Ci sono differenti motivi per cui
sono affezionato a Francesca Matteoni, pur avendola incrociata soltanto una
volta, in un convegno 5 o 6 anni fa, in
provincia di Bologna. Forse il tema era la poesia performativa, ma non ne sono
sicuro. Ciò che mi colpì fu l'intelligenza e la modestia di questa donna, che
vive in Inghilterra da un sacco di tempo, lontano dal chiacchiericcio mondano
che imperversa in rete a proposito della poesia vero e poesia falsa. Di lei mi
piace anche l'artica solitudine, che diventa postura etica e slancio per la
scrittura. In questo mi riconosco, anche se facciamo vite completamente
differenti. Un'altra ragione o contiguità che ci accomuna la si trova in Appunti
dal parco (Vydia editore, 2012), riedizione "riveduta e ampliata"
della plaquette uscita nel 2008 presso le edizioni Nizarts e della quale avevo
parlato qui.
Nel paragrafo Animali magici, di
questo libro che fa incontrare la prosa e la poesia senza mai confonderle,
parla delle volpi, vere e immaginarie, quelle che vedi a Londra e quella
raccontata da Ted Hughes, Cold, delicately as the dark snow / A fox's nose
touches twig, leaf, il cui odore d'improvviso entra in the dark hole of
the head. Scrive Matteoni: "L'animale è la poesia, la poesia ha una
forma tangibile e soprattutto un odore". E quell'odore la porta
all'adolescenza, in auto con suo padre nella montagna pistoiese. Anche lì, la
neve e l'apparire repentino della volpe. E ancora il parco londinese di Saint
James o al Battersea dove la volpe appare e scompare con rapidità, come
l'ispirazione o il selvatico che ci abita.
Recentemente ho fatto una lettura
a Verona, alla libreria bocù di Alessandro Assiri. Un poeta che non conoscevo,
Alberto Toniolo, gli aveva dato un libro da consegnarmi, scritto da lui, che
s'intitola Elogio della volpe e altri scritti (Campanotto, 2001). Il
primo capitolo, Elogio della volpe e delle sue malefatte, parla della
volpe come uno fra gli animali più intelligenti, riconosciuto da tutte le
tradizioni laiche (Plutarco e Omero per esempio), mentre il cristianesimo e i
bestiari medioevali gli attribuiscono i peggiori appetiti e la capacità di
ingannare (vedi San Giovanni della Croce e Dante Alighieri). Toniolo ci dice
che la volpe, nelle tradizioni più remote, "presiede, proteiforme, al
rapporto fra natura e cultura" ed è l'unico animale – aggiunge,
riferendosi alla tradizione cinese – capace di trasformarsi in donna:
"Attraverso i muri, che l'inflessibile tradizione confuciana ha edificato
attorno alle donne per materializzare il possesso e il controllo, attraverso lo
spazio chiuso imposto alla donna della casa passa, cauto e libero, lo
spirito-volpe, la volpe-donna che sa varcare la soglia proibita e aprire la
strada". Francesca Matteoni è proprio così: uno spirito libero, che
assomiglia alla volpe anche nei tratti somatici: per questo la cerca, la sente
sorella, imprendibile. Di più: cerca di se stessa l'imprendibilità propria alla
volpe, quel femmineo che incontra natura e ragione, così tanto temuto nella
nostra società maschilista.
C'è un'altra ragione per cui ho
scelto di parlare di Francesca e del suo libro: Appunti dal parco è
corredato da bellissime fotografie di Cristina Babino, anche lei amica ed
essere vagantivo, anche lei poeta originalissima e donna intelligente, che non
ho mai incontrato, ma che non manca su Blanc.
Infine, l'occasione meno
importante, ma che occorre segnalare, è che Appunti dal parco è
finalista al "Premio Città di Legnano .- Giuseppe Tirinnanzi 2013",
assieme a Corrado Benigni e Maria Grazia Calandrone. Il vincitore/la vincitrice
lo deciderà una giuria popolare il 19 ottobre. Intanto gustiamoci le poesie.
da Appunti dal parco (Vydia Editore)
GIORNO DI VENTO
L’uragano aveva spezzato i rami
e un grosso cavo elettrico sospeso
sulla linea ferroviaria, nel nord.
Dovemmo lasciare il treno a Totteridge.
Gli occhi un filtro di reticolati.
Respiravo nel cappuccio le raffiche
e solida, come fatta di mani
la corrente mi tirava gli abiti
spingeva. Dov’erano le persone?
Tratti invisibili, vocalici
dentro il rombo ellittico dell’aria.
Il vento asciugava il paesaggio –
staccava netto blocchi di vapore
premendoli sui muri, sul fogliame.
Gli animali arboricoli nei tronchi
come in gusci di ghianda e di nocciole.
L’AIRONE CINERINO
(vita segreta dei giardini)
Hyde Park, fine d’ottobre –
la pioggia circonda le persone
un margine curvo, propagato
dal bagliore dei cigni sulla Serpentina.
