Quando
si leggono poeti come Beppe Ratti si capisce che la poesia italiana non è morta
e nemmeno vive di arie asfittiche, respirate nel copia-incolla del poetese.
Oltretutto, entrare nel suo mondo, ci fa sentire più europei, di quell’Europa
della provocazione surrealista e dadaista, della fuga dall’omologazione
attraverso l’intelligenza usata con humor sopraffino, e che ha – mi pare –
nello sperimentalismo dei giocolieri di Oulipo uno dei referenti principali. E
come tutti i patafisici, egli usa la scrittura per salvaguardare l’immaginario,
con un’imperturbabilità cara a Raymond Queneau. Perfetta in tempi grami come
questi: faccio mie le parole che
Brunella Eruli scrisse a proposito della pittura di Enrico Baj: “La patafisica
permette di trovare […] uno spazio di quiete fra le angustie della ragione e il
gran guazzabuglio del cuore”. Un’imperturbabilità che non nasce
dall’indifferenza, dunque, e che anzi, in Ratti, corrisponde al rigore
necessario a lasciar-essere il linguaggio nei suoi sorprendenti cortocircuiti
in termini non troppo lontani di quanto fece Henry Michaux secondo la lettura
di Alfredo Giuliani: egli, scrive il novissimo una quarantina di anni fa,
"ha istituito quel modo di scrivere che consiste essenzialmente nel
leggere i significati passanti dentro di sé" . Un’operazione simile,
nell'Italia degli anni settanta, l’avevano compiuta sia Cesare Viviani, con L’ostrabismo cara e Piumana, e sia Giulia
Niccolai, per esempio scrivendo Greenwich.
Beppe
Ratti, in Talavera de la reina
(Osteria del tempo ritrovato, 2013) si fa infatti, come i poeti appena
nominati, crocevia di differenti reti comunicative e linguistiche, calamita
enciclopedica che attira la parola secondo pulsione o sequenza ragionata, al
fine di un agglutinare fonetico e/o semantico, di un gioco serissimo dove
pancia e anima, cervello e uccello litigano e infine rubano al proprio sistema
psichico-corporale un segreto altrimenti innominabile: il profondo di ciascuno
di noi, sembra dirci Beppe Ratti, non si coagula in unità di senso compiuto, ma
si s-catena in minuscole particelle dense di pulsione inglobate nei singoli
fonemi, essi stessi nuclei energetici che non accettano remissione, né
annacquamento. L’identità si scioglie in quegli snodi, legati tra loro da forze
analogiche che fanno crescere il materiale linguistico dall’interno, in una
libertà anarchica dove “tout se tient” secondo il dettato di Ferdiand De
Saussure, che Ratti fa proprio ed espropria in un tentativo di scardinamento,
così che langue e parole s'intreccino a tal punto da perdere
specificità e dove il lettore, se ben disposto a questo sregolamento dei sensi
e dei segni, felicemente precipita.
Nella
prefazione, anzi nell'Urprefazione, Chiara Daino parla di "cosmogonia
eufonica" che "concreta nella memoria e nella bocca tutta l'eredità
di Demetrio Stratos, intonando una litania/liturgia propedeutica allo stato di
trance, psicofisica e musicale". Parole sante per un poeta che ama l'ombra
e probabilmente la taverna e il dado, ma soprattutto (almeno nell’occasione in
cui l’ho incrociato: il premio Montano) passare inosservato pur nella sua
fisicità inequivocabile, per darsi totalmente nei suoi fuochi verbo-schizoidi,
già ben praticati nel foglio atlant idéal catraz edito da sartoria
utopia, progetto tutto femminile (Manuela Dago e Francesca Genti) e, direi, genialmente
lillipuziano, come lo è L'Osteria del tempo ritrovato (sottotitolo:
editore\bevitore), nata nel 2012 per volontà di Camillo Valle, che pubblica
"piccoli libri di poesia sperimentali" come si legge in facebook,
lavorando 4 ore al giorno, per dedicare il resto del tempo alla vita: poteva Talaverna
de la reina trovare un editore più simbiotico?
