Poco prima di notte è la nuova plaquette di Cristina Annino, uscia per le Edizioni L'Arca Felice (collana di arte-poesia diretta da Mario Fresa). Introdotta da Maurizio Cucchi (che qui riporto), contiene una cartolina con un dipinto del'autrice (qui in testa al post).
Già al primo approccio, queste nuove poesie di Cristina Annino
sorprendono e coinvolgono per la loro viva concretezza, per la fisicità
umorale che le attraversa dando loro un'energia davvero insolita. È davvero
difficile, nel panorama attuale della nostra poesia, trovare esiti testuali di
questa felicemente ruvida originalità: un'originalità, tra l'altro, del tutto
priva di ricercatezze o di astuzie letterarie, che emerge con naturalezza
perché frutto di un modo alquanto singolare di leggere il reale, di porsi in
utile attrito con le cose.
Cristina Annino, in un certo senso, compone poesie che appaiono come
particolari eventi, testi che si offrono al lettore come vicende aperte e
chiuse, come episodi autonomi nei quali soffermarsi e muoversi in
perlustrazione attiva nel dettaglio, non tanto in cerca di una ricostruzione
logica e lineare dei dati referenziali, naturalmente, quanto per abitarli
godendo della loro consistenza pressoché oggettuale, dell'incisività anche
aggressiva della parola. Esseri umani e animali popolano questi versi con
uguale diritto; si agitano, in sofferenza o gioia, in paesaggi vari; balbettano
maldestri la loro vita e la loro condizione; sono personaggi mossi dal poeta
che non si manifesta. E infatti, tra i requisiti tipici della poesia di Annino,
fin dal suo primo apparire, è proprio la presenza nascosta dell'io, la sua
discrezione, la sua capacità di celarsi, di mettersi in disparte o camuffarsi
per lasciare più libertà ai personaggi stessi sulla scena. La scena, appunto.
Dove la poesia diviene uno spazio come teatrale in cui il poeta allestisce la
complessa dinamica dei suoi episodi. Non voglio dilungarmi oltre, proprio
perché i testi di Annino possiedono un corpo vivo, il quale, più che descritto
o commentato, esige di essere conosciuto in presa diretta, creando con
l'interlocutore un rapporto personale ogni volta irripetibile.
Una sola cosa voglio aggiungere, necessaria: Cristina Annino è una voce
rilevante della nostra poesia, e dunque ricominciamo a leggerla con interesse e
ne saremo sicuramente ripagati.
The Tracker
(guida aborigena)
Per sacrosanta verità
che è d'ognuno,
il mondo avanza
il suo ciclo simbolico.
Lui legge
nella pozzanghera un concetto
di climi, una specie
di territorio. Ha voglia
di crollare punto zero
nell'acqua
sporca, perché qualcosa lo
sfascia
dentro. Non è muto né sordo,
solo
la cottura dei nervi lo tiene
intero.
La storia
che ci han tolto, quant'è? Cerca
impronte; stacca nell'acqua
un braccio di sé col piede, lo
pesa
personalmente e ringrazia
la fede, i massacri, la triste
carne e il buon Dio, «è
l'Infinito,
dice, il più crudele potere
umano, l'han reso
visibile quanto un uomo,
ma essendo incalcolabile,
non esiste. Nessuno sa
quel che trovo, io sì». Eccolo
qui
il suo lampo di chiaroveggenza,
perché lo spirito è grande,
si estende; alla faccia
del mondo gli è bastato
il fango! Ci han ferito
già troppo; non potranno perciò
rifarlo sempre, né ammazzarci
abbastanza.
Ho letto la plaquette di Cristina, rimanendone, come sempre capita quando leggo le sue poesie, folgorato. Dice bene Cucchi, parlando di poesie nate sempre come "straordinari eventi". In effetti la particolare urgenza di Cristina nasce da un involontario, secondo me, gesto di "rimessa" volto a completarsi con il senso stesso del reale quotidiano, mostrando la sua parte "straordinaria", appunto. È un qualcosa di naturale che si compie, come la vita stessa, senza troppi perché o pensieri retrostanti. Perché è la vita di Cristina a costruire la poesia e mai viceversa (cosa che dovrebbe essere naturale, ma non sempre lo è, oggi più che mai). Complimenti ancora a lei, una tra le poche voci autentiche che ancora pulsano di luce propria.
