeste
tutte le domeniche
serviva messa
con
lo sguardo di chi
attende da sempre un miracolo…
Teatralmente era perfetto:
come un angelo del caos
adombrava d'imprevedibilità
ogni eucarestia.
XII
Nessuno pensa che Cecilia
possa davvero innamorarsi
di un ex tossico come me…
Dal buio irrompe
con una vestaglia bianca
per cercare un secondo
del mio respiro… forse
le basta per non soffocare
nel suo solito
pensiero di suicida.
Una come lei
se ha una certezza
e' quella di essere primordiale
come una Eva bandita dal paradiso
per aver tradito.
Inseguire a tutti i costi
l'amore immorale
è stata una caccia al dolore.
Nessuno pensa
che con la sua bellezza
possa ancora ammansire
le belve dell'inquietudine
mentre il suo sguardo
cerca nel mio
la complicità di una favola.
XVI
Fedele
tutte le mattine
un
topo si gode
la
sua boccata d'aria
poi
sparisce verso
la
puzza dei sogni
-io
posso osservarlo
ma
non osservare me
nella
fatica che metto
durante
il via vai
tra
la libertà
e
l'abisso…
amo
questa morte
millimetrata
perche'
non disperde
il
gelo dei carnefici -
XXI
Paolino arriva eccitato
indossa la solita tuta
di due taglie in meno.
Gioca da portiere,
ama il calcio in modo struggente…
Ogni tanto in infermeria
gli lasciano vedere qualche partita
non appena il suo Diego
(Armando Maradona)
aleggia sul prato
come un danzatore
lui inizia a lacrimare.
Vederlo contrastare
la sfera di cuoio
traccia un sorriso
sull'apatia dei farmaci
che lo vorrebbero immobile
davanti a una morte
che lo
stuzzica…
Sorprende lo slancio che mette
nel chiedere alla felicità
quello che gli altri
calpestano da sempre:
un po' d'erba,qualche palo
uno sguardo che delimita
90 minuti di libertà
XXII
quasi
per gioco il vuoto
ha
prosciugato la vena.
Una
cintura, il sangue strozzato,
il
buio nel mistero delle pupille
niente
di più urgente abbiamo chiesto;
volevamo
il mondo
iniettandolo
nella discarica della
coscienza
grammo
dopo grammo poi la morte
si
e' rivelata una cifra
di
respiri spacciati.
XXIX
stanotte
rivedo le tue mani
che
inconsapevolmente
mi
porgono un po' di morte
-
il tuo denaro
e'
solo per arginare
il
caos dei miei globuli
almeno
così credi
mentre
l'adolescenza
accede
nell'aria
come
un volo di farfalle
predestinate-
Forse
ho solo amato
il
ciclo terminale di un miraggio.
Fernando
Lena (1969) è nato a Comiso (Sicilia) dove attualmente vive e lavora. Si è
diplomato all'istituto statale d'arte e per anni ha fatto il creatore di gioielli presso Valenza
Po' (Alessandria). Il suo primo libro risale al 1996 dal titolo "E vola
via" edito da Libro Italiano poi dopo alcuni anni di silenzio ha
pubblicato prima una breve silloge ispirata a otto tele del pittore Piero
Guccione (archilibri edizione) e poi un
libro più corposo dal titolo "Nel Rigore Di Una Memoria
Infetta" sempre edito dalla Archilibri di COmiso. Costellato ancora da
periodi di silenzio dopo esattamente 10 anni ha pubblicato l'ultimo libro un
poemetto edito nella collana i Quaderni Dell'Ussero (Puntoacapo editrice ,anno
2014)dal titolo "la Quiete Dei Respiri Fondati". Le sue poesie sono
presenti in diversi blog, è stato anche finalista in premi come:Tivoli Europa
Giovani,Vola Alta La Parola (premio
Luzi), Astrolabio,Torre Dell'Orologio ecc. Frequenta spesso reading sforzandosi
di portare i versi dove l'indifferenza poetica
urla a gran voce.
Ho molto apprezzato questa poesia, negli intenti e nella realizzazione.
RispondiEliminaUn autore che non conoscevo. Grazie.
Francesco t.
Grazie doppio anche a te Francesco perché sei un poeta per il quale da sempre nutro una grande stima, la limpidezza dei tuoi versi, quel dialogare intimista a volte feroce per me sono fonte di emozioni intoccabili.
RispondiEliminaFernando
Una poetica che sa scorrere nelle profondità del lettore. Un sangue che sa circolare indifferentemente nel corpo di chiunque. Una forma ontologicamente umile per non disturbare la poesia. Grazie Nando.
RispondiEliminaNino