Le folaghe e le oche si spingono
su molliche di pane galleggianti.
Un corvo intruglia la carcassa sfatta
di un piccione, il ricamo scarlatto
aggrovigliato al becco. Se ne stacca
distratto al mio passaggio.
Un cestino di ferri, lana, spilli -
le matasse disgiunte all’apertura.
Sotto il ponte iniziano i giardini.
La vegetazione lacustre scava
nell’argine recinti naturali
d’alberi, terriccio, cespugli, giunchi.
Lo scoiattolo percorre i tronchi,
scorteccia frenetico al midollo,
la gazza si affaccia dalla ringhiera.
Sul fondo l’airone grigio osserva –
il salice cascante lo nasconde.
Le pupille laterali, inespressive
come insetti dentro biglie d’ambra,
gli arti lunghi, cauti sopra l’erba
la giuntura flessibile del collo.
Il rostro impercettibile si affila -
un bisturi dell’aria sulle rane.
Dall’entrata la notte procede
oltre il flauto di bronzo del bambino.
“Non è lui – mi ripeto – non può essere”.
Dove il ghigno d’elfo, la tristezza?
L’ombra, gli sterpi di taglio nel corpo?
Sul cerchio dei lampioni, la foschia
viola come un tessuto muscolare.
L’odore d’acqua penetra i vestiti
dalle foglie stampate nelle suole.
Hyde
Park/Kensington Gardens, 28 ottobre 2007)
IL VECCHIO CASSETTONE
Avevo questo vecchio cassettone
sul fondo della stanza, oltre il tappeto -
le venature oblunghe come lumi
nel legno rossastro del ciliegio.
L’interno era stipato di matite
l’astuccio disastrato dei pastelli.
Il Rosso Carminio, il Blu Oltremare.
La coccinella a molla, la matrioska
sbirciavano l’atlante sul ripiano
- le mani di grafite, di verde
di pianure, le coste giallo-azzurre
le depressioni carsiche, lunari.
Nella parete opposta, sull’armadio
i grandi animali antichi di pezza
costruivano il nido per il sonno.
Per prenderli scalavo una montagna
di tavolo, di sedie e polpa d’aria
una neve di trucioli sull’orlo.
Ecco il mondo - il nord e il sud del cielo.
Dal soffitto schiarito lo scoiattolo
spiccava il suo balzo immaginario.
Come per me, cugina volpe, / ovunque nel suo
percorso si volga/ trova luoghi adatti a morire./ (Cerca luoghi mortali), avrei potuto pensare, con le parole di Paolo Volponi
(un altro poeta, che aveva nel nome la parentela con l’animale), cercando di
seguirla in un paesaggio in dissolvenza, un’emulsione del suo corpo, così
estraneo e presente. La bellezza della volpe era nella sua fragilità, nelle sue
necessità elementari, il modo in cui si piegava all’ambiente senza uscirne abbrutita,
portando con sé un sentimento di uguaglianza oltre l’umano.
Non
sappiamo parlare di noi stessi senza abbellimenti, senza il retrogusto della
grandezza per ogni gesto. E le vite dobbiamo conquistarle, renderle innocue,
così solo esse ci consolano – non sopportiamo la loro libertà, che non sia
utilizzabile per i nostri scopi, che anzi diventi uno specchio della nostra
stessa radicale mancanza di un fine altro, superiore. Eppure nell’animale
potremmo riconoscere un compagno che ci rammenti cosa significa esistere, uno
spirito fraterno di distanza e di rispetto.
*****
Di
notte la volpe ritorna. Corre sul marciapiede dissestato di Brailsford Road,
illuminato da un unico lampione. Ne scorgo appena la coda, le zampe posteriori,
le orecchie acute del muso, ma anche così è bellissima, poco prima della curva,
verso l’entrata del parco. È a caccia. Striscia sul ventre per farsi invisibile
nell’erba della collina, tra le radici venose, rigonfie, quasi braccia in
emersione. Sul portone di casa mi fermo euforica, cercando di vedere con la mente i piccoli animali chiusi nelle
siepi, gli anatroccoli che spero vicini ai genitori, sotto le ali grigie e nere
delle oche ai bordi dell’acqua. Il sonno degli animali è vigile. Come sarà
cambiato domani il loro mondo? Sarà ancora viva la volpe, scampata ai fari,
allo stridere delle auto? Sarà sazia e ben nascosta? Sotto gli assi di un
capanno per gli attrezzi? In un buco dietro il supermercato? In un vecchio
platano, in un mucchio di foglie? Lei non sa niente di me. Mi sfugge sempre ad
ogni incontro. Sparisce dove io non posso andare.
Sono descrizioni così intime e poetiche.. mi piace molto questo sottovoce che porta verso il centro quello che vedono gli occhi e lo restituiscono arricchito..
RispondiElimina('polpa d'aria' è proprio bellissimo.. :)
fiaba e film consigliati: La volpe e la bambina...
RispondiEliminavisto il film: bei paesaggi!
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