RispondiEliminaVorrei aggiungere una cosa, in generale, sulla poesia di Cristina. La sento molto vicina, più che altro intendendo l'impianto che sviluppa il movimento cerebrale con l'incedere del testo nel suo ritmo, alla poesia della Marianne Moore, secondo me una tra le più straordinarie voci della poesia di tutto il Novecento. Ripeto, pur con le dovute e logiche differenze, ci trovo soluzioni simili e in alcuni passaggi sento questa vicinanza (sicuramente inconscia) ma che riguarda una matrice modernista (ne fu capostipite la Moore, non a caso) che in Cristina, ovviamente, è rigenerata dalla differente linfa dalla quale lei sa attingere con forza e originalità, forse ancora più intimista che la Moore stessa (ovviamente la scissione temporale tra le due poesie è talmente grande che è inutile paragonarle, se non altro per il solo modo di trovare soluzioni geniali entrambe, e campi di sequenze poetiche che si fondono piacevolmente).
Io, leggendo ambedue le poetesse, le sento formare matasse poetiche di potenza simile, per espressione e discorsività perentoria.
Parere personalissimo, ovviamente.
Un caro saluto a Gugl
Bux
caro Bux, grazie per queswto ricco commento. sono andato a legfgere le peoswiedella Moore che hai nel tuo sito (non la conoscevo): misembra che Cristina siaa ancora più brusca negli a-capo e più spigolosa nell'accogliere la vita. Però la Moore tu l'avrai letta nell'iriginale per cui sicuramente ci senti degli elementi che a me sfuggono. ciao!
RispondiEliminahttp://antoniobux.wordpress.com/2013/09/16/3-poesie-di-marianne-moore-tratte-da-le-poesie-adelphi-1991/ (qui le poesie della Moore)
RispondiEliminasì, in effetti ho letto l'opera completa della moore, il mio era un discorso generale su certe affinità non tanto magari formali ma di intuizione e di assemblaggio "materico". Sono due poesie diversissime ma l'incedere me le ricorda. (ti consiglio il bellissimo Adelphi della Moore, a proposito, con due saggi di Auden e di Eliot, una preziosità pazzesca). Ovviamente ora non depistiamo il post, Cristina è la maggiore poetessa italiana, secondo me, vivente. Ed è unica. Era solo una mia riflessione ad alta voce, forse voglio accomunare la passione mia di lettore verso due voci femminili che amo molto.
RispondiEliminaGrazie per il rilancio del post sulla Moore, comunque. Buona serata, a presto!
Bux
"spigolosa nell'accogliere la vita". Parole sante. Ma infatti tu, non a caso, sei profondo conoscitore della poesia di Cris, e della poesia in generale :-)
RispondiEliminaA presto!
Ari-bux
quando leggo Cristina sorrido.. sempre..
RispondiEliminaun sorriso che si articola in sfumature..
ma lei sa arrivarmi come un'amica al telefono, della quale non puoi che compiacerti e ammirarne la genialità (per me) contenta di poterne godere..
Hai scelto la poesia che preferisco, Stefano! anche se è cascato un "Arminio" per Annino, ma insomma mi andrebbe bene anche quel none. Grazie a Bux, poeta che conosco e non riconoscono altri abbastanza quanto dovrebbero, critico eccellente come tutti sanno. E che giustamente ha rilevato come Stefano sia quello che maggiormente conosce la mia poesia. grazie a entrambi. E al sorriso di Amara.
RispondiEliminaCristina.
la poesia di Cristina neppure sopporta commenti
RispondiEliminaè un classico contemporaneo
un cavallo di razza su cui non si può che continuare a scommettere essendo certi di vincere
Il testo tratto dalla nuova plaquette "Poco prima di notte" e la chiara introduzione di Maurizio Cucchi - che fa giustamente riferimento alla sapiente concertazione di uno spazio teatrale nella poesia di Cristina Annino - mi donano allo stesso tempo conferme e curiosità che vanno senz'altro seguite. Le conferme riguardano la precisione visionaria della parola, quel rigore (non puntiglio!) che si affianca sempre a una capacità creativa non comune alimentata dallo sguardo, il quale sa scorgere in ciò che vede e, insieme, sa produrre meraviglia. La curiosità riguarda il proseguimento di un viaggio di esplorazione ed espressione in storie ed esistenze, nella storia. L'invito al viaggio è irresistibile, la guida, "The Tracker", è salda, a dispetto o forse proprio in virtù della coscienza del crollo, dei massacri perpetrati quotidianamente. Non è né sorda né muta,e la «cottura dei nervi» che la tiene intera. Grazie e un saluto,
RispondiEliminaAnna Maria.