carnets, staccarne carne,
narcisistico accanirsi in iscariota
cartastraccia:
se scrivere è scavare, varicose,
sceverare crevasses
e viscere, survécu
desidero, desidia;
indesinenter impostura proust asintoto
pastura arretra threatens (s’)impastoia
doesn’t tendesi sinderesi il tempo,
scandisce, ri/com-promette, disinnesca
pantomima impotente (mitopoièin)
il supposto -stop- empito prometeico
armoire
à memoire,
i mois-mêmes, iom-iom,
arpagone
ripongo.
diario,
ora d’aria: iersera persa.
stamani
madeleines -lendemains?-,
inutilmente
sentimentali.
imprimere
rime, cardare ricordi,
ricamare
carmi: nella cruna dell’ago
lo
spago del s’agapò
ich bin eine bic on a bench
of a beach.
amleto,
le mot: anelare arenile isolarsi elsinore.
essere,
poussière, paresseuse paperasse:
sperpero
dispero pordiosero prosodia rapsodo,
diaspora,
disappear
détresse
raison d’être disinteresse des Esseintes;
adamo
si domanda all’indomani della nominis
damnatio:
nomadismo? no man’s land ?
da-sein
in sand, esisterci cosa resta?
crisalide
clessidra, lesser, l’essere che desidera
(el
dedo y la duda di dedalo, i dadi “did I”):
abulico
belacqua boca abajo allo iabboq,
blasfemo self-abîme, à bout
de souffle,
malmostoso salmo I’m almost
an old man;
la
biro labirinto, refe autoreferente, minotauro
mi
rintano e manusturbo lo sturm und drang,
pettegolo
poliglotta pappagalletto
(epithumìa):
riòrdino
l’impatto del tempo,
tumefatto
pattume, patemi, pitipitumpa,
ricordìno
per ricordìno;
riodo
l’odor di rossetto dior darsi,
àrritos
sorrisetto
pietre
partout, pretestuose, parentesi spente,
serpente,
esperpento, presse-papiers, poesie, prose:
happiness
happens à peines su spine (la rosa tea
satori
aoristo stardust reste-t-elle delle serate ratées).
désamorcer des mots d’amour,
demordere mörder
poiesi,
spojasse: sui-jus, ipse-psie;
pena
penna, matita matta.
fari
safari sfarsi, esotico tic
(fricative,
stichi) tricks xtc,
passioni
dissipazioni, vizi avvizzii.
lapis
solipsismo spiel:
pastoie
scappatoie tespi, teschi,
tant pis.
salive, mot-valise, vacarme,
carme,
verba
bavarder, bava
(dirimere
rime, annoiato:
dittongo
tongue e di fiato iato)
la
cruna, l’encre en crue, quotidiane inquietudini,
pause
epioùsion.
logica
- caligo, doute - da’at.
anoche,
un cohen dipinse, koan aniconico,
una
sinopia di spine.
roveto
ardente: tendere a verità
i titoli tolti, litoti, altolì:
nier dernier, rimozione rimo -
e rimiro mir, abc acabo.
tantalo:
mai, nunca, nunc, maintenant.
cancello
nichil Ancel silence:
oudè
en rìma,
ode
in rima
Beppe Ratti (1964), Milano. Ha pubblicato: Alfabeto fallibilità (Gattili), Atlant idéal catraz (Sartoria utopia), Talaverna de la reina (Osteria del tempo ritrovato, 2013)
sono testi molto belli, complimenti
RispondiEliminarecensione splendida!
RispondiEliminagrazie! :-)
EliminaUn’impressione da "felicemente precipitato": scorie attive, pulite e sane messe là ad animare il presente. Grazie Stefano. Un caro saluto
RispondiEliminaraffaele
il brulichio fono-labirin-analogico che ci emulsiona le giornate crepo-crepuscolari :-)
Eliminail gioco del limite della comunicazione che va oltre il plurilinguismo lascia il lettore attento a ciò che egli crede sia comunicazione.
RispondiEliminainteressante l'uso delle virgole, come a cercare una sorta di sintassi possibile, di riorganizzazione 'classica' del ritmo.
complimenti.
un abbraccio
alessandro ghignoli
ciao Alessandro; i tuoi commenti sono sempre graditi.
Eliminagrande!
RispondiEliminaEnrico De Lea
temo di non essere in grado... ma ci riproverò.. :)
RispondiElimina:-) lasciati andare: le parole sono piene di risorse, non per forza spendibili subito
Eliminaecco una lettura tratta dal libro. spero vi possa interessare! osteria del tempo ritrovato! vimeo.com/62872224
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