Nell'introduzione autografa alla Plaquette, l'autore dice che "i grandi temi" non fanno grande poesia, fanno magari grande filosofia. La poesia invece guardando "verso il basso, verso l'origine, verso la terra", dà "visibilità a tutto ciò che normalmente non viene visto, né considerato degno di cittadinanza poetica".
RispondiEliminaAllora la guida aborigena del Tracker è il poeta stesso: ci sono magari il mondo, la storia, DIo, l'Infinito (tutti Agenti della Agenzia Filosofica) ma alla faccia loro, a lui "è bastato il fango". L'identità delle tracce insomma (tra parentesi, le tracce nel fango sono comuni ad animali e persone - compatibilmente a una vita di testi di questo poeta sul "rispetto animale", le coerenza ancora una volta indizio di integrità).
Insomma, leggendo questi testi scopriamo il nostro mondo, la nostra storia, la nostra divinità, il nostro infinito, perché finalmente il poeta ha saputo notarci, capirci, darci voce. E quale altro poeta vorremmo leggere allora? Da cui la tentazione di dichiararlo il più grande poeta italiano vivente (ma la poesia se non è contemporanea cosa è, una lingua aliena, con buona pace dei poeti defunti). Sempre però che siamo dalla parte degli oppressi, delle vittime, dei derubati, da qualcuno o da qualcosa non importa. Per noi, per la nostra musica, il poeta risorge sempre appena in tempo, come in "Resurrezione nella musica", il testo che chiude la Plaquette:
"L'orchestra che per poco
mancava andsse a fondo, oddio!
ritto la dirigo ora sull'orlo d'un
cratere spento, mentre il mondo,
prego, diffonda pure la nostra cenere."
Invece, se non siamo col poeta, ma contro, contro, guai a noi: lo sguardo compassionevole per gli afflitti in questi testi è anche lo sguardo spietato che denuda, sempre guardando in basso, stavolta le bassezze, incluso per primo il mondo, colpevole se non altro di annientarci, prima o poi. E incluso il Potere. Si veda per esempio il testo "Balbuzie", dove l'umanità deteriore (la Scienza la Tecnica il "gran Disumano") è messa sul banco degli accusati, e non ne esce per nulla bene, balbetta. È questa la strana, insospettabile moralità della poesia qui, che siamo costretti, leggendo, a schierarci. Più che della grande Filosofia, la poesia di Annino è sorella della grande Avvocatura, di quella di Classe e motivata da Filantropia.
Se la Plaquette diventerà come speriamo parte di un nuovo volume di poesia, ancora una volta non vediamo l'ora. Intanto godiamoci lo spirito di un libretto che vale sia come ricompensa (per l'attenzione che gli diamo) che come promessa (per il resto a venire).
«è l'Infinito,
RispondiEliminadice, il più crudele potere
umano, l'han reso
visibile quanto un uomo,
ma essendo incalcolabile,
non esiste. Nessuno sa
quel che trovo, io sì»
Poesofia… Cristina ha il dono di recuperare l’immenso e renderlo parola.
Sembra quasi impossibile che l’assoluto possa essere contenuto nel relativo, eppure è ciò che accade in questi testi, su cui non mi soffermo criticamente, ma preferisco subirne la fascinazione, ché di questo si tratta: io che leggo, amante della poesia nella sua più alta espressione, da lettrice quindi appassionata, me ne sto sorpresa come di fronte alla pareidolia delle nuvole. C’è dentro materia e rarefazione, e come si possa farle combaciare è un bel mistero.
Non riesco a paragonarla ad altri, penso che la sua “voce” sia inconfondibile e tra le più significative dei nostri tempi.
Nei suoi versi il presente contiene e sostiene ogni altro tempo. Con quale occhio lei osservi accadimenti e cose, in che modo riesca a offrirne le sfaccettature, il risultato è una visione del tutto originale, una traduzione dell’essere che solo chi appartiene a quelle prismatiche intuizioni, sa trasmettere agli altri.
Bisogna leggere e mettersi in ascolto.
Lasciarsi trasportare nelle policromie del suo mondo poetico, e ringraziarla di.
cb
Leggo ora solo questo testo dalla plaquette che prestissimo avrò tra le mani e ritrovo nelle parole di Cucchi (la felicemente ruvida originalità) la materia anniniana che conosco, fin da Casa d’Aquila. Una parola sempre spontanea e nuova che spiazza, che stimola a guardare il mondo-umanità-destino partendo dal basso, dal fango ossessivo che ora morde le ginocchia della guida aborigena e sale fino alle tempie. E Cristina aggiunge sempre fulminanti note sciamaniche, come quella voglia di crollare punto zero nell'acquasporca, e più avanti dove stacca nell'acqua un braccio di sé col piede, lo pesa personalmente. Si aprono inaspettate angolazioni, perfino inquietanti, a volte, ma sempre portatrici di emozioni: perché Cristina Annino ci rivela gli sfasciati dentro che siamo, in un mondo-palude e un Infinito che non esiste. Credo che un’analisi testuale che proceda verso per verso non potrebbe mai compiutamente comprendere i larghi e febbrili movimenti sottesi di questa straordinaria scrittura che, come benissimo dice Antonio Bux, è costruita dalla vita e non viceversa. E aggiungerei, per nostra fortuna catturata e trasmessa a chi legge.
RispondiEliminaAnnamaria Ferramosca
Lui legge
RispondiEliminanella pozzanghera un concetto
di climi...
Il testo di Cristina Annino, che ci propone Maurizio Cucchi, è molto bello. Come finemente scrive Cucchi, Annino ha "un modo alquanto singolare di leggere il reale", e le sue immagini cozzano con ciò che un lettore potrebbe aspettarsi.
Grazie
una poesia che ha la capacità di sondare per intero, repentinamente, un mondo, la storia che lo ha prodotto, il suo cascame di violenze imperturbate, l’orizzonte minimo a cui volgersi per sopravvivere: in questo battitore che scova il bandolo della matassa nella mota ai suoi piedi, opaca ma pervasa di visioni, c’è oltre a una cecità di offesi anche il barlume di una vista angolare, il fiuto che forse resta per tirare avanti col naso tappato nella peste delle concezioni totalizzanti, qualsiasi esse siano; il poco dei versi si sparge a terra come un pugno di briciole a dire che è tempo di guardare in basso, caninamente, per ritrovare una pista
RispondiEliminaPaolo Donini
Quella messa in pratica da Cristina Annino è una delle più autorevolmente operative situazioni di distanziamento dal micidiale dilagare del neo-naturalismo in versi
RispondiEliminameraviglia.
RispondiEliminaLa plaquette di Cristina è bellissima, senza sconti nè aggiunte, poco importa chi o come l'ha introdotta, avrebbe posseduto egual enorme spessore artistico anche se l'introduzione fosse stata curata dal noto italianista Gennaro Gattuso.
RispondiEliminabeh, però Cucchi è Cucchi. l'introduzione non nobilita la poesia, ma la accompagna come, un galantuomo, una signora
EliminaCristina Annino è un frutteto. Io mi sento fortunato a riuscire a perdermi leggendola. Ogni testo ha una sua propria trasformazione. Qui, dal fango all'occhio di fango, ci si specchia. Ho da poco "ritrovato" (un dono!) Madrid, sua raccolta poetica di qualche tempo fa, rieditata di recente - e reputo questa scrittura tra le più sorprendenti mai lette. E voglio e voglio leggerla tanto! Saluti, G. Dp
RispondiEliminaLa "wunderkammer" di Cristina Annino è inesauribile sia per l'architettura dei suoi testi poetici sia per il coinvolgimento cinematografico proposto dai versi. Spietata e commovente, lucida e sognante, la sua poesia tiene insieme i contrari in un'esaltante equilibrio. Per questo credo, da Cucchi agli autori e lettori qui intervenuti sottolineano le possibilità rinnovate e rinnovabili che offre la lettura delle poesie di Cristina.
RispondiEliminaUn saluto a tutti,
Luigi Carotenuto
a ogni lettura una nuova scoperta, a ogni lettura la possibilità di riconoscersi... grazie Crì ;)
RispondiEliminagc
Ringrazio tutti per i commenti autorevoli e pieni di significati rivelatori.
RispondiEliminaCristina